Mentre la tecnologia CRISPR sta esplodendo in una miriade di lavori scientifici su animali (beagle resi più muscolosi, ad esempio, e maiali ripuliti da retrovirus endogeni per rendere i loro organi trapiantabili in esseri umani), ed è pronta a entrare in qualsiasi laboratorio a prezzi irrisori, parallelamente si moltiplicano le richieste di una moratoria sulle ricerche sulle cellule germinali umane.
Gli scienziati americani, inglesi e fortunatamente anche cinesi si preparano a discutere le implicazioni cliniche, etiche, legali e sociali del nuovo strumento di ingegneria genetica in un summit internazionale il prossimo dicembre e intanto si sviluppano road map, position statements e dichiarazioni di principio per facilitare le discussioni e anche la stampa si è impossessata dell’argomento: solo nella giornata di ieri mi è capitato di leggere due articoli molto belli e approfonditi, uno di Michael Specter sul New York Times e uno di Jennifer Kahn sul New Yorker.
I toni dominanti sono piuttosto diversi perché, a seconda dello scienziato con cui si parla, prevalgono preoccupazione e richiami alla cautela per i danni che intervenire sulle cellule germinali umane e sugli embrioni può causare ai nascituri e alla loro discendenza, oppure entusiasmo per le infinite potenzialità di cura che questo strumento racchiude in sé.
Infatti, se Jennifer Doudna ha incubi in cui Adolf Hitler si dice molto interessato agli usi e alle implicazioni della nuova tecnologia, Feng Zhang pare molto più fiducioso nell’autocontrollo imposto dalla saggezza degli scienziati. Non so se e quanto i quasi 20 anni che li separano e l’ascendenza europea e cinese dei due scienziati americani possano influire sul modo in cui vedono le implicazioni etiche delle loro scoperte, ma sentirli parlare permette di vedere contemporaneamente i due lati della medaglia.
Un articolo della Temple University appena uscito fra i Scientific Reports di Nature ci riporta all’uso di CRISPR/Cas9 per curare l’infezione da HIV e ci offre un approccio diverso da quelli visti finora, che erano volti o a distruggere il gene che codifica per il corecettore CCR5, oppure a distruggere il DNA virale integrato nelle cellule latentemente infette.
In CRISPR/gRNA-directed synergistic activation mediator (SAM) induces specific, persistent and robust reactivation of the HIV-1 latent reservoirs, infatti, gli scienziati della Temple, parte dei quali aveva firmato il lavoro di Kamel Khalili che ha dato formalmente inizio all’uso della tecnologia CRISPR contro l’HIV, si inseriscono nella discussione sullo "shock and kill" usando degli RNA guida insieme ad enzimi Cas9 per favorire la riattivazione dell’HIV latente.
Dal momento che le sostanze antilatenza sperimentate finora singolarmente si sono dimostrate poco efficaci nel riattivare i reservoir latenti e dal momento che l’uso combinato di agenti diversi può aumentare le tossicità, l’idea di Khalili e colleghi è stata quella di usare gli strumenti dell’ingegneria genetica forniti dalle CRISPR per ottenere una riattivazione del provirus latente che fosse insieme ampia e durevole.
Il complesso – chiamato dCas9-SAM (catalytically-deficient-Cas9-synergistic activation-mediator) – da loro messo a punto mettendo insieme due diversi RNA guida trasportati entro le cellule da un vettore lentivirale, attiva il promotore dell’LTR (long terminal repeat) dell’HIV nelle cellule latentemente infette, stimolando il reclutamento di fattori di trascrizione intorno al gene promotore della trascrizione del virus.
La riattivazione dei reservoir latenti che si realizza in questo modo è così specifica e potente che porta al suicidio delle cellule infette e si è potuto dimostrare che la morte delle cellule è dipesa unicamente dalla produzione di proteine virali tossiche (cioè si è constatato che morivano tante più cellule infette quanto più LTR veniva riattivato).
Khalili e colleghi hanno testato il dCas9-SAM su diversi sistemi cellulari di latenza, sia di linfociti T memoria, sia di microglia cerebrali, e hanno osservato che la riattivazione dei provirus variava secondo le diverse linee cellulari, ma che in ogni caso la riattivazione era così selettiva e duratura da indurre una produzione di proteine virali sufficiente a spingere le cellule del reservoir a suicidarsi, senza però che le cellule circostanti non riattivate subissero effetti negativi.
