Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

La condizione di sieropositività, la malattia da HIV e relativi problemi, di salute e no.
DaitarnIII
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Re: Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

Messaggio da DaitarnIII » giovedì 27 gennaio 2022, 20:32

paziente ha scritto:
giovedì 27 gennaio 2022, 11:26
Certamente bravo giovane88 nell'idea di riportare esperienze ed esempi di normalità e di risoluzione.
Nello stesso modo ritengo giovane88 legittimato nel lamentare i suoi problemi, nell'evidenza le incongruenze, perché le cose nella quotidianità non funzionano sempre come nei film e come nel mondo degli istanti patinati di instagram.
Ci sono casi risolti come situazioni anche profondamente problematiche su cui tenere alta l'attenzione.

Lo conoscete il principio della rana bollita di Noam Chomsky?
Se butti una rana in una pentola con acqua bollente questa balza subito fuori. Se invece lasci il fuoco acceso sotto la pentola con acqua fredda nella quale la rana nuota liberamente, la rana si lascia cuocere!
Questo principio metaforico descrive una pessima capacità dell’essere umano: ovvero la capacità di adattarsi a situazioni spiacevoli e deleterie senza reagire, se non quando ormai è troppo tardi; la capacità di accettare passivamente le vessazioni in silenzio, senza mai reagire perché abituatosi progressivamente all'acqua bollente!

Sui prelievi faccio un appunto perché la penso profondamente in modo diverso.
Il fatto della promiscuità dei prelievi è una vessazione: è inaccettabile e fastidiosa l'assenza di riservatezza e di privacy.
Nessuno dovrebbe poter associare la patologia all'operazione del prelievo! E doversi sentire anche in debito di ammiccare, salutare, conversare, essere gentile, assolutamente no.
Comprendo la voglia di socializzare ma il luogo del prelievo è un luogo di cura e non è un luogo di incontro né uno speed date: per questo ci sono le terapie di gruppo, le associazioni, gli incontri volontari, ecc.
Ma solo io mi sento bene e tranquillo quando vado a fare i prelievi o le visite? Saluto tutti nelle sale d'aspetto e mi piace parlare con i medici, è l'unico momento in cui posso parlare del mio stato (solo un'altra persona conosce la situazione, ma non ne parliamo granché). E non mi va di andare presso associazioni o altro. Tranne che per la (sporadica) presenza di coloro che fanno i test (ma di questo, Paziente, ne abbiamo parlato e non siamo totalmente d'accordo), la sala d'aspetto (con file d'attesa che non superino l'oretta però...) e le stanze dei dottori/dei prelievi sono posti 'sereni' e 'veri' (caxxi di aggettivi, lo so, e ovviamente valgono solo se le notizie che ci vengono date non sono cattive). Oggi pioveva, e, accidenti, non sono potuto andare dai medici per farmi dare le medicine ;-)))



DaitarnIII
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Re: Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

Messaggio da DaitarnIII » giovedì 27 gennaio 2022, 23:28

paziente ha scritto:
giovedì 27 gennaio 2022, 21:04
DaitarnIII ha scritto:
giovedì 27 gennaio 2022, 20:32
paziente ha scritto:
giovedì 27 gennaio 2022, 11:26
No, non siamo d'accordo.
Non so dove sei seguito (se in un reparto generico di malattie infettive o specificatamente hiv) e se il centro si trovi nella tua città (perché di assurdi pendolarismi tra città e regioni per non farsi riconoscere ne vedo moltissimi), ma se vado a fare il prelievo o una visita mi aspetto professionalità, riservatezza e non riconoscibilità del motivo per cui sono lì.
Potrei incontrare mia sorella, mia madre, il mio vicino, il mio barista, il vigile, il fornaio, il professore, l'estetista, un pubblico ministero, un giudice, un personaggio pubblico e ritengo che riconoscere il motivo per cui sono lì non sia affatto lecito.

