COVID-19: la ricerca di una cura

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » martedì 17 marzo 2020, 8:46

Magari, alla fine di questa epidemia di COVID-19 staccheremo i post dedicati alla ricerca di una cura del SARS-CoV-2 da questo thread dedicato alla cura di HIV secondo le idee e le ricerche di Andrea Savarino.
Fino ad allora, continuo a scrivere qui - e la ragione credo sia chiara: tra i farmaci usati per curare il nuovo coronavirus abbiamo non solo lopinavir e ritonavir - come studiato da Savarino contro il SARS-CoV, il parente più vicino del nuovo coronavirus - ma la loro combinazione con clorochina - come proposto sempre da Savarino.
E alla fine di tutto questo bisognerà che qualcuno gliene renda merito.


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Fonte: Cartabellotta


DEGLI ANEDDOTI E DEL LORO VALORE

Quando una somma di aneddoti diventa un dato?
Quanto peso siamo disposti a dare a un cumulo di aneddoti confrontato con un altro cumulo di aneddoti?
Quanto si può aspettare che dagli aneddoti nascano scientificamente dei dati quando infuria un'epidemia che fa migliaia di morti in pochi giorni in una delle macroregioni più ricche, più avanzate e meglio attrezzate d'Europa?
In quali circostanze siamo disposti a infrangere le regole auree del metodo scientifico e a non aspettare la conclusione dei trial clinici randomizzati in doppio cieco e controllati con placebo e la relativa pubblicazione dei risultati in riviste scientifiche di assodato prestigio?

Ci apprestiamo oggi a superare la soglia - psicologica quanto numerica - dei 2500 morti. Le terapie intensive della Lombardia e delle altre regioni del nord sono vicine al collasso, in certe città sono già abbondantemente collassate. I test per confermare la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 sono fatti solo a persone chiaramente sintomatiche, mentre migliaia, forse decine di migliaia di altre che l'infezione ce l'hanno se ne vanno in giro a trasmetterla o sono chiuse in casa senza una diagnosi chiara ma con il rischio molto alto non solo di arrivare tardi in ospedale, ma di passare il virus a chi vive insieme a loro.
Abbiamo migliaia di medici, infermieri, OSS che non soltanto rischiano di infettarsi, ma poi - come i reduci da una guerra - saranno da curare per PTSD.
Viviamo tappati in casa e chi esce senza altra ragione che quella di prendere una boccata d'aria si sente un trasgressore del patto di convivenza e solidarietà stipulato alla nascita per poter vivere insieme con i suoi simili.

In tutto questo, gli aneddoti abbondano, per qualche farmaco addirittura sembrano un fiume in piena. Vediamone qualcuno dei più seri.

1. Un nuovo farmaco è salito alla ribalta in questi giorni: non è un antivirale diretto specificamente contro il virus, ma un farmaco che agisce, impedendo la formazione di un legame stabile con il suo recettore, contro l'interleuchina-6, una citochina la cui massiccia produzione durante l'infezione da SARS-CoV-2 da parte delle cellule dendritiche, delle Natural Killer e dei linfociti T rende tanto insidiosa la polmonite causata dal virus. È il Tocilizumab, un anticorpo monoclonale, un immunosoppressore che è stato approvato specificamente contro l'artrite reumatoide, ma che sta trovando anche usi diversi, perché un eccesso di IL-6 crea problemi in tante occasioni, HIV compreso, e perché ha un buon profilo di sicurezza, che ne consente l'uso anche per periodi prolungati. Il Tocilizumab è prodotto e reso gratuitamente disponibile anche in Italia da Roche. I cinesi l'hanno incluso nelle Linee Guida per trattare il COVID-19 già all'inizio del mese e l'“Unità di crisi Coronavirus” costituita dall'AIFA ne suggerisce l'uso sperimentale anche da noi.
Ne hanno parlato tutti i giornali, perché pare davvero avere alleviato i sintomi terribili da tempesta di citochine in qualche paziente cui è stato somministrato a Napoli.
Sta partendo una sperimentazione clinica a Modena e Napoli, quindi non sto a farla lunga: qualche aneddoto molto pubblicizzato, attesa dei dati.