Hanno anche messo a confronto il sistema dCas9-SAM con il vorinostat e l’hanno fatto utilizzando un sistema cellulare in cui si sa che il vorinostat è poco efficace: un dosaggio di vorinostat superiore a quello usato nei trial clinici (500 nM vs 400 nM) non ha riattivato il promotore LTR, mentre un super-dosaggio di 5000 nM ha, sì, indotto una riattivazione di 4 volte, ma ha anche ucciso tutte le cellule, infette e non infette. Invece, il dCas9-SAM ha indotto una riattivazione robusta del virus latente, lasciando però intatte le cellule sane.
Viene dunque proposto un nuovo modo per riattivare il reservoir latente di HIV, che presenta dei vantaggi rispetto allo shock and kill fatto con sostanze anti-latenza. I vantaggi elencati da Khalili e colleghi sono i seguenti:
- 1. alta specificità: gli RNA guida sono stati costruiti in modo da guidare il dCas9-SAM fino a una piccolissima regione del gene promotore della trascrizione di HIV solo e unicamente nelle cellule infette;
2. alta efficienza: rispetto a un sistema con un singolo attivatore, questa tecnologia porta diversi attivatori esogeni della trascrizione del virus a colpire i loro obiettivi e fa dunque aumentare in modo sostanziale l’espressione dei geni target nelle cellule, facendo così aumentare i provirus attivati;
3. riattivazione prolungata fino a quando tutte le cellule latentemente infette sono uccise: il dCas9 e gli RNA guida vengono espressi continuamente, senza però che questo induca delle mutazioni nei luoghi target degli RNA guida tali da impedire in futuro che gli RNA si leghino. Quindi questo sistema riesce a continuare ad obbligare il virus a riattivarsi per un tempo prolungato, permettendo che vengano prodotte abbastanza proteine virali da raggiungere una certa soglia di tossicità necessaria per uccidere le cellule infette (questo nello shock and kill classico finora non si è visto, tranne che nei topi di Nussenzweig, a prezzo però di dover usare ben tre sostanze anti-latenza in combinazione con anticorpi); esattamente quali specifiche proteine virali abbiano indotto l’apoptosi delle cellule deve ancora essere indagato;
4. nessuna (o comunque molto bassa) tossicità per le cellule sane circostanti: questo grazie al fatto che l’enzima dCas9 non contiene attività di nucleasi, quindi non induce mutazioni o instabilità nei cromosomi delle cellule, ma il sistema dCas9-SAM colpisce solo le cellule infette (mentre invece abbiamo visto le preoccupazioni che circondano gli effetti tossici degli HDACi per esempio sui CD8, per non parlare della sotto- o sovra-regolazione di geni che invece dovrebbero essere lasciati in pace). Anche se gli RNA guida possono avere degli effetti off-target e colpire siti del genoma della cellula che non sono quelli contro i quali sono diretti, questo è altamente improbabile nel caso del sistema dCas9-SAM: tutti i test in vitro dicono che è estremamente specifico, mentre in vivo entrano in gioco dei meccanismi di protezione epigenetica che rendono ancora più bassa la possibilità di effetti off-target (in ogni caso, Khalili e colleghi assicurano che continueranno a indagare questa possibilità);
5. l’uso combinato di diversi RNA guida può aumentare l’efficacia nella riattivazione dei provirus: in questo lavoro se ne sono combinati due e si è visto che l’efficacia nel riattivare il virus e nell’indurre le cellule infette all’apoptosi variava da un modello cellulare all’altro, ma questa tecnologia può essere migliorata all’infinito, cercando RNA guida sempre più efficienti.
La conclusione di Khalili e colleghi è molto più sobria rispetto a quella del lavoro precedente, ma pare anche molto più onesta:
- In conclusione, abbiamo dimostrato che il provirus latente dell’HIV-1 può essere riattivato moltissimo da un sistema dCas9-SAM guidato da msgRNA che colpiscono in modo specifico l’amplificatore del promotore LTR dell’HIV-1. Questo studio presenta un approccio nuovo, in una fase preclinica iniziale, che porterà allo sviluppo di un’ulteriore strategia terapeutica “shock and kill” per eliminare i reservoir latenti di HIV-1 in un contesto clinico. Un fattore importante che sta rallentando il percorso del sistema dCas9-SAM verso le sperimentazioni cliniche è la scarsa efficienza del suo trasporto entro le cellule latentemente infettate da HIV-1. Dei miglioramenti nel trasporto, usando o meno dei virus come vettori, nel campo delle terapie geniche daranno un impulso all’applicazione clinica della tecnologia CRISPR/Cas9.