[CROI 2015]Silvestri: Modelli animali per prevenzione e cura

Le principali novità dai congressi riguardanti la malattia da HIV (CROI, IAS/IAC, ICAAC...) e i nostri commenti.
Dora
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[CROI 2015]Silvestri: Modelli animali per prevenzione e cura

Messaggio da Dora » martedì 24 febbraio 2015, 11:34

In un momento in cui gli animalisti fanatici assaltano i laboratori e distruggono anni di lavoro al grido di “Dio lo vuole!”, iniziare il CROI con la bella lezione che Guido Silvestri, Emory University, ha tenuto ieri durante il Workshop for New Investigators and Trainees ha l’effetto di riportarci tutti con i piedi per terra – alla necessità per ora ineludibile della sperimentazione su animali per far progredire l’impresa scientifica. Una volta di più occorre ricordare che l’avanzamento dell’impresa scientifica non è solo una comprensione astratta del mondo naturale, buona per accademici in cerca di premi, ma un’attività i cui risultati tengono in vita molti di noi – o tutti noi, in alcuni momenti cruciali della nostra esistenza.


Animal Models of HIV Prevention and Cure

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La lezione si divide in due parti: nella prima vengono trattati i modelli animali (topi umanizzati e primati non umani) sviluppati per la prevenzione dell’HIV, nella seconda i modelli animali che si usano per la ricerca di una cura.
Dopo un ringraziamento a Victor Garcia, uno dei padri del modello dei topi umanizzati, Silvestri ricorda che nella ricerca su HIV/AIDS si usano soprattutto scimmie asiatiche, che allo stato selvatico non vengono infettate da lentivirus, ma se vengono infettate con SIV sviluppano AIDS. Si usano anche scimmie africane e queste sono infette da SIV in natura e sono considerate gli ospiti naturali di SIV, perché non sviluppano la malattia. Ci sono infine scimmie dal Nuovo Mondo, che sono intrinsecamente resistenti all’infezione da SIV.

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Fra i benefici dei modelli di primati non umani, Silvestri elenca

  • - la stretta relazione filogenetica fra uomini e scimmie;
    - l’infezione da HIV negli uomini e quella da SIV o SHIV nelle scimmie presenta somiglianze impressionanti secondo moltissimi punti di vista;
    - la caratterizzazione genetica e immunologica dei macachi ha fatto recentemente dei grandi passi avanti;
    - usando questo modello animale – definito da Picker e Douek come “il miglior modello animale per qualsiasi malattia umana” – si sono avuti dei successi straordinari nello studio della trasmissione, della patogenesi, della prevenzione e della terapia di HIV.


Fra i possibili problemi,

  • - gli studi sui primati non umani sono costosi e condurre degli studi su un numero di animali sufficiente ad ottenere risultati significativi richiede investimenti economici considerevoli;
    - poiché le risorse per l’uso di macachi con infezione da SIV o SHIV e trattati con ART non sono centralizzate e non esistono coorti di questi animali, nelle ricerche per arrivare a una cura/eradicazione dell’HIV, ciascun gruppo di lavoro deve crearsi le proprie risorse, infettando gli animali e mettendoli in terapia e testando gli interventi progettati per la cura;
    - esistono comunque differenze fra scimmie e uomini, così come fra SIV e HIV.


Quanto ai topi, esistono diversi modelli di topi umanizzati, in ciascuno dei quali ai topi viene trapiantato un sistema ematolinfoide umano (con linfociti, monociti, granulociti, piastrine, globuli rossi, etc.). Questo consente di indagare in vivo quello che l’HIV fa alle cellule umane .

