IL 7 FEBBRAIO SARANNO 9 ANNI DAL PRIMO TRAPIANTO DI TIMOTHY BROWN
Siamo abituati a vivere in un Paese alla rovescia, in cui ricercatori che in 20 anni non hanno prodotto nulla, costando però molto denaro, e il cui nome viene pronunciato all'estero accompagnato da una smorfia d'imbarazzo, sono trattati come se fossero i salvatori del Sistema Italia, mentre ad altri, che lavorano bene e producono risultati, si segano le ricerche un attimo prima che queste arrivino finalmente in fase clinica.
Oggi mi sono imbattuta in un articolo che mi sta facendo pensare come anche in Germania non sembrino messi tanto bene.
Avevano un genio assoluto, un giovane ematologo che ha avuto l'idea giusta nel momento giusto ed oggi è l'unico al mondo a poter dire di avere curato una persona dall'HIV e con questo aver dato stimolo a centinaia di ricerche sulla cura. Bene, non solo non l'hanno esaltato offrendogli incarichi universitari di prestigio, la direzione di centri di ricerca, finanziamenti ed onori, ma gli hanno fatto un vero e proprio mobbing, che ha rischiato addirittura di far fallire l'impresa di curare Timothy Brown.
In una intervista uscita sul
Berlin Kurier qualche mese fa, Gero Hütter dice fuori dai denti quello che in questi anni era soltanto filtrato come allusione: fin dall'inizio, i sui capi all'ospedale Charité l'hanno osteggiato in ogni modo, tanto che nel 2009 dovette lasciare Berlino alla volta dell'Istituto di Medicina Trasfusionale e Immunologia di Mannheim, presso l'Università di Heidelberg (
dove ora risulta non lavorare più).
Oggi, che Hütter lavora per
Cellex, una società specializzata nella selezione di donatori e nell'estrazione di cellule staminali per trapianti allogenici e collabora con
Calimmune, la società fondata in California da David Baltimore che sta conducendo
un trial di terapia genica su persone con HIV, deve aver ritenuto che i tempi fossero maturi per raccontare quello che avvenne fra il 2006 e il 2009, quando presentò il caso di Timothy Brown al suo capo e subito iniziò ad essere ostacolato, al punto che del trapianto di Timothy dovette occuparsi durante il suo tempo libero.
Quando poi la leucemia di Timothy recidivò e fu necessario fare un secondo trapianto, secondo i suoi capi avrebbe dovuto cercare un altro donatore, non ripetere il trapianto con le staminali CCR5 negative del primo donatore. Fortuna che Hütter fu allora abbastanza determinato da opporsi.
Quando era ormai chiaro che Timothy era guarito e che un ematologo tedesco aveva battuto sul tempo tutti i più grandi infettivologi del mondo, nessuno pensò comunque di trattenere Hütter a Berlino e di sfruttare il suo prestigio per attirare finanziamenti e stimolare la ricerca. No, lo spinsero ad andarsene, confermando come non soltanto qui da noi l'invidia e la meschinità siano una parte non trascurabile dell'impresa scientifica.
Fonte:
Mobbing an der Charité? Dr. Gero Hütter: "Mein Oberarzt gönnte mir den Erfolg nicht!" Berühmter Aids-Arzt klagt an