HXTC (HIV Antigen Expanded T Cell Ther) + vorinostat

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

HXTC (HIV Antigen Expanded T Cell Ther) + vorinostat

Messaggio da Dora » domenica 16 luglio 2017, 6:00

È iniziata una nuova sperimentazione clinica, che vede la combinazione di HXTC (HIV-1 Antigen Expanded Specific T Cell Therapy), cioè l'espansione e stimolazione dei CD8 mediante antigeni di HIV, e l'inibitore dell'iston-deacetilasi vorinostat usato come farmaco antilatenza.
Riprendo dunque un post su HXTC scritto nel thread Alternative ai vaccini terapeutici per la fase di "kill", cui farò seguire qualche dettaglio sul protocollo della nuova sperimentazione.


Dora ha scritto: HXTC (HIV-1 Antigen Expanded Specific T Cell Therapy): ESPANSIONE E STIMOLAZIONE DEI CD8 CON ANTIGENI DI HIV

Prima dell’avvento della terapia antiretrovirale combinata, sono stati fatti diversi tentativi di espandere le reazioni CTL, prelevando dalle persone con HIV i linfociti T, espandendo ex vivo quelli HIV-specifici fino ad aumentarli grandemente di numero e poi re-infondendoli nei pazienti. Mentre questo tipo di terapia si è dimostrato efficace nel cancro e contro virus come Epstein Barr, citomegalovirus o adenovirus, nell’infezione da HIV si è rivelato sicuro, ma incapace di garantire un controllo delle viremie in assenza di ART. La principale ragione di ciò – oltre alle alte viremie di persone che non erano trattate con ART - fu individuata nel fatto che i linfociti T che venivano sottoposti a un processo molto aggressivo di espansione in vitro erano cellule derivate da un unico clone e molto specializzate, perché erano addestrate a riconoscere singoli epitopi virali.

L’idea di Margolis e colleghi è stata di sviluppare ed espandere dei linfociti T HIV-specifici derivati da tanti cloni diversi e capaci di riconoscere un più ampio spettro di antigeni virali con l’obiettivo di dirigerli, prima in vitro e poi eventualmente in vivo, contro cellule latentemente infette in cui la trascrizione di HIV veniva riattivata mediante sostanze anti-latenza. E questo sotto continua somministrazione di antiretrovirali per evitare la formazione e diffusione di virus capaci di sfuggire alla pressione dei CTL.

Hanno quindi sviluppato una nuova tecnologia di espansione di linfociti T citotossici policlonali e capaci di colpire diversi antigeni di HIV: gli HIV-1 Antigen Expanded Specific T Cells – HXTC.

Per far questo, hanno prelevato a 7 persone con viremia soppressa dalla ART e con caratteristiche tali da renderle molto diverse per capacità di controllo delle viremie, per momento di inizio della terapia e per prognosi della malattia, le cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC). Hanno poi separato i monociti generando cellule dendritiche, che hanno messo in contatto in vitro, insieme a diverse citochine (IL-7, IL-15 e IL-12) che stimolano la proliferazione cellulare, con PepMix™, una miscela di 150 peptidi selezionati in modo da addestrare i linfociti a riconoscere le proteine Gag, Pol e Nef di HIV. Queste sono state scelte perché permettono di colpire antigeni sia precoci, sia tardivi di HIV e quindi danno agli HXTC la capacità di distruggere cellule infette a differenti stadi di infezione. Inoltre, questi antigeni sono correlati al controllo delle viremie.