Poi se parto da Napoli o Viterbo (cito a caso) e vado allo Spallanzani (cito sempre a caso) posso anche capire che mi importi meno!
E' un reparto di malattie infettive. In sala d'aspetto posso incontrare solo chi si fa il test (molto raro), o i pazienti di malattie infettive (o i parenti degli stessi che vanno là per ritiro farmaci o per consulti). Ovviamente là nessuno sa esattamente il motivo delle analisi/visite (anche se la maggioranza è chiaramente per l'HIV), poi dentro la stanza del dottore si parla liberamente. Per me andare al centro è una semplice passeggiata, venticinque minuti dal mio luogo di lavoro, e (sempre per me), anche la passeggiata è...come dire...liberatoria.
Boh...che dire...forse dipende anche dal fatto che ormai ho una certa età, ho anche un'invidiabile posizione lavorativa ed economica, ed onestamente, per me non sarebbe questo ENORME DRAMMATICO INCREDIBILE problema se qualcuno lo venisse a scoprire. Io questo mio stato lo mantengo riservato, ma non drammatizzerei eccessivamente se non fosse così. C'è di peggio nella vita (certo se fossi un ventenne con famiglie ultracattoliche e senza lavoro potrei pensarla diversamente). Ricordo che una volta J. BAZZI cha detto che preferirebbe guarire dalla balbuzie che dall'HIV.



Edox
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Re: Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

Messaggio da Edox » venerdì 28 gennaio 2022, 10:28

Il reparto dove vado a fare visite/controlli/ritiro dei medicinali è praticamente solo per hiv+. Chi si trova li è al 99% nella mia situazione.
L'ambiente generale è molto aperto e sereno (per ovvi motivi preferirei non frequentarlo ma devo dire che non mi pesi affatto), addirittura il medico che mi segue è anche lui gay, hiv+ e un super attivista contro lo stigma, lo stimo moltissimo.



Edox
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Re: Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

Messaggio da Edox » sabato 29 gennaio 2022, 9:28

paziente ha scritto:
venerdì 28 gennaio 2022, 19:32
Sul medico attivista gay hiv+ tanto di rispetto e di cappello, ma non è dentro i reparti che si combatte lo stigma. Dentro i reparti si deve curare garantendo la privacy, come dicono le norme.
Infatti lui non lo combatte in reparto dove cura ma per strada. Organizza eventi, mostre, manifestazioni, è attivo sui social, lotta costantemente per U=U e prep.. Ce ne fossero di medici come lui!

Per quanto riguarda la privacy sul reparto di malattie infettive, come ho scritto, la stragrande maggioranza viene per dinamiche legate ad hiv, poi ci sarà anche (una piccolissima percentuale) che sarà lì per altro..



skydrake
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Re: Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

Messaggio da skydrake » sabato 29 gennaio 2022, 10:46

paziente ha scritto:
venerdì 28 gennaio 2022, 19:32

Garante della privacy - Strutture sanitarie: rispetto della dignità - 9 novembre 2005 - doc. web n. 1191411
g) correlazione fra paziente e reparto o struttura (art. 83, comma 2, lett. h))
Gli organismi sanitari devono mettere in atto specifiche procedure, anche di formazione del personale, per prevenire che soggetti estranei possano evincere in modo esplicito l´esistenza di uno stato di salute del paziente attraverso la semplice correlazione tra la sua identità e l´indicazione della struttura o del reparto presso cui si è recato o è stato ricoverato.
Vorrei proprio vedere chi oserà mai condannare un ospedale per non aver rimosso le indicazioni dei reparti, dopo che il TAR Lazio che ha accolto il ricorso contro una circolare del ministero della Sanità che stabiliva che farmaci prescrivere ai malati non gravi di COVID, in contrasto al codice deontologico e alla professionalità dei medici:

https://www.quotidianosanita.it/m/gover ... _id=101481

Certo, l'alternativa è non togliere i nomi dei reparti, ma rinominarli in reparto A, reparto B, reparto C ecc. dando la mappa al solo personale interno.
Mi immagino però la confusione dei parenti e i pazienti che vanno solo per fare esami: già adesso trovi gente smarrita che vaga alla ricerca dei bagni....



skydrake
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Re: Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

