[SUCCESSI] Il paziente tedesco II

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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[SUCCESSI] Il paziente tedesco II

Messaggio da Dora » giovedì 1 settembre 2011, 7:04

Questa è la continuazione del thread [SUCCESSI] Il paziente tedesco, che può essere trovato a questo indirizzo: http://hivforum.0sites.net/Lilanew/view ... 3965#73965

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È stata lunga la strada dell’uomo ‘curato’ dall’HIV


Su The Bay Area Reporter di oggi si riprende la storia di Timothy Brown, per segnalare come il suo impegno attivistico l’abbia portato a tenere una conferenza a un incontro organizzato da Stop AIDS Project. Qui ha raccontato la sua storia, spiegato le fasi delle due malattie e dei due trapianti, rievocato le difficoltà post-trapianto e insieme l’incredulità e la gioia di vedersi guarito.

A The Bay Area Reporter Timothy ha spiegato di essere sempre stato una persona molto riservata (si capisce lontano un miglio pur dalle pessime riprese della conferenza!), ma che ha deciso di esporsi come “Paziente Tedesco” per mettere la sua faccia al servizio della ricerca di una cura e stimolare e incoraggiare la raccolta di finanziamenti.

La conferenza, tenuta a San Francisco presso l'LGBT Center, faceva parte di un programma di Stop AIDS Project chiamato “Positive Force – Prenderci cura di noi stessi, lungo la strada per trovare una cura”.

“So che la terapia che io ho ricevuto non diventerà una cura comune per l’HIV: è pericolosa ed è costosa. Ma la mia esperienza mi ha dimostrato che una cura è possibile” - ha detto Timothy in conclusione della sua conferenza.
“A quanti di voi sono stati resi cinici o sono stanchi di combattere a causa della vostra lunga battaglia contro l’HIV, io spero che la mia esperienza porti un nuovo raggio di speranza. Nel mio caso, i trattamenti che ho ricevuto dimostrano i benefici di un sistema sanitario pubblico efficiente e della sinergia che questo può raggiungere se lavora di concerto con la medicina accademica.”

Per chiudere l’incontro, Timothy ha raccontato di avere due sogni: il primo è di ricevere un invito a Berlino dal sindaco Wowereit per poter ringraziare Berlino e la Germania per quanto hanno fatto per lui; il secondo - ha detto – “è di non essere quello che sta davanti a voi e dice ‘io sono guarito’, ma di essere l’uomo che sta davanti a voi e dice ‘noi siamo guariti’”.

Nei 5 minuti di domande che sono seguiti, Timothy ha raccontato di non aver potuto ringraziare di persona il suo donatore di midollo, perché questi ha scelto di rimanere anonimo. Inoltre, a chi gli chiedeva se sta prendendo ancora medicine per qualcosa, ha risposto che prende farmaci per controllare la diarrea e uno psicofarmaco “che lo renda felice”. Ha aggiunto che soffre di una neuropatia, che gli causa intorpidimento alle dita dei piedi.
My life is far from perfect, but it's still my life - dice verso metà conferenza.


Qui l’intera conferenza di Timothy:

https://www.youtube.com/watch?v=4m2O4-7MWac&feature=player_embedded
Ultima modifica di Dora il martedì 6 settembre 2011, 13:26, modificato 1 volta in totale.



Eilan
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Re: [SUCCESSI] Il paziente tedesco

Messaggio da Eilan » giovedì 1 settembre 2011, 17:50

Certo che se ripenso al suo calvario e anche all'incertezza del risultato, quando affrontò tutto questo, mi chiedo se non si sia mai chiesto, o pensato addirittura di farlo, di lasciar perdere tutto, e di morire in fretta.
Io non ho la misura tangibile di quanto possa essere stato il suo patimento, e se abbia sofferto molto anche fisicamente, ma vedo mio fratello, pur con altra tipologia di infezione e un altro tipo di trapianto, quanto però sia vessato e pressato dai continui esami, terapie, controlli, non passa settimana, che non lo sottopongono a qualcosa, è stanco e anche demotivato a volte, sono anni ormai.
In alcuni momenti scherzando gli dico, pensa che passerai alla storia, il primo elite trapiantato, e lui immancabilmente mi risponde - che significa? - :P
Sono andata fuori OT ma non più di tanto credo, pensare a Timothy, a quella che è stata la sua storia, alla sua riservatezza e alla sua liberazione, per qualche strano meccanismo mentale, mi viene da paragonarlo a Illo, e incrociare le dita anche per lui.



