Risultati studio START: iniziare ART *immediatamente*

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flavioxx
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Re: Risultati studio START: iniziare ART *immediatamente*

Messaggio da flavioxx » venerdì 14 ottobre 2016, 12:32

Dora ha scritto:


ARRUOLAMENTO E CARATTERISTICHE DEI PAZIENTI

ha arruolato molte persone che avevano valori di CD4 significativamente più alti di quanto ci si aspettasse, con il 20% dei partecipanti che ne avevano più di 800. Il valore mediano dei CD4 è stato 651 cellule/mm3 (IQR: 584-765; range: 503-2296). Anche la viremia di partenza dimostrava che i partecipanti erano nelle fasi iniziali dell’infezione: la viremia mediana era di circa 12.000 copie/mL (IQR: 3.000 – 40.000) e l’8% dei partecipanti aveva viremia inferiore alle 400 copie/mL.

8 per cento degli arruolati aveva viremia inferiore a 400 (media). dokimos ha 429. Noi in terapia siamo sotto le 20 ma ogni tanto c'e qualcuno, in terapia da anni, che supera i 100, e gli cambiano la terapia.



Dora
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Re: Risultati studio START: iniziare ART *immediatamente*

Messaggio da Dora » domenica 17 gennaio 2021, 6:45

21 luglio 2016
Dora ha scritto:
giovedì 21 luglio 2016, 11:40
Immagine


Mi rendo conto che per quei #CuliDiPietra ben rappresentati da molti infettivologi questa sarà una notizia SCON-VOL-GEN-TE, ma la nuova frontiera cui presto dovranno tendere è:
  • INIZIARE LA ART IL GIORNO STESSO DELLA DIAGNOSI
cioè: senza pensare che la persona davanti a loro potrebbe avere ereditato un virus con mutazioni resistenti, senza stare a cincischiare con lo stato dei suoi CD4, senza usare il rapporto CD4/CD8 come se avesse l'importanza che ha quando una persona è stabilmente in terapia, senza neppure preoccuparsi (almeno per quello specifico momento) che il paziente davanti a loro è traumatizzato dalla diagnosi. Tutto può e deve essere affrontato nel suo giusto tempo - il trauma, l'accettazione, le possibili resistenze ai farmaci. Tutto. Ma il tempo della ART è:
  • SUBITO
Non è che improvvisamente io sia diventata una talebana dei farmaci, né hanno ancora iniziato ad arrivarmi i fantastiliardi per la doravirina. È piuttosto che, dopo i risultati della sperimentazione della ART alla diagnosi a San Francisco, arrivano ad AIDS 2016 quelli di Haiti, ottenuti attraverso un trial clinico con tutti i crismi.
E allora, se si vedono dei benefici sia in un Paese ricco, sia in uno Povero, bisogna pur cominciare a riflettere sull'idea, capire che l'iniziativa, per quanto sconvolgente, forse merita di essere estesa al resto del mondo. E iniziare a muovere quei #CuliDiPietra - almeno per prepararsi, almeno quello.
13 ottobre 2016
Dora ha scritto:
giovedì 13 ottobre 2016, 14:30
 
Ho pensato di riportare in alto questo thread nella speranza che lo leggano alcuni dei nuovi iscritti che intervengono sulla questione dell'inizio della terapia nel Forum HIV AIDS. Sto infatti leggendo diverse persone che favoriscono la scelta degli infettivologi di dilazionare il momento dell'inizio della ART ad alcuni utenti.

Io credo che questa scelta non sia giustificabile neppure nel caso di persone che si presentano alla diagnosi con viremie molto basse, o perfino non rilevabili. Per non parlare di persone che alla diagnosi arrivano con il sistema immunitario che ha già cominciato ad essere visibilmente compromesso (CD4 < 500, rapporto CD4/CD8 < 1).

E credo che sostenere che le Linee Guida abbiano solo la funzione di ispirare le scelte degli infettivologi, ma non siano di fatto vincolanti, nel caso specifico del momento di inizio della ART sia un travisamento del significato di "Linee Guida".

Credo inoltre che sostenere che, poiché ci sono state oscillazioni in passato sul momento appropriato per iniziare la terapia, allora oggi quel momento può essere dilazionato, sia una posizione che non tiene conto che i risultati delle sperimentazioni cliniche come lo studio START sono univoci e confermati da tutti gli studi e l'esperienza clinica di molti anni.

