L’HIV nelle lacrime nonostante la HAART. Un nuovo reservoir?
Inviato: martedì 30 agosto 2011, 19:28
Esce su AIDS una lettera, scritta da un gruppo di ricerca guidato dal professor Taisheng Li dell’Università di Pechino, in cui si dimostra che l’HIV rimane rilevabile nel liquido lacrimale della maggior parte dei pazienti, nonostante la viremia nel sangue sia azzerata grazie a una HAART efficace. Questo fa pensare che si sia individuato un nuovo reservoir nelle ghandole lacrimali o in altri tessuti connessi alle lacrime.
È stato fatto uno studio trasversale su 21 pazienti HIV+ (16 con viremia plasmatica irrilevabile da almeno 3 mesi, 2 naive e 3 in fallimento terapeutico) e 5 controlli. Nessuno di questi pazienti presentava sintomi clinici di problemi oftalmici.
Sono state fatte PCR qualitative e quantitative. In tutti i partecipanti allo studio l’HIV RNA è stato misurato nelle lacrime mediante il bDNA, e in 7 casi anche con la TaqMan.
La viremia presente nelle lacrime è stata piuttosto alta: di 5.181 ± 7.283 copie/ml in 16 soggetti con viremia plasmatica irrilevabile e di 4.477 ± 5.276 copie/ml nei 5 pazienti con viremia rilevabile. Nei controlli non si è trovato nulla.
Lafeuillade ha chiesto al professor Taisheng Li perché si siano messi a studiare questo particolare fluido corporeo e la risposta è stata che volevano raccogliere delle lacrime per separare sequenze genetiche del virus (env, gag o pol), per poter confrontare le differenze nelle sequenze genomiche dell’HIV fra lacrime, sangue e PBMC (cellule mononucleate del sangue periferico). Con l’aiuto di psicologi hanno indotto al pianto i pazienti (dopo che questi avevano dato il consenso informato, naturalmente). Hanno quindi raccolto e congelato il liquido lacrimale sul quale hanno poi indagato la presenza del virus.
Lafeuillade ha poi chiesto a Taisheng Li se l’HIV RNA presente nelle lacrime sia infettivo e la risposta è stata che non hanno potuto verificarlo in questo studio, ma è stata confermata la presenza nelle lacrime sia di HIV RNA sia di frammenti di RNA, pur in presenza di soppressione virale nel sangue. Da qui hanno tratto il suggerimento di stare attenti quando si fanno interventi agli occhi.
I risultati di questo studio cinese, che confermano osservazioni che risalgono addirittura al 1985 sull’isolamento del virus nelle lacrime, fanno ipotizzare che le ghiandole lacrimali e/o altri tessuti associati alle lacrime possano costituire un nuovo reservoir dell’HIV. Quindi il prossimo passo della ricerca sarà quello di provare a duplicare il virus e isolarne una sequenza genomica completa mediante le PBMC o altre linee cellulari messe a cultura.
Le domande che nascono da questo studio, secondo i suoi autori:
1. Come ha fatto l’HIV a entrare nelle lacrime? In certe patologie oculistiche si è visto che i CD4, i macrofagi e le cellule dendritiche possono infiltrare la ghiandola lacrimale, la cornea e la congiuntiva. Quindi è possibile che queste cellule, se infette, rilascino del virus.
2. Perché la HAART non è riuscita a sopprimere il virus nelle lacrime? Gli antiretrovirali ci arrivano davvero nelle lacrime? Gli enzimi presenti nelle lacrime potrebbero essere in grado di sopprimere o bloccare l’azione dei farmaci?
3. Qual è l’informazione genetica dell’HIV presente nelle lacrime? Servono altri esperimenti per comprenderne il sottotipo, il tropismo, la resistenza agli antiretrovirali, etc.
4. La carica virale presente nelle lacrime sta in qualche correlazione con altri parametri? Gli scienziati cinesi non hanno rilevato alcuna correlazione con età, genere, viremia plasmatica al basale, numero dei CD4, durata della soppressione virale o viremia plasmatica corrente.
5. La viremia nelle lacrime è in correlazione con problemi oftalmici? Molte persone HIV+ soffrono di cheratocongiuntiviti, secchezza oculare e altri problemi agli occhi, ma nessuno dei soggetti partecipanti allo studio presentava manifestazioni di tipo oftalmico e pare che queste si correlino con maggior probabilità con la viremia intraoculare, piuttosto che con le lacrime.
Detection of HIV-1 viruses in tears of patients even under long-term highly active antiretroviral therapy
È stato fatto uno studio trasversale su 21 pazienti HIV+ (16 con viremia plasmatica irrilevabile da almeno 3 mesi, 2 naive e 3 in fallimento terapeutico) e 5 controlli. Nessuno di questi pazienti presentava sintomi clinici di problemi oftalmici.
Sono state fatte PCR qualitative e quantitative. In tutti i partecipanti allo studio l’HIV RNA è stato misurato nelle lacrime mediante il bDNA, e in 7 casi anche con la TaqMan.
La viremia presente nelle lacrime è stata piuttosto alta: di 5.181 ± 7.283 copie/ml in 16 soggetti con viremia plasmatica irrilevabile e di 4.477 ± 5.276 copie/ml nei 5 pazienti con viremia rilevabile. Nei controlli non si è trovato nulla.
Lafeuillade ha chiesto al professor Taisheng Li perché si siano messi a studiare questo particolare fluido corporeo e la risposta è stata che volevano raccogliere delle lacrime per separare sequenze genetiche del virus (env, gag o pol), per poter confrontare le differenze nelle sequenze genomiche dell’HIV fra lacrime, sangue e PBMC (cellule mononucleate del sangue periferico). Con l’aiuto di psicologi hanno indotto al pianto i pazienti (dopo che questi avevano dato il consenso informato, naturalmente). Hanno quindi raccolto e congelato il liquido lacrimale sul quale hanno poi indagato la presenza del virus.
Lafeuillade ha poi chiesto a Taisheng Li se l’HIV RNA presente nelle lacrime sia infettivo e la risposta è stata che non hanno potuto verificarlo in questo studio, ma è stata confermata la presenza nelle lacrime sia di HIV RNA sia di frammenti di RNA, pur in presenza di soppressione virale nel sangue. Da qui hanno tratto il suggerimento di stare attenti quando si fanno interventi agli occhi.
I risultati di questo studio cinese, che confermano osservazioni che risalgono addirittura al 1985 sull’isolamento del virus nelle lacrime, fanno ipotizzare che le ghiandole lacrimali e/o altri tessuti associati alle lacrime possano costituire un nuovo reservoir dell’HIV. Quindi il prossimo passo della ricerca sarà quello di provare a duplicare il virus e isolarne una sequenza genomica completa mediante le PBMC o altre linee cellulari messe a cultura.
Le domande che nascono da questo studio, secondo i suoi autori:
1. Come ha fatto l’HIV a entrare nelle lacrime? In certe patologie oculistiche si è visto che i CD4, i macrofagi e le cellule dendritiche possono infiltrare la ghiandola lacrimale, la cornea e la congiuntiva. Quindi è possibile che queste cellule, se infette, rilascino del virus.
2. Perché la HAART non è riuscita a sopprimere il virus nelle lacrime? Gli antiretrovirali ci arrivano davvero nelle lacrime? Gli enzimi presenti nelle lacrime potrebbero essere in grado di sopprimere o bloccare l’azione dei farmaci?
3. Qual è l’informazione genetica dell’HIV presente nelle lacrime? Servono altri esperimenti per comprenderne il sottotipo, il tropismo, la resistenza agli antiretrovirali, etc.
4. La carica virale presente nelle lacrime sta in qualche correlazione con altri parametri? Gli scienziati cinesi non hanno rilevato alcuna correlazione con età, genere, viremia plasmatica al basale, numero dei CD4, durata della soppressione virale o viremia plasmatica corrente.
5. La viremia nelle lacrime è in correlazione con problemi oftalmici? Molte persone HIV+ soffrono di cheratocongiuntiviti, secchezza oculare e altri problemi agli occhi, ma nessuno dei soggetti partecipanti allo studio presentava manifestazioni di tipo oftalmico e pare che queste si correlino con maggior probabilità con la viremia intraoculare, piuttosto che con le lacrime.
Detection of HIV-1 viruses in tears of patients even under long-term highly active antiretroviral therapy