FAUCI: sviluppare un vaccino migliorando l’immunità naturale
Inviato: giovedì 8 settembre 2011, 12:53
Anthony Fauci e Margaret Johnston pubblicano oggi su The New England Journal of Medicine delle brevi considerazioni sulle difficoltà che incontra lo sviluppo di un vaccino contro l’HIV.
Poiché anche di recente si è fatto un gran parlare della scoperta di nuovi anticorpi neutralizzanti (cfr. la discussione aperta da Skydrake: Possono gli anticorpi essere veramente efficaci contro l’HIV), l’articoletto di Fauci mi sembra fare bene il punto della situazione.
HIV Vaccine Development – Improving on Natural Immunity
Anche se alcuni metodi per prevenire l’infezione da HIV si sono dimostrati in vario grado efficaci, c’è un sostanziale accordo nel sostenere che un vaccino sicuro e funzionante contro l’infezione da HIV sarebbe uno strumento preventivo cruciale per riuscire davvero a controllare e a metter fine alla pandemia globale di AIDS. Per quasi tutti i patogeni importanti contro i quali sono stati sviluppati dei vaccini efficaci – il vaiolo, il morbillo, il poliovirus – esiste un modello di protezione naturale: la risposta immunitaria al patogeno riesce a ripulire completamente l’organismo dal microbo e conferisce una protezione duratura contro eventuali reinfezioni. Date queste condizioni, il sistema immunitario umano ci ha già dato prova del fatto che è in grado di generare una risposta protettiva. Questo ha portato a sviluppare un principio basilare della vaccinologia: il modo migliore per sviluppare un vaccino efficace consiste nel progettare un candidato che imiti l’infezione e induca delle risposte simili a quelle dell’immunità naturale.
Sfortunatamente, questa lezione non è applicabile all’infezione da HIV. Fin da metà anni ’80, sappiamo che la risposta immunitaria naturale dell’organismo all’infezione da HIV è del tutto inadeguata. Una risposta immunitaria “naturale” che sia in grado di controllare adeguatamente l’infezione da HIV o non avviene per niente, oppure avviene troppo di rado, o è troppo debole, o inizia troppo lentamente.
Pertanto, un obiettivo fondamentale per ottenere un vaccino che funzioni è di indurre nell’organismo una risposta che sia diversa, sia per qualità sia per quantità, da quella indotta dall’infezione naturale – una risposta che è stata chiamata “immunità innaturale”. (1)
Anche se recentemente un candidato vaccino ha mostrato una modesta protezione, non è però riuscito ad indurre contro l’HIV né un antisiero ampiamente neutralizzante, né grandi risposte dei linfociti T citotossici. Questa scoperta fa pensare che l’acquisizione di una modesta protezione contro l’HIV potrebbe essere mediata da meccanismi non-neutralizzanti – per esempio, una citotossicità cellulo-mediata dipendente dagli anticorpi, un’inibizione virale cellulo-mediata dipendente dagli anticorpi, o altre risposte che in genere non vengono associate con l’efficacia di un vaccino. (2)
Ciò nonostante, nella maggior parte delle infezioni virali, la comparsa di anticorpi, soprattutto anticorpi neutralizzanti, si correla strettamente con la clearance del virus e la conseguente protezione da una reinfezione. Pertanto, l’induzione di anticorpi neutralizzanti è stata utilizzata come gold standard per valutare la protezione contro un’infezione indotta da un vaccino – ed è un obiettivo corretto anche per l’infezione da HIV, dal momento che l’infusione passiva di molti anticorpi ampiamente neutralizzanti ha completamente impedito l’acquisizione del virus in modelli di primati non umani. (3)
Anche se gli anticorpi non-neutralizzanti sembrano in qualche modo aver contribuito alla protezione delle scimmie in questo modello, è probabile che un vaccino contro l’HIV che comporti la produzione di anticorpi ampiamente neutralizzanti prima o immeditamente dopo l’esposizione al virus possa essere davvero efficace. Dal momento che l’infezione da HIV non induce anticorpi ampiamente neutralizzanti in modo naturale, una sfida chiave consiste dunque nell’indurre tali anticorpi.