Immagine

L’espansione media degli HXTC è stata molto consistente, di quasi 146 volte (37-287), tale da raggiungere la quantità di cellule necessaria per uso clinico. Inoltre è stato possibile espandere gli HXTC di tutti e 7 i pazienti, indipendentemente dalla loro storia clinica, dimostrando così l’applicabilità di questo approccio terapeutico a qualsiasi tipo di paziente.
Le cellule espanse erano soprattutto CD8, con anche però una certa proporzione di CD4. Erano prevalentemente linfociti T con un fenotipo di memoria effettori, anche se erano presenti anche CD8 e CD4 memoria centrali, erano policlonali e polifunzionali. E soprattutto erano capaci di riconoscere i tre antigeni virali.
Quel che più conta è che, quando queste cellule sono state messe a confronto con CD8 non espansi, si è visto che erano molto più efficienti nel distruggere le cellule infette.

Il passo successivo di questa ricerca è stato quello di indagare la capacità degli HXTC derivati da 6 persone con storie cliniche diverse, ma tutte con viremia stabilmente soppressa dalla ART, di distruggere ex vivo il reservoir latente.

Sono dunque stati scelti 6 volontari che avevano partecipato a uno dei trial di Margolis sul vorinostat (3 dosi di 400 mg) e 6 ore dopo la terza dose sono state prelevate loro le PBMC.
2 di queste persone avevano iniziato la ART durante la fase acuta, 4 durante la fase cronica. Erano inoltre presenti persone con HLA associati a rapida progressione ed altre con HLA associati a controllo immune.

Al termine del processo di preparazione degli HXTC si è visto che i linfociti T erano prevalentemente CD8 (mediana 89,1%), con una piccola presenza di CD4 (mediana 7,4%). I linfociti della memoria erano prevalentemente effettori (mediana 87,2%), mentre la sottopopolazione dei memoria centrali aveva un valore mediano di quasi il 5%.
Si è riusciti a ottenere un’espansione delle cellule da 40 volte per un paziente fino a più di 200 per altri due.

Una volta espansi i linfociti T e visto che erano capaci di distruggere dei CD4 produttivamente infetti, si è passati a testarli contro cellule del reservoir latente prelevate dai pazienti dopo che il trattamento con vorinostat aveva stimolato le cellule a esprimere il virus latente.

I CD8 e CD4 espansi dovevano dimostrare di essere in grado di riconoscere epitopi virali che potevano essere anche molto diversi da quelli dei virioni attivamente replicanti (vedere uno degli ultimi lavori di Siliciano, raccontato nel post ”CONOSCI IL TUO NEMICO”. “EVITA CIÒ CHE È FORTE E COLPISCI CIÒ CHE È DEBOLE”, in cui si dimostra che la maggioranza dei virus presenti nel reservoir latente portano delle mutazioni di escape che rendono le cellule riattivate parzialmente resistenti all’eliminazione da parte delle reazioni CTL immunodominanti).

E così è stato.

Anche quando la quantità di HXTC scatenati contro le cellule latentemente infette era modesta (rapporto ET – effettore : target – 1 : 10 e non 1 : 1), l’effetto antivirale degli HXTC è stato superiore a quello dei CD8 non espansi. Inoltre, questo si è verificato per tutti, anche per le persone che avevano iniziato la terapia in fase cronica e avevano alleli associati a una rapida progressione.

Dopo la dimostrazione che gli HXTC riescono a inibire l’infezione produttiva con virus proveniente dai reservoir dei pazienti e a ridurre la viremia dopo che l’infezione latente è stata riattivata grazie al vorinostat, l’ultima questione affrontata nel secondo degli articoli di cui sto parlando può sembrare estrinseca rispetto alle capacità degli HXTC, ma serve a dare qualche rassicurazione sugli effetti che si teme che gli HDACi possano avere sulla funzionalità dei CD8.
Infatti, da lavori in vitro ed ex vivo si è visto che sia il vorinostat, sia ancor di più il panobinostat, sia soprattutto la romidepsina causano delle tossicità che danneggiano gravemente la capacità dei CD8 di uccidere le cellule infette in cui l’HIV è stato riattivato. In particolare, tutti e tre portano a una rapida soppressione della produzione da parte dei CD8 di interferone-γ (IFN-γ), che è un mediatore chiave della reazione immune.

