Oramai da qualche tempo, i World AIDS Day mi sembrano “strani”, quest’anno più del solito e mi sono chiesto il perché.
Al netto dei casini in cui ci dibattiamo da un paio di anni (prima il covid, poi l’ennesima crisi economica, quindi la terza guerra mondiale), credo che lo stato di straniamento che questa giornata mi trasmette venga da più lontano.
È innegabile che questa giornata quasi non riguardi più la malattia, ma “solo” le scelte che ogni società è chiamata a fare. È un segno di successo scientifico, ma inevitabilmente spinge tutto su livelli più astratti, quasi fumosi di dibattito.
Che il 2022 non mi pare abbia offerto grandi ragioni di entusiasmo dal punto di vista della ricerca e invece qualche delusione (come lo sfigovaccino EHVA T02 di cui Dora ci ha raccontato l’interruzione dello studio) è un dato di fatto, coerente del resto con il punto al quale la ricerca si trova: una sostanziale maturità delle strategie terapeutiche disponibili (in soldoni: di più dalle chemioterapie attuali non ci si può attendere, oltre a un eccellente controllo di malattia) e invece la necessità di capire ancora troppe cose per perseguire gli obiettivi che restano aperti (il controllo con altre strategie o l’eradicazione).
La “giornata dell’AIDS” di quest’anno è dedicata alla lotta contro le diseguaglianze. Può sembrare fumo, ma non lo è. Può sembrare un problema troppo grande che rimanda sempre alla sfortuna di miliardi di persone che non hanno cure decenti non solo per l’HIV, di interi continenti in cui gli obiettivi di diagnosi, trattamento e sterilizzazione dell’infezione non sono solo irrealizzati, sono irreali (quest’anno l’Unicef ci racconta che circa 110.000 bambini e adolescenti (fra 0 e 19 anni) sono morti per cause collegate all'AIDS nel 2021. Inoltre, altri 310.000 nuovi contagi hanno portato il numero totale di giovani che convivono con l'HIV a 2,7 milioni).
Invece, se guardiamo bene, si tratta di qualcosa che ci tocca da vicino e riguarda il problema più grave: come usare quel che si ha per avanzare in questa guerra anche senza nuove armi.
Il successo clinico ha dato il via libera alla fuga dalle responsabilità, a un “ognuno pensi a se stesso” che ha cancellato nei fatti gli obiettivi prefissi, si va avanti per inerzia, si sceglie di non combattere battaglie in cui la vittoria è a portata di mano.
Chi è qui da più tempo ricorda che, a un certo punto, qualche anno fa, è iniziato ad apparire evidente che i numeri delle nuove infezioni si stavano restringendo e pure velocemente. Era successo che il numero oramai elevato di pazienti in terapia soppressiva efficace e l’avvento della PrEP stavano bloccando le nuove infezioni. E si ricorderà pure che questo avveniva in molti luoghi ma apparentemente non in Italia.
I ritardi soprattutto con la PrEP hanno giocato molto nel ritardare questo successo e se oggi i dati del Centro Operativo AIDS raccontano di nuove infezioni che si riducono anche da noi mi chiedo quanto ancora non scontino quei ritardi.
Chi vive l’HIV o l’AIDS come l’ennesima ciliegina su una torta già indigeribile e si trova in condizioni marginali può contare sempre meno sul sostegno pubblico: è di questi giorni il nuovo appello delle Case Alloggio lombarde i cui servizi sono pagati dalla Regione con le stese rette del 2005, si può solo immaginare con quali risultati.
Infine, il problema più grave, quei dati oramai noiosi sulle diagnosi tardive: troppe persone vivono per anni senza sapere, senza curarsi, diffondendo il virus.
È la cosa più allucinante di cui non riesco a capacitarmi: abbiamo gli strumenti per fermare l’infezione con le attuali risorse, potremmo consegnare questo dramma ai libri di storia della medicina e nessuno fa la sola cosa da fare: andare “a caccia” delle infezioni, scovarle tutte, mettere in trattamento tutti, fermare i contagi.
È allucinante anche perché i nostri sistemi sanitari non avrebbero problemi, i costi delle campagne di test e delle poche decine di migliaia di nuovi pazienti sarebbero ampiamente compensati dal risultato. Invece accettiamo che, esattamente come in quei paesi in cui la diseguaglianza nell’accesso alle cure (a tutte le cure) è sistematica, anche nei nostri, anche nel nostro, ogni giorno qualcuno si infetti nonostante fosse evitabile.
Per ultimo, vorrei solo condividere con voi una piccola nota personale: come per altri compagni di strada, i quindici anni del forum sono stati anche quindici anni dalla diagnosi, un tempo lunghissimo e faticoso. Vorrei dire a tutti un “grazie per la compagnia”: questi quindici anni sono stati sicuramente meno lunghi e faticosi di quanto avrebbero potuto.
Keep smiling, keep shining.
World AIDS Day 2022
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Re: World AIDS Day 2022
uffa2 ha scritto: ↑mercoledì 30 novembre 2022, 23:36Per ultimo, vorrei solo condividere con voi una piccola nota personale: come per altri compagni di strada, i quindici anni del forum sono stati anche quindici anni dalla diagnosi, un tempo lunghissimo e faticoso. Vorrei dire a tutti un “grazie per la compagnia”: questi quindici anni sono stati sicuramente meno lunghi e faticosi di quanto avrebbero potuto.
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