Gli anticorpi neutralizzanti generati durante l’infezione da HIV sono per lo più diretti contro porzioni esposte e altamente variabili della proteina envelope del virus. Gli anticorpi che si rinvengono agli inizi dell’infezione sono diretti contro il ceppo virale infettante, che evolve rapidamente per non essere riconosciuto. Invece, gli anticorpi che neutralizzano un’ampia varietà di ceppi virali – cioè gli anticorpi ampiamente neutralizzanti – si dirigono contro delle regioni altamente stabili della envelope, che sono essenziali per permettere al virus di entrare nella cellula ospite. Sfortunatamente, questi siti stabili sono nascosti dai glicani, in parte incorporati nella membrana del virus, o comunque relativamente inaccessibili al riconoscimento da parte del sistema immunitario. Per queste ragioni, gli anticorpi ampiamente neutralizzanti si trovano raramente nel siero delle persone in infezione acuta. Quando compaiono, sono rilevabili almeno 1 o 2 anni dopo l’inizio dell’infezione e non sembrano avere alcuna rilevanza clinica. (4)
Una sfida importante per chi cerca un vaccino contro l’HIV è la progettazione di un vaccino che induca le risposte immunitarie innaturali di cui si è detto. L’applicazione di nuovi strumenti di ricerca allo studio degli anticorpi ampiamente neutralizzanti sta aiutando nella costruzione di vaccini capaci di indurre tali anticorpi. Fino a poco tempo fa si riteneva che il corpo umano fosse incapace di produrre questi anticorpi: si erano trovati solo pochi anticorpi monoclonali ampiamente neutralizzanti e raramente questi derivavano dai linfociti B di pazienti HIV+.
Tuttavia, con l’uso di screening particolarmente sensibili di cloni di linfociti B derivati da persone con HIV, con la clonazione rapida dei loro geni per le immunoglobuline e con la caratterizzazione degli anticorpi monoclonali che ne risultavano, si è capito che molti pazienti sono in grado di produrre anticorpi ampiamente neutralizzanti. (3) Purtroppo, lo fanno solo dopo che l’infezione si è cronicizzata. Da questo punto di vista, l’abilità di analizzare decine di milioni di cloni di linfociti B per la loro specificità contro l’envelope dell’HIV ha permesso ai ricercatori di isolare altri anticorpi monoclonali ampiamente neutralizzanti e di identificare con precisione il loro bersaglio sull’envelope dell’HIV.
Da qualche tempo, un obiettivo della ricerca è divenuto la costruzione di un “vaccino basato sulla struttura” – cioè, sfruttando la conoscenza della struttura cristallografica e della conformazione dell’epitopo della envelope dell’HIV nel contesto del sito di legame di un anticorpo monoclonale ampiamente neutralizzante, la progettazione di un vaccino che presenti effettivamente quell’epitopo nella parte della sua conformazione che è rilevante per il sistema immunitario. Studi di cristallografia hanno rivelato che gli anticorpi ampiamente neutralizzanti e non-neutralizzanti possono legarsi alla stessa regione dell’envelope in modo simili, ma con sottili differenze. (5) Si apre dunque la sfida di capire come replicare la precisa conformazione tridimensionale dell’epitopo dell’envelope dell’HIV quale si trova nel sito di legame. Un approccio seguito al momento consiste nel far interagire l’epitopo desiderato entro una porzione di una proteina solubile o di membrana.
Tuttavia, produrre un anticorpo ad alta avidità per le regioni altamente stabili dell’envelope dell’HIV può dimostrarsi più complicato rispetto al semplice mettere davanti al sistema immunitario l’epitopo desiderato dell’envelope. Tutti i potenti anticorpi ampiamente neutralizzanti che sono stati descritti fino ad oggi hanno una o più caratteristiche strutturali non usuali, che possono presentarsi solo dopo anni di infezione virale cronica e di conseguente esposizione all’antigene virale. Queste caratteristiche strutturali sembra che nascano da un complesso processo evolutivo detto “ipermutazione somatica”, che nel tempo genera linfociti B che producono anticorpi con una sempre maggiore avidità.