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Fra i benefici di questo modello, Silvestri elenca

  • - il fatto che sia semplice e relativamente poco costoso (meno costoso di altri modelli, con minori costi di mantenimento e con la necessità di spazi più contenuti);
    - può mutare da un punto di vista genetico (se ne può modificare il contesto genetico in cui gli studi vengono condotti);
    - se ne può controllare la variabilità intra-genetica e inter-genetica (si possono fare esperimenti con gli stessi o con diversi donatori umani e questo consente di controllare aspetti specifici della genetica umana);
    - soprattutto, consente di fare ricerca in vivo usando un virus umano nel contesto di cellule umane.


I problemi, invece, vengono dal fatto che

  • - a differenza che in altri modelli basati su piccoli animali, i topi umanizzati non possono riprodursi, quindi è impossibile creare delle ampie coorti a partire da un singolo donatore umano;
    - la struttura e la funzionalità delle cellule della linea linfoide non sono del tutto normali, quindi valutare le risposte immuni indotte da immunogeni non è facile;
    - l’interazione fra le cellule ematolinfoidi di origine umana e le altre cellule del topo può essere subottimale e talvolta anche un poco fuorviante rispetto a quanto accade nella vita reale.


Dopo aver descritto i pro e i contra dei modelli, Silvestri passa a descrivere mediante degli esempi alcuni possibili usi dei modelli animali nella prevenzione dell’infezione.

Degli studi per la prevenzione dell’HIV sono stati, ad esempio, il transfer passivo di anticorpi neutralizzanti, che si è visto proteggere dei macachi rhesus dal tentativo di infettarli con SHIV. Questo ha dunque fornito la proof of concept che gli anticorpi neutralizzanti hanno il potere di proteggere dalla trasmissione dell’HIV.

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Un altro è lo studio molto più recente, fatto da Michael Farzan e il suo gruppo allo Scripps, in cui si è dimostrato che è possibile impedire la trasmissione di SHIV usando un complesso formato da un anticorpo non del tutto naturale e un adenovirus che, a differenza della somministrazione passiva di anticorpi il cui effetto dura pochi giorni o settimane, è un vettore persistente che esprime alti livelli della proteina e dunque conferisce protezione per periodi più lunghi.

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Silvestri presenta poi lo studio di Picker sul ruolo della particolare risposta cellulare contro il virus indotta dal citomegalovirus usato come vettore, che ha consentito protezione o eradicazione del virus in un modello di macachi infettati con SIV.

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Infine, Silvestri parla dello studio pubblicato da Markowitz poche settimane fa sulla capacità di un nuovo inibitore dell’integrasi a lungo rilascio (il cabotegravir) nel proteggere fino a 7 settimane dei macachi femmina dalla trasmissione di SHIV per via vaginale. Questo farmaco potrebbe costituire un nuovo paradigma per la PrEP.

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Passando ai topi, Silvestri ricorda un lavoro di Bradley uscito l’anno scorso, in cui a dei topi transgenici sono stati trapiantati dei geni umani in grado di generare anticorpi ampiamente neutralizzanti contro l’HIV.

Infine i modelli animali negli studi sulla cura.
Le opportunità offerte dai modelli con primati non umani sono tali da poterci davvero insegnare che cosa serve per arrivare a curare l’infezione:

  • - in questi modelli animali si possono fare degli studi molto ben controllati, perché è possibile modificare e controllare la variabilità di parametri clinici di fondamentale importanza quali il tempo e la modalità dell’infezione, la durata della terapia, etc., che sono invece impossibili da controllare nel caso degli esseri umani;
    - è possibile inoltre caratterizzare in modo esauriente i reservoir cellulari e anatomici, sia quelli attivi, sia quelli latenti, ed è possibile indagarli anche mediante necropsie selettive – in una situazione come quella umana, in cui non sappiamo esattamente dove si localizzino i reservoir e che cosa accada nei diversi organi e comparti anatomici, gli studi sulle scimmie offrono delle informazioni irrinunciabili;
    - nei modelli di scimmie si possono condurre studi pilota sull’eradicazione, soprattutto strategie che prevendono la combinazione di più farmaci, in modo molto più aggressivo e controllato che sugli uomini; inoltre non ci sono preclusioni alle interruzioni terapeutiche;
    - si possono poi fare interventi – dalle combinazioni terapeutiche agli studi sulla deplezione cellulare, ai trapianti di staminali, etc. – che permettono di comprendere i meccanismi attraverso i quali si formano e si mantengono i reservoir.