sandra.p
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Re: [SUCCESSI] Il paziente tedesco

Messaggio da sandra.p » giovedì 1 settembre 2011, 18:46

Meli, abbraccia forte tuo fratello da parte mia.... e digli di tenere duro, nonostante tutto.......



isabeau
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Re: [SUCCESSI] Il paziente tedesco

Messaggio da isabeau » giovedì 1 settembre 2011, 20:11

..ma credo ke morire in fretta nn venga in mente a ste persone(dopo una diagnosi di morte certa tiri in piedi le orekkie e se puoi le provi tutte),anke xche', capita spesso ke la persona ke hai avuto nella stanza accanto nn ce l'ha fatta, xcui devi farcela anke per lui,l'inconsapevolezza del calvario ti aiuta man mano nel cammino,certo se kiedi a qualkuno ke ha fatto un trapianto di midollo se lo rifarebbe ti dice" NO grazie"....ma ti ha salvato la vita,dico io,"si ma e' massacrante,nn ci sono parole per spiegare quel ke si prova"dicono i trapiantati...ke si portano dietro un sacco di" problemini"....cmq parlo delle leucemie... parenti e conoscenti ke hanno dovuto affrontare tutto sto casotto,nn sarebbero qui a raccontarmela se nn l'avessero fatto...xcui ben venga..ùe nn so' se mi sono spiegata le' difficile scrivere :roll:



Dora
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Re: [SUCCESSI] Il paziente tedesco II

Messaggio da Dora » sabato 22 ottobre 2011, 10:01

Fra il 3 e il 5 ottobre scorso si è tenuto ad Amsterdam un congresso - Frontiers of Retrovirology: Complex retroviruses, retroelements and their hosts - cui ha partecipato anche Gero Hütter, tenendo una lezione dal titolo: "Clearing the HIV reservoir by transplanting CCR5 deficient stem cells".
Non riesco in alcun modo a reperire l'abstract, anche se ho la speranza che venga pubblicato su Retrovirology, che è sponsor dell'incontro e che già nel 2009 pubblicò i poster e gli abstract della stessa conferenza, tenuta in Francia (supplements/6/S2).
Se qualcuno avesse voglia di monitorare la rivista o almeno di ricordare a me di farlo, avrebbe la mia eterna riconoscenza.

Aggiungo anche che è passato quasi un anno da che Hütter ha dato notizie di sé e ancora non si sa nulla dell'auspicato "secondo paziente tedesco" (la "bambina di Heidelberg" o chi per lei). Che cosa sta aspettando il nostro Gero?



Dora
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Re: [SUCCESSI] Il paziente tedesco II

Messaggio da Dora » sabato 22 ottobre 2011, 15:14

Altro aggiornamento e richiesta.

Hütter, insieme a J. Zaia (e l'accoppiata è interessante, perché Zaia lavora anche sulle staminali modificate da Sangamo), ha scritto un articolo uscito a marzo su Clinical & Experimental Immunology (Volume 163, Issue 3, pages 284–295, March 2011). A leggere lo stringatissimo sommario, si direbbe un update rispetto al lavoro di Huzicka, con in più *il punto della situazione*. Purtroppo, io non ho modo di recuperare il full text, ma leggerlo mi interesserebbe molto. Qualcuno riesce a trovarlo, per favore?