Non si sa ancora se un linfocita B debba sottomettersi a un lungo processo evolutivo per produrre un anticorpo ampiamente neutralizzante contro l’HIV. Se fosse necessario un simile processo, questo porrebbe un problema su cui chi vuole creare un vaccino contro l’HIV dovrebbe riflettere. I ricercatori stanno analizzando le fasi di questo processo evolutivo per capire come evolvano i linfociti B per arrivare a produrre anticorpi anti-HIV ampiamente neutralizzanti e per progettare dei nuovi vaccini che possano rendere più rapido questo processo.
Per concludere, abbiamo imparato che il corpo umano è capace di produrre potenti anticorpi ampiamente neutralizzanti; ma anche che non lo fa in modo né rapido né efficiente. Siamo quindi ottimisti, perché gli strumenti della scienza moderna ci permetteranno di sviluppare vaccini contro l’HIV che inducano efficaci risposte immunitarie, che funzionino meglio della immunità naturale nel prevenire l’infezione da HIV.
Note
(1) Nabel GJ, Fauci AS. Induction of unnatural immunity: prospects for a broadly protective universal influenza vaccine. Nat Med 2010;16:1389-1391.
(2) Rerks-Ngarm S, Pitisuttithum P, Nitayaphan S, et al. Vaccination with ALVAC and AIDSVAX to prevent HIV-1 infection in Thailand. N Engl J Med 2009;361:2209-2220.
(3) Walker LM, Burton DR. Rational antibody-based HIV-1 vaccine design: current approaches and future directions. Curr Opin Immunol 2010;22:358-366.
(4) Mikell I, Sather DN, Kalams SA, et al. Characteristics of the earliest cross-neutralizing antibody response to HIV-1. PLoS Pathog 2011;7(1):e1001251.
(5) Chen L, Kwon YD, Zhou T, et al. Structural basis of immune evasion at the site of CD4 attachment on HIV-1 gp120. Science 2009;326:1123-1127.
Poiché anche di recente si è fatto un gran parlare della scoperta di nuovi anticorpi neutralizzanti (cfr. la discussione aperta da Skydrake: Possono gli anticorpi essere veramente efficaci contro l’HIV), l’articoletto di Fauci mi sembra fare bene il punto della situazione.
HIV Vaccine Development – Improving on Natural Immunity
Anche se alcuni metodi per prevenire l’infezione da HIV si sono dimostrati in vario grado efficaci, c’è un sostanziale accordo nel sostenere che un vaccino sicuro e funzionante contro l’infezione da HIV sarebbe uno strumento preventivo cruciale per riuscire davvero a controllare e a metter fine alla pandemia globale di AIDS. Per quasi tutti i patogeni importanti contro i quali sono stati sviluppati dei vaccini efficaci – il vaiolo, il morbillo, il poliovirus – esiste un modello di protezione naturale: la risposta immunitaria al patogeno riesce a ripulire completamente l’organismo dal microbo e conferisce una protezione duratura contro eventuali reinfezioni. Date queste condizioni, il sistema immunitario umano ci ha già dato prova del fatto che è in grado di generare una risposta protettiva. Questo ha portato a sviluppare un principio basilare della vaccinologia: il modo migliore per sviluppare un vaccino efficace consiste nel progettare un candidato che imiti l’infezione e induca delle risposte simili a quelle dell’immunità naturale.
Sfortunatamente, questa lezione non è applicabile all’infezione da HIV. Fin da metà anni ’80, sappiamo che la risposta immunitaria naturale dell’organismo all’infezione da HIV è del tutto inadeguata. Una risposta immunitaria “naturale” che sia in grado di controllare adeguatamente l’infezione da HIV o non avviene per niente, oppure avviene troppo di rado, o è troppo debole, o inizia troppo lentamente.