Le vere limitazioni incontrate da questi studi sono, come già detto, i costi e l’assenza di risorse standardizzate.

Fra gli esempi di studi su scimmie, Silvestri mostra una ricerca che sta conducendo lui stesso e Mirko Paiardini nel suo laboratorio alla Emory University su un modello di soppressione virologica persistente mediante un regime di 5 antiretrovirali in scimmie infettate o con SIVmac251, o con SIVmac239. La base da cui partire per testare qualsiasi strategia contro i reservoir.

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Il lavoro successivo citato da Silvestri è quello con cui Barouch l’anno scorso ha dimostrato la formazione di reservoir latenti nei macachi prima ancora che l’SIV RNA sia rilevabile nel sangue.
La terapia iniziata a 3, 7, 10 o 14 giorni dopo l’infezione ha dimostrato come anche soltanto 3 giorni dopo l’infezione si è formato un reservoir tale per cui, se si interrompe la ART, si osserva un rapido rebound della viremia. Questo studio proof of concept è stato molto importante, perché ha spiegato per esempio il ritorno del virus nel caso della Mississippi Baby e dà delle indicazioni molto chiare su che cosa aspettarsi quando si inizia la ART anche in fasi molto precoci dell’infezione.

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Silvestri mostra poi una slide che illustra una ricerca in corso nel suo laboratorio, in cui si sta dando dimostrazione a un’idea nuova e ancora non provata secondo cui, se si distruggono mediante un anticorpo i CD8 in scimmie infette da SIV e con viremia soppressa dalla ART, si causa un aumento nella produzione virale in quasi tutti gli animali. Questo ci dice che perché la ART sopprima completamente non tanto la replicazione, quanto la produzione del virus, bisogna che ci siano i CD8. Una dimostrazione del ruolo che i CD8 devono avere in una strategia di eradicazione dell’HIV.

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La lezione si rivolge poi a due studi –uno di Hans Peter Kiem e uno di Silvestri stesso – in cui si è dimostrata la possibilità di condurre nei primati non umani studi come il trapianto di staminali e la terapia genica che già si fanno sugli uomini, ma con un approccio più aggressivo, che porta a risultati più chiari.

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L’uso dei modelli murini negli studi di eradicazione è un campo che si sta evolvendo di recente e in cui Silvestri sta ora collaborando con Victor Garcia. Gli aspetti più rilevanti, che rendono possibile l’uso di questi modelli per rispondere a domande specifiche sull’eradicazione, sono

  • - il fatto che la ART riesce ad indurre una soppressione molto efficace dell’HIV nei topi umanizzati (BLT – bone marrow, liver, thymus);
    - l’HIV va in latenza nei CD4 umani nei topi BLT;
    - la trascrizione dell’HIV latente può essere indotta ex vivo dopo l’attivazione dei CD4 umani latentemente infetti;
    - durante la ART, i CD4 umani latentemente infetti si distribuiscono in tutti i tessuti dei topi BLT, così riproducendo la distribuzione dei reservoir nell’uomo.


Silvestri mostra poi una tipica piattaforma sperimentale usata per testare in vivo interventi di tipo “kick and kill” nei topi umanizzati: una sostanza antilatenza per riattivare il virus nelle cellule latentemente infette e un qualche tipo di intervento immune per eliminare quelle cellule una volta che il virus è stato riattivato.
Grazie al costo minore di questi modelli rispetto a quelli con scimmie, gli studi “shock and kill” beneficeranno della ricerca sui topi, soprattutto per la possibilità di testare combinazioni multiple di farmaci.