Allogeneic haematopoietic stem cell transplantation in patients with human immunodeficiency virus: the experiences of more than 25 years

Summary
For treatment of several malignancies, transplantation of allogeneic haematopoietic stem cells (HSCT) derived from bone marrow or peripheral blood has been used as a therapeutic procedure for decades. In the past, HSCT has been suggested as a treatment option for infection with the human immunodeficiency virus type 1 (HIV-1), but these attempts were mostly unsuccessful. Today, after the introduction of an active anti-retroviral therapy, the lifetime expectancy of HIV-infected patients has improved substantially, but nevertheless the incidence rate of malignancies in these patients has increased considerably. Therefore, it can be assumed that there will be a rising necessity for HIV-1-infected patients with malignancies for allogeneic HSCT. At the same time, there is increasing interest in treatment methods which might target the HIV-1 reservoir more effectively, and the question has been raised as to whether allogeneic HSCT could be linked to such strategies. In this paper the data of more than 25 years experience with allogeneic HSCT in patients with HIV-1 are reviewed and analysed.



skydrake
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Re: [SUCCESSI] Il paziente tedesco II

Messaggio da skydrake » sabato 22 ottobre 2011, 22:28

Per ora ho trovato due pagine:

Immagine
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Vuoi che cerchi il resto?
Mi e cascato l'occhio anche su quest'altro:
Eradicazione tramite trapianto di CCR5-
Ultima modifica di skydrake il domenica 23 ottobre 2011, 6:13, modificato 1 volta in totale.



Dora
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Re: [SUCCESSI] Il paziente tedesco II

Messaggio da Dora » domenica 23 ottobre 2011, 2:36

skydrake ha scritto:Per ora ho trovato due pagine (...) Vuoi che cerchi il resto?
Sì, per favore. :)
Mi e cascato l'occhio anche su quest'altro
Questo lo sto traducendo e conto di postarlo domani. Fra l'altro, è reperibile direttamente qui: http://www.thescientificworldjournal.co ... 50420/abs/.
Saresti così gentile da accorciare quel link? Mi si è allargata la pagina a dismisura!



Dora
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Re: [SUCCESSI] Il paziente tedesco II

Messaggio da Dora » domenica 23 ottobre 2011, 11:33

Dora ha scritto:
skydrake ha scritto:Mi e cascato l'occhio anche su quest'altro
Questo lo sto traducendo e conto di postarlo domani.
Eccomi qui!

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Nel maggio scorso, su The Scientific World Journal, insieme a Susanne Ganepola, Gero Hütter ha pubblicato un articolo che, tranne forse nelle parti iniziali, mi pare molto semplice e molto bello. Qui sintetizza il suo lavoro e prende in considerazione le questioni rimaste aperte, gli aspetti irrisolti e le conseguenze cliniche del caso del “paziente tedesco”. Penso possa essere utile a chi non ha seguito la vicenda di Timothy fin dal primo poster di Hütter al CROI nel 2008 o non ha voglia di leggersi dall’inizio la ventina di pagine che le abbiamo dedicato noi. Ma mi pare anche utile per chi ha seguito la vicenda ed è rimasto con molte domande aperte, relativamente alle ragioni di questo successo: in questo articolo, infatti, Hütter espone le sue, di ragioni. E lo fa con la chiarezza a cui ci ha abituati.

Eradication of HIV by transplantation of CCR5-Deficient Hematopoietic Stem Cells

INTRODUZIONE

Per entrare nella cellula, l’HIV usa delle regioni altamente conservate dell’ospite: il recettore CD4 e il corecettore CCR5. La fusione del virione con la cellula ospite è mediata formando un complesso a sei eliche di gp41, che lega insieme la membrana del virus e quella della cellula (1).
Nel 1996, 13 anni dopo la prima descrizione dell’HIV quale agente causale dell’AIDS, alcuni gruppi di ricerca hanno scoperto la più importante protezione naturale contro la trasmissione del virus. Questa resistenza si basa su una mutazione nel gene CCR5, che si verifica abbastanza di frequente e che porta a una delezione di 32 coppie di basi (CCR5-delta32), introducendo un codone-di-stop prematuro nel locus del recettore della chemochina (2).
L’omozigosi per la delezione CCR5delta32 è associata a una resistenza buona, ma non completa, all’HIV (3). In certe condizioni, l’HIV è capace di usare il CXCR4 come corecettore della chemochina alternativo al CCR5. La mutazione responsabile avviene nel locus V3 del genoma del virus che codifica per una glicoproteina dell’envelope, che si lega sia al CCR5 (virus R5-tropico), sia al CXCR4 (virus X4-tropico)(4). Il cambiamento da R5 a X4 in genere avviene durante il decorso naturale dell’infezione e molti pazienti ospitano una proporzione significativa di quasispecie X4 (5).
Poiché l’HIV ha bisogno del CD4 e prevalentemente del CCR5 per entrare nella cellula, questo gene e la delezione CCR5delta32 sono i migliori candidati per un intervento terapeutico. Mentre il CCR5 non è necessario per vivere, l’assenza del CD4 o del CXCR4 è incompatibile con la vita umana [ma, allora, i tentativi di Sangamo di chiudere anche il CXCR4 a che servono???]. Perciò il CCR5 potrebbe costituire il “tallone di Achille” dell’infezione da HIV.

L’IDEA DI TRAPIANTARE CELLULE PRIVE DI CCR5 IN PAZIENTI CON HIV

L’azione che ha l’impatto più forte sul sistema immunitario umano è il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (HSCT) in pazienti con cancro. Questo è divenuto una procedura standard per trattare diversi tipi di patologie tumorali e non tumorali, ed è realizzabile anche in pazienti con HIV. Un tempo, si riteneva ottimisticamente che il trapianto di un nuovo e sano sistema immunitario in pazienti con HIV potesse migliorare il decorso dell’infezione, ma né il trapianto allogenico, né quello autologo da soli furono sufficienti a sbarazzarsi del virus (6).
Ciò nonostante, pareva probabile che una terapia a base di staminali e mirata al CCR5 avrebbe potuto migliorare il decorso dell’infezione e nel 2001 R. Chow, fondatore della StemCyte Inc., richiese un brevetto negli Stati Uniti (2003/0099621 A1) per vagliare donatori di staminali allogeniche con cui trattare l’infezione da HIV. Il gruppo di Chow costruì un database di oltre 10.000 cordoni ombelicali, classificati dal punto di vista del genotipo per la delezione CCR5delta32. Tuttavia, fino ad oggi non hanno trovato dei candidati HLA-compatibili, con infezione da HIV e necessità di trapianto con le staminali ematopoietiche raccolte dai loro cordoni ombelicali.
Visto quanto siamo limitati dalle difficoltà di trovare donatori CCR5-negativi, i tentativi di imitare la distruzione del CCR5 mediante terapia genica sono particolarmente interessanti, soprattutto perché bloccano la primissima fase dell’infezione da HIV piuttosto che impedire un evento dopo che il DNA provirale si è integrato nel genoma umano.
Attualmente, sono disponibili una serie di tecniche che inibiscono l’espressione del CCR5, quali l’RNA a breve interferenza (short interfering RNA – siRNA), l’RNA breve a forcina (short hairpin RNA – shRNA) e, il più interessante di tutti, le nucleasi a dita di zinco (ZFN). Queste ultime sono degli enzimi di restrizione artificiali create fondendo insieme un dominio di legame al DNA e un dominio di scissione. Possono essere costruite in modo da legarsi a un punto specifico del genoma e distruggere il gene che codifica per il CCR5, generando una rottura nel doppio filamento (8).

IL PRIMO TRAPIANTO ALLOGENICO DI STAMINALI PRIVE DI CCR5 IN UN PAZIENTE CON INFEZIONE DA HIV

Nel febbraio 2007, 11 anni dopo la prima descrizione della mutazione CCR5delta32, un team medico dell’ospedale Charité di Berlino ha eseguito un trapianto allogenico di staminali ematopoietiche in un paziente HIV+ sofferente di leucemia mieloide acuta e l’ha fatto utilizzando cellule progenitrici di un donatore selezionato perche era omozigote per la delezione CCR5delta32. Il trapianto allogenico di staminali del sangue è divenuto un trattamento standard per pazienti con leucemia ad alto rischio o linfomi in recidiva o refrattari alle chemioterapie e nel 20% dei casi si riesce a trovare come donatore HLA-compatibile un fratello. Pazienti che non hanno un fratello HLA-compatibile ricevono le staminali da donatori sempre HLA compatibili, ma estranei alla famiglia. Al momento, esistono più di 16 milioni di potenziali donatori registrati in tutto il mondo e la probabilità di trovarne uno che sia perfettamente compatibile è di più del 90-95%.
Durante la procedura per il trapianto, il paziente ha ricevuto un regime chiamato FLAMSA e una trasfusione di 2,3 x 10^6 cellule CD34+ per kilogrammo di peso corporeo. La profilassi contro la Malattia di Rigetto contro l’Ospite (Graft versus Host Disease - GvHD) è consistita in 0,5 mg/kg di globulina antitimocitaria tre giorni prima del trapianto e in 2,5 mg/kg nei due giorni successivi. A ciò si devono aggiungere 2,5 mg/kg/al giorno di ciclosporina A a partire dal giorno precedente il trapianto, mentre 1 g/al giorno di micofenolato mofetile è stato iniziato 6 ore dopo il trapianto.
Come ci si aspettava, usando le staminali omozigoti CCR5delta32, il genotipo dell’allele CCR5 del paziente è cambiato. Dopo una recidiva della leucemia il 332° giorno, il paziente è stato trattato con una terapia di reinduzione con citarabina (100 mg/sqm nei giorni 1-7) e gemtuzumab (6 mg/sqm, giorni 1+7), che ha portato a una remissione completa. Il giorno 392°, il paziente ha ricevuto un’irradiazione total body con 2 Gy, seguita dal trapianto di 2,1 x 10^6 CD34+ per kilo dal medesimo donatore CCR5-negativo del primo trapianto.
Per concludere, l’HIV è rimasto irrilevabile per più di 4 anni da che è stata sospesa la terapia antiretrovirale dopo il primo trapianto, come è confermato da PCR compiute sull’RNA virale e sul DNA provirale nel sangue periferico, nel midollo osseo e in molti altri tessuti prelevati mediante biopsia, compresi la mucosa gastrointestinale e il cervello.

Figura 1

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È degno di nota il fatto che, anche se i farmaci antiretrovirali sono stati sospesi un giorno prima della infusione delle staminali e il DNA provirale era rilevabile nelle cellule mononucleate del sangue periferico ancora 60 giorni dopo, non si è osservato alcun rebound virale. Inoltre, c’è stato uno sfasamento di espressione residua del CCR5 in comparti anatomici diversi: mentre la proporzione di linfociti T CD4+/CCR5+ nel sangue periferico è diminuita di mese in mese, l’espressione del CCR5 nei macrofagi presenti nella mucosa gastrointestinale era ancora rilevabile 6 mesi dopo il trapianto.

Figura 2

Immagine

Ma poi, avendo seguito il paziente per 4 anni, anche questi macrofagi residui che esprimevano il CCR5 e che potevano costituire un reservoir di cellule latentemente infette sono divenuti irrilevabili nei tessuti della mucosa prelevati mediante biopsia (10).
Nonostante il successo nel trattare la leucemia del paziente e il prolungato controllo dell’infezione da HIV, in questo caso si sono presentate delle complicazioni. Anzitutto, la ricaduta leucemica nel primo anno dopo il trapianto allogenico; in secondo luogo, un lungo periodo di infezioni, di reazioni di rigetto contro l’ospite a livello epatico e di altre reazioni avverse; in terzo luogo, e queste furono le complicanze peggiori, un periodo di febbre, vertigini, disturbi della coscienza e perdita della memoria a breve termine dopo il secondo trapianto. Dei controlli mediante TAC e risonanza magnetica rivelarono un disturbo della materia bianca del cervello, ma tutti i tentativi di arrivare a una diagnosi mediante ripetuti test del fluido cerebrale e di altri campioni fallirono.
Alla fine, decidemmo di fare una biopsia neurochirurgica per chiarire la diagnosi, ma questo comportò nuove complicazioni, cioè un pneumoencefalo, che aggravò i sintomi del paziente.
Oggi, a circa 3 anni da quel fatto, il paziente si è quasi del tutto ripreso e quel che permane di quei sintomi è il problema della memoria a breve. La natura di quanto accadde rimane non chiarita e i risultati della biopsia cerebrale non consentirono di fare una diagnosi conclusiva.

QUESTIONI APERTE

Perché non si è verificata una fuoriuscita di quasispecie X4?

Prima di ricevere il trapianto di staminali, la popolazione HIV del paziente comprendeva una proporzione del 2,9% di varianti X4- o dual-tropiche. Sotto pressione selettiva, quando si blocca il CCR5 (per esempio con l’inibitore del CCR5 maraviroc), il virus X4 è capace di emergere anche da proporzioni inferiori all’1% (11).
Questa osservazione, però, può essere vera per la viremia nel plasma, ma non deve necessariamente riflettere la situazione di ogni altro tessuto o comparto anatomico. Durante la preparazione per il trapianto allogenico, la maggior parte delle cellule immunitarie del paziente sono state distrutte dal regime di condizionamento ed è quindi probabile che il serbatoio virale sia diminuito. Questa restrizione virale, probabilmente, ha funzionato meglio per i virus X4 che per i virus R5, perché le quasispecie X4 in genere non sono capaci di persistere in cellule che presentano antigeni duraturi (APC), quali i macrofagi (12).
Pertanto, è possibile che si sia evitata una fuoriuscita di queste quasispecie X4 in questo paziente grazie a una serie di ragioni:
• anche se non sono state completamente distrutte dalla terapia di condizionamento, il numero di particelle X4-tropiche infettive presenti dopo il trapianto potrebbe essere stato troppo basso e ciò potrebbe aver consentito il riformarsi del sistema immunitario del paziente pur in presenza di virus;
• inoltre, la disseminazione virale a partire dai macrofagi o da altre cellule APC latentemente infette da virus sia R5 sia X4, che si sia trasformato in X4 dopo l’ingresso nelle cellule, sembra davvero improbabile, perché l’attivazione di questi tipi di cellule sottoregola in modo efficace l’espressione del CXCR4 sui linfociti T circostanti (13).

Questo paziente ha qualcosa di speciale?

Il decorso naturale dell’infezione da HIV si compie in tre fasi: 1) infezione, 2) latenza e 3) distruzione dei CD4 e conseguente morte. Tuttavia, alcuni pazienti HIV+ rimangono nella fase 2 molto a lungo senza alcuna terapia antiretrovirale. Questi cosiddetti long-term non progressors (LNTP) hanno sovente un numero di CD4 normale e una viremia bassa o non rilevabile. Sono stati descritti un certo numero di fattori sia dell’ospite sia del virus, quali il tipo HLA del paziente o le mutazioni virali, che possono contribuire al fenomeno della non progressione (14).
Per quanto riguarda il tipo HLA, il paziente era omozigote KIR3DL1 e possedeva gli alleli *002 e *004 in questo locus, il che lo rendeva un genotipo KIR3DL1*h/*y. Si è visto che questo genotipo, quando coespresso con Bw4*801, e soprattutto con l’allele B57 dell’HLA, si associa con viremia più bassa e più lenta progressione della malattia. Tuttavia, gli alleli del paziente sul locus HLA-B erano B7 e B35, che non si associano con l’allele KIR3DL1 e, nel caso del B35, presentano anzi una più rapida progressione della malattia (16).
Inoltre, anche se i pazienti LTNP hanno bassi o irrilevabili livelli di viremia, il DNA provirale può essere rilevato regolarmente nel sangue e in altri tessuti (17).
L’assenza di ogni rilevabile materiale provirale nel nostro paziente contraddice la tesi che si sia verificato un passaggio a uno stato di LTNP.

Qual è stato il ruolo della procedura di trapianto?

La procedura di trapianto è consistita in una combinazione di chemioterapia, irradiazione e una serie di farmaci immunosoppressivi, quali la globulina antitimocitaria (ATG) e la ciclosporina A (CsA). Tutti questi farmaci erano già stati usati in altri pazienti HIV+ cui era stato fatto un trapianto allogenico e in nessun caso si era visto un cambiamento profondo e duraturo nella replicazione virale.
Per esempio, l’ATG contiene degli anticorpi funzionali contro dei marker dei linfociti T, fra cui il CD4, il CCR5 e il CXCR4: ciò comporta la deplezione delle cellule che sono il target dell’HIV. È stato dimostrato di recente che l’ATG causa una riduzione duratura dei CD4 nei pazienti che prendono la HAART dopo trapianto di reni (18). Tuttavia, questa deplezione dei CD4 non ha effetti sul decorso dell’infezione o sulla replicazione del virus. È possibile, ciò nondimeno, ipotizzare che l’ATG sia capace di ridurre il reservoir virale mediante la deplezione dei CD4 infetti e delle cellule target non infette durante il periodo in cui viene somministrato.
La CsA è un potente farmaco immunosoppressivo usato comunemente per causare immunosoppressione nei trapianti allogenici. Si è visto che la CsA inibisce l’attivazione dei linfociti T mediante un meccanismo ben definito a livello molecolare. Il razionale per l’uso della CsA durante l’infezione da HIV primaria è proprio per diminuire lo stato altamente attivato dei linfociti T, al fine di limitare l’infezione, e quindi la deplezione, dei CD4, aiutando così a preservarli per più tempo.
La CsA è stata sperimentata durante l’infezione primaria da HIV e si è visto che non danneggia le risposte dei CD8 virus-specifici o dei CD4. È stato ipotizzato che un arresto rapido della attivazione dei linfociti T nelle fasi iniziali dell’infezione primaria possa avere effetti benefici sul lungo periodo e possa aiutare a fissare un set-point immunologico più favorevole. Tuttavia, l’attività della CsA e di altri interventi terapeutici di tipo immunomodulante durante l’infezione da HIV non sono sufficienti a ridurre il reservoir virale (19).

Il paziente è curato da un punto di vista funzionale?

Il paziente ha sospeso gli antiretrovirali da 4 anni e non ci sono segnali misurabili di replicazione virale. Da notare che il paziente ha mostrato una parziale sierodeconversione relativamente agli anticorpi anti-HIV, e ciò indica che non è rimasta alcuna replicazione virale di qualche rilievo. Pertanto, l’eventualità che il paziente possa soffrire o morire a causa della sua infezione da HIV è improbabilissima e non resta che concludere che il trapianto di staminali CCR5delta32 ha portato a una cura funzionale.

Il paziente è curato dal punto di vista dell’eradicazione?

L’idea di una completa eradicazione di un patogeno dall’organismo umano risale alla teoria di Paul Ehrlich su una ”therapia sterilisans magna” (20). Nel caso dell’HIV, un retrovirus che diventa parte del genoma umano una volta che una persona è stata infettata, è difficile immaginare che tutte le cellule che contengono del provirus possano essere eliminate completamente. Tuttavia, i successi nei pazienti con cancro che sono stati curati mediante trapianti allogenici di staminali ematopoietiche ci consentono un certo ottimismo sul fatto che l’eradicazione possa essere ottenuta trapiantando staminali resistenti all’HIV. La trasformazione del sistema immunitario e del midollo del paziente mediante il trapianto allogenico ha portato a un mutamento completo di tutte le cellule derivate dalla staminali ematopoietiche. Anche tutte le cellule infette presenti nei tessuti, quali i macrofagi e le cellule microglia del cervello, vengono rimpiazzate in un paio d’anni (21).
Bisogna però dire che dei risultati negativi nella ricerca dell’HIV-RNA e –DNA non sono sufficienti a predire se il virus si ripresenterà. Anche usando nuove tecniche per l’individuazione di HIV residuo, quali i test “single-copy”, la microdissezione dei tessuti o l’aferesi di grandi quantità di leucociti dal sangue periferico, non si potrà dare una risposta definitiva a questa domanda, finché i risultati saranno negativi.
D’altra parte, un rebound virale si verifica rapidamente quando si interrompe la terapia antiretrovirale. In questo contesto, è interessante l’osservazione fatta su pazienti da molto tempo in terapia e con livelli di reservoir dell’HIV estremamente bassi: perfino un paziente che non mostrava HIV-DNA né nel sangue né nella mucosa gastrointestinale ha avuto un rebound virale circa 50 giorni dopo aver sospeso la terapia (22, 23).
Nel nostro caso, la terapia è stata sospesa ormai da 1460 giorni e non si è rilevato nessun ritorno dell’HIV. Ciò può essere interpretato in due modi: il paziente è stato eradicato, oppure ha un numero di cellule infette residue molto al di sotto dei limiti di rilevamento oggi disponibili.

C’è stato un effetto Graft vs HIV?

