È solo una mia impressione o l'avete notato anche voi che quest'anno l'ISHEID è passato quasi del tutto sotto silenzio?
Di solito Lafeuillade è molto più ciarliero e inonda il mondo di comunicati stampa. Invece, quest'anno il sito del congresso non riporta neppure il programma definitivo aggiornato (che può però essere scaricato in
HIV-reservoir:
http://hiv-reservoir.net/images/stories ... 5%2005.pdf).
Né, per ora, sono stati resi disponibili gli abstract.
L'unico
comunicato stampa emesso dal convegno riguarda la presentazione di
Mark Wainberg, della Mc Gill University di Montreal, sul
Dolutegravir (inibitore dell'integrasi), contro il quale nessuno dei pazienti naive trattati nelle sperimentazioni cliniche ha sviluppato resistenza, e che
nel suo blog Lafeuillade annuncia come "un possibile nuovo modo per arrivare a una cura funzionale".
Da quanto racconta Lafeuillade, oltre a non aver visto lo sviluppo di resistenze al Dolutegravir nei suoi pazienti, Wainberg non ha visto neppure l'emergere di mutazioni resistenti agli altri NRTI associati nella ART. Tornato dunque in laboratorio, dopo molti passaggi cellulari, Wainberg è riuscito infine a selezionare
in vitro due mutazioni - la R263K e la H51Y. Queste mutazioni si sono rivelate difficili da riscontrare nei pazienti, ma quando sono state selezionate insieme
in vitro la fitness dell'HIV è risultata diminuita dell'80%.
L'ipotesi che ne ha tratto Wainberg è che, se si fa iniziare ai pazienti naive con infezione recente una terapia contenente Dolutegravir, l'HIV possa non essere capace di evolvere, dando così tempo al sistema immunitario di sviluppare una risposta cellulare in grado di controllare il virus senza necessità di farmaci.
Ci si troverebbe in una situazione simile a quella dei retrovirus fossili, che si sono integrati nel nostro genoma molte migliaia di anni fa e "coesistono" pacificamente con noi, senza crearci più danni.
Questa idea dovrà essere testata prima nelle scimmie e poi negli uomini. Dal momento che ormai il Dolutegravir è in commercio, per quanto riguarda gli uomini si potrebbero fare uno studio osservazionale e un trial "proof of concept".
Se funziona, sarebbe la prima volta che un farmaco si dimostra capace di contrastare l'enorme capacità dell'HIV di seguire una selezione di tipo darwiniano, "sabotando" così la patogenesi del virus.
La prima domanda cui è necessario rispondere riguarda la capacità del Dolutegravir di indurre "tolleranza all'HIV".
Questa l'intervista a Mark Wainberg fatta da Pierre Dellamonica del Centre Hospitalier Universitaire di Nizza:
https://www.youtube.com/watch?v=wCXOgLJqJAY&feature=youtu.be