Messaggio da skydrake » sabato 29 gennaio 2022, 15:15

paziente ha scritto:
sabato 29 gennaio 2022, 11:09
skydrake ha scritto:
sabato 29 gennaio 2022, 10:46
paziente ha scritto:
venerdì 28 gennaio 2022, 19:32

Garante della privacy - Strutture sanitarie: rispetto della dignità - 9 novembre 2005 - doc. web n. 1191411
g) correlazione fra paziente e reparto o struttura (art. 83, comma 2, lett. h))
Gli organismi sanitari devono mettere in atto specifiche procedure, anche di formazione del personale, per prevenire che soggetti estranei possano evincere in modo esplicito l´esistenza di uno stato di salute del paziente attraverso la semplice correlazione tra la sua identità e l´indicazione della struttura o del reparto presso cui si è recato o è stato ricoverato.
Vorrei proprio vedere chi oserà mai condannare un ospedale per non aver rimosso le indicazioni dei reparti, dopo che il TAR Lazio che ha accolto il ricorso contro una circolare del ministero della Sanità che stabiliva che farmaci prescrivere ai malati non gravi di COVID, in contrasto al codice deontologico e alla professionalità dei medici:

https://www.quotidianosanita.it/m/gover ... _id=101481

Certo, l'alternativa è non togliere i nomi dei reparti, ma rinominarli in reparto A, reparto B, reparto C ecc. dando la mappa al solo personale interno.
Mi immagino però la confusione dei parenti e i pazienti che vanno solo per fare esami: già adesso trovi gente smarrita che vaga alla ricerca dei bagni....
Cosa c'entra la privacy con la circolare del Ministero in merito ai farmaci covid non si comprende.
Siamo in uno stato di diritto dove le leggi si rispettano. Quando qualcuno dichiarerà illegittima la norma del garante sulla privacy ne riparleremo, allo stato la norma è valida.

E non è una semplice questione di nome del reparto, nessuno reparto scrive esplicitamente HIV sula porta e questo non vuol dire nulla; è una questione di associabilità della patologia al reparto e per risolverla vanno implementate procedure specifiche: per esempio a mio avviso il prelievo degli hiv va fatto insieme a tutti i prelievi generali di tutte le altre persone (perché concentrare e ghettizzare?) come anche le stanze e gli orari degli ambulatori - che tali al momento di fatto sono - vanno mischiati così che posso essere lì per mille svariati motivi e nessuno può sapere quale.
A me non sembra nulla di assurdo e di impossibile.
C'entra come esempio di quando si cerca di disciplinare il lavoro dei medici: i medici stessi potrebbero obiettare che ciò ostacola il loro lavoro, ossia salvare vite.
Il TAR gli ha dato ragione.
Quel provvedimento del Garante se la prende contro: "l´indicazione della struttura o del reparto presso cui si è recato o è stato ricoverato".
Al più si può cambiare il nome dei laboratori, ma dei reparti è già più difficile, anche perché sono altamente specializzati per specifiche patologie. Soprattutto, non puoi mischiare i pazienti come nei laboratori. Non puoi mettere un paziente con patologie serie di pneumologia in ortopedia o psichiatria, se scoppia un'emergenza il medico ortopedico, o psichiatra, di turno, non potrebbe intervenire adeguatamente come potrebbe fare un pneumologo.



skydrake
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Re: Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

Messaggio da skydrake » sabato 29 gennaio 2022, 22:27

paziente ha scritto:
sabato 29 gennaio 2022, 20:08
skydrake ha scritto:
sabato 29 gennaio 2022, 15:15
paziente ha scritto:
sabato 29 gennaio 2022, 11:09
skydrake ha scritto:
sabato 29 gennaio 2022, 10:46
paziente ha scritto:
venerdì 28 gennaio 2022, 19:32