Le ultime Linee Guida approvate in Italia sono state una conquista per i malati, perché hanno permesso di adeguare la pratica clinica ai risultati stringenti della ricerca scientifica e di fare piazza pulita non soltanto dello pseudo-dilemma se siano più cattivi il virus o i farmaci, risolto ormai da decenni, ma anche del falso dilemma se costi di più alle Regioni mantenere a vita una persona HIV+ sotto farmaci o lasciare che sviluppi patologie HIV-correlate e quindi pagare sia gli antiretrovirali, sia i farmaci, le analisi, i giorni di eventuali degenze che da quelle patologie dovessero derivare.

Dall'approvazione delle ultime Linee Guida, gli infettivologi sono tenuti a proporre ai loro pazienti di iniziare la ART immediatamente. E questo senza tenere conto dello stato del loro sistema immunitario, dei livelli di HIV RNA nel loro sangue, del fatto che possano forse essere degli elite controller.

L'unica ragione per cui una persona ritarda l'inizio della ART può essere la sua personale indisponibilità ad assumere farmaci.
Ma anche su questo l'infettivologo è tenuto a lavorare, spiegando i danni di una viremia lasciata incontrollata, spiegando che gli effetti collaterali dei farmaci a breve e lungo termine sono comunque inferiori rispetto ai danni di una seppur bassa viremia, spiegando che prima si mette sotto controllo la viremia, prima e meglio il sistema immunitario non è lasciato da solo ad affrontare il virus, migliori sono le prospettive future anche a lunghissima distanza.

L'infettivologo non può imporre a un paziente di iniziare la ART, ma deve fare tutto quanto sia nelle sue capacità per mettere il paziente in grado di fare una scelta informata, quindi libera.

Tutto il resto sono cascami di un passato molto lontano che si spera vengano spazzati via al più presto.

 
gennaio 2021

Sancito su PharmaStar:
Rapid ART nell'HIV, un nuovo approccio terapeutico per accelerare la soppressione virale #SIMIT2020

Martedi 12 Gennaio 2021 Davide Cavaleri

La recente strategia di avvio rapido della terapia nei pazienti con HIV comporta una maggiore probabilità di soppressione virale a un anno e una più rapida riduzione del rischio di trasmissione, uno strumento importante per il controllo dell'epidemia. Di questo approccio se ne è discusso in occasione del congresso nazionale della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) 2020 dello scorso dicembre.

Secondo quanto riportato dal rapporto UNAIDS 2020, che fa riferimento ai dati del 2019, si stima che nel mondo siano 38 milioni le persone che vivono con l'HIV, con poco meno di due milioni di nuove diagnosi (un milione e 700 mila) nel 2019.

Inquadrando questa numerosità all’interno dei trend temporali a partire dal 1990 si osservano un aumento della popolazione, una crescita dei casi prevalenti per via dell’aumento della sopravvivenza, un minor numero di decessi e nuove diagnosi. Di conseguenza il serbatoio potenziale delle persone che vivono con HIV aumenta ma diminuiscono sia i decessi, che hanno raggiunto il picco intorno a metà degli anni 2000 per poi scendere progressivamente, che le nuove infezioni, infatti dal 2010 in avanti si osserva una lenta ma progressiva riduzione del numero di nuove diagnosi ogni anno.

Il target 90/90/90 dell’Oms fissato per il 2020, che mirava a ottenere:
- il 90% di tutte le persone che vivono con l'Hiv a conoscenza del proprio stato di infezione
- il 90% di tutte le persone con diagnosi di infezione da Hiv sottoposto a una terapia antiretrovirale sostenuta
- il 90% di tutte le persone in terapia antiretrovirale in soppressione virale,
consente attraverso vari step di raggiungere complessivamente l’obiettivo del 73% di persone virologicamente soppresse rispetto al totale del serbatoio di persone che vivono con l’HIV.

Dal momento che i dati UNAIDS mostrano che attualmente sono virologicamente soppresse il 59% delle persone che vivono con HIV, non sarà facile raggiungere la quota del 73% a livello globale nel prossimo rapporto relativo all’anno 2000, nonostante vi siano diversi paesi on target. Danimarca e UK sono l’esempio più virtuoso in Europa, infatti hanno raggiunto i tre obiettivi 90 e sono abbondantemente al di sopra del 73%. Le differenze più visibili tra i vari paesi europei riguardano l'Europa dell'est, molto lontana dal raggiungimento del target.