Negli ultimi decenni, abbiamo imparato che il successo dei trapianti allogenici di staminali nei pazienti con cancro è più legato all’effetto Graft vs leucemia/tumore che all’intensità del regime di condizionamento (24). In effetti, anche nel caso dell’HIV, la risposta dei linfociti T citotossici ha un impatto sul decorso clinico dell’infezione (25). Inoltre, il trapianto allogenico stesso sembra generare linfociti T HIV-specifici, con diverse specificità (26). Questo presunto effetto di “reazione contro l’HIV”, tuttavia, dovrebbe essere indipendente dal genotipo del CCR5; ma, a quanto ne sappiamo, il trapianto allogenico da solo non è sufficiente per ridurre il reservoir virale in modo permanente o per influenzare l’ammontare della viremia.

Perché questa procedura non è stata ripetuta in altri pazienti?

Dopo la pubblicazione del nostro primo report, il nostro gruppo di lavoro ha ricevuto molte richieste da altri istituti circa la possibilità di trovare donatori CCR5-negativi per trapiantare pazienti HIV+ passibili di trapianto allogenico di staminali. Fra questi pazienti, alcuni erano buoni candidati, con un gran numero di donatori HLA-compatibili (27). Sfortunatamente, in nessuno di questi donatori abbiamo trovato la mutazione CCR5delta32/delta32. La frequenza del delta32 è collegata alla provenienza etnica del donatore e presenta una distribuzione differente a seconda delle aree geografiche (28). Non abbiamo dati, al momento, sulla frequenza della delezione nel gruppo di possibili donatori di staminali presenti nei registri, tranne che in due registri americani di cordoni ombelicali (29). Presi insieme, la frequenza di donatori omozigoti per il CCR5delta32 è di circa l’1% e questo riduce considevolmente la probabilità di trovare un donatore HLA-compatibile. Nonostante queste difficoltà, il nostro gruppo è aperto alle richieste di altri pazienti, ora e per il futuro.

CONCLUSIONI

La HAART consente una soppressione duratura della replicazione dell’HIV al di sotto del livello di rilevamento nella maggior parte dei pazienti. Tuttavia, anche una terapia sostenuta ed efficace non ristabilisce completamente la salute e sono assolutamente necessarie nuove strategie che permettano di evitare le complicazioni legate all’HIV.
È per questo che la combinazione di staminali e terapie geniche viene proposta come alternativa alla HAART a vita.
Il caso del primo trapianto allogenico di successo con staminali CCR5-negative in un paziente con HIV ha dato impulso allo sviluppo di nuove strategie di terapie geniche contro l’infezione. Non è improbabile che nei prossimi decenni il trattamento dell’HIV entrerà in una nuova fase di efficacia e ci porterà più vicini alla cura.



BIBLIOGRAFIA

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Re: [SUCCESSI] Il paziente tedesco II

Messaggio da skydrake » venerdì 28 ottobre 2011, 20:49

Scusami Dora se non ti ho ancora trovato quell'articolo. Questa settimana sono stato fuori per lavoro, sebbene prima di partire ho fatto diverse ricerche e curiosamente non l'ho trovato da nessuna parte, oltre le prime due pagine.

Tornando in treno, per due ore ho letto e riletto l'altro articolo, il "riassunto" del lavoro di Hutter, sia in italiano che in inglese. Non mi convince la sua ipotesi di come mai non siano emersi nel paziente tedesco ceppi X4-tropici. In particolare la frase:
inoltre, la disseminazione virale a partire dai macrofagi o da altre cellule APC latentemente infette da virus sia R5 sia X4, che si sia trasformato in X4 dopo l’ingresso nelle cellule, sembra davvero improbabile, perché l’attivazione di questi tipi di cellule sottoregola in modo efficace l’espressione del CXCR4 sui linfociti T circostanti

Non ho capito tale spiegazione. O per lo meno non mi convince. Non mi convince affatto nemmeno l'altra ipotesi:
anche se non sono state completamente distrutte dalla terapia di condizionamento, il numero di particelle X4-tropiche infettive presenti dopo il trapianto potrebbe essere stato troppo basso e ciò potrebbe aver consentito il riformarsi del sistema immunitario del paziente pur in presenza di virus;

Ma non basta che sopravviva un singolo virus X4-tropico? Poi non è solo una questione di tempo?



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