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Silvestri conclude la sua presentazione elencando tre questioni che riassumono l’uso degli animali nella ricerca contemporanea su HIV/AIDS:

  • 1. gli scienziati che lavorano sui modelli di topi umanizzati e quelli che lavorano sui modelli di scimmie dovrebbero interagire di più per poter indagare più a fondo le proprietà complementari e le possibili sinergie di questi due modelli;
    2. questi modelli non sono perfetti, quindi è necessario continuare ad ottimizzare entrambi a livello della caratterizzazione genetica, dei test virologici e immunologici, dello sviluppo di reagenti, etc. mentre, al tempo stesso, si continua ad usarli in studi di alto profilo;
    3. è necessario centralizzare le risorse relative ai macachi infetti da SIV/SHIV e trattati con ART in modo che i diversi gruppi di lavoro possano avere una coorte omogenea da utilizzare per testare nuovi approcci alla cura.



Datex
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Re: [CROI 2015]Silvestri: Modelli animali per prevenzione e

Messaggio da Datex » martedì 24 febbraio 2015, 15:58

perdonami dora, so che non sei d'accordo e rispetto come sempre il tuo parere. sono aperto a nuove riflessioni sull'argomento e non è mio intento sembrare polemico o altro ma non ritengo la sperimentazione animale l'unico modo possibile ed efficace per la ricerca scientifica e per 2 semplici motivi, uno dei quali alquanto pesante ma da un punto di vista puramente logico assolutamente infallibile.

1. quanto è la percentuale di successo di un composto sull'essere umano dopo aver dato risultati positivi sugli animali? questi scienziati mettono la firma che le sostanze con esiti positivi sulla scimmia funzioneranno anche nell'uomo? conosco studi che hanno ottenuto risultati eccezionali sul modello animale e che poi in fase finale sull'uomo sono falliti clamorosamente. come mai succede? differenze metaboliche e di assorbimento dei farmaci? genetica diversa?
faccio una domanda che si collega più direttamente al discorso sopra. i reservoir nella scimmia sono identici a quelli nell'uomo? se riusciremo a curare una scimmia abbiamo curato automaticamente anche l'essere umano? lo so. sembra che voglio semplificare un discorso che in realtà e molto complesso ma alla fine è questo il punto cruciale. vogliamo riprodurre il successo sull'animale anche nell'uomo e personalmente la ritengo una via molto insicura che non sempre porta ai risultati sperati.

2. non ho mai capito perchè l'animale, eticamente, debba essere ritenuto inferiore all'uomo. perchè è meno intelligente? tralasciamo per un attimo l'etica di cui per l'animale ci importa poco. perchè non usare direttamente l'essere umano? ce ne sono tante di persone che possono essere usate per una causa umanitaria e si potrebbero risparmiare soldi sulla detenzione e sui veleni che servono per ucciderli. penso ai mafiosi, ai pedofili, ai trafficanti d'armi e di droga, ad una certa classe di politici corrotti e collusi con la malavita. insomma la lista è lunga. non si risparmierebbero anni di ricerca e di soldi?

lo so, è un pensiero azzardato e provocatorio e non mi aspetto condivisioni da nessuno. probabilmente sono l'unico a pensarla così.



Dora
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Re: [CROI 2015]Silvestri: Modelli animali per prevenzione e

Messaggio da Dora » martedì 24 febbraio 2015, 18:00

Datex ha scritto:perdonami dora, so che non sei d'accordo e premetto che non voglio iniziare una discussione ma [...]
Sì, siamo d'accordo sul fatto di non essere d'accordo.
Ritengo che l'equivalenza etica fra la vita degli esseri umani e quella degli animali non sia sostenibile e che, per quanto sia triste sfruttare topolini, scimmiette e dolci cagnolini (ma anche quelle schifose delle zecche e delle piattole meriterebbero un pensiero di compassione - povere creature che sterminiamo senza pietà!), sia meno triste far morire degli animali piuttosto che veder morire dei mocciosi maleducati che ci assordano quando escono da scuola (e perfino quella insopportabile vecchiaccia che vive al primo piano e non sorride neanche se la implori).
Credo che abbia molto a che vedere con la vicinanza e la prospettiva.