2. Del remdesivir - the most promising candidate - ho già scritto: una triste storia alle spalle, fortissima sponsorizzazione (“There’s only one drug right now that we think may have real efficacy,” Bruce Aylward of the World Health Organization said last month. “And that’s remdesivir.”), qualche aneddoto sparso che fa gridare al miracolo, un articolo sui primi 12 pazienti con COVID-19 trattati negli Stati Uniti pubblicato come pre-print su medRxiv. E qui cominciano le perplessità sulla reale efficacia del farmaco, specie nel trattamento dei casi gravi, che troviamo espresse sia da alcuni analisti finanziari

“Based on our review of the clinical and virological courses, we believe remdesivir’s contribution to efficacy remains unclear, and with a side-effect profile that may not be completely benign,” the RBC analysts wrote in a note to investors. “We continue to see a less than 50/50 possibility that the drug is ultimately proven effective.”

sia ancora ieri su STAT, dove Andrew Joseph prima ha riepilogato la storia non particolarmente edificante del farmaco contro l'Ebola, che abbiamo già visto un paio di settimane fa, e ha spiegato perché si può transitare con tanta nonchalance da un virus all'altro; poi ha passato in rassegna il pugno di aneddoti che fanno sperare oggi nell'efficacia del remdesivir contro il SARS-CoV-2, ricordando come questo successo apparente debba essere confermato attraverso sperimentazioni cliniche in cui il farmaco è messo a confronto con un placebo. Poi è arrivato a toccare un punto critico fondamentale:

If the drug is successful in trials, most antiviral experts think the drug should primarily be used for patients with more severe symptoms and those who are hospitalized — some 15% to 20% of cases. But observers have also raised a number of points that could potentially trip up the trials. For one, the process moved so quickly that analysts have wondered if the best doses were chosen. They have also pointed to the fact that one of the Chinese trials includes patients whose symptoms started up to 12 days prior. There are concerns that might be too late.

“The overall trial might not be as spectacular as people think,” Umer Raffat, an analyst at Evercore ISI, said in a presentation last week. But, Raffat added, results from patients who start treatment early might show the drug has efficacy if given soon after symptoms arise.

Another detail that will be scrutinized: Can the drug, which is given intravenously into the bloodstream, reach the cells it needs to clear the respiratory infection?

“We don’t know if the amount of remdesivir that’s going to get into the lungs is enough to get the virus down,” said Andre Kalil, an infectious disease specialist at University of Nebraska Medical Center and an investigator in the NIAID-sponsored trial. “This is part of the reason we’re doing the study.”

Conclude elencando i problemi che Gilead dovrà affrontare se il remdesivir passerà la prova dei trial clinici. Ma, ad essere del tutto onesta, di quella fase mi importa come della neve dell'anno scorso.

Anche in Italia, dalla sua trincea al Sacco, il prof Galli esprime qualche perplessità sull'efficacia del remdesivir nel trattare i casi gravi di COVID-19. Se queste perplessità si riveleranno ben fondate, il remdesivir potrà al più essere somministrato presto, all'insorgenza dei sintomi, mentre per i casi gravi sarà meglio affidarsi ad altro.


3. Della combinazione di lopinavir/ritonavir e clorochina ho già scritto tanto nelle settimane scorse. Mentre si stanno tenendo e preparando decine di trial clinici in Cina e nel resto del mondo (qui solo l'esempio di un protocollo di sperimentazione) e mentre viene prescritta in Italia nei casi di persone ospedalizzate con COVID-19 di gravità moderata ma età avanzata o altri fattori di rischio, è in pre-print presso l'International Journal of Antimicrobial Agents un articolo di Didier Raoult sul meccanismo attraverso cui la clorochina può funzionare in questa infezione: New insights on the antiviral effects of chloroquine against coronavirus: what to expect for COVID-19?

Today, preliminary data indicate that chloroquine interferes with SARS-CoV-2 attempts to acidify the lysosomes and presumably inhibits cathepsins, which require a low pH for optimal cleavage of SARS-CoV-2 spike protein, a prerequisite to the formation of the autophagosome. Obviously, it can be hypothesised that SARS-CoV-2 molecular crosstalk with its target cell can be altered by chloroquine through inhibition of kinases such as MAPK. Chloroquine could also interfere with proteolytic processing of the M protein and alter virion assembly and budding (Fig. 1). Finally, in COVID-19 disease this drug could act indirectly through reducing the production of pro-inflammatory cytokines and/or by activating anti-SARS-CoV-2 CD8+ T-cells.

