Semola ha scritto:Bhe si, è esattamente quello che dicevo... Vale la pena provarli nei pazienti con HIV che hanno, TUTTI, una alta componente pro-infiammatoria.
Era semplicemente per dire che l'effetto benefico dei JAK inibitori potrbbe essere considerevole in condizioni di estrema infiammazione come l'HIV e non avere quegli effetti deleterei visti in altre atologie autoimmuni dove l'infiammazione è meno generalizzata e più mirata ad auto-antigeni... tutto qui, forse mi sono espresso male!
Sì, scusa, avevo equivocato. Grazie per aver chiarito.
Gabriel81 ha scritto:Sono molto curioso di vedere i risultati della sperimentazione (anche perché se dovesse andare bene potrebbero avviare una fase 3 giusto? Questo significa che in 4/5 anni potrebbe essere presente nelle strategie di cura?)
Sui tempi delle sperimentazioni, non saprei dirti con certezza, ma mi sembrano ragionevoli le tue stime. Conta che
il trial del quale stiamo aspettando i risultati per la prossima primavera (se tutto va nei tempi previsti, potremmo sapere qualcosa già al CROI a inizio marzo) dura un paio d'anni ed è su una sessantina di persone. Quindi una sperimentazione più ampia potrebbe durare un po' di più. Questo - naturalmente - se il profilo di sicurezza e tollerabilità del farmaco sarà accettabile (ma è noto, visto che lo si usa
in oncologia con la stessa identica posologia di
10 mg per 2 volte al giorno e ha dato neutropenia abbastanza seria nel 5% dei pazienti, ipertensione sempre nel 5%, e poi nel 2% insonnia, tinnitus, capogiri e trombocitopenia).
Molto interessante anche che sotto il profilo della selezione di virus resistenti sembrerebbe ad altissima barriera genetica, ma questo perché agisce sui meccanismi di comunicazione cellula-cellula ed intra-cellula e non su fasi del ciclo vitale de virus come i farmaci art?
L'effetto antivirale di questi farmaci è diverso da quello che hanno gli antiretrovirali e, nella sua complessità, simile per certi versi a quello che si sta vedendo nel caso dei bNABs o degli attivatori del TLR-7 e -9: non agiscono bloccando la replicazione del virus in una specifica fase del suo ciclo vitale e basta, ma quello che si è visto
in vitro (e che speriamo sia confermato dal trial clinico in corso) è che
-
spegnendo l'infiammazione, fanno terra bruciata (
passami il paradosso) intorno alle cellule infette, perché se tutte le cellule intorno a una cellula infetta sono state rese meno attivate e in particolare esprimono poco CCR5 sulla superficie, il virus che fuoriesce da una cellula fa fatica ad infettarne altre, non sapendo a che cosa attaccarsi (e qui rientra tutto il discorso sull'infiammazione che favorisce la persistenza del virus);
- diminuendo la replicazione di HIV in cellule come i macrofagi, che hanno la capacità di infrattarsi in posti difficilmente raggiunti dagli antiretrovirali, prosciugano quei "santuari" in cui il virus continua a replicarsi attivamente, sia pure a livelli bassi, e che potrebbero essere l'origine della viremia residua (altri ipotesi - e più accreditata - è che la viremia residua venga dal reservoir);
- forse agiscono direttamente sul virus latente, impedendogli di riattivarsi (ed è per questo che ho segnalato una certa somiglianza alla strategia di "block and lock" della Valente con la cortistatina A).
Ecco perché nel trial in corso, oltre a studiare tanti marker di infiammazione, si va a vedere se cambia qualcosa nella viremia nel sangue e nei CD4 e si cerca di misurare il reservoir.