Margolis e colleghi sostengono però di avere usato dei campioni raccolti durante uno dei trial sul vorinostat e di non aver rilevato alcun indebolimento delle reazioni dei CTL esposti a dosi di vorinostat fisiologicamente rilevanti. Ammettono tuttavia che forse questo dipende dalla breve emivita del vorinostat, mentre altri HDACi che permangono in circolo più a lungo qualche danno ai CD8 potrebbero causarlo (ma i danesi che stanno sperimentando la romidepsina ci hanno appena detto che nel loro trial la funzionalità di CD4 e CD8 non sembra essere stata danneggiata).

Dopo tutto questo, rimaneva a Margolis soltanto di far passare i suoi linfociti T espansi alla fase clinica. Ed è quanto sta facendo in un trial di fase I, che ha l’obiettivo di valutare sia la sicurezza, sia le risposte immunologiche e virologiche degli HXTC in persone che hanno iniziato la ART sia durante l’infezione acuta, sia durante l’infezione cronica.
L’idea è che gli HXTC aumenteranno la risposta immune HIV-specifica e contribuiranno ad abbassare il livello della viremia residua. La speranza è, se tutto andrà come previsto, di poterli usare insieme a qualche sostanza anti-latenza per distruggere il reservoir.
Il trial ha iniziato a reclutare i 12 pazienti previsti e darà notizie di sé probabilmente non prima di un paio d’anni.





FONTI:
Come quello di fase I su HXTC (che sta ancora reclutando partecipanti e la cui pagina non è aggiornata da un anno), il nuovo trial, anch'esso di fase I, è condotto dalla University of North Carolina, Chapel Hill, in collaborazione con il National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI). Julia Sung è la responsabile del trial, ma ha dietro di sé il sostegno di peso di David Margolis, Cinthya Gay e Joseph Eron.

S'intitola Study to Evaluate Effects of Vorinostat and HXTC on Persistent HIV-1 Infection in HIV-Infected Subjects Started on ART (XTRA) e si propone di valutare gli effetti della somministrazione di vorinostat insieme a HXTC sulla persistenza di HIV in 12 persone con viremia stabilmente soppressa dalla ART da almeno 6 mesi e almeno 350 CD4 (la terapia antiretrovirale verrà mantenuta per tutta la durata dello studio).

Trattandosi di una fase I, l'obiettivo principale è essere sicuri che questa terapia combinata non faccia (troppi) danni. Quindi, lungo tutto il corso dello studio e fino alla fine prevista a 96 settimane, si valuterà il numero di persone che presentano eventi avversi di grado pari o superiore a 3 - segni o sintomi, tossicità di laboratorio, eventi clinici, che possano in qualsiasi modo essere correlati o al vorinostat o ai CD8 stimolati, o alla combinazione dei due.

L'obiettivo secondario, invece, sarà la valutazione

  • 1. del numero di partecipanti in cui si potranno osservare delle risposte immuni HIV-specifiche alla combinazione di vorinostat e HXTC;
    2. dei cambiamente nella frequenza delle cellule latentemente infette.


Dal momento che ormai è noto che non tutti rispondono al vorinostat, prima di scegliere i partecipanti sarà necessario valutare ex vivo la risposta a questo HDACi. Chi avrà una risposta positiva entrerà nello studio e riceverà una singola dose di 400 mg di vorinostat. Poi seguirà la leucaferesi.
A quel punto, se la singola dose di vorinostat avrà mosso qualcosa nel reservoir (cioè se si vedrà un aumento dell'HIV RNA associato alle cellule), si procederà alla terza fase del trial e alla esposizione dei CD8 agli antigeni di HIV destinati a stimolarli e farli espandere.
Se questa operazione andrà a buon fine, i CD8 verranno reinfusi nei partecipanti, i quali riceveranno un totale di 20 dosi di vorinostat (sempre 400 mg) e 5 infusioni di HXTC.

I primi risultati si dovrebbero avere a giugno 2020.



Blast
Messaggi: 6783
Iscritto il: domenica 26 ottobre 2014, 15:42

Re: HXTC (HIV Antigen Expanded T Cell Ther) + vorinostat

Messaggio da Blast » domenica 16 luglio 2017, 9:15

Carino! Attenderemo con pazienza i risultati


CIAO GIOIE

Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: HXTC (HIV Antigen Expanded T Cell Ther) + vorinostat

Messaggio da Dora » domenica 30 luglio 2017, 6:29

Dora ha scritto:Come quello di fase I su HXTC (che sta ancora reclutando partecipanti e la cui pagina non è aggiornata da un anno), il nuovo trial, anch'esso di fase I, è condotto dalla University of North Carolina, Chapel Hill, in collaborazione con il National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI).
La pagina del primo trial - Phase I Study of HIV 1 Antigen Expanded Specific T Cell Therapy (HXTC) - continua a non essere aggiornata, ma Margolis ha riferito di alcuni risultati al Forum sulla cura che si è tenuto a Parigi una settimana fa. L'abstract può essere letto nel II file del Libro degli Abstract nel supplemento del Journal of Virus Eradication.

In HIV-specific, ex vivo expanded T cell therapy (HXTC) for HIV clearance: feasibility, safety and efficacy, Margolis ricorda che la somministrazione di HXTC in questo trial veniva fatta a persone con viremia soppressa dalla ART, dopo aver estratto e modificato ex vivo i loro linfociti T con cellule dendritiche autologhe e peptidi del ceppo B di HIV, che comprendevano porzioni delle proteine Gag, Pol e Nef.
12 settimane dopo il trattamento, i linfociti T sono stati di nuovo prelevati ai partecipanti e con il qVOA (Quantitative Viral Outgrowth Assay) si è misurata la frequenza di cellule quiescenti infette, mentre parallelamente si valutava la capacità antivirale dei CD8.

6 partecipanti hanno avuto due infusioni a settimana di HXTC, che sono state ben tollerate, senza che si sia vista aumentare l'attivazione immunitaria, con un solo evento avverso di modesta entità.
In 2 di loro si è visto un leggero aumento della capacità antivirale dei CD8, ma nel complesso i CD8 non sono stati resi più capapci di distruggere le cellule infette e quale possa essere il significato clinico di quel che si è osservato nei due in cui qualcosina è accaduto resta ancora da capire.

Margolis offre il chiaro razionale del thread con HXTC e vorinostat quando dice: "come ci aspettavamo, in assenza di una sostanza anti-latenza, non si è visto un declino che avesse un qualche significato nella frequenza dell'infezione nei CD4 quiescenti".



Semola
Messaggi: 161
Iscritto il: venerdì 16 giugno 2017, 20:50
Località: Milano

Re: HXTC (HIV Antigen Expanded T Cell Ther) + vorinostat

Messaggio da Semola » domenica 30 luglio 2017, 9:58

Blast ha scritto:Margolis offre il chiaro razionale del thread con HXTC e vorinostat quando dice: "come ci aspettavamo, in assenza di una sostanza anti-latenza, non si è visto un declino che avesse un qualche significato nella frequenza dell'infezione nei CD4 quiescenti".
Speriamo sia davvero questa la ragione, anche se mi aspettavo che queste HXTC fossero in grado di fare qualcosa da sole. Sarebbe bello provare ad ingegnerizzare questi HXTC con il CAR.

La strategia è indubbiamente promettente anche se, credo, ci sia qualcosa che ci sfugge.
Questa cosa di addestrare i linfociti a riconoscere le particelle più costanti di HIV è interessante ma non so che effetti possa avere in pazienti con viremia soppressa e che di HIV in giro ne hanno gran poco. Avrebebro dovuto testare questi linfociti addestrati in pazienti in una fase acuta di infezione prima di inziare la ART per capire se avessero un qualche effetto terapeutico.

Il problema è che quando i pazienti sono sotto ART il virus non si vede, resta nascosto nelle cellule del reservoir. Se si volesse davvero usare questa tecnica a scopo di cura, bisognerebbe identificare dei solidi marker di superficie delle cellule latenti infettate e addestrare i linfociti verso questi marker, così la srategia avrebbe un effetto senza dubbio più mirato alla cura. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3754042/

In prospettiva di tecniche di "shock and Kill" hanno un senso, ma sappiamo bene quanto sia difficile identificare le giuste molecole che attivino i reservoirs.



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: HXTC (HIV Antigen Expanded T Cell Ther) + vorinostat

Messaggio da Dora » domenica 30 luglio 2017, 15:09

Semola ha scritto:
Blast ha scritto:Margolis offre il chiaro razionale del thread con HXTC e vorinostat quando dice: "come ci aspettavamo, in assenza di una sostanza anti-latenza, non si è visto un declino che avesse un qualche significato nella frequenza dell'infezione nei CD4 quiescenti".
Speriamo sia davvero questa la ragione, anche se mi aspettavo che queste HXTC fossero in grado di fare qualcosa da sole.
Semola, io ho scritto "razionale" e non "ragione", perché questo è: la base scientifica che giustifica il trial HXTC + vorinostat.
La "ragione" per cui Margolis aggiunge il vorinostat ai suoi HXTC, invece, potrebbe essere anche una poco nobile - ad esempio il fatto che i risultati del primo trial sui CD8 modificati sono poca cosa, che è da anni che sperimenta (con risultati assai deludenti) con il vorinostat e che ha la Merck dietro che lo spinge in modo indecoroso a ottenere anche un minimo successo. Mette insieme il *suo* HDACi di riferimento e i *suoi* CD8 perché è sull'orlo di una crisi di nervi.
Sarebbe bello provare ad ingegnerizzare questi HXTC con il CAR.
Al Forum sulla cura di Parigi, dei ricercatori del NIAID hanno portato un lavoro in cui hanno costruito dei CAR anti-HIV bispecifici: #26 Towards an HIV functional cure with CAR-T cells: elucidating mechanisms underlying the extremely high potency of bispecific anti-HIV CARs designed for optimal activity and minimal immunogenicity. Non è ancora la sintesi di CAR e HXTC, ma i CAR stanno andando avanti come fulmini.
Questa cosa di addestrare i linfociti a riconoscere le particelle più costanti di HIV è interessante ma non so che effetti possa avere in pazienti con viremia soppressa e che di HIV in giro ne hanno gran poco. Avrebebro dovuto testare questi linfociti addestrati in pazienti in una fase acuta di infezione prima di inziare la ART per capire se avessero un qualche effetto terapeutico.
A parte il fatto che non sarebbe etico far ritardare la ART a persone che hanno la fortuna di ricevere la diagnosi in fase acuta (e di essere seguite nei centri di eccellenza dove si fanno queste ricerche), forse è un bene che si sperimenti questa strategia proprio sulle persone a cui serve di più, perché sono proprio i CD8 HIV-specifici delle persone in fase cronica a dover essere reindirizzati verso parti non mutate del virus archiviato nel reservoir che non sono capaci di riconoscere. Se si risveglia in qualche modo il reservoir e poi si sospende la ART, i CD8 delle persone trattate in fase cronica e per lungo tempo, lasciati da soli, non riescono a fare il loro mestiere di killer.