Mentre si continua a studiare l'attività antivirale della clorochina/idrossiclorochina contro SARS-CoV-2 per ottimizzarne il dosaggio, abbiamo gli aneddoti sulla sua efficacia clinica, che in questo caso sono una valanga, che si espande dalla Cina alla Corea, per arrivare fino in Australia e in Polonia. Per non parlare della Francia, di cui abbiamo già detto e in cui è partito l'ennesimo trial, e del Belgio. E pure Israele, che da domenica ha adottato misure di contenimento molto simili alle nostre, mette la clorochina al primo posto fra i farmaci per trattare l'infezione.


Alla luce dell'espansione dell'epidemia che sta mettendo in ginocchio l'Italia del nord, che cosa aspettiamo a testare mezza Italia [non è letterale, eh? - significa solo: testare di più] e ad estendere la somministrazione di Kaletra e idrossiclorochina ai paucisintomatici, che se ne stanno in casa con il rischio di un aggravamento dei sintomi che li spedisca in terapia intensiva? Non è meglio rischiare di avere persone che corrono in bagno a casa loro per gli effetti del Kaletra senza aspettare di averle intubate e sedate per settimane? Che cosa diavolo stiamo aspettando? (*)



(*)
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Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » mercoledì 18 marzo 2020, 16:09

IL MODO MIGLIORE PER ROVINARE UN FARMACO FORSE EFFICACE È SEGUIRE LE VIE DEI CIARLATANI PER PROMUOVERLO

Didier Raoult ha tenuto questa presentazione lunedì presso l'Institut hospitalo-universitaire (IHU) Méditerranée infection

https://www.youtube.com/watch?time_continue=15&v=n4J8kydOvbc&feature=emb_title

https://www.youtube.com/watch?v=SfiUlVpqHfE

e questo ha scatenato una specie di delirio nella stampa e nei siti di informazione francesi.
Il tifo da stadio non fa bene alla ricerca. Non fa bene ai malati. Non fa bene all'opinione pubblica.
E alla fine non fa bene alla credibilità di un farmaco che forse funziona.
Si capisce l'entusiasmo, si capisce l'urgenza, ma trasformare la clorochina in una pozione magica non è quello che ci serve per contrastare l'epidemia da SARS-CoV-2.
Accidenti. Non è così che si fa.



Bene hanno fatto Enrico Bucci e Gennaro Ciliberto a scrivere sul Foglio questo articolo:
Cosa sappiamo (davvero) del farmaco anti-malaria che potrebbe curare il Covid-19

Circolano in queste ore le dichiarazioni di Didier Raoult, virologo francese presidente del polo malattie infettive di Marsiglia (consigliere di Macron per l'emergenza coronavirus; H-index di 144, un valore molto elevato, insomma, nell'indice di Hirsch, l'indicatore che quantifica la reale influenza di uno scienziato sulla sua comunità di riferimento), che entusiasticamente descrive i primi risultati ottenuti sui pazienti con la clorochina.

Chi ha letto quanto uno di noi ha scritto in precedenza sa che consideriamo la clorochina una molecola promettente, con un razionale solido e con qualche indicazione di efficacia proveniente dai trattamenti effettuati in Cina (su 100 pazienti, pubblicati il 15 ed il 18 febbraio, come abbiamo riportato altrove).

Tuttavia, per lavoro siamo abituati a valutare con rigore dati biomedici, risultati sperimentali e possibili iperboli scientifiche; pertanto, non possiamo fare a meno di osservare che:
  • - il virologo francese ha semplicemente fatto circolare un video di una sua presentazione, in cui dopo moltissime slides introduttive si arriva ad una ed una sola slide che presente i dati che avrebbe ottenuto sui pazienti, in una forma molto povera e preliminare;

    - lo studio non è stato condotto in cieco e riguarda un gruppo molto piccolo di pazienti e al momento non è disponibile l’eventuale protocollo scientifico seguito, né il comitato etico che lo avrebbe approvato;

    - non sappiamo nulla dello stato clinico dei pazienti, nemmeno se trattati e non trattati fossero in condizioni paragonabili;