Pertanto, un obiettivo fondamentale per ottenere un vaccino che funzioni è di indurre nell’organismo una risposta che sia diversa, sia per qualità sia per quantità, da quella indotta dall’infezione naturale – una risposta che è stata chiamata “immunità innaturale”. (1)
Anche se recentemente un candidato vaccino ha mostrato una modesta protezione, non è però riuscito ad indurre contro l’HIV né un antisiero ampiamente neutralizzante, né grandi risposte dei linfociti T citotossici. Questa scoperta fa pensare che l’acquisizione di una modesta protezione contro l’HIV potrebbe essere mediata da meccanismi non-neutralizzanti – per esempio, una citotossicità cellulo-mediata dipendente dagli anticorpi, un’inibizione virale cellulo-mediata dipendente dagli anticorpi, o altre risposte che in genere non vengono associate con l’efficacia di un vaccino. (2)
Ciò nonostante, nella maggior parte delle infezioni virali, la comparsa di anticorpi, soprattutto anticorpi neutralizzanti, si correla strettamente con la clearance del virus e la conseguente protezione da una reinfezione. Pertanto, l’induzione di anticorpi neutralizzanti è stata utilizzata come gold standard per valutare la protezione contro un’infezione indotta da un vaccino – ed è un obiettivo corretto anche per l’infezione da HIV, dal momento che l’infusione passiva di molti anticorpi ampiamente neutralizzanti ha completamente impedito l’acquisizione del virus in modelli di primati non umani. (3)
Anche se gli anticorpi non-neutralizzanti sembrano in qualche modo aver contribuito alla protezione delle scimmie in questo modello, è probabile che un vaccino contro l’HIV che comporti la produzione di anticorpi ampiamente neutralizzanti prima o immeditamente dopo l’esposizione al virus possa essere davvero efficace. Dal momento che l’infezione da HIV non induce anticorpi ampiamente neutralizzanti in modo naturale, una sfida chiave consiste dunque nell’indurre tali anticorpi.
Gli anticorpi neutralizzanti generati durante l’infezione da HIV sono per lo più diretti contro porzioni esposte e altamente variabili della proteina envelope del virus. Gli anticorpi che si rinvengono agli inizi dell’infezione sono diretti contro il ceppo virale infettante, che evolve rapidamente per non essere riconosciuto. Invece, gli anticorpi che neutralizzano un’ampia varietà di ceppi virali – cioè gli anticorpi ampiamente neutralizzanti – si dirigono contro delle regioni altamente stabili della envelope, che sono essenziali per permettere al virus di entrare nella cellula ospite. Sfortunatamente, questi siti stabili sono nascosti dai glicani, in parte incorporati nella membrana del virus, o comunque relativamente inaccessibili al riconoscimento da parte del sistema immunitario. Per queste ragioni, gli anticorpi ampiamente neutralizzanti si trovano raramente nel siero delle persone in infezione acuta. Quando compaiono, sono rilevabili almeno 1 o 2 anni dopo l’inizio dell’infezione e non sembrano avere alcuna rilevanza clinica. (4)
Una sfida importante per chi cerca un vaccino contro l’HIV è la progettazione di un vaccino che induca le risposte immunitarie innaturali di cui si è detto. L’applicazione di nuovi strumenti di ricerca allo studio degli anticorpi ampiamente neutralizzanti sta aiutando nella costruzione di vaccini capaci di indurre tali anticorpi. Fino a poco tempo fa si riteneva che il corpo umano fosse incapace di produrre questi anticorpi: si erano trovati solo pochi anticorpi monoclonali ampiamente neutralizzanti e raramente questi derivavano dai linfociti B di pazienti HIV+.
