Riprendo dunque un post su HXTC scritto nel thread Alternative ai vaccini terapeutici per la fase di "kill", cui farò seguire qualche dettaglio sul protocollo della nuova sperimentazione.
Come quello di fase I su HXTC (che sta ancora reclutando partecipanti e la cui pagina non è aggiornata da un anno), il nuovo trial, anch'esso di fase I, è condotto dalla University of North Carolina, Chapel Hill, in collaborazione con il National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI). Julia Sung è la responsabile del trial, ma ha dietro di sé il sostegno di peso di David Margolis, Cinthya Gay e Joseph Eron.Dora ha scritto: HXTC (HIV-1 Antigen Expanded Specific T Cell Therapy): ESPANSIONE E STIMOLAZIONE DEI CD8 CON ANTIGENI DI HIV
Prima dell’avvento della terapia antiretrovirale combinata, sono stati fatti diversi tentativi di espandere le reazioni CTL, prelevando dalle persone con HIV i linfociti T, espandendo ex vivo quelli HIV-specifici fino ad aumentarli grandemente di numero e poi re-infondendoli nei pazienti. Mentre questo tipo di terapia si è dimostrato efficace nel cancro e contro virus come Epstein Barr, citomegalovirus o adenovirus, nell’infezione da HIV si è rivelato sicuro, ma incapace di garantire un controllo delle viremie in assenza di ART. La principale ragione di ciò – oltre alle alte viremie di persone che non erano trattate con ART - fu individuata nel fatto che i linfociti T che venivano sottoposti a un processo molto aggressivo di espansione in vitro erano cellule derivate da un unico clone e molto specializzate, perché erano addestrate a riconoscere singoli epitopi virali.
L’idea di Margolis e colleghi è stata di sviluppare ed espandere dei linfociti T HIV-specifici derivati da tanti cloni diversi e capaci di riconoscere un più ampio spettro di antigeni virali con l’obiettivo di dirigerli, prima in vitro e poi eventualmente in vivo, contro cellule latentemente infette in cui la trascrizione di HIV veniva riattivata mediante sostanze anti-latenza. E questo sotto continua somministrazione di antiretrovirali per evitare la formazione e diffusione di virus capaci di sfuggire alla pressione dei CTL.
Hanno quindi sviluppato una nuova tecnologia di espansione di linfociti T citotossici policlonali e capaci di colpire diversi antigeni di HIV: gli HIV-1 Antigen Expanded Specific T Cells – HXTC.
Per far questo, hanno prelevato a 7 persone con viremia soppressa dalla ART e con caratteristiche tali da renderle molto diverse per capacità di controllo delle viremie, per momento di inizio della terapia e per prognosi della malattia, le cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC). Hanno poi separato i monociti generando cellule dendritiche, che hanno messo in contatto in vitro, insieme a diverse citochine (IL-7, IL-15 e IL-12) che stimolano la proliferazione cellulare, con PepMix™, una miscela di 150 peptidi selezionati in modo da addestrare i linfociti a riconoscere le proteine Gag, Pol e Nef di HIV. Queste sono state scelte perché permettono di colpire antigeni sia precoci, sia tardivi di HIV e quindi danno agli HXTC la capacità di distruggere cellule infette a differenti stadi di infezione. Inoltre, questi antigeni sono correlati al controllo delle viremie.
L’espansione media degli HXTC è stata molto consistente, di quasi 146 volte (37-287), tale da raggiungere la quantità di cellule necessaria per uso clinico. Inoltre è stato possibile espandere gli HXTC di tutti e 7 i pazienti, indipendentemente dalla loro storia clinica, dimostrando così l’applicabilità di questo approccio terapeutico a qualsiasi tipo di paziente.
Le cellule espanse erano soprattutto CD8, con anche però una certa proporzione di CD4. Erano prevalentemente linfociti T con un fenotipo di memoria effettori, anche se erano presenti anche CD8 e CD4 memoria centrali, erano policlonali e polifunzionali. E soprattutto erano capaci di riconoscere i tre antigeni virali.
