Dopo 16 anni, il 18 luglio IAS (International AIDS Conference) torna in Sud Africa e il suo 21° congresso si terrà a Durban.
La parola d'ordine della 21st International AIDS Conference (AIDS 2016) sarà: ACCESS EQUITY RIGHTS - NOW!
Nei prossimi giorni, ci sarà modo di anticipare qualcosa del programma, con un'attenzione particolare al 2016 Towards an HIV Cure Symposium che, come è ormai consuetudine, avrà luogo due giorni prima del congresso.
Credo però che il ritorno di IAS a Durban imponga di ricordare in che situazione si tenne la 13° Conferenza Internazionale sull'AIDS del 2000, con presidente IAS che allora era l’italiano Stefano Vella, perché il suo tema fu BREAKING THE SILENCE – ROMPERE IL SILENZIO e perché segnò in modo indelebile la storia della malattia da HIV.
In quegli anni, l’epidemia di AIDS dilagava in Sud Africa, il più ricco e avanzato fra i Paesi africani, a causa principalmente del negazionismo dell’HIV/AIDS, che era assurto a dottrina di Stato sotto il governo di Thabo Mbeki e del suo ministro della salute, la Dr Manto Tshabalala-Msimang.
Che le teorie negazioniste e i loro sostenitori, diversi dei quali – Duesberg, Bialy, De Harven, Giraldo, Koenlein, Papadopulos-Eleopulos, Rasnick, Stewart e Turner – sedevano nel Presidential AIDS Advisory Panel voluto da Mbeki, fossero responsabili di un’ecatombe in Sud Africa era già chiaro a molti nel 2000. Ma le dimensioni della tragedia la configurarono come un vero e proprio genocidio quando nel 2008 uscirono due lavori indipendenti – a febbraio l’articolo di Nicoli Nattrass e a dicembre quello di Chigwedere et al – che stimarono che fra il 2000 e il 2005 più di 330.000 persone morirono prematuramente perché furono loro negati gli antiretrovirali, 200.000 si infettarono a causa delle politiche sanitarie del governo e 35.000 bambini nacquero malati.
In quella situazione, 5000 fra medici, ricercatori e istituzioni di ricerca, con l’esplicita esclusione di chiunque lavorasse per l’industria farmaceutica, firmarono e pubblicarono su Nature quella che divenne nota come The Durban Declaration, in cui si affermava che
- - è l'HIV a provocare l'AIDS e le prove che lo dimostrano sono chiare, esaurienti, inequivocabili e rispondono ai più elevati standard scientifici;
- la terapia antiretrovirale è efficace;
- l'accesso ai trattamenti per la cura dell'HIV/AIDS è un diritto universale.
In italiano la Dichiarazione di Durban è pubblicata nel sito della LILA:
Al momento della sua pubblicazione, la Dichiarazione fu ritenuta degna del cestino della carta straccia dal presidente Mbeki e ovviamente considerata un attentato alla
Oggi la conferenza arriva in un Sud Africa molto diverso, in cui da 640.000 nuove infezioni registrate nel 2001 si è passati alle 450.000 del 2012, in cui la diffusione degli antiretrovirali ha archiviato le pretese dei negazionisti di farsi prendere sul serio, in cui si è attivamente impegnati per raggiungere l'obiettivo stabilito da UNAIDS di 90-90-90 entro il 2020 con la speranza di mettere fine alla pandemia di AIDS entro il 2030: 90% delle persone con HIV consapevoli di avere l'infezione; 90% di queste messe in terapia antiretrovirale; 90% delle persone in terapia con viremia irrilevabile.
E quest’anno principali argomenti di discussione sono l’estensione dei diritti e l’attenzione alle popolazioni maggiormente esposte al rischio di infezione.
Preceduta dalla Melbourne Declaration - NOBODY LEFT BEHIND del 2014, che impegnava tutti i governi e le istituzioni contro le discriminazioni di qualsiasi genere e la criminalizzazione delle persone con HIV, a Durban quest’anno viene presentata la Second Durban Declaration, che riconosce i progressi fatti in questi 16 anni, ribadisce l’imperativo di trattare chiunque riceva una diagnosi di HIV e di farlo il prima possibile, e fissa 5 progressi scientifici da realizzare e 5 barriere strutturali da abbattere.
Questo è il testo della Seconda Dichiarazione di Durban - Accesso Equità Diritti - Ora! tradotto in italiano: