2012 [2014]_Il punto su reservoir, latenza ed eradicazione

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: Inizio 2012: il punto su reservoir, latenza ed eradicazi

Messaggio da Dora » sabato 4 febbraio 2012, 10:17

HLAB5701 ha scritto:lo schema a cui mi riferivo, molto stilizzato ma decisamente chiaro, mostrava il vaglio timico che si allargava in seguito all'azione dell'interleuchina-7, ma al contempo lasciava allargare l'arricchimento del pool di linfociti cd4+ di unità latentemente infette. (Dora, possibile che non ti ricordi quel grafico? era di una chiarezza disarmante!!)
Non lo ricordo. Purtroppo anche noi divine creature abbiamo dei momenti di défaillance!
Tu, però, potresti onorare il lavoro di Leon e usare il motore di ricerca dell'archivio, che funziona ormai meglio di quello di questo forum.


In ogni caso, pensa che ti pensa, mi è venuto in mente quello strano lavoro dell’australiano – Pellegrini – che giusto un anno fa diceva di avere eradicato dei topi grazie all’IL-7, che con l’IL-7 era pronto ad eradicare praticamente qualsiasi virus e di cui – ma guarda un po’! – non si sa più nulla da quel dì.

In quel thread (http://hivforum.0sites.net/Lilanew/view ... 1980#71980) avevo postato uno schema, che non credo proprio sia quello cui stai pensando tu, ma che vale la pena rivedere per notare quanto possono giocare sporco certi ricercatori, perfino con i disegnini:

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Per fare ammenda, riporto qualche slide del lavoro presentato allo IAS di Roma da Chomont su IL-7 e IL-15. Non ne parlai allora, perché chi tenne la relazione - Claire Vangergeeten – mi stava così antipatica che non avevo voglia di riascoltarla (qui una brevissima sintesi: http://hivforum.0sites.net/Lilanew/view ... 4148#84148).

(Cliccare sulla miniatura per vedere l’ abstract, che in originale si può vedere qui)

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Comunque sia, io resto dell’idea che il lavoro di Imamichi abbia fatto piazza pulita di tutte le illusioni su questa citochina e che da lì, senza tante storie, si debba partire.
E resto dell'idea che quelli che stanno facendo i trial stanno anche raccontando balle ai pazienti. E questo non è per niente bello.
Ultima modifica di Dora il lunedì 6 febbraio 2012, 6:18, modificato 1 volta in totale.



Jago83
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Re: Inizio 2012: il punto su reservoir, latenza ed eradicazi

Messaggio da Jago83 » sabato 4 febbraio 2012, 18:20

Ora non ho tempo ma grazie per averlo postato dora, appena posso me lo leggo così capisco anche uin po' di più, anche se poi gli aggiornamenti con tutte quelle cose chimiche, ecc.. Non li capirò lo stesso.....



nordsud
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Re: Inizio 2012: il punto su reservoir, latenza ed eradicazi

Messaggio da nordsud » lunedì 13 febbraio 2012, 15:46

Se confermano che le cellule progenitrici ematopoietiche (HPCs) del midollo osseo non possono essere fonte di viremia, la strada per una cura dovrebbe risultare meno problematica. Non oso dire facile perchè con questo virus le sorprese non sono mai finite.
Come già espresso molte volte prima io sono dell'idea che non si riesce ad eradicare perchè i farmaci non bloccano la replicazione completamente.



Dora
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Re: Inizio 2012: il punto su reservoir, latenza ed eradicazi

Messaggio da Dora » lunedì 13 febbraio 2012, 16:54

nordsud ha scritto:Come già espresso molte volte prima io sono dell'idea che non si riesce ad eradicare perchè i farmaci non bloccano la replicazione completamente.
Mi interesserebbe molto sapere che cosa pensi dell'"ipotesi di Baltimore", del contagio da cellula a cellula di cui ho parlato qui: Replicazione virale durante HAART per contagio fra cellule; e della sua probabile convalida empirica data da Schacker, Stevenson e Fletcher a St Martin lo scorso dicembre (vedi qui: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 8686#p8686).
A me pare una forte conferma di quel che dici, perché per Baltimore la replicazione continua nei tessuti linfatici, costituendo un reservoir non latente, ma sveglissimo che non viene neanche sfiorato fai farmaci. Vorrei sapere se anche tu la vedi così.



nordsud
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Re: Inizio 2012: il punto su reservoir, latenza ed eradicazi

Messaggio da nordsud » mercoledì 15 febbraio 2012, 15:43

Dora ha scritto:
nordsud ha scritto:Come già espresso molte volte prima io sono dell'idea che non si riesce ad eradicare perchè i farmaci non bloccano la replicazione completamente.
Mi interesserebbe molto sapere che cosa pensi dell'"ipotesi di Baltimore", del contagio da cellula a cellula di cui ho parlato qui: Replicazione virale durante HAART per contagio fra cellule; e della sua probabile convalida empirica data da Schacker, Stevenson e Fletcher a St Martin lo scorso dicembre (vedi qui: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 8686#p8686).
A me pare una forte conferma di quel che dici, perché per Baltimore la replicazione continua nei tessuti linfatici, costituendo un reservoir non latente, ma sveglissimo che non viene neanche sfiorato fai farmaci. Vorrei sapere se anche tu la vedi così.
Ormai è consolidato il fatto che la haart non riduce a zero ( e per zero intendo ZERO) la viremia e che il virus non diventa resistente ai farmaci nella maggior parte dei casi.

Partendo da queste premesse:

- a) una haart che non elimina la viremia.
- b) un virus che non diventa resistente nonostante la "pressione" dei farmaci.
- c) le molecole dei farmaci funzionano allo stesso modo all'interno di tutte le cellule.

L'unica conclusione sensata a mio modesto parere è anche la più semplice per spiegare la onnipresente viremia: Cioè che il principio attivo del farmaco non riesce ad arrivare in ogni dove, permettendo la replicazione virale in qualche cellula.

Nel 2007 Cooper aveva perfino previsto la possibilità che una terapia a base di raltegravir avrebbe potuto eradicare, ma ahimè ciò non è successo proprio!! ANCHE perchè il raltegravir, come ogni altro farmaco, non arriva nei più lontani scompartimenti del nostro corpo.

PS. Non so proprio come si possa superare il problema del farmaco che non riesce ad arrivare in ogni cellula ammesso che sia confermata la mia ipotesi ( sono mai riusciti a misurare la quantita di farmaco all'interno delle cellule? )



Dora
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Re: Inizio 2012: il punto su reservoir, latenza ed eradicazi

Messaggio da Dora » mercoledì 15 febbraio 2012, 15:52

nordsud ha scritto:
Dora ha scritto:Mi interesserebbe molto sapere che cosa pensi dell'"ipotesi di Baltimore", del contagio da cellula a cellula di cui ho parlato qui: Replicazione virale durante HAART per contagio fra cellule; e della sua probabile convalida empirica data da Schacker, Stevenson e Fletcher a St Martin lo scorso dicembre (vedi qui: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 8686#p8686).
A me pare una forte conferma di quel che dici, perché per Baltimore la replicazione continua nei tessuti linfatici, costituendo un reservoir non latente, ma sveglissimo che non viene neanche sfiorato fai farmaci. Vorrei sapere se anche tu la vedi così.
Ormai è consolidato il fatto che la haart non riduce a zero ( e per zero intendo ZERO) la viremia e che il virus non diventa resistente ai farmaci nella maggior parte dei casi.

Partendo da queste premesse:

- a) una haart che non elimina la viremia.
- b) un virus che non diventa resistente nonostante la "pressione" dei farmaci.
- c) le molecole dei farmaci funzionano allo stesso modo all'interno di tutte le cellule.

L'unica conclusione sensata a mio modesto parere è anche la più semplice per spiegare la onnipresente viremia: Cioè che il principio attivo del farmaco non riesce ad arrivare in ogni dove, permettendo la replicazione virale in qualche cellula.

Nel 2007 Cooper aveva perfino previsto la possibilità che una terapia a base di raltegravir avrebbe potuto eradicare, ma ahimè ciò non è successo proprio!! ANCHE perchè il raltegravir, come ogni altro farmaco, non arriva nei più lontani scompartimenti del nostro corpo.

PS. Non so proprio come si possa superare il problema del farmaco che non riesce ad arrivare in ogni cellula ammesso che sia confermata la mia ipotesi ( sono mai riusciti a misurare la quantita di farmaco all'interno delle cellule? )
Guarda qui:

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Da http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 8794#p8794 (dove trovi tutte le "spiegazioni" di queste ed altre slides, dal lavoro di Shacker, Stevenson e Fletcher presentato al workshop su reservoir ed eradicazione di St Martin).



nordsud
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Re: Inizio 2012_il punto su reservoir, latenza ed eradicazio

Messaggio da nordsud » mercoledì 15 febbraio 2012, 18:04

Riporto questo emblematico commento di Steven Wolinsky.

" sono rimasto stupefatto quando ho appreso che la scarsa penetrazione dei farmaci entro i tessuti ha un ruolo così importante nel persistere dell’infezione. È uno studio che avremmo dovuto fare vent’anni fa”.

Spero che questo sia un monito per far muovere le chiappe.

Qualcuno ha qualche info in merito ai transporter cellulari ? Mi sembra di capire che sono degli "enzimi" o "proteine" che si "attacano" alle molecole ( principio attivo del farmaco) tanto da aumentare la capacità di penetrazione all'interno di ogni cellula.



Dora
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Re: 2012 [2013]_Il punto su reservoir, latenza ed eradicazio

Messaggio da Dora » giovedì 4 aprile 2013, 15:51

Ricordate che dalla IAS, l'estate scorsa, era stata pubblicata una sorta di road map per arrivare a una cura? Dettagli e discussioni li trovate nel thread [AIDS 2012] 19° International AIDS Conference.
Ora esce su The Lancet un aggiornamento, a firma di Katlama, Deeks, Sékaly e molti altri (fra cui Stefano Vella) e mi pare, fra i vari *punti della situazione* che escono regolarmente all'inizio di ogni anno, uno fatto abbastanza bene: chiaro, esaustivo, senza troppi dettagli tecnici. Ho quindi deciso di tradurlo (tranne l’Introduzione, che dice cose che conosciamo tutti a memoria) per avere, un anno dopo, uno sguardo d'insieme sulla ricerca di una cura.

Se qualcuno desiderasse qualcosa di più tecnico e molto, molto interessante, suggerisco l'ascolto della lezione plenaria tenuta da Robert Siliciano al CROI il mese scorso: HIV-1 Eradication Strategies: Design, Assessment, and Clinical Consequences. Questa lezione può inoltre essere integrata da quella di Mario Stevenson raccontata nel thread [CROI 2013]M.Stevenson: Reservoir, persistenza virale e cura.




Barriers to a cure for HIV: new ways to target and eradicate HIV-1 reservoirs

I RESERVOIR DELL’HIV: OSTACOLI ALLA CURA

Il formarsi e il mantenersi della latenza dell’HIV

Il reservoir dell’HIV si forma durante l’infezione primaria. La somministrazione della ART durante una fase precocissima dell’infezione acuta sembra comportare basse concentrazioni di DNA e RNA dell’HIV sia totali, sia integrati quando si sospende il trattamento e questo fa ipotizzare che un trattamento aggressivo possa diminuire le dimensioni del reservoir virale.
Anche se il trattamento precoce può ridurre in modo sostanziale le dimensioni del reservoir totale, una popolazione stabile di CD4 latentemente infetti transita nel reservoir latente di lunga durata e non risulta influenzata da una ART data precocemente.
La maggior parte del DNA provirale dell’HIV viene individuata nei CD4 che si trovano nel tessuto linfoide. Nel sangue, la maggior parte dell’HIV DNA si trova nei linfociti T memoria, centrali e transitori, che mantengono il reservoir a causa della loro intrinseca capacità di persistere grazie alla proliferazione omeostatica e al rinnovamento.
Altri reservoir cellulari potrebbero esistere nei CD4 naive, nei monociti e macrofagi, negli astrociti e nelle cellule microglia.
Durante una ART prolungata ed efficace, viene raggiunto un livello di HIV RNA nel plasma stabilmente basso, in genere inferiore a 1-3 copie di RNA per mL.
È probabile che la produzione cronica di HIV da un reservoir stabile di cellule che vivono a lungo (il cosiddetto reservoir latente) sia la fonte principale di questo HIV persistente. Tuttavia, anche il persistere di un basso livello di replicazione potrebbe avere un ruolo, specialmente nei tessuti in cui una continua e persistente replicazione virale nonostante la ART potrebbe essere causata dalla diffusione del virus da una cellula all’altra e da un’insufficiente penetrazione dei farmaci nei tessuti.

Un pre-requisito per il crearsi della latenza dell’HIV è l’integrazione del DNA virale nella cromatina dell’ospite e il silenziamento epigenetico di una trascrizione virale attiva.
Sono stati proposti due modelli per spiegare l’infezione latente nelle cellule memoria. Il modello della LATENZA PRIMA DELL’ATTIVAZIONE si basa sull’idea che l’HIV possa infettare direttamente un sottogruppo di CD4 quiescenti. Il modello della LATENZA DOPO L’ATTIVAZIONE propone invece che dei CD4 memoria antigene-specifici attivati vengano infettati, ma poi riescano ad evitare di morire e regrediscano a uno stato quiescente.
Il numero dei CD4 che diventano latentemente infetti varia moltissimo da una persona all’altra e potrebbe essere di poche cellule su 1 milione.

I meccanismi molecolari che contribuiscono al silenziamento dell’HIV DNA sono complessi. La trascrizione delle cellule infettate da provirus capace di replicazione viene silenziata da dei complessi di co-repressori che contengono deacetilasi istoniche, metiltrasferasi istoniche e etero cromatina; anche la metilazione attiva della sequenza terminale lunga ripetuta (LTR) potrebbe avere un ruolo. Il silenziamento epigenetico di un provirus può essere invertito da sostanze che mobilitano la cromatina, rimodellando i complessi in sostituzione dei complessi repressivi in equilibrio sulla sequenza terminale lunga ripetuta del virus. I segnali trasmessi attraverso il complesso recettore del linfocita T (TCR)-CD3 e le co-stimolazione con CD28 possono causare la trascrizione produttiva del virus e questo fa ipotizzare che la attivazione dei CD4 memoria possa portare – in vivo – alla produzione del virus. I CD4 attivati sono il primo bersaglio dell’infezione da HIV. Non si sa bene come delle cellule attivate infettate da poco diventino cellule memoria quiescenti latentemente infette e dalla lunga durata. Durante l’attivazione dei linfociti T sono in funzione molti meccanismi regolatori volti ad attutire l’effetto della attivazione delle cellule, compresi la sotto regolazione dei regolatori negativi dell’attivazione dei linfociti T – per esempio PD-1, CTLA-4, TIM-3, LAG 3, CD160 e 2B4, tutti recettori che stanno sulla superficie della cellula. Le cellule che esprimono questi recettori potrebbero essere quelle più facilmente infettate in modo latente dall’HIV. In uno studio trasversale su persone da molto tempo in terapia, si è visto che le cellule che esprimevano la PD-1 erano ricche di DNA virale. I farmaci che bloccano i meccanismi molecolari associati a questi regolatori negativi potrebbero aiutare a distruggere il reservoir.




[Per i “regolatori negativi” cfr. questo post in questo stesso thread e il thread Anticancro che blocca PD-1 e PD-L1 rinforza sistema immune.]



NUOVE STRATEGIE PER CURARE L’HIV

Intensificazione della ART

Se un basso livello di replicazione persistente dell’HIV o un’infezione de novo di nuove cellule target continuano durante il trattamento, l’aggiunta di farmaci potenti (la cosiddetta intensificazione) al regime standard potrebbe aiutare a ridurre le dimensioni del reservoir. Fino ad ora, negli studi di intensificazione della terapia, nuove classi di farmaci quali il raltegravir – inibitore dell’integrasi dell’HIV – e il maraviroc – inibitore del CCR5 – non hanno ridotto la viremia residua. In alcuni studi si è visto che l’intensificazione con un inibitore dell’integrasi porta a un accumulo transitorio di DNA episomale prima dell’integrazione (circoli 2-LTR) e alla simultanea riduzione dei marker di attivazione dei CD8 – e questo fa ipotizzare una inibizione della replicazione virale di basso livello.
I risultati di un altro studio hanno mostrato che l’intensificazione con raltegravir riduceva le concentrazioni di HIV RNA nell’ileo, che è ricco di cellule-target infette e costituisce un ambiente potenzialmente ideale per supportare il passaggio del virus da una cellula all’altra pur in presenza di ART. Tuttavia, non si è vista una riduzione dell’HIV RNA, né della viremia residua.
È possibile che la ART non sia capace di penetrare completamente in tutti i tessuti. La persistenza di replicazione virale nei tessuti giustifica i tentativi di ottimizzare il trasporto dei farmaci per migliorarne la penetrazione in cellule dei tessuti che i farmaci oggi disponibili faticano a raggiungere, compresi il sistema nervoso centrale e forse i tessuti linfoidi. L’attività del virus deve essere misurata nei tessuti linfoidi e in altri organi quali l’intestino, gli organi riproduttivi e il cervello per capire meglio i limiti dell’intensificazione della ART e per eradicare la produzione di virus residua.

Terapia genica

Il caso del paziente di Berlino ha generato grande interesse per gli interventi di cura su base cellulare. Il trapianto allogenico con cellule staminali da rarissimi donatori che sono naturalmente resistenti all’HIV non è una strategia praticabile; perciò molto dell’interesse si concentra ora sulla terapia genica per distruggere il virus da dentro le cellule infette o produrre cellule resistenti all’infezione.
Tre classi di enzimi che correggono il DNA sono sotto studio per indagare sicurezza ed efficacia nel colpire i corecettori dell’HIV e le sequenze provirali: le nucleasi a dita di zinco, le nucleasi attivatrici dell’effettore della trascrizione [TALEN] e le endonucleasi di homing.
L’approccio di terapia genica volto a bloccare il CCR5 (distruzione del CCR5 sui linfociti T mediante ZFN) è studiato in trial clinici di fase 1 sul trasferimento ex vivo di linfociti T modificati ed espansi (Tabella 1).
Gli studi di fase 1 hanno mostrato che questi approcci sono sicuri e possibili.

Altri trattamenti su base genetica, che colpiscono le proteine virali dell’HIV o con un ribozima anti-HIV o con costrutti oligonucleotidici di RNA antisenso, si è visto che riescono a ridurre la viremia in modo sicuro e fattibile in trial clinici di fase 1.
Interventi che interferiscono con le fasi di pre-integrazione del ciclo vitale del virus sembrano promettenti e stanno per essere testati in trial clinici di fase 1.
La sicurezza e l’efficacia del trasporto di geni a cellule e tessuti specifici e l’accesso a questi trattamenti sono le sfide più importanti cui questi approcci all’eradicazione devono rispondere.




[Per le ZFN cfr. il thread [STUDI] Sangamo: CD4 e staminali resi CCR5- mediante ZFN II, per le TALEN questo post in quel medesimo thread in questo stesso thread e per le endonucleasi il thread Endonucleasi di homing, ricombinasi-Tre: il sogno più bello.]

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Un approccio a tre strati per invertire la latenza ed eliminare i reservoir

Il primo passo è la riattivazione di genomi provirali latentemente infettivi.
L’obiettivo della riattivazione dell’HIV-1 è la distruzione dei reservoir cellulari mediante stimolazione dell’attività trascrizionale del provirus latente nei CD4 infetti.
Questa opera di distruzione comporta la produzione di cellule che producono virus che o muoiono direttamente per gli effetti citopatici del virus, oppure vengono spazzate via dai meccanismi dell’ospite.
Anche se complessi meccanismi molecolari regolano l’espressione del provirus nelle cellule latentemente infette, una possibile strategia è quella di scatenare l’attività dell’NF-kB, il principale fattore di trascrizione dell’ospite per la replicazione dell’HIV-1.
I primi tentativi di riattivare il virus in pazienti in ART con due noti induttori dell’NF-kB, l’interleuchina-2 (IL-2) o un anticorpo monoclonale anti-CD3 (OKT3), non hanno avuto successo e hanno avuto effetti tossici dipendenti dal dosaggio.
Altre sostanze candidate ad attivare l’NF-kB efficaci nell’indurre la trascrizione del virus nei modelli di latenza in vitro comprendono la prostratina, il fattore di necrosi tumorale-alfa (TNF-α) e il fattore transitorio di riattivazione dell’HIV-1 attraverso la riattivazione dell’NF-kB.

Farmaci che stimolano la protein chinasi C (PKC), la generazione di specie di ossigeno reattivo o l’autofagia possono anche attivare il meccanismo dell’NF-kB per indurre la replicazione del virus. La briostatina 1 è un induttore del meccanismo PKC – NF-kB e può collaborare con altri farmaci per rimodellare i complessi trascrizionali co-attivatori della cromatina nella cellula, riattivare il virus e promuovere l’apoptosi cellulare.
Tuttavia, l’attivazione generalizzata dei CD4 si associa a un serio rischio di induzione sistemica di citochine infiammatorie.
La ricerca di farmaci a piccole molecole che specificamente invertano i meccanismi coinvolti nel silenziamento della cromatina ha coinciso con l’introduzione dell’idea di latenza a metà anni ’90.
L’inibizione delle deacetilasi istoniche è interessante, perché queste molecole bloccano la trascrizione dell’HIV DNA impedendo ai fattori della trascrizione di avere accesso al promoter dell’HIV. Due candidati inibitori dell’iston-deacetilasi sono già entrati in sperimentazione clinica (Tabella 1). L’acido valproico, un inibitore debole e non tossico, è stato il primo farmaco ad essere studiato. Nonostante avesse dato buoni risultati in uno studio pilota, gli studi successivi non sono riusciti a trovare alcun beneficio e i ricercatori si sono rivolti a farmaci più potenti.
Il vorinostat ha mostrato risultati promettenti nella riattivazione del virus nei modelli di latenza in vitro. In uno studio pilota del 2012, 11 pazienti su 16 trattati con ART hanno dimostrato una possibile suscettibilità al vorinostat ex vivo. A 8 di questi pazienti è stata dunque somministrata una dose di vorinostat e si è visto un evidente aumento nell’espressione dei livelli di RNA rispetto ai dati di partenza. Ora ci sono altri trial clinici sul vorinostat (Tabella 1).



[Per la briostatina vedere [STUDI] "Bryologs": briostatina sintetica (Paul Wender); i dettagli sulla prostratina sono rimasti nell'archivio del vecchio forum, ma in molte occasioni è stata citata anche qui. Cliccare quindi su ; il thread dedicato al vorinostat è Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clements 2.]


Nel 2012, si è visto che l’inibitore dell’iston-deacetilasi romidepsina (FK288) è 1000 volte più potente del vorinostat nell’induzione dell’HIV latente, e ha indotto l’espressione dell’HIV RNA ex vivo in 12 pazienti su 13 in ART.
Anche il panobinostat (LBH589), il givinostat (ITF2357) e il belinostat (PXD101) hanno dimostrato di essere più potenti del vorinostat nella riattivazione del virus in linee di cellule latentemente infette (Tabella 2).

È possibile che serva l’azione combinata di diverse modificazioni epigenetiche per dare inizio alla trascrizione virale. La migliore riattivazione del DNA provirale silenziato epigeneticamente potrebbe richiedere la combinazione di più farmaci, fra cui deacetilasi istoniche, attivatori della protein chinasi C e inibitori specifici dell’iston-metiltrasferasi.

La priorità va alla scoperta di nuove molecole che siano sicure e che possano agire da sole o in sinergia con altri farmaci per riattivare in modo davvero efficiente la trascrizione del virus.

Per esempio, nel 2012 si è visto che tre farmaci approvati dalla FDA americana (dactinomicina, aclarubicina e citarabina) agiscono come sostanze di innesco, in combinazione con altre molecole riattivanti, per aumentare il numero di cellule che producono virus.


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... continua nel prossimo post ...



Dora
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Re: 2012 [2013]_Il punto su reservoir, latenza ed eradicazio

Messaggio da Dora » giovedì 4 aprile 2013, 15:56

Il disulfiram, usato per trattare l’alcolismo, ha riattivato il virus latente in un modello di latenza in vivo grazie al dietilditiocarbammato (DDTC), il proprio metabolita attivo. In un piccolo studio pilota, una dose di disulfiram data una volta al giorno per 2 settimane a pazienti in ART è stata ben tollerata e ha portato a un aumento transitorio di RNA virale nel plasma di un sottogruppo di pazienti (Tabella 1).

Ci sono poi dei farmaci che colpiscono il mantenimento della latenza, per esempio la PD-1, che è espressa sui CD4 latentemente infetti. Queste molecole oppongono un forte ostacolo all’attivazione dei linfociti T, inibendo i segnali trasmessi attraverso il recettore dei linfociti T (TCR). Nei pazienti in ART, l’espressione della PD-1 rimane elevata e si correla con le dimensioni del reservoir latente e con alte concentrazioni di HIV RNA associato alle cellule e di DNA provirale. Un’alta espressione di PD-1 sui CD4 memoria durante l’infezione da HIV-1 impedisce l’attivazione antigene-specifica del recettore dei linfociti T e dei segnali a valle necessari alla proliferazione e alla replicazione dell’HIV.
Anticorpi che blocchino la PD-1 o il PDL-1 possono attenuare i segnali che inibiscono l’attivazione del recettore dei linfociti T e così aumentare la sensibilità del recettore all’antigene.
Un’alta espressione di PD-1 sui CD8 memoria transitori antigene-specifici e sui linfociti T memoria effettori -anche in pazienti con viremia soppressa dalla ART – potrebbe impedire il riconoscimento e l’uccisione dei CD4 in cui il virus è stato riattivato.
Bloccare la PD-1 sui CD8 antigene-specifici può impedire che segnali negativi siano trasmessi attraverso il legame con i ligandi PDL-1 e PDL-2. Pertanto, bloccare la PD-1 o combinazioni di molecole co-inibitorie potrebbe avere un doppio effetto: la riattivazione del virus latente nei CD4 e diminuire il blocco funzionale dei CD8 memoria virus-specifici, così migliorando la proliferazione antigene-specifica e la differenziazione delle cellule effettori.




[Per il disulfiram vedere [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL; per PD-1 e PDL-1, Anticancro che blocca PD-1 e PD-L1 rinforza sistema immune.]


La citochina IL-7 serve alla proliferazione omeostatica e alla sopravvivenza dei CD4 naive e memoria, che esprimono il recettore dell’IL-7. In studi su pazienti in ART con CD4 bassi, l’IL-7 ha ricostituito i linfociti T naive e memoria centrali e ha indotto una viremia transitoria in 6 pazienti su 26. In un altro studio, l’IL-7 esogena ha riattivato in vitro la replicazione dell’HIV nei CD4 memoria centrali di alcuni donatori HIV+ quando le cellule sono state stimolate in co-colture con cellule mononucleate del sangue periferico.
L’IL-7 induce la proliferazione dei CD4 memoria che contengono DNA virale integrato (compresi i linfociti T memoria centrali e transitori); tuttavia, la capacità di riattivare la replicazione del virus con IL-7 in colture ex vivo è molto variabile. Sulla base di questi risultati, l’IL-7 come intervento per riattivare il virus è stata testata in combinazione con l’intensificazione della ART con raltegravir più maraviroc per impedire la proliferazione o il riformarsi di reservoir latente (studio ERAMUNE 01; Tabella 1).




[Per l’IL-7 e gli studi ERAMUNE vedere il thread La proliferazione omeostatica non riattiva bene il reservoir.]


Il secondo passo consiste nel colpire la replicazione virale residua.
L’infiammazione cronica è uno dei fattori che più contribuiscono all’attivazione immunitaria causata dall’HIV e alla patogenesi della malattia. Il processo infiammatorio sembra più distruttivo nei tessuti linfoidi, dove porta al depositarsi del collagene, alla fibrosi e al danno della infrastruttura linfoide come risultato di un precoce reclutamento dei linfociti T regolatori e della produzione del fattore di crescita β.
Nonostante una ART soppressiva, grandi quantità di proteine dell’HIV (per esempio, p24, p17 e gp120) persistono sulla superficie della rete di cellule dendritiche follicolari ed è possibile che contribuisca all’attivazione immunitaria cronica.
La produzione di citochine infiammatorie e di interferone-alfa comporta un’aumentata frequenza di CD4 attivati, che potrebbe contribuire al persistere di un basso livello di viremia e impedire la guarigione dell’intestino e dei linfonodi danneggiati.
L’infiammazione cronica causa una persistente sovraregolazione dei recettori co-inibitori e un indebolimento della funzione immunitaria dei linfociti T antigene-specifici, compresi quelli che servono per distruggere i reservoir dell’HIV.

Farmaci che impediscano gli effetti negativi dell’infiammazione sulle risposte immunitarie funzionali (per esempio l’inibizione dell’interazione fra PD-1 e PDL-1, gli interferoni di tipo I e l’IL-6) e ne attivino gli effetti positivi (per esempio, aumento dell’immunità innata e HIV-specifica dei linfociti T) potrebbero dimostrarsi importanti per un’efficace strategia di cura.

In questo momento, vengono testati in trial clinici di fase 1 e 2 diversi farmaci anti-infiammatori, per vedere se possono attenuare le risposte infiammatorie croniche insieme alle risposte immunitarie necessarie per eradicare i reservoir latenti.
Per esempio, l’espressione del CD38 e della PD-1 sul totale dei CD8 e sui CD8 gag-specifici è risultata ridotta in persone con HIV non in ART cui è stato somministrato un inibitore della cicloossigenasi-2.

Gli antagonisti del recettore attivato dal proliferatore dei perossisomi (PPAR-c) sono una classe promettente di molecole anti-infiammatorie, che comprendono il pioglitazone e il leflunomide. Questi due farmaci sono ben tollerati, efficaci nel trattamento dell’infiammazione cronica e potrebbero ridurre le co-morbilità (sindrome metabolica, dislipidemie e intolleranza al glucosio) che si associano al trattamento antiretrovirale prolungato nei pazienti con HIV.

Anche se il trattamento con la clorochina e l’idrossiclorochina può ridurre in modo sostanziale i CD8 che esprimono l’HLA-DR e il CD38 e l’espressione della Ki-67 nei CD4 e nei CD8, questi farmaci non sono riusciti a dimostrare l’efficacia di questi risultati nei pazienti con HIV, asintomatici e naive.

Altri farmaci sono sotto osservazione: il metotrexate e la mesalazina, che dovrebbero ridurre l’infiammazione nella mucosa intestinale, dove risiede la maggior parte del virus; sostanze anti-fibrotiche, come gli ACE inibitori, che possono ripristinare la funzione immunitaria; diversi farmaci usati per combattere altre infezioni microbiche, che possono causare attivazione immunitaria cronica, compresi farmaci usati per ridurre la traslocazione dei microbi dell’intestino attraverso le superfici danneggiate della mucosa intestinale.
Se queste sostanze anti-infiammatorie aiuteranno a diminuire la produzione di virus e, in definitiva, a far diminuire i reservoir virali, deve ancora essere dimostrato.




[Per i problemi del tessuto linfoide e gli ACE inibitori vedere il thread ACE inibitori contro fibrosi del tessuto linfoide; per gli interventi contro l’infiammazione cronica, in particolare gli inbitori della COX-2, il thread Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronica?; per l’idrossiclorochina, il thread Idrossiclorochina contro l'immunoattivazione? NO GRAZIE!.]


Il terzo passo consiste nel migliorare la distruzione di virus residuo mediata dall’ospite.
Diversi studi hanno dimostrato l’importanza dell’immunità cellulare nel controllo delle dimensioni del reservoir dell’HIV.
Si è visto che i CD8 specifici contro la gag dell’HIV-1 isolati da elite controller, ma non da pazienti in ART, riuscivano a uccidere i CD4 autologhi quiescenti in cui il virus era stato riattivato con il vorinostat. Inoltre i CD8, quando funzionano bene, si associano a una riduzione delle dimensioni del reservoir dei CD4 memoria centrali nei pazienti capaci di controllare il virus senza ART.
Dei CD8 citotossici multifunzionali ad alta avidità, che colpiscono la Gag nelle sue regioni vulnerabili, sono particolarmente importanti, perché limitano la diversità del virus e i reservoir nelle persone che hanno alleli protettivi HLA di classe I.