Quel che più conta è che, quando queste cellule sono state messe a confronto con CD8 non espansi, si è visto che erano molto più efficienti nel distruggere le cellule infette.
Il passo successivo di questa ricerca è stato quello di indagare la capacità degli HXTC derivati da 6 persone con storie cliniche diverse, ma tutte con viremia stabilmente soppressa dalla ART, di distruggere ex vivo il reservoir latente.
Sono dunque stati scelti 6 volontari che avevano partecipato a uno dei trial di Margolis sul vorinostat (3 dosi di 400 mg) e 6 ore dopo la terza dose sono state prelevate loro le PBMC.
2 di queste persone avevano iniziato la ART durante la fase acuta, 4 durante la fase cronica. Erano inoltre presenti persone con HLA associati a rapida progressione ed altre con HLA associati a controllo immune.
Al termine del processo di preparazione degli HXTC si è visto che i linfociti T erano prevalentemente CD8 (mediana 89,1%), con una piccola presenza di CD4 (mediana 7,4%). I linfociti della memoria erano prevalentemente effettori (mediana 87,2%), mentre la sottopopolazione dei memoria centrali aveva un valore mediano di quasi il 5%.
Si è riusciti a ottenere un’espansione delle cellule da 40 volte per un paziente fino a più di 200 per altri due.
Una volta espansi i linfociti T e visto che erano capaci di distruggere dei CD4 produttivamente infetti, si è passati a testarli contro cellule del reservoir latente prelevate dai pazienti dopo che il trattamento con vorinostat aveva stimolato le cellule a esprimere il virus latente.
I CD8 e CD4 espansi dovevano dimostrare di essere in grado di riconoscere epitopi virali che potevano essere anche molto diversi da quelli dei virioni attivamente replicanti (vedere uno degli ultimi lavori di Siliciano, raccontato nel post ”CONOSCI IL TUO NEMICO”. “EVITA CIÒ CHE È FORTE E COLPISCI CIÒ CHE È DEBOLE”, in cui si dimostra che la maggioranza dei virus presenti nel reservoir latente portano delle mutazioni di escape che rendono le cellule riattivate parzialmente resistenti all’eliminazione da parte delle reazioni CTL immunodominanti).
E così è stato.
Anche quando la quantità di HXTC scatenati contro le cellule latentemente infette era modesta (rapporto ET – effettore : target – 1 : 10 e non 1 : 1), l’effetto antivirale degli HXTC è stato superiore a quello dei CD8 non espansi. Inoltre, questo si è verificato per tutti, anche per le persone che avevano iniziato la terapia in fase cronica e avevano alleli associati a una rapida progressione.
Dopo la dimostrazione che gli HXTC riescono a inibire l’infezione produttiva con virus proveniente dai reservoir dei pazienti e a ridurre la viremia dopo che l’infezione latente è stata riattivata grazie al vorinostat, l’ultima questione affrontata nel secondo degli articoli di cui sto parlando può sembrare estrinseca rispetto alle capacità degli HXTC, ma serve a dare qualche rassicurazione sugli effetti che si teme che gli HDACi possano avere sulla funzionalità dei CD8.
Infatti, da lavori in vitro ed ex vivo si è visto che sia il vorinostat, sia ancor di più il panobinostat, sia soprattutto la romidepsina causano delle tossicità che danneggiano gravemente la capacità dei CD8 di uccidere le cellule infette in cui l’HIV è stato riattivato. In particolare, tutti e tre portano a una rapida soppressione della produzione da parte dei CD8 di interferone-γ (IFN-γ), che è un mediatore chiave della reazione immune.