Garante della privacy - Strutture sanitarie: rispetto della dignità - 9 novembre 2005 - doc. web n. 1191411
g) correlazione fra paziente e reparto o struttura (art. 83, comma 2, lett. h))
Gli organismi sanitari devono mettere in atto specifiche procedure, anche di formazione del personale, per prevenire che soggetti estranei possano evincere in modo esplicito l´esistenza di uno stato di salute del paziente attraverso la semplice correlazione tra la sua identità e l´indicazione della struttura o del reparto presso cui si è recato o è stato ricoverato.
Vorrei proprio vedere chi oserà mai condannare un ospedale per non aver rimosso le indicazioni dei reparti, dopo che il TAR Lazio che ha accolto il ricorso contro una circolare del ministero della Sanità che stabiliva che farmaci prescrivere ai malati non gravi di COVID, in contrasto al codice deontologico e alla professionalità dei medici:

https://www.quotidianosanita.it/m/gover ... _id=101481

Certo, l'alternativa è non togliere i nomi dei reparti, ma rinominarli in reparto A, reparto B, reparto C ecc. dando la mappa al solo personale interno.
Mi immagino però la confusione dei parenti e i pazienti che vanno solo per fare esami: già adesso trovi gente smarrita che vaga alla ricerca dei bagni....
Cosa c'entra la privacy con la circolare del Ministero in merito ai farmaci covid non si comprende.
Siamo in uno stato di diritto dove le leggi si rispettano. Quando qualcuno dichiarerà illegittima la norma del garante sulla privacy ne riparleremo, allo stato la norma è valida.

E non è una semplice questione di nome del reparto, nessuno reparto scrive esplicitamente HIV sula porta e questo non vuol dire nulla; è una questione di associabilità della patologia al reparto e per risolverla vanno implementate procedure specifiche: per esempio a mio avviso il prelievo degli hiv va fatto insieme a tutti i prelievi generali di tutte le altre persone (perché concentrare e ghettizzare?) come anche le stanze e gli orari degli ambulatori - che tali al momento di fatto sono - vanno mischiati così che posso essere lì per mille svariati motivi e nessuno può sapere quale.
A me non sembra nulla di assurdo e di impossibile.
C'entra come esempio di quando si cerca di disciplinare il lavoro dei medici: i medici stessi potrebbero obiettare che ciò ostacola il loro lavoro, ossia salvare vite.
Il TAR gli ha dato ragione.
Quel provvedimento del Garante se la prende contro: "l´indicazione della struttura o del reparto presso cui si è recato o è stato ricoverato".
Al più si può cambiare il nome dei laboratori, ma dei reparti è già più difficile, anche perché sono altamente specializzati per specifiche patologie. Soprattutto, non puoi mischiare i pazienti come nei laboratori. Non puoi mettere un paziente con patologie serie di pneumologia in ortopedia o psichiatria, se scoppia un'emergenza il medico ortopedico, o psichiatra, di turno, non potrebbe intervenire adeguatamente come potrebbe fare un pneumologo.
Il lavoro dei medici deve essere svolto nel rispetto del codice della privacy, codice che non è MAI derogabile.
Se la norma dice che devi guidare nella corsia destra, non puoi andare contromano perché vai di fretta, o ti sei alzato tardi, o il traffico ostacola il tuo lavoro.
Le emergenze e gli stati di necessità sono un'altra cosa, ma di certo non sono la normalità dei prelievi e delle visite hiv+ di cui stiamo parlando.

Non dico che si debba mettere Neurologia insieme a Cardiologia, ma perlomeno il reparto o meglio l'Ambulatorio hiv+ deve essere inserito in generici reparti di malattie infettive, dove le funzioni vengano mischiate in modo tale da non poter essere più individuabile la precisa patologia, consentendo all'utente di "confondersi".
Ti mancano i più elementari rudimenti di diritto.
Il codice della privacy è derogabile in tante situazioni.

Esso costituisce un "diritto affievolito" che soccombe ad esempio di fronte all'azione penale (figuriamoci se puoi fermare degli agenti con mandato ad entrare persino a casa tua adducendo che sono cose private) o a tutti gli atti amministrativi per i quali l'interesse pubblico è considerato rilevante (l'Art. 2-sexies del Codice della Privacy li elenca, sono tanti).
Per tale motivo non si può addurre alla privacy nel rifiutarsi di dare le proprie generalità (anche se tecnicamente il rifiuto non è un reato), come anche gli impiegati amministrativi sono autorizzati a priori a trattare i tuoi dati per una sanzione amministrativa.