«In Italia abbiamo dei dati un po’ eterogenei in quanto quelli ufficiali del CDC non ci vedono on target per il 2020, ma attingendo a fonti diverse l'Italia potrebbe essere più avanti di quanto riportato» ha commentato il prof. Andrea Antinori dell’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma. «Una stima dello scorso anno presentata al congresso UNLAIDS riportava una percentuale di circa il 71% di soggetti virologicamente soppressi nel 2016, quindi potremmo essere abbastanza vicini all’obiettivo e questo spiegherebbe come mai nell’ultimo rapporto ISS si evidenzi una progressiva riduzione del numero di nuove diagnosi ogni anno, con un’incidenza al di sotto della media europea come numero di casi per 100mila abitanti, forse anche per effetto dell’aumento del tasso di soppressione virale, quindi della minore trasmissibilità da parte delle persone infette».

Covid e HIV
Secondo i modelli Oms la pandemia da Covid-19 si intreccia con l’HIV in modo abbastanza preoccupante, deponendo a favore del fatto che le due epidemie abbiano la tendenza a potenziarsi, soprattutto in alcuni paesi. L’interruzione della fornitura dei servizi sia di prevenzione, che di test, che di accesso alle cure dovuta al Covid potrebbe in qualche misura influenzare o addirittura compromettere più dell'80% dei programmi HIV in oltre 100 paesi a livello globale -ha riferito Antinori- e il lockdown potrebbe avere riflessi dal punto di vista economico anche sulla produzione e distribuzione di farmaci generici che sono la principale risorsa della terapia a livello globale. Secondo alcune stime questo potrebbe tradursi in un aumento dei morti per AIDS da 500mila a 1 milione, soprattutto nei paesi dell'Africa sub-sahariana, in particolare in Sudafrica dove l'intreccio tra le due epidemie è più evidente.

Inizio rapido della terapia (rapid initiation, RAPID ART)
La rapid initiation del trattamento appare oggi uno dei principali strumenti non solo per il controllo dell’infezione a livello individuale, ma soprattutto per il controllo della viremia nella popolazione. Il paradigma U=U è rafforzato dall’ipotesi di trattamento rapido nel controllo complessivo della replicazione virale e soprattutto della malattia.

Tra i pro e i contro di un inizio rapido del trattamento, oltre alla maggiore probabilità di soppressione a un anno e ad alcuni benefici clinici immunologici che sono stati dimostrati in alcuni sottogruppi di pazienti, in particolare quelli con malattia molto avanzata e con infezione primaria, si osserva una più rapida riduzione del rischio di trasmissione, che rappresenta uno strumento importante per il controllo dell'epidemia.

I dati statunitensi suggeriscono che questo approccio potrebbe supportare una maggiore equità nella gestione dell’infezione, in quanto favorisce l'accesso alle cure e la retention in care per alcuni sottogruppi più socialmente sfavoriti. Specialmente in presenza di importanti disparità sociali come nella realtà americana, come nel caso della comunità afro americana, degli ispanici e delle persone di origine latina, che negli Usa sono meno propensi a ricevere la terapia antiretrovirale rapidamente dopo la diagnosi e quindi sperimentano più facilmente un ritardo dell'inizio delle cure. In questo senso i programmi di accesso rapido potrebbero contribuire a riequilibrare questa situazione.

Una delle potenziali limitazioni di una ART in regime rapid potrebbe essere un’incompleta ottimizzazione per via dell’indisponibilità di alcuni esami, ad esempio per i test per l’HBV e della funzione renale, ma soprattutto per i test di resistenza genotipica che sono fuori dalla portata di un inizio immediato della terapia e che nel caso di utilizzo di regimi a bassa barriera genetica può comportare un rischio più elevato di resistenza.

L'esperienza più rilevante a livello globale sulla rapid initiation è quella di San Francisco, che ha sposato questa linea a livello di comunità cittadina con una serie di programmi sia sperimentali che di accesso alla sanità pubblica. «Nel San Francisco RAPID Study pubblicato nel 2017 sono evidenziate le tre curve in cui la strategia rapid è più veloce nel raggiungimento della soppressione virale a meno di 200 copie, che sappiamo essere la soglia per la non trasmissione del virus» ha spiegato Antinori.

«Nella popolazione di San Francisco, socialmente abbastanza difficile e dove la quota di persone homeless o comunque con problemi sociali e instabilità abitativa è di circa 1 su 5, è stato raggiunto l’80% di applicazione di questa strategia, nel 92% dei casi in meno di una settimana e con il raggiungimento meno di 200 copie nel 91% dei soggetti» ha continuato.