Se volessimo stressare una posizione come la tua, portandola al limite per dimostrarne la non sostenibilità, arriveremmo alla Carta dei Diritti dei Microbi, che non mi sto inventando per amor di paradosso, ma è stata stilata davvero ed era postata (ora opportunamente l'hanno fatta sparire) in un sito di cial.troni italiani (pure un medico!) seguaci della Nuova Medicina Germanica di Hamer (ne trovi tracce qui: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 640#p37640).
quanto è la percentuale di successo di un composto sull'essere umano dopo aver dato risultati positivi sugli animali? questi scienziati mettono la firma che le sostanze con esiti positivi sulla scimmia funzioneranno anche nell'uomo? conosco studi che hanno ottenuto risultati eccezionali sul modello animale e che poi in fase finale sull'uomo sono falliti clamorosamente. come mai succede? differenze metaboliche e di assorbimento dei farmaci? genetica diversa?
faccio una domanda che si collega più direttamente al discorso sopra. i reservoir nella scimmia sono identici a quelli nell'uomo? se riusciremo a curare una scimmia abbiamo curato automaticamente anche l'essere umano? lo so. sembra che voglio semplificare un discorso che in realtà e molto complesso ma alla fine è questo il punto cruciale. vogliamo riprodurre il successo sull'animale anche nell'uomo e personalmente la ritengo una via molto insicura che non sempre porta ai risultati sperati.
Non sempre, ma molto spesso sì: per ogni singolo farmaco che sia arrivato alla commercializzazione abbiamo la conferma che i modelli animali funzionano.
Datex, credo proprio che tu stia semplificando troppo: non è che perché non sempre le cose vanno bene nel passaggio dagli studi animali allo studio sull'uomo allora puoi permetterti di rifiutare i modelli animali nel loro insieme. Le cose non sono o bianche o nere e dalle nostre parti non sono mai perfette.
Certo, ci sono scarti fra uomo e animale che non si riescono a colmare neppure "aggiustando" i modelli. Ma è così per ogni modello, in qualsiasi campo del sapere: nessuno ricapitola in modo esaustivo la realtà che è costruito per rappresentare - pensa soltanto a tutti i problemi che hanno anche i migliori modelli cellulari di latenza, quelli che dovrebbero sostituire il passaggio attraverso i modelli animali. Non per questo li buttiamo via. Finché ci sono delle anomalie ma euristicamente i nostri modelli sono produttivi, ce li teniamo stretti perché sono la migliore rappresentazione della realtà che in un dato momento, in date circostanze, siamo in grado di creare. Buttiamo i modelli se e solo se le anomalie crescono al punto da renderli inadatti a descrivere i fenomeni, se non sono più in grado di produrre delle ipotesi che possiamo testare e se, in buona sostanza, riusciamo a sostituirli con dei modelli migliori.
Grazie alle scimmie possiamo indagare per esempio la localizzazione dei reservoir, una cosa che per ovvie ragioni è impossibile fare con le cellule. Preferiresti tagliare a fettine il cervello di un essere umano?
lo so, è un pensiero azzardato e provocatorio e non mi aspetto condivisioni da nessuno. probabilmente sono l'unico a pensarla così.
Non mi pare che il tuo pensiero sia soltanto tuo. Anzi, è sostenuto da molte persone che lo fanno, purtroppo, anche con una violenza che mi pare insensata - appunto quelli "in missione per conto di Dio", che vanno a devastare gli stabulari e liberano nella "natura" animali totalmente incapaci di vivere allo stato brado.