    - le dichiarazioni di Raoult sono premature e sopra le righe rispetto ai dati che ha effettivamente presentato, in linea con quello a cui ci ha abituato il personaggio, che è arrivato a negare persino l’evoluzione darwiniana in un suo libro;

    - nelle condizioni attuali, le dichiarazioni di Raoult non aggiungono nulla a quanto già sapevamo sulla clorochina e sul suo potenziale nella lotta al COVID-19;
Ora, se qualcuno avesse diffuso su queste basi informazioni circa l’efficacia di un farmaco omeopatico o di un preparato della medicina tradizionale cinese contro il coronavirus, nessuno che non fosse affascinato dalla pseudomedicina avrebbe mai degnato di alcuna considerazione dei “risultati” come questi.

Anche in condizioni di emergenza quali quelle che ci troviamo a vivere, non possiamo adoperare uno standard doppio, e giudicare efficace un composto sulla base del principio di autorità e di prove che al momento non appaiono sostanziate dal necessario rigore metodologico.

Nella speranza che Raoult produca evidenze migliori di quelle mostrate, o che queste evidenze giungano da ulteriori sperimentazioni cliniche in questo momento in atto in varie parti del mondo per valutare la reale efficacia della clorochina, non possiamo che ribadire la nostra ferma fiducia nella ricerca scientifica che adotta standard e procedure sicure.

La clorochina è un farmaco promettente, ma non ha bisogno di precipitose dichiarazioni fatte senza mostrare dati solidi, né di false speranze alimentate prima che risultati ben controllati siano disponibili.

Prima i dati, poi i video e le dichiarazioni stampa: chiediamo anche alle testate giornalistiche italiane di fare proprio questo principio di sobrietà comunicativa, in un momento in cui le persone sono più che mai vulnerabili alla cattiva informazione.



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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da uffa2 » mercoledì 18 marzo 2020, 16:20

Eh @Dora , ma non ti ricorda qualcosa? Le notizie eccitanti di scoperte incredibili che ancora vedevamo sull’HIV intorno agli anni ‘10 e che poi, appunto, si sono mostrate incredibili, cioè prive di credibilità? Non ricordi il dolore e la delusione nella nostra comunità?

Ecco, qui ci sono studiosi più razionali del nostro antidarwinista d'oltralpe e fondamenta più solide a sostenere l'uso della clorochina, ma siamo ancora agli aneddoti, come dicevi tu pochi post fa.
Forse è davvero una grande opportunità, ma se ci fossero problemi, se anche solo i tempi di validazione fossero quelli soliti della medicina e non quelli che tutti speriamo, i delusi, i furiosi, quelli che vedono un complotto in ogni giornata di pioggia, a chi li mettiamo in conto, a qualcuno che non ha saputo tenere a freno la lingua?


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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » mercoledì 18 marzo 2020, 17:13

uffa2 ha scritto:
mercoledì 18 marzo 2020, 16:20
Eh @Dora , ma non ti ricorda qualcosa? Le notizie eccitanti di scoperte incredibili che ancora vedevamo sull’HIV intorno agli anni ‘10 e che poi, appunto, si sono mostrate incredibili, cioè prive di credibilità? Non ricordi il dolore e la delusione nella nostra comunità?
Una delusione che si rinnova ogni volta che qualche scienziato poco accorto dice di essere sulla buona strada e magari ha lavorato solo su animali.
Anche quelli in buona fede - e credo che la maggior parte lo siano - faticano a capire il peso delle parole.
Ecco, qui ci sono studiosi più razionali del nostro antidarwinista d'oltralpe e fondamenta più solide a sostenere l'uso della clorochina, ma siamo ancora agli aneddoti, come dicevi tu pochi post fa.
Forse è davvero una grande opportunità, ma se ci fossero problemi, se anche solo i tempi di validazione fossero quelli soliti della medicina e non quelli che tutti speriamo, i delusi, i furiosi, quelli che vedono un complotto in ogni giornata di pioggia, a chi li mettiamo in conto, a qualcuno che non ha saputo tenere a freno la lingua?
C'è una cosa che non capisco ed è un pensiero davvero molesto: dato che in questo momento pubblicare su COVID-19 è facilissimo, anche le riviste più importanti hanno creato una strada privilegiata, per cui la peer review è rapida e la pubblicazione veloce, perché Raoult non ha aspettato che uscisse l'articolo su questi risultati prima di parlare alla stampa? L'articolo deve essere in uscita, a quanto ho letto. Perché non aspettare e fare le cose per bene? Che cosa ci guadagna a passare per buffone?