Il diritto alla salute è un diritto addirittura di rango costituzionale, quello della privacy non è manco citato nella costituzione eccetto per quanto riguarda la corrispondenza.

Ad esempio al pronto soccorso il diritto alla privacy è regolarmente derogato e li i medici, in caso di emergenza possono consultare il fascicolo sanitario del paziente anche senza suo consenso, anche se è svenuto.

Nel complesso nella gerarchia dei diritti la privacy si piazza piuttosto in fondo. È giusto superiore al diritto del lavoro, per cui un datore di lavoro non è autorizzato a guardare le mail del proprio dipendente, nemmeno se la mail è aziendale.



uffa2
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Re: Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

Messaggio da uffa2 » domenica 30 gennaio 2022, 18:50

paziente ha scritto:
venerdì 28 gennaio 2022, 19:32

Garante della privacy - Strutture sanitarie: rispetto della dignità - 9 novembre 2005 - doc. web n. 1191411
g) correlazione fra paziente e reparto o struttura (art. 83, comma 2, lett. h))
Gli organismi sanitari devono mettere in atto specifiche procedure, anche di formazione del personale, per prevenire che soggetti estranei possano evincere in modo esplicito l´esistenza di uno stato di salute del paziente attraverso la semplice correlazione tra la sua identità e l´indicazione della struttura o del reparto presso cui si è recato o è stato ricoverato.
Andiamo con ordine: la frase citata da paziente è un richiamo all’articolo 83, lettera h, del “codice della privacy”. L’articolo 83 è stato abrogato dall’ art. 27, comma 1, lett. b), n. 3), D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101.
Il GDPR, che pure si allarga e si dilunga pure lui, non si occupa di reparti ospedalieri, grazie al Cielo.

Non so da voi, da me il reparto si chiama “malattie infettive e tropicali”.
A destra ci sono i letti, e non si può entrare, perché lì c’è gente che sta male, che sia per una polmonite batterica, per covid o perché è in AIDS.
A sinistra ci sono gli ambulatori, con una sala d’aspetto unica, un unico laboratorio per i prelievi e tanti ambulatori. Il giovedì c’è pure l’ambulatorio “del territorio” a cui afferiscono i vecchietti del quartiere.

Detto questo, cari amici miei, diciamoci la verità: ma mi spiegate come fa un ospedale ad avere un reparto dedicato alle malattie infettive e a dargli un nome che non lo faccia capire? E se anche lo chiamassero “reparto di ortofrutticoltura” cosa cambierebbe? In pochi giorni tutti saprebbero che tra una rosa e una genziana si nascondono “gli infettivi”.

L’organizzazione per attività consimili consente di massimizzare lo sfruttamento delle strutture e ridurre i rischi. Avviene nelle industrie, in ogni ufficio, negli ospedali.
Forse i prelievi potrebbero esser fatti tutti in un unico ambulatorio prelievi, ma vi immaginate il casino? Un unico punto prelievi per tutti i pazienti esterni di un ospedale?
E gli ambulatori, dove li mettiamo? Sperdiamo gli ambulatori dei nostri medici in un’ala dell’ospedale diversa da quella dove lavorano normalmente? Si può fare eh, al San Paolo per esempio ci sono alcuni ambulatori specialistici esterni ai reparti… ma finisce che la gente in attesa davanti a una porta è tutta lì per lo stesso medico: lo sai perfettamente che quello di fronte a te è lì per la tua stessa condizione…
E poi, con chi li mettiamo gli infettivi “veri”? Con i malati oncologici? Con le partorienti? O forse direttamente in terapia intensiva?

Non so, capisco eh, che ci possano essere aspetti fastidiosi, ma…


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Re: Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

Messaggio da giovane888 » domenica 30 gennaio 2022, 21:35

uffa2 ha scritto:
domenica 30 gennaio 2022, 18:50
paziente ha scritto:
venerdì 28 gennaio 2022, 19:32

Garante della privacy - Strutture sanitarie: rispetto della dignità - 9 novembre 2005 - doc. web n. 1191411
g) correlazione fra paziente e reparto o struttura (art. 83, comma 2, lett. h))
Gli organismi sanitari devono mettere in atto specifiche procedure, anche di formazione del personale, per prevenire che soggetti estranei possano evincere in modo esplicito l´esistenza di uno stato di salute del paziente attraverso la semplice correlazione tra la sua identità e l´indicazione della struttura o del reparto presso cui si è recato o è stato ricoverato.
Andiamo con ordine: la frase citata da paziente è un richiamo all’articolo 83, lettera h, del “codice della privacy”. L’articolo 83 è stato abrogato dall’ art. 27, comma 1, lett. b), n. 3), D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101.
Il GDPR, che pure si allarga e si dilunga pure lui, non si occupa di reparti ospedalieri, grazie al Cielo.

Non so da voi, da me il reparto si chiama “malattie infettive e tropicali”.
A destra ci sono i letti, e non si può entrare, perché lì c’è gente che sta male, che sia per una polmonite batterica, per covid o perché è in AIDS.
A sinistra ci sono gli ambulatori, con una sala d’aspetto unica, un unico laboratorio per i prelievi e tanti ambulatori. Il giovedì c’è pure l’ambulatorio “del territorio” a cui afferiscono i vecchietti del quartiere.

Detto questo, cari amici miei, diciamoci la verità: ma mi spiegate come fa un ospedale ad avere un reparto dedicato alle malattie infettive e a dargli un nome che non lo faccia capire? E se anche lo chiamassero “reparto di ortofrutticoltura” cosa cambierebbe? In pochi giorni tutti saprebbero che tra una rosa e una genziana si nascondono “gli infettivi”.

L’organizzazione per attività consimili consente di massimizzare lo sfruttamento delle strutture e ridurre i rischi. Avviene nelle industrie, in ogni ufficio, negli ospedali.
Forse i prelievi potrebbero esser fatti tutti in un unico ambulatorio prelievi, ma vi immaginate il casino? Un unico punto prelievi per tutti i pazienti esterni di un ospedale?
E gli ambulatori, dove li mettiamo? Sperdiamo gli ambulatori dei nostri medici in un’ala dell’ospedale diversa da quella dove lavorano normalmente? Si può fare eh, al San Paolo per esempio ci sono alcuni ambulatori specialistici esterni ai reparti… ma finisce che la gente in attesa davanti a una porta è tutta lì per lo stesso medico: lo sai perfettamente che quello di fronte a te è lì per la tua stessa condizione…
E poi, con chi li mettiamo gli infettivi “veri”? Con i malati oncologici? Con le partorienti? O forse direttamente in terapia intensiva?

Non so, capisco eh, che ci possano essere aspetti fastidiosi, ma…
Siamo usciti off topic ma è una questione che mi riguarda perchè qualche settimana fa sono stati spostati i reparti causa covid e mi sono ritrovato nel reparto di oftalmologia e oculistica, con la porta di fronte con sù scritto "Malattie infettive".

Essendo che c'è la pandemia, la questione della privacy può essere derogata per "causa maggiore". Perchè io sono veramente stanco e l'altra questione, ovvero il fatto che pur avendo il tempo per farlo non mi è stato fatto il test delle resistenze, pone ulteriori malumori, per molti versi inaccettabili e senza tener conto del fatto che nonostante io spieghi molti degli effetti collaterali dei farmaci, non viene fatto assolutamente nulla.

Situazione: mi ritrovo 3/4 della giornata steso nel letto, dolore agli occhi, stanchezza estrema come se avessi scalato una montagna, nausea, mal di testa, dolori neuropatici tremendi che mi impediscono qualsiasi cosa possa definirsi "minima qualità della vita" e non riesco più a fare altro. È una situazione molto pesante, ecco perchè sono molto negativo.



skydrake
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Re: Persone sieropositive che raccontano la propria normalità sui social - ispirazioni e strategie di coping

Messaggio da skydrake » lunedì 31 gennaio 2022, 0:37

Prima hai scritto che il codice della privacy che non è MAI derogabile.

Vero o Falso?



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