In questi vent’anni, si è visto che l’IL-15 ha anche proprietà antitumorali e la si sta studiando in centinaia di trial clinici. Il National Cancer Institute degli NIH l’ha messa al primo posto in una lista di 12 sostanze fra le più promettenti immunoterapie contro il cancro.
Studi in vitro fatti quando questa citochina è stata scoperta hanno dimostrato che l’IL-15 aumenta sia la funzionalità delle NK, sia quella dei CD8 HIV-specifici e questo ha fatto subito ipotizzare che possa essere utilizzata come immunoterapico per accrescere le risposte contro l’HIV. Inoltre, si è visto che le cellule NK stimolate con IL-15 riescono ex vivo ad uccidere i CD4 infetti, diminuendo così la frequenza di CD4 che contengono HIV. E si è visto che, se si trattano macachi infettati da SIV con IL-15, si ha un aumento del numero dei CD8 SIV-specifici e delle cellule NK, mentre al tempo stesso diminuisce il numero di cellule infette nei linfonodi. Questo è coerente con l’ipotesi che l’IL-15 abbia un effetto antivirale.
Ma c’è un problema, perché in quello stesso studio la viremia plasmatica delle scimmie è aumentata di 2-3 log. Quindi c’è anche la possibilità che l’IL-15 induca la replicazione del virus. Questo ne limiterebbe drasticamente l’uso terapeutico.
Oltre a questo, sappiamo che le cellule latentemente infette subiscono una proliferazione omeostatica, che porta al reintegro del reservoir latente ed è indotta, sì, soprattutto dall’IL-7, ma anche dall’IL-15:

Nicholas Chomont ha dimostrato che l’IL7 e la -15 sono coinvolte nel mantenimento del serbatoio dei CD4 memoria e ha ipotizzato che possano anche contribuire alla persistenza delle cellule latentemente infette. Entrambe queste citochine inducono, infatti, in vitro proliferazione, attivazione e sopravvivenza dei CD4. Così come entrambe aumentano la produzione di virus nei CD4 produttivamente infetti isolati da persone con HIV.
In un lavoro presentato a Roma, ad AIDS 2011, Chomont ha mostrato che la differenza fra le due citochine è di intensità dell’effetto nell’indurre la produzione di virus in cellule latentemente infette: si è infatti visto che l’IL-15 è di circa 4 volte più efficace della -7 nel riattivare in vitro la trascrizione di HIV latente, inducendo però minore proliferazione dei CD4.

Le conclusioni di questo studio di Chomont sono state che
- - l’IL-7 aumenta il numero assoluto dei CD4 che contengono DNA virale integrato (in vivo) e mantiene la diversità genetica del reservoir (in vitro);
- IL-7 e IL-15 inducono proliferazione, attivazione e sopravvivenza dei CD4,
- l’IL-15 induce produzione virale in modo più efficiente di quanto faccia la -7.
Pertanto, secondo Chomont, l’IL-15 dovrebbe essere considerata come un possibile candidato per arrivare all’eradicazione.

C’erano diverse limitazioni nella produzione di IL-15, a partire dalla sua emivita, che è molto breve. Ma ora pare siano state superate con lo sviluppo, da parte di Altor BioScience, una società di Miami che produce immunoterapici, di ALT-803. Si tratta di un super-agonista dell’IL-15 (IL-15SA), un composto che ha una attività biologica di circa 25 volte superiore rispetto a quella dell’IL-15 prodotta naturalmente da noi.
L’ALT-803 è stato di recente utilizzato in uno studio ex vivo su diversi HDACi usati come farmaci anti-latenza e si è visto che, mentre tutti gli HDACi testati (e soprattutto la romidepsina) portano a una soppressione duratura della produzione di INF-γ da parte dei CD8 HIV-specifici prelevati da persone con HIV (come sappiamo, l’IFN-γ ha potenti effetti antivirali), invece questo superagonista dell’IL-15 ne aumentava notevolmente la produzione (dello studio di Bruce Walker e dei pesanti effetti che gli HDACi hanno sulla funzionalità dei CD8 abbiamo parlato qui).
Tutta questa lunga premessa per dire che è in partenza presso la University of Minnesota (Timothy Schacker) una sperimentazione clinica per stabilire sicurezza, tollerabilità e possibile efficacia di ALT-803 in persone con HIV: Proof of Principle Study of Pulse Dosing of IL-15 to Deplete the Reservoir in HIV Infected People (ALT-803).
È uno studio pilota in aperto, su un singolo braccio di 10 persone con HIV e con viremia stabilmente soppressa dalla ART (<40 o <50 copie RNA/mL a seconda del test, da più di 2 anni) e con più di 500 CD4.
Verranno studiati diversi dosaggi di infusioni settimanali di ALT-803, fino ad arrivare alla massima dose tollerata. Dopo la prima infusione, i partecipanti verranno monitorati per 24 ore, e le volte successive per 6 ore.
L’obiettivo primario del trial è stabilire sicurezza e tollerabilità di ALT-803, determinate dall’incidenza di eventi avversi entro 4 settimane.
L’obiettivo secondario è quello di valutare l’incidenza di ALT-803 sul reservoir. Per far questo verrà usato il nuovo test messo a punto da Chomont e presentato a Melbourne l’estate scorsa: il TILDA (Tat/rev Induced Limiting Dilution Assay), che misura la frequenza di cellule che esprimono multiply-spliced HIV RNA e ha caratteristiche che lo rendono molto interessante, perché non richiede di estrarre RNA virale, è rapido (richiede meno di due giorni di lavoro), sensibile (ha bisogno di molte meno cellule rispetto ad altri test) e costa solo 300 dollari.
Lo studio dovrebbe iniziare a giugno 2015 e la fine è prevista per giugno 2016.
Che dire? Speriamo che con l'IL-15 vada meglio che con la -7.
EDIT: ho cambiato titolo al thread da "IL-15 (ALT-803) contro il reservoir di HIV" a "IL-15 (N-803) contro il reservoir di HIV".