Margolis e colleghi sostengono però di avere usato dei campioni raccolti durante uno dei trial sul vorinostat e di non aver rilevato alcun indebolimento delle reazioni dei CTL esposti a dosi di vorinostat fisiologicamente rilevanti. Ammettono tuttavia che forse questo dipende dalla breve emivita del vorinostat, mentre altri HDACi che permangono in circolo più a lungo qualche danno ai CD8 potrebbero causarlo (ma i danesi che stanno sperimentando la romidepsina ci hanno appena detto che nel loro trial la funzionalità di CD4 e CD8 non sembra essere stata danneggiata).
Dopo tutto questo, rimaneva a Margolis soltanto di far passare i suoi linfociti T espansi alla fase clinica. Ed è quanto sta facendo in un trial di fase I, che ha l’obiettivo di valutare sia la sicurezza, sia le risposte immunologiche e virologiche degli HXTC in persone che hanno iniziato la ART sia durante l’infezione acuta, sia durante l’infezione cronica.
L’idea è che gli HXTC aumenteranno la risposta immune HIV-specifica e contribuiranno ad abbassare il livello della viremia residua. La speranza è, se tutto andrà come previsto, di poterli usare insieme a qualche sostanza anti-latenza per distruggere il reservoir.
Il trial ha iniziato a reclutare i 12 pazienti previsti e darà notizie di sé probabilmente non prima di un paio d’anni.
FONTI:
- - Molecular Therapy novembre 2014: Broadly-specific Cytotoxic T Cells Targeting Multiple HIV Antigens Are Expanded From HIV+ Patients: Implications for Immunotherapy
- Journal of Infectious Diseases gennaio 2015: Expanded Cytotoxic T-cell Lymphocytes Target the Latent HIV Reservoir
- Trial condotto alla University of North Carolina, Chapel Hill, da David Margolis e Cynthia Gay: Phase I Study of HIV 1 Antigen Expanded Specific T Cell Therapy (HXTC)
S'intitola Study to Evaluate Effects of Vorinostat and HXTC on Persistent HIV-1 Infection in HIV-Infected Subjects Started on ART (XTRA) e si propone di valutare gli effetti della somministrazione di vorinostat insieme a HXTC sulla persistenza di HIV in 12 persone con viremia stabilmente soppressa dalla ART da almeno 6 mesi e almeno 350 CD4 (la terapia antiretrovirale verrà mantenuta per tutta la durata dello studio).
Trattandosi di una fase I, l'obiettivo principale è essere sicuri che questa terapia combinata non faccia (troppi) danni. Quindi, lungo tutto il corso dello studio e fino alla fine prevista a 96 settimane, si valuterà il numero di persone che presentano eventi avversi di grado pari o superiore a 3 - segni o sintomi, tossicità di laboratorio, eventi clinici, che possano in qualsiasi modo essere correlati o al vorinostat o ai CD8 stimolati, o alla combinazione dei due.
L'obiettivo secondario, invece, sarà la valutazione
- 1. del numero di partecipanti in cui si potranno osservare delle risposte immuni HIV-specifiche alla combinazione di vorinostat e HXTC;
2. dei cambiamente nella frequenza delle cellule latentemente infette.
Dal momento che ormai è noto che non tutti rispondono al vorinostat, prima di scegliere i partecipanti sarà necessario valutare ex vivo la risposta a questo HDACi. Chi avrà una risposta positiva entrerà nello studio e riceverà una singola dose di 400 mg di vorinostat. Poi seguirà la leucaferesi.
A quel punto, se la singola dose di vorinostat avrà mosso qualcosa nel reservoir (cioè se si vedrà un aumento dell'HIV RNA associato alle cellule), si procederà alla terza fase del trial e alla esposizione dei CD8 agli antigeni di HIV destinati a stimolarli e farli espandere.
Se questa operazione andrà a buon fine, i CD8 verranno reinfusi nei partecipanti, i quali riceveranno un totale di 20 dosi di vorinostat (sempre 400 mg) e 5 infusioni di HXTC.
I primi risultati si dovrebbero avere a giugno 2020.