uffa2
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Re: [CROI 2015]Silvestri: Modelli animali per prevenzione e

Messaggio da uffa2 » martedì 24 febbraio 2015, 18:43

Datex ha scritto: 1. quanto è la percentuale di successo di un composto sull'essere umano dopo aver dato risultati positivi sugli animali? questi scienziati mettono la firma che le sostanze con esiti positivi sulla scimmia funzioneranno anche nell'uomo? conosco studi che hanno ottenuto risultati eccezionali sul modello animale e che poi in fase finale sull'uomo sono falliti clamorosamente. come mai succede? differenze metaboliche e di assorbimento dei farmaci? genetica diversa?
La risposta sui modelli che ti ha dato Dora è così puntuale che non posso neppure pensare di aggiungere qualcosa, se non un ricordo personale di cui ho già sicuramente parlato, ma tu non eri ancora con noi. È il ricordo di un farmaco bloccato DOPO avere concluso tutto l’iter di premarketing: nell’azienda produttrice avevano già il nome, il packaging e la rete di Informatori Scientifici. Il farmaco aveva superato la fase dei vetrini, quella degli animali, TRE fasi sugli esseri umani e aveva avuto il placet dell’FDA! Quando le macchine oramai erano lanciate, un’ulteriore analisi dello studio di registrazione ha imposto di tirare il freno, per rischi inaccettabili per i Pazienti.
Cosa vuol dire? Che neppure la sperimentazione di farmaci a uso umano sugli esseri umani va bene? O forse che l’applicazione su casi clinici della pratica quotidiana, la crescita del numero dei soggetti coinvolti e il tempo di esame sono fondamentali?
La sperimentazione sui farmaci non finisce mai: dopo l’immissione in commercio inizia la farmacovigilanza e l’opera di decine di migliaia di medici, che testano quel farmaco nella vita reale, per misurarne l’ampiezza vera degli effetti e della sicurezza, possibili altre applicazioni e così via.
Datex ha scritto:non ho mai capito perchè l'animale, eticamente, debba essere ritenuto inferiore all'uomo. perchè è meno intelligente?
L’animale è senziente, capace di sofferenza, ma capace di limitata elaborazione, e questo ci permette di pensare che non sia in grado di dare al proprio dolore l’ampiezza che noi umani diamo al dolore e alla sofferenza.
Se hai mai avuto un animale domestico, puoi capirlo: l’animale non sta bene, è fisicamente abbattuto, ma non pensa “oddio cosa mi succederà? sto morendo” e il suo carattere e il suo approccio verso la realtà circostante non cambiano.
Tieni anche conto del fatto che buona parte di che si vede sulla sperimentazione animale è pornografia rispetto a ciò che accade tutti i giorni nei laboratori, ed è solitamente mostrata fuori contesto.
Datex ha scritto: perchè non usare direttamente l'essere umano? ce ne sono tante di persone che possono essere usate per una causa umanitaria e si potrebbero risparmiare soldi sulla detenzione e sui veleni che servono per ucciderli. penso ai mafiosi, ai pedofili, ai trafficanti d'armi e di droga, ad una certa classe di politici corrotti e collusi con la malavita. insomma la lista è lunga. non si risparmierebbero anni di ricerca e di soldi?
Questa frase che ho letto mille e mille volte, mi riempie sempre di orrore: penso ai folli esperimenti del dottor Mengele, penso a tutti i luoghi in cui esseri capaci di chiedersi “cosa sarà di me?” affrontano coscienti sevizie e morte, Dio mi scampi.
Al di là però dell’etica c’è un motivo pratico: la stragrande (oltre il 90%) maggioranza degli animali coinvolti nella sperimentazione sono esserini piccolissimi, non primati né cani, gatti, conigli eccetera. Sono selezionati geneticamente per fare in modo che siano tutti il più possibile uguali, una cosa che non è possibile fare con gli umani, a meno di non inventarci fabbriche dell’orrore. Soprattutto si riproducono e diventano adulti in poche settimane: questo vuol dire che se devi scoprire se un farmaco altera il patrimonio genetico degli esseri viventi, in pochi mesi hai testato quel farmaco su più generazioni, in tutta la vita utile, per gli esseri umani ci vorrebbero secoli.

