Sclerosi multipla: “Nessuna evidenza per il metodo Zamboni”
Inviato: venerdì 16 agosto 2013, 18:26
Sclerosi multipla. Studio canadese: “Nessuna evidenza per il metodo Zamboni”
Il verdetto dopo una ricerca condotta su 200 soggetti di cui 100 sani e 100 affetti da sclerosi multipla. Non è stata riscontrata alcuna evidenza sul fatto che un ridotto flusso di sangue nelle vene del collo, o una loro ostruzione, sia uno dei meccanismi coinvolti nella sclerosi multipla. Tesi alla base delle discusse teorie del medico italiano.
15 AGO - L'obiettivo dello studio pubblicato su Plos One dichiarato con nettezza dagli autori guidati dal professor Ian W. Rodger del Dipartimento di Medicina della McMaster University, Hamilton, Ontario, Canada, era quello di valutare la prevalenza delle anomalie venose che definiscono la CCSVI (insufficienza venosa cronica cerebrospinale) nei malati di sclerosi multipla.
Lo studio è stato condotto su 100 pazienti con sclerosi multipla di età compresa tra i 18-65 anni selezionati in modo casuale e stratificato in uno dei quattro sottotipi: sclerosi multipla recidivante / remittente, secondaria progressiva, progressiva primaria e benigna. A questi si sono affiancati altrettanti soggetti di controllo (16-70 anni) senza storia nota di SM o di altra condizione neurologica. Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad analisi con immagini ultrasuono delle vene del collo, delle vene cerebrali profonde e a risonanza magnetica delle vene del collo e del cervello. Queste procedure sono state eseguite su ciascun partecipante lo stesso giorno.
Al termine della ricerca non è stata rilevata alcuna prova di riflusso. Né di stenosi o di blocco nelle vene giugulari interne o vene vertebrali in alcun partecipante allo studio. Allo stesso modo, non è stata rilevata alcuna prova di reflusso o di cessazione del flusso nelle vene cerebrali profonde.
Tra i 199 partecipanti solo un soggetto con sclerosi ha fatto rilevare un valore minimo di flusso.
Secondo i ricercatori questo studio fornisce una prova convincente della non correlazione tra CCSVI e sclerosi multipla.
Sclerosi multipla, la replica di Zamboni: "Lo studio canadese errato nel metodo"
L'angiologo replica alla ricerca firmata da Ian Rodger che aveva escluso la fondatezza della tesi della 'scuola di Ferrara' sul legame tra Sm e Ccsvi: hanno ignorato gli ultimi mezzi di ricerca e cercato le prove nel posto sbagliato
ROMA - L'angiologo italiano Paolo Zamboni è intervenuti, con una lettera inviata alla direzione di Plos One, per ribattere alla tesi della ricerca canadese pubblicata sulla rivista scientifica. Secondo lo studio caso-controllo, firmato da Ian Rodger ed altri ricercatori della McMaster University, non esiste evidenza del legame, suggerito invece da Zamboni, tra la Sclerosi multipla e l'insufficienza venale cerebrospinale cronica (Ccsvi): andrebbe dunque esclusa un'efficacia antisclerosi dell'intervento di 'riapertura' tramite stent dei vasi bloccati.
Zamboni, angiologo dell'Università di Ferrara, riconosce che l'esito dello studio è agli antipodi rispetto a quello del suo gruppo di ricerca, in quanto Rodger e gli altri "non sono stati in grado di dimostrare alcuna anomalia del flusso venoso nei pazienti con SM studiati sia con l'Ecocolordoppler che con la MRV" (venografia con catetere, ndr). Detto questo, Zamboni afferma che tale esito è dovuto alla metodologia utilizzata dai ricercatori canadesi, alla quale è dovuta la "così forte discrepanza" nel confronto tra i risultati.
"Per quanto riguarda la metodologia ECD - scrive Zamboni - , siamo rimasti molto sorpresi che gli autori non siano riusciti ad utilizzare la metodologia aggiornata di recente raccomandata da un consenso internazionale per migliorare la riproducibilità del protocollo ECD. L'unica meta-analisi di tutti i report dal 2005 a giugno 2011 ha dimostrato una forte prevalenza della CCSVI nella SM, ma con marcata eterogeneità tra gli studi. Per evitare questo e per rendere gli studi più confrontabili, dopo giugno 2011 sette società scientifiche internazionali hanno sviluppato un protocollo tecnicamente dettagliato, eppure non citato".
"Contrariamente al protocollo raccomandato - scrive ancora Paolo Zamboni - , siamo rimasti colpiti nello studio Rodger dall'assenza di qualsiasi analisi in M-mode per indagare il criterio #3. Il modello ECD in M-mode è indispensabile per individuare gli ostacoli endoluminali e le valvole mobili e fisse, che rappresentano la maggioranza delle anomalie venose della Ccsvi".
"Per quanto riguarda la metodologia di MRV - conclude Zamboni - siamo stati nuovamente sorpresi dal focus delle indagini nella regione superiore e mediana del collo, dove non sono mai state rilevate in condizione di CCSVI differenze significative nella portata del flusso giugulare. Al contrario, numerosi report hanno misurato significative limitazioni della portata del flusso giugulare, flusso aumentato attraverso le collaterali, e stenosi extraluminali nella parte inferiore del collo, esattamente dove Rodger e gli altri non hanno effettuato alcuna valutazione".