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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » giovedì 19 marzo 2020, 15:46

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CONTRO COVID-19 IL KALETRA DA SOLO NON FUNZIONA MEGLIO DELLA TERAPIA DI SUPPORTO


Escono sul New England Journal of Medicine i risultati di un trial clinico randomizzato, controllato e in aperto, che si è svolto in Cina, sulla combinazione lopinavir/ritonavir (Kaletra®) in persone con COVID-19:

A Trial of Lopinavir–Ritonavir in Adults Hospitalized with Severe Covid-19

C'erano diversi racconti aneddotici - casi singoli e serie di casi - che parlavano in favore dell'uso della combinazione lopinavir/ritonavir per trattare l'infezione da SARS-CoV-2. Serviva un trial clinico per sapere se davvero questi inibitori della proteasi di HIV erano efficaci.

Il trial clinico è stato fatto in Cina, a Wuhan, epicentro dell'epidemia da nuovo coronavirus, a partire da metà gennaio, cioè pochi giorni dopo l'isolamento del virus e il sequenziamento del suo genoma.
È stato un trial in aperto, ma randomizzato e controllato, in cui sono stati arruolati 199 pazienti con diagnosi confermata di SARS-CoV-2 ricoverati in ospedale e con problemi di saturazione (94% o meno).
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: a 99 è stata somministrata la combinazione di 400 mg di lopinavir boosterizzato con 100 mg di ritonavir due volte al giorno per 14 giorni + la terapia di supporto; agli altri 100 la sola terapia di supporto + un placebo.
Il 60% dei partecipanti erano uomini; l'età mediana era 58 anni.
Il gruppo del lopinavir/r ha avuto qualche problema gastrointestinale in più, mentre gli eventi avversi più seri si sono riscontrati nel gruppo del placebo.
Ma la sostanza è che non si sono viste differenze fra i due gruppi né nel tempo richiesto per migliorare (15 giorni nel gruppo Kaletra vs 16 giorni nel gruppo placebo), né nella mortalità a 28 giorni (19% vs 25%).
La somministrazione di lopinavir/r, inoltre, non ha comportato una viremia più bassa rispetto al placebo, né un tempo più rapido di scomparsa della viremia.

I ricercatori cinesi ne hanno concluso che la somministrazione di lopinavir/r non offre un beneficio sostanziale rispetto alla sola terapia di supporto.


Tuttavia, poiché le persone nel gruppo Kaletra hanno trascorso un poco meno tempo in ospedale (14 vs 16 giorni) e anche meno tempo in terapia intensiva (6 vs 11 giorni); e poiché chi è stato trattato con Kaletra ha avuto meno probabilità di finire in dialisi, meno necessità di ventilazione non invasiva e meno necessità di essere intubato, non si può escludere che qualche efficacia il Kaletra l'abbia avuta.

C'è anche da aggiungere che la mortalità dei due gruppi - simile dal punto di vista statistico (19% vs 25%) - è stata parecchio più alta rispetto al tasso di mortalità che si è calcolato per i pazienti COVID-19 cinesi. Questo indica che le persone che hanno partecipato a questo trial erano in condizioni particolarmente critiche. Può quindi significare che se si somministra il Kaletra a persone con infezione da SARS-CoV-2 meno grave, magari in una fase più precoce dell'infezione, senza stare ad aspettare che la situazione peggiori e il danno polmonare sia troppo grave, magari una certa efficacia il farmaco la possa avere.

Il fatto che non si sia visto un effetto del Kaletra sulla viremia sembra significare che non sia in grado di esercitare un'azione antivirale diretta contro SARS-CoV-2. Quindi è possibile che agisca secondo altri meccanismi, che restano tutti da indagare.

Sarà molto importante, dunque, valutare quel che succede da noi ora che l'indicazione è di trattare con Kaletra + idrossiclorochina persone che sono, sì, ricoverate, ma non ancora in condizioni davvero gravi.