Infine, io NON giudico nessuno e non voglio che questa chiusura sia scambiata per una puntura polemica, ma c’è un piccolissimo dato sul quale spesso non si riflette: il numero di animali sacrificati in nome del progresso della scienza è infinitesimale rispetto a quello degli animali sacrificati direttamente e indirettamente per l’alimentazione umana.
Se solo un giorno a settimana gli esseri umani rinunciassero ad alimentarsi con i derivati del dolore animale, il numero di esseri viventi salvati sarebbe maggiore di quello delle cavie impiegate per salvare uomini e animali dalle malattie.
Ancora oggi è necessario sperimentare sugli animali per studiare la sicurezza dei farmaci, non è necessario mangiare carne, centinaia di milioni di persone vivono - bene- senza bistecche.


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Re: [CROI 2015]Silvestri: Modelli animali per prevenzione e

Messaggio da Datex » martedì 24 febbraio 2015, 19:02

uffa2 ha scritto:
Datex ha scritto:
L’animale è senziente, capace di sofferenza, ma capace di limitata elaborazione, e questo ci permette di pensare che non sia in grado di dare al proprio dolore l’ampiezza che noi umani diamo al dolore e alla sofferenza.
non voglio essere polemico ne allungare ulteriormente la discussione ma mi stai mettendo a dura prova. quello che scrivi è alquanto azzardato e assolutamente non dimostrato. l'animale più che senziente è indifeso e per ovvie ragioni. il dolore viene percepito dall'animale esattamente come dall'uomo. poi se non è in grado di capire quello che accadrà, ma non è sempre così, ciò non evita o diminuisce le sofferenze fisiche che dovrà affrontare.
parlando di essere umani il paragone con mengele zoppica un pò. io parlo della feccia umana, dei serial killer nel braccio della morte o dei dittatori responsabili di genocidi umani. perchè non dovrei usare loro per questi esperimenti?



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Re: [CROI 2015]Silvestri: Modelli animali per prevenzione e

Messaggio da uffa2 » martedì 24 febbraio 2015, 19:08

per una fallacia logica: o allarghi a dismisura il numero dei candidabili, trasformandoci tutti in potenziale carne da laboratorio, oppure avrai una manciata di cavie, dalla quale dovrai sottrarre tutti i soggetti non compatibili con la ricerca (non si prende il primo animale che passa quando si fa ricerca medica, alla base ci sono rigidi protocolli di selezione, così come nella successiva fase umana), per giungere a un numero così ridotto da essere inutile per un qualunque studio...


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Re: [CROI 2015]Silvestri: Modelli animali per prevenzione e

Messaggio da Datex » martedì 24 febbraio 2015, 19:20

Dora ha scritto: Grazie alle scimmie possiamo indagare per esempio la localizzazione dei reservoir, una cosa che per ovvie ragioni è impossibile fare con le cellule. Preferiresti tagliare a fettine il cervello di un essere umano?
va bene ma se il reservoir nella scimmia è diverso o presente in altri punti rispetto all'essere umano? rischi di trovare qualcosa che alla fine non ti serve oppure al contrario ti sfugge un dettaglio che è invece essenziale. quello che chiedo è: siamo sicuri che la scimmia è identica all'uomo in relazione al reservoir? coincide tutto? abbiamo imparato che minime differenze possono avere effetti enormi. insomma quello che io non capisco è che la ricerca nel modo in cui è concepita oggi è spesso un enorme spreco, soprattutto di tempo. spero che in futuro si abbiano altre tecnologie più efficaci e più rapide per affrontare questi problemi.



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