(16 agosto 2013)
Il verdetto dopo una ricerca condotta su 200 soggetti di cui 100 sani e 100 affetti da sclerosi multipla. Non è stata riscontrata alcuna evidenza sul fatto che un ridotto flusso di sangue nelle vene del collo, o una loro ostruzione, sia uno dei meccanismi coinvolti nella sclerosi multipla. Tesi alla base delle discusse teorie del medico italiano.
15 AGO - L'obiettivo dello studio pubblicato su Plos One dichiarato con nettezza dagli autori guidati dal professor Ian W. Rodger del Dipartimento di Medicina della McMaster University, Hamilton, Ontario, Canada, era quello di valutare la prevalenza delle anomalie venose che definiscono la CCSVI (insufficienza venosa cronica cerebrospinale) nei malati di sclerosi multipla.
Lo studio è stato condotto su 100 pazienti con sclerosi multipla di età compresa tra i 18-65 anni selezionati in modo casuale e stratificato in uno dei quattro sottotipi: sclerosi multipla recidivante / remittente, secondaria progressiva, progressiva primaria e benigna. A questi si sono affiancati altrettanti soggetti di controllo (16-70 anni) senza storia nota di SM o di altra condizione neurologica. Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad analisi con immagini ultrasuono delle vene del collo, delle vene cerebrali profonde e a risonanza magnetica delle vene del collo e del cervello. Queste procedure sono state eseguite su ciascun partecipante lo stesso giorno.
Al termine della ricerca non è stata rilevata alcuna prova di riflusso. Né di stenosi o di blocco nelle vene giugulari interne o vene vertebrali in alcun partecipante allo studio. Allo stesso modo, non è stata rilevata alcuna prova di reflusso o di cessazione del flusso nelle vene cerebrali profonde.
Tra i 199 partecipanti solo un soggetto con sclerosi ha fatto rilevare un valore minimo di flusso.
Secondo i ricercatori questo studio fornisce una prova convincente della non correlazione tra CCSVI e sclerosi multipla.
Sclerosi multipla, la replica di Zamboni: "Lo studio canadese errato nel metodo"
L'angiologo replica alla ricerca firmata da Ian Rodger che aveva escluso la fondatezza della tesi della 'scuola di Ferrara' sul legame tra Sm e Ccsvi: hanno ignorato gli ultimi mezzi di ricerca e cercato le prove nel posto sbagliato
ROMA - L'angiologo italiano Paolo Zamboni è intervenuti, con una lettera inviata alla direzione di Plos One, per ribattere alla tesi della ricerca canadese pubblicata sulla rivista scientifica. Secondo lo studio caso-controllo, firmato da Ian Rodger ed altri ricercatori della McMaster University, non esiste evidenza del legame, suggerito invece da Zamboni, tra la Sclerosi multipla e l'insufficienza venale cerebrospinale cronica (Ccsvi): andrebbe dunque esclusa un'efficacia antisclerosi dell'intervento di 'riapertura' tramite stent dei vasi bloccati.
Zamboni, angiologo dell'Università di Ferrara, riconosce che l'esito dello studio è agli antipodi rispetto a quello del suo gruppo di ricerca, in quanto Rodger e gli altri "non sono stati in grado di dimostrare alcuna anomalia del flusso venoso nei pazienti con SM studiati sia con l'Ecocolordoppler che con la MRV" (venografia con catetere, ndr). Detto questo, Zamboni afferma che tale esito è dovuto alla metodologia utilizzata dai ricercatori canadesi, alla quale è dovuta la "così forte discrepanza" nel confronto tra i risultati.
"Per quanto riguarda la metodologia ECD - scrive Zamboni - , siamo rimasti molto sorpresi che gli autori non siano riusciti ad utilizzare la metodologia aggiornata di recente raccomandata da un consenso internazionale per migliorare la riproducibilità del protocollo ECD. L'unica meta-analisi di tutti i report dal 2005 a giugno 2011 ha dimostrato una forte prevalenza della CCSVI nella SM, ma con marcata eterogeneità tra gli studi. Per evitare questo e per rendere gli studi più confrontabili, dopo giugno 2011 sette società scientifiche internazionali hanno sviluppato un protocollo tecnicamente dettagliato, eppure non citato".
"Contrariamente al protocollo raccomandato - scrive ancora Paolo Zamboni - , siamo rimasti colpiti nello studio Rodger dall'assenza di qualsiasi analisi in M-mode per indagare il criterio #3. Il modello ECD in M-mode è indispensabile per individuare gli ostacoli endoluminali e le valvole mobili e fisse, che rappresentano la maggioranza delle anomalie venose della Ccsvi".
"Per quanto riguarda la metodologia di MRV - conclude Zamboni - siamo stati nuovamente sorpresi dal focus delle indagini nella regione superiore e mediana del collo, dove non sono mai state rilevate in condizione di CCSVI differenze significative nella portata del flusso giugulare. Al contrario, numerosi report hanno misurato significative limitazioni della portata del flusso giugulare, flusso aumentato attraverso le collaterali, e stenosi extraluminali nella parte inferiore del collo, esattamente dove Rodger e gli altri non hanno effettuato alcuna valutazione".
(16 agosto 2013)