I risultati presentati al congresso CROI da un team di ricerca di New Orleans mostrano come questa strategia possa funzionare anche in diverse fasce di età, oltre che in diverse etnie, supportando l’equità di intervento.

La strategia rapid è interessante anche in chiave di intreccio con il Covid-19, date le nuove esigenze di semplificazione, razionalizzazione e di diversa organizzazione dei servizi sanitari correlati dedicati all’HIV, in termini di riduzione del numero di test al basale per ridurre gli accessi, di numero di appuntamenti e della necessità di utilizzare regimi a bassa tossicità e ad alta barriera genetica che possono consentire di evitare il test di resistenza.

Uno dei maggiori problemi di questo approccio è la sua complessità: l’inizio del trattamento non è solo una questione medica ma richiede una serie di valutazioni diagnostiche, sociali, comportamentali e relazionali, mirate a preparare il paziente per ottenere un’aderenza alla terapia e una retention in care ottimali. Si tratta infatti di un modello organizzativo completamente diverso che richiede più costi e molta preparazione rispetto al modello standard.

Una strategia adottata dalle linee guida
Le linee guida americane hanno sposato ormai completamente questa strategia mentre quelle europee sono più prudenti, supportando il concetto che la terapia debba essere iniziata rapidamente ma non necessariamente in un regime di rapid initiation, che deve essere preferito o raccomandato soprattutto in situazioni particolari come la malattia avanzata, la gravidanza o l'infezione acuta, quindi nei pazienti più vulnerabili dal punto di vista anche delle ricadute cliniche e nei quali l’avvio precoce del trattamento potrebbe comportare un beneficio clinico più evidente.

Tutte le linee guida concordano che, nel caso in cui sia necessario o si opti per una strategia di avvio immediato del trattamento, vanno a restringersi automaticamente le opzioni per regimi ad alta barriera genetica. In molti centri e organizzazioni sanitarie non sarebbe infatti disponibile un test genotipico, i cui tempi non sono compatibili con un inizio della terapia anche entro i sette giorni dalla diagnosi. Devono inoltre essere regimi con il minore tasso di tossicità, per evitare che la biochimica alterata del paziente possa orientare diversamente il trattamento.

Come infatti emerso nel programma di San Francisco, molto spesso l'inizio della terapia avviene quando gli esami biochimici potrebbero non essere disponibili e non si avrebbero informazioni complete sui profili renale e metabolico. Da qui l’importanza di poter disporre di farmaci come gli inibitori dell'integrasi di seconda generazione nelle combinazioni bictegravir, emtricitabina e tenofovir alafenamide (BIC/FTC/TAF) o dolutegravir (DTG), emtricitabina o lamivudina (3TC) e TAF o tenofovir disoproxil fumarato (TDF), ormai raccomandate a tutti i livelli. Con questa strategia si riducono infatti le opzioni terapeutiche, dal momento che non è raccomandata la duplice terapia, per via delle limitazioni conseguenti all’impossibilità di effettuare il test di resistenza.

Bibliografia
Pilcher CD et al. The Effect of Same-Day Observed Initiation of Antiretroviral Therapy on HIV Viral Load and Treatment Outcomes in a US Public Health Setting. J Acquir Immune Defic Syndr. 2017 Jan 1;74(1):44-51.


Per arrivare a ritenere quasi-mainstream THE TIME IS NOW ci abbiamo messo più di 4 anni. Che bravi, eh?



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Re: Risultati studio START: iniziare ART *immediatamente*

Messaggio da uffa2 » domenica 17 gennaio 2021, 13:08

Ma questi mangiano le pigne?
Mentre leggevo, mi chiedevo cosa stessi leggendo, e mi dicevo "ma questi numeri io li ho già letti, anzi li ho già scritti... devo chiedere a Dora, ho le allucinazioni?"
Questi sono più in ritardo di un treno locale... sono imbarazzato per loro.


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Dora
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Re: Risultati studio START: iniziare ART *immediatamente*

Messaggio da Dora » domenica 23 ottobre 2022, 5:39

Presentati a IDWeek i risultati del follow-up a 5 anni dello studio START (Strategic Timing of Antiretroviral Treatment) su più di 4400 persone.

Confermano che iniziare la cART il più presto possibile, quando il sistema immunitario non è ancora stato compromesso dall'azione del virus, è meglio anche a lungo termine: migliora la salute generale e riduce di molto il rischio non solo di sviluppare l'AIDS, ma anche diversi e potenzialmente gravi problemi non-AIDS.



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