Ora tutte le sperimentazioni nuove sembrano puntare verso interventi che si affianchino alla ART fin dai primi momenti dell'infezione, ma la cura deve arrivare per tutti, non solo per gli happy few con diagnosi in fase acuta.
Se si volesse davvero usare questa tecnica a scopo di cura, bisognerebbe identificare dei solidi marker di superficie delle cellule latenti infettate e addestrare i linfociti verso questi marker, così la srategia avrebbe un effetto senza dubbio più mirato alla cura. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3754042/
C'è un marker più recente di quel CD2 identificato da Romerio nel 2012 e sul quale mi pare non ci siano state ulteriori conferme: è il CD32a identificato da Benkirane e di cui abbiamo saputo pochi mesi fa (vedi il thread CD32a: scoperto un marker dei CD4 latentemente infetti?). Però anche su questo ci sono tante perplessità, rafforzate da un lavoro portato a Parigi la settimana scorsa dai ricercatori di CHERUV (quelli che stanno facendo il RIVER trial): Enrichment of the HIV reservoir in CD32+ CD4 T cells occurs early and is closely associated with immune checkpoint receptor expression. Pareva il Santo Graal, quella proteina CD32a espressa sulle cellule che ospitano provirus. Ma Genevieve Martin ha mostrato che non c'è relazione fra le dimensioni del reservoir e la quantità di cellule che esprimono quella proteina. E ha mostrato una cosa ancora più imbarazzante: che il CD32a è espresso anche da cellule che esprimono marker di attivazione - cioè che le cellule che sono reservoir di HIV non è detto che siano necessariamente quiescenti.
È vero però che i ricercatori inglesi hanno dimostrato che la maggior parte delle cellule che esprimono il CD32a contengono virus. Quindi non hanno smentito il lavoro di Benkirane.
La caccia continua, ma non si può escludere che il Santo Graal non si trovi mai. Durante la caccia, bisogna comunque sperimentare tutte le strade che abbiano un senso.
In prospettiva di tecniche di "shock and Kill" hanno un senso, ma sappiamo bene quanto sia difficile identificare le giuste molecole che attivino i reservoirs.
Questo non è proprio così: di molecole che riattivino la trascrizione del virus latente senza per questo causare attivazione generalizzata o altre insopportabili tossicità ce ne sono molte. Il problema non è tanto identificarle, ma ottenere in vivo gli stessi effetti che si ottengono sui modelli cellulari di latenza. Io credo che, a parte il fatto che quei modelli hanno dei limiti che li rendono scarsamente rappresentativi della latenza in vivo, il vero problema sia piuttosto la riattivazione stocastica del reservoir, quindi il fatto che anche se riattivi il virus in un gran numero di cellule, ne resteranno sempre tante altre in cui il virus rimane latente.