Tuttavia, con l’uso di screening particolarmente sensibili di cloni di linfociti B derivati da persone con HIV, con la clonazione rapida dei loro geni per le immunoglobuline e con la caratterizzazione degli anticorpi monoclonali che ne risultavano, si è capito che molti pazienti sono in grado di produrre anticorpi ampiamente neutralizzanti. (3) Purtroppo, lo fanno solo dopo che l’infezione si è cronicizzata. Da questo punto di vista, l’abilità di analizzare decine di milioni di cloni di linfociti B per la loro specificità contro l’envelope dell’HIV ha permesso ai ricercatori di isolare altri anticorpi monoclonali ampiamente neutralizzanti e di identificare con precisione il loro bersaglio sull’envelope dell’HIV.
Da qualche tempo, un obiettivo della ricerca è divenuto la costruzione di un “vaccino basato sulla struttura” – cioè, sfruttando la conoscenza della struttura cristallografica e della conformazione dell’epitopo della envelope dell’HIV nel contesto del sito di legame di un anticorpo monoclonale ampiamente neutralizzante, la progettazione di un vaccino che presenti effettivamente quell’epitopo nella parte della sua conformazione che è rilevante per il sistema immunitario. Studi di cristallografia hanno rivelato che gli anticorpi ampiamente neutralizzanti e non-neutralizzanti possono legarsi alla stessa regione dell’envelope in modo simili, ma con sottili differenze. (5) Si apre dunque la sfida di capire come replicare la precisa conformazione tridimensionale dell’epitopo dell’envelope dell’HIV quale si trova nel sito di legame. Un approccio seguito al momento consiste nel far interagire l’epitopo desiderato entro una porzione di una proteina solubile o di membrana.
Tuttavia, produrre un anticorpo ad alta avidità per le regioni altamente stabili dell’envelope dell’HIV può dimostrarsi più complicato rispetto al semplice mettere davanti al sistema immunitario l’epitopo desiderato dell’envelope. Tutti i potenti anticorpi ampiamente neutralizzanti che sono stati descritti fino ad oggi hanno una o più caratteristiche strutturali non usuali, che possono presentarsi solo dopo anni di infezione virale cronica e di conseguente esposizione all’antigene virale. Queste caratteristiche strutturali sembra che nascano da un complesso processo evolutivo detto “ipermutazione somatica”, che nel tempo genera linfociti B che producono anticorpi con una sempre maggiore avidità.
Non si sa ancora se un linfocita B debba sottomettersi a un lungo processo evolutivo per produrre un anticorpo ampiamente neutralizzante contro l’HIV. Se fosse necessario un simile processo, questo porrebbe un problema su cui chi vuole creare un vaccino contro l’HIV dovrebbe riflettere. I ricercatori stanno analizzando le fasi di questo processo evolutivo per capire come evolvano i linfociti B per arrivare a produrre anticorpi anti-HIV ampiamente neutralizzanti e per progettare dei nuovi vaccini che possano rendere più rapido questo processo.
Per concludere, abbiamo imparato che il corpo umano è capace di produrre potenti anticorpi ampiamente neutralizzanti; ma anche che non lo fa in modo né rapido né efficiente. Siamo quindi ottimisti, perché gli strumenti della scienza moderna ci permetteranno di sviluppare vaccini contro l’HIV che inducano efficaci risposte immunitarie, che funzionino meglio della immunità naturale nel prevenire l’infezione da HIV.
Note
(1) Nabel GJ, Fauci AS. Induction of unnatural immunity: prospects for a broadly protective universal influenza vaccine. Nat Med 2010;16:1389-1391.
(2) Rerks-Ngarm S, Pitisuttithum P, Nitayaphan S, et al. Vaccination with ALVAC and AIDSVAX to prevent HIV-1 infection in Thailand. N Engl J Med 2009;361:2209-2220.
(3) Walker LM, Burton DR. Rational antibody-based HIV-1 vaccine design: current approaches and future directions. Curr Opin Immunol 2010;22:358-366.
(4) Mikell I, Sather DN, Kalams SA, et al. Characteristics of the earliest cross-neutralizing antibody response to HIV-1. PLoS Pathog 2011;7(1):e1001251.
(5) Chen L, Kwon YD, Zhou T, et al. Structural basis of immune evasion at the site of CD4 attachment on HIV-1 gp120. Science 2009;326:1123-1127.