Dei vaccini terapeutici potrebbero ri-stimolare i CD8 CTL per impedire o controllare il rebound virale e il riformarsi di un’infezione latente nei CD4 dopo un’interruzione della terapia.
Alcuni trial su vaccini terapeutici, come quello del vaccino Ad5HIV-1gag (ACTG A5197 NCT00080106) e l’infusione di cellule dendritiche pulsate con particelle inattivate di HIV hanno mostrato una soppressione transitoria della viremia dopo l’interruzione della terapia.

La risposta degli interferoni di tipo I è un essenziale mediatore innato della risposta anti-virale acuta e un induttore dei CD8 CTL. Uno studio del 2013 ha trovato che l’interferone peghilato α-2A può sopprimere la replicazione del virus in pazienti la cui funzione immune è stata parzialmente ristabilita grazie alla ART.
Coadiuvanti che inducono la produzione di interferoni di tipo 1 da parte delle cellule dendritiche convenzionali, delle cellule dendritiche plasmacitoidi e di cellule non-ematopoietiche potrebbero portare all’attivazione e alla differenziazione dei CD4 memoria quiescenti, in modo da indurre la replicazione del virus e attivare le risposte antivirali dei CD8 CTL.

Delle strategie “avanti e indietro”, che combinino combinazioni sinergiche di molecole coadiuvanti quali i ligandi del toll-like receptor e molecole co-stimolanti, bloccando da un lato i regolatori negativi (per esempio, PD-1, CTLA-4, TIM-3, CD160 e 2B4), le citochine immunosoppressive e la funzione regolatoria dei linfociti T, potrebbero dall’altro ottimizzare l’induzione dei CD8 effettori e delle cellule memoria effettori.
L’IL-15 ad alte dosi può forzare la differenziazione di alti livelli di CD8 memoria effettori. Si è anche visto che l’IL-15 è 4 volte più potente dell’IL-7 nell’indurre la produzione di virus nei CD4 latentemente infetti.
Dei vaccini terapeutici con l’aggiunta di IL-15, in combinazione con il blocco di molecole co-inibitorie come la PD-1, potrebbero migliorare l’uccisione delle cellule infette e impedire che il reservoir latente si riempia di virus riattivato.




[Per il vaccino a cellule dendritiche vedere il thread Vaccino a cellule dendritiche controlla replicazione HIV; per l’interferone-α, il thread Interferone-A per cura funzionale e perfino sterilizzante?]


CONCLUSIONI


Per arrivare a curare l’HIV, gli sforzi della comunità scientifica globale devono essere coordinati e trasparenti e condividere i risultati clinici, che siano positivi o negativi (Panel).
La scoperta di una cura è una delle maggiori sfide mediche del nostro tempo. Questo obiettivo ha riunito tutti i settori della comunità biomedica – pubblico, privato, accademico, le community – e questo ha permesso di elaborare un documento che descrive una strategia per arrivare a una cura.
Molte sfide accompagnano l’identificazione di approcci combinati che riescano effettivamente a indurre la riattivazione dei reservoir latenti e migliorare le risposte immuni specifiche per controllare la replicazione del virus ed eliminare le cellule infette.
Inoltre, è necessario dare risposta alle questioni etiche implicate in strategie volte a riattivare l’infezione in persone che vengono trattate con successo grazie alla ART.
I risultati di studi recenti dimostrano che il trattamento con la ART immediatamente dopo l’infezione o molto precoce potrebbe minimizzare le dimensioni e la complessità del reservoir latente e potrebbe portare a un controllo dopo la sospensione della terapia. Questi risultati dovrebbero ispirarci ottimismo nel proseguire con interventi terapeutici volti all’eradicazione dell’infezione da HIV.
Al momento, la prevenzione e l’inizio precoce della ART restano il modo migliore per controllare la pandemia da HIV.




[Per il documento comune "Towards an HIV cure: a global scientific strategy", vedere il thread [AIDS 2012] 19° International AIDS Conference.]

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skydrake
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Re: 2012 [2013]_Il punto su reservoir, latenza ed eradicazio

Messaggio da skydrake » giovedì 4 aprile 2013, 22:31

Dei vaccini terapeutici potrebbero ri-stimolare i CD8 CTL per impedire o controllare il rebound virale e il riformarsi di un’infezione latente nei CD4 dopo un’interruzione della terapia.
Alcuni trial su vaccini terapeutici, come quello del vaccino Ad5HIV-1gag (ACTG A5197 NCT00080106) e l’infusione di cellule dendritiche pulsate con particelle inattivate di HIV hanno mostrato una soppressione transitoria della viremia dopo l’interruzione della terapia.
Non ho trovato molti commenti in giro su questo vaccino. La comunità scientifica non mi pare entusiasta. Peccato, ha già superato due fasi sperimentali sull'uomo.



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