Dora ha scritto: ↑venerdì 27 luglio 2018, 7:25
#AIDS2018 - La prima sperimentazione clinica della chidamide come sostanza contro la latenza di HIV: un nuovo inibitore selettivo della istone deacetilasi tutto cinese
Un gruppo di ricerca della Fourth Military Medical University di Xi'an, Cina, ha presentato alla International AIDS Conference di Amsterdam i risultati di un piccolo trial clinico di fase I, che aveva lo scopo di indagare la sicurezza, la tossicità, il profilo farmacocinetico e farmacodinamico e infine anche l'efficacia anti-latenza della chidamide, un HDACi che è stato scoperto, brevettato e approvato un paio d'anni fa in Cina (e solo lì) come farmaco per il trattamento del linfoma periferico a cellule T (con il nome commerciale di
Epidaza®). La chidamide ha il pregio di poter essere assunta oralmente.
Nell'ultimo anno, ricercatori della Fudan University di Shanghai e dell'Istitute of Trasfusion Medicine di Pechino hanno pubblicato due articoli su riviste di tutto rispetto, in cui vengono indagati i meccanismi d'azione e l'efficacia anti-latenza della chidamide, mettendola a confronto con il vorinostat, in diversi modelli cellulari di latenza e anche in cellule prelevate da persone con HIV in trattamento antiretrovirale. Da questi studi è emerso che la chidamide:
- - riesce effettivamente a riattivare l'HIV latente, sia nelle linee cellulari, sia nei CD4 primari;
- lo fa inducendo il fattore di trascrizione NF-kB;
- lo fa con un'efficacia che dipende sia dal dosaggio, sia dal tempo di somministrazione (rispettivamente: dosaggio minore del vorinostat, efficacia che migliora nel tempo, mentre per il vorinostat succede il contrario);
- lo fa con una tossicità minima, e comunque di gran lunga inferiore a quella del vorinostat.
Forti di questi risultati, gli scienziati del Tang-Du Hospital ad agosto 2015 hanno iscritto in ClinicalTrials.gov un trial di fase I, in aperto, su un singolo gruppo di 13 persone con HIV ben controllato dalla cART (HIV RNA < 50 copie/mL da almeno un anno, di fatto più di 18 mesi) e almeno 350 CD4. A settembre 2016 l'hanno concluso e oggi ce ne raccontano i risultati. Parallelamente, a settembre 2016 ne hanno aperto un altro di fase II/III, che è impostato in modo molto più solido: 60 partecipanti, randomizzato con placebo, in quadruplo cieco (cioè né partecipanti, né medici, né ricercatori, né chi ha il compito di validare i dati sanno chi prende che cosa).
Qui gli obiettivi sono invertiti rispetto a quelli del trial di fase I, perché sicurezza e tollerabilità passano in secondo piano, mentre gli obiettivi principali sono la misurazione dell'HIV RNA associato alle cellule, dell'HIV RNA nel plasma e del DNA virale totale. Fra gli obiettivi secondari troviamo anche la valutazione di marker dell' infiammazione, dell'immunoattivazione e della senescenza cellulare, per una ragione che si capirà fra poco, quando vedremo i risultati della fase I portati ad Amsterdam.
E questi risultati della somministrazione di 8 dosi di chidamide (10 mg due volte a settimana, per 4 settimane) a 6 uomini e una donna che assumevano dei regimi di ART standard sono in breve questi:
- - l'HDACi è stato ben tollerato (1 rash, 1 fatigue, 1 sonnolenza), globuli rossi ed emoglobina sono scesi un poco, ma risaliti subito al termine dello studio, i CD4 sono rimasti stabili, non è stato riferito nessun evento avverso;
- i profili farmacocinetico e farmacodinamico si sono dimostrati favorevoli;
- la chidamide ha indotto la trascrizione del virus latente - e questo lo si è misurato sia nell'RNA, sia nel DNA virali associati ai CD4;
- si sono misurati dei picchi nella viremia del sangue dopo la somministrazione del farmaco;
- si è misurata una riduzione del DNA virale totale;
- e non è finita qui, perché si sono visti anche degli effetti immunomodulanti, con una diminuzione di alcune citochine infiammatorie e anche dell'espressione del marker PD-1 sui CD4.
Tutto questo, naturalmente, è incoraggiante ma non basta. Ecco perché sono partiti subito con una sperimentazione clinica su un numero maggiore di pazienti e con un gruppo di controllo che prende un placebo.
In questo secondo trial, i partecipanti sono stratificati per numero di CD4 (30 con meno di 500, 30 con più). La somministrazione della chidamide avviene al medesimo dosaggio del primo trial e sempre due volte a settimana, però lo studio dura 96 settimane.
Non è prevista alcuna interruzione della ART.
La conclusione è prevista entro dicembre di quest'anno, quindi penso avremo presto altre notizie.