A questo è da aggiungere che, anche se qui in Italia si sta pensando di trattare i pazienti COVID-19 con un altro inibitore della proteasi di HIV, il darunavir, Johnson & Johnson, che il darunavir lo produce, ha emesso un comunicato stampa apposta per dire che non c'è nessuna evidenza in supporto dell'uso di questo farmaco contro SARS-CoV-2.

Detto tutto questo, rimane una considerazione già fatta più volte nelle settimane scorse: le persone con HIV che assumono inibitori della proteasi non devono sentirsi protette da questi farmaci contro l'infezione da nuovo coronavirus. Devono quindi mettere in atto tutte le regole comportamentali a protezione della loro salute, che valgono per chiunque e che abbiamo ripetuto e discusso più volte.



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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da skydrake » giovedì 19 marzo 2020, 15:58

Dora ha scritto:
giovedì 19 marzo 2020, 15:46
Ma la sostanza è che non si sono viste differenze fra i due gruppi né nel tempo richiesto per migliorare (15 giorni nel gruppo Kaletra vs 16 giorni nel gruppo placebo), né nella mortalità a 28 giorni (19% vs 25%).
La somministrazione di lopinavir/r, inoltre, non ha comportato una viremia più bassa rispetto al placebo, né un tempo più rapido di scomparsa della viremia.
I ricercatori cinesi ne hanno concluso che la somministrazione di lopinavir/r non offre un beneficio sostanziale rispetto alla sola terapia di supporto.
Tuttavia, poiché le persone nel gruppo Kaletra hanno trascorso un poco meno tempo in ospedale (14 vs 16 giorni) e anche meno tempo in terapia intensiva (6 vs 11 giorni); e poiché chi è stato trattato con Kaletra ha avuto meno probabilità di finire in dialisi, meno necessità di ventilazione non invasiva e meno necessità di essere intubato, non si può escludere che qualche efficacia il Kaletra l'abbia avuta.

C'è anche da aggiungere che la mortalità dei due gruppi [...] (19% vs 25%)
Queste due parti si contraddicono fra di loro.



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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » giovedì 19 marzo 2020, 16:02

skydrake ha scritto:
giovedì 19 marzo 2020, 15:58
Dora ha scritto:
giovedì 19 marzo 2020, 15:46
Ma la sostanza è che non si sono viste differenze fra i due gruppi né nel tempo richiesto per migliorare (15 giorni nel gruppo Kaletra vs 16 giorni nel gruppo placebo), né nella mortalità a 28 giorni (19% vs 25%).
La somministrazione di lopinavir/r, inoltre, non ha comportato una viremia più bassa rispetto al placebo, né un tempo più rapido di scomparsa della viremia.
I ricercatori cinesi ne hanno concluso che la somministrazione di lopinavir/r non offre un beneficio sostanziale rispetto alla sola terapia di supporto.
Tuttavia, poiché le persone nel gruppo Kaletra hanno trascorso un poco meno tempo in ospedale (14 vs 16 giorni) e anche meno tempo in terapia intensiva (6 vs 11 giorni); e poiché chi è stato trattato con Kaletra ha avuto meno probabilità di finire in dialisi, meno necessità di ventilazione non invasiva e meno necessità di essere intubato, non si può escludere che qualche efficacia il Kaletra l'abbia avuta.

C'è anche da aggiungere che la mortalità dei due gruppi [...] (19% vs 25%)
Queste due parti si contraddicono fra di loro.
Ma no. Il fatto che non ci siano differenze statisticamente significative non significa che il Kaletra non possa aiutare in persone con infezione meno grave. Ci sono tanti piccoli segnali che dicono che anche se non agisce direttamente sulle viremie potrebbe dare dei benefici. Non però se la situazione polmonare è gravemente compromessa. E' per questo che vedere che cosa accadrà qui da noi è particolarmente interessante, viste le indicazioni date dai medici lombardi.
Inoltre, a quei pazienti hanno dato solo il lopinavir/r, ma dagli studi di Savarino abbiamo visto che quello che potrebbe funzionare è proprio la sinergia che si crea con la clorochina. Tanto più interessante capire che accadrà agli italiani.
Ultima modifica di Dora il giovedì 19 marzo 2020, 16:10, modificato 1 volta in totale.



skydrake
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da skydrake » giovedì 19 marzo 2020, 16:10

Dora ha scritto:
giovedì 19 marzo 2020, 16:02
skydrake ha scritto:
giovedì 19 marzo 2020, 15:58
Dora ha scritto:
giovedì 19 marzo 2020, 15:46
Ma la sostanza è che non si sono viste differenze fra i due gruppi né nel tempo richiesto per migliorare (15 giorni nel gruppo Kaletra vs 16 giorni nel gruppo placebo), né nella mortalità a 28 giorni (19% vs 25%).
La somministrazione di lopinavir/r, inoltre, non ha comportato una viremia più bassa rispetto al placebo, né un tempo più rapido di scomparsa della viremia.
I ricercatori cinesi ne hanno concluso che la somministrazione di lopinavir/r non offre un beneficio sostanziale rispetto alla sola terapia di supporto.
Tuttavia, poiché le persone nel gruppo Kaletra hanno trascorso un poco meno tempo in ospedale (14 vs 16 giorni) e anche meno tempo in terapia intensiva (6 vs 11 giorni); e poiché chi è stato trattato con Kaletra ha avuto meno probabilità di finire in dialisi, meno necessità di ventilazione non invasiva e meno necessità di essere intubato, non si può escludere che qualche efficacia il Kaletra l'abbia avuta.

C'è anche da aggiungere che la mortalità dei due gruppi [...] (19% vs 25%)
Queste due parti si contraddicono fra di loro.
Ma no. Il fatto che non ci siano differenze statisticamente significative non significa che il Kaletra non possa aiutare in persone con infezione meno grave. Ci sono tanti piccoli segnali che dicono che anche se non agisce direttamente sulle viremie potrebbe dare dei benefici. Non però se la situazione polmonare è gravemente compromessa. E' per questo che vedere che cosa accadrà qui da noi è particolarmente interessante, viste le indicazioni date dai medici lombardi.
Non differenze statistiche? Ma se il periodo della terapia intensiva viene dimezzato!

Considerando inoltre il gravissimo problema dell'esaurimento dei posti in terapia intensiva nelle aree più colpite (non ci sono nemmeno respiratori a sufficienza), significa de facto raddoppiare i posti disponibili.



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » giovedì 19 marzo 2020, 16:16

skydrake ha scritto:
giovedì 19 marzo 2020, 16:10
Non differenze statistiche? Ma se il periodo della terapia intensiva viene dimezzato!

Considerando inoltre il gravissimo problema dell'esaurimento dei posti in terapia intensiva nelle aree più colpite (non ci sono nemmeno respiratori a sufficienza), significa de facto raddoppiare i posti disponibili.
Ma è uno studio su un numero non molto alto di pazienti e non in doppio cieco. Bisogna prendere con le pinze qualsiasi numero arrivi di lì.
Gli autori non sono per nulla convinti dell'efficacia del Kaletra in una popolazione con infezione grave. Lo dicono molto chiaramente.
Se poi davvero si dovesse dimezzare la permanenza in terapia intensiva, staremo a vedere. Io punterei di più sulla sinergia con la clorochina.

Ho letto il preprint del lavoro di Raoult e appena riesco preparo un post.



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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da skydrake » giovedì 19 marzo 2020, 16:21

Dora ha scritto:
giovedì 19 marzo 2020, 16:16
skydrake ha scritto:
giovedì 19 marzo 2020, 16:10
Non differenze statistiche? Ma se il periodo della terapia intensiva viene dimezzato!

Considerando inoltre il gravissimo problema dell'esaurimento dei posti in terapia intensiva nelle aree più colpite (non ci sono nemmeno respiratori a sufficienza), significa de facto raddoppiare i posti disponibili.
Ma è uno studio su un numero non molto alto di pazienti e non in doppio cieco. Bisogna prendere con le pinze qualsiasi numero arrivi di lì.
Gli autori non sono per nulla convinti dell'efficacia del Kaletra in una popolazione con infezione grave. Lo dicono molto chiaramente.
Se poi davvero si dovesse dimezzare la permanenza in terapia intensiva, staremo a vedere. Io punterei di più sulla sinergia con la clorochina.

Ho letto il preprint del lavoro di Raoult e appena riesco preparo un post.
Quindi prima si presenta lo studio come la prova che il lopinavir non funziona.
Poi, a guardare meglio i dati, che invece dicono che ha i suoi effetti positivi, si svaluta lo studio dicendo che è molto piccolo.

Non fa una grinza....



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