Semola
Messaggi: 161
Iscritto il: venerdì 16 giugno 2017, 20:50
Località: Milano

Re: HXTC (HIV Antigen Expanded T Cell Ther) + vorinostat

Messaggio da Semola » domenica 30 luglio 2017, 16:00

Dora ha scritto: Semola, io ho scritto "razionale" e non "ragione", perché questo è: la base scientifica che giustifica il trial HXTC + vorinostat.
La "ragione" per cui Margolis aggiunge il vorinostat ai suoi HXTC, invece, potrebbe essere anche una poco nobile - ad esempio il fatto che i risultati del primo trial sui CD8 modificati sono poca cosa, che è da anni che sperimenta (con risultati assai deludenti) con il vorinostat e che ha la Merck dietro che lo spinge in modo indecoroso a ottenere anche un minimo successo. Mette insieme il *suo* HDACi di riferimento e i *suoi* CD8 perché è sull'orlo di una crisi di nervi.
Intendevo la stessa cosa... Speriamo davvero fosse una cosa che si aspettassero e che già avessero in mente il razionale per usare il vorinostat con gli HXTC e che non ci fossero altre ragioni dietro.

Dora ha scritto: Al Forum sulla cura di Parigi, dei ricercatori del NIAID hanno portato un lavoro in cui hanno costruito dei CAR anti-HIV bispecifici: #26 Towards an HIV functional cure with CAR-T cells: elucidating mechanisms underlying the extremely high potency of bispecific anti-HIV CARs designed for optimal activity and minimal immunogenicity. Non è ancora la sintesi di CAR e HXTC, ma i CAR stanno andando avanti come fulmini.
Si si, avevo letto, speriamo che in pratica siano buoni come sulla carta... Io ho un amore particolare per i CAR 8-)
Dora ha scritto: A parte il fatto che non sarebbe etico far ritardare la ART a persone che hanno la fortuna di ricevere la diagnosi in fase acuta (e di essere seguite nei centri di eccellenza dove si fanno queste ricerche), forse è un bene che si sperimenti questa strategia proprio sulle persone a cui serve di più, perché sono proprio i CD8 HIV-specifici delle persone in fase cronica a dover essere reindirizzati verso parti non mutate del virus archiviato nel reservoir che non sono capaci di riconoscere. Se si risveglia in qualche modo il reservoir e poi si sospende la ART, i CD8 delle persone trattate in fase cronica e per lungo tempo, lasciati da soli, non riescono a fare il loro mestiere di killer.
Ora tutte le sperimentazioni nuove sembrano puntare verso interventi che si affianchino alla ART fin dai primi momenti dell'infezione, ma la cura deve arrivare per tutti, non solo per gli happy few con diagnosi in fase acuta.
Non intendevo di ritardare la ART di mesi o anni, semplicemente ipotizzavo che si potrebbe iniziare qualche settimana con questi e poi subito dopo con la ART. Oppure di immaginarla come terapia combinata per i nuovi al trattamento, quando ancora il virus circola abbondante.

Dora ha scritto: Questo non è proprio così: di molecole che riattivino la trascrizione del virus latente senza per questo causare attivazione generalizzata o altre insopportabili tossicità ce ne sono molte. Il problema non è tanto identificarle, ma ottenere in vivo gli stessi effetti che si ottengono sui modelli cellulari di latenza. Io credo che, a parte il fatto che quei modelli hanno dei limiti che li rendono scarsamente rappresentativi della latenza in vivo, il vero problema sia piuttosto la riattivazione stocastica del reservoir, quindi il fatto che anche se riattivi il virus in un gran numero di cellule, ne resteranno sempre tante altre in cui il virus rimane latente.
Intendevo proprio questo, nonostante diverse molecole in vitro si siano dimostrate efficaci... Di effetti in vivo se ne son visti pochi fino ad ora... La ricerca di una o più combinazioni efficaci per l oshock and kill sembra essere lunga...



Blast
Messaggi: 6783
Iscritto il: domenica 26 ottobre 2014, 15:42

Re: HXTC (HIV Antigen Expanded T Cell Ther) + vorinostat

Messaggio da Blast » mercoledì 2 agosto 2017, 21:16

Dora ha scritto: C'è un marker più recente di quel CD2 identificato da Romerio nel 2012 e sul quale mi pare non ci siano state ulteriori conferme: è il CD32a identificato da Benkirane e di cui abbiamo saputo pochi mesi fa (vedi il thread CD32a: scoperto un marker dei CD4 latentemente infetti?). Però anche su questo ci sono tante perplessità, rafforzate da un lavoro portato a Parigi la settimana scorsa dai ricercatori di CHERUV (quelli che stanno facendo il RIVER trial): Enrichment of the HIV reservoir in CD32+ CD4 T cells occurs early and is closely associated with immune checkpoint receptor expression. Pareva il Santo Graal, quella proteina CD32a espressa sulle cellule che ospitano provirus. Ma Genevieve Martin ha mostrato che non c'è relazione fra le dimensioni del reservoir e la quantità di cellule che esprimono quella proteina. E ha mostrato una cosa ancora più imbarazzante: che il CD32a è espresso anche da cellule che esprimono marker di attivazione - cioè che le cellule che sono reservoir di HIV non è detto che siano necessariamente quiescenti.
L'avevo detto io, sto solo aspettando qualche articolo più dettagliato, o i dati grezzi su GEO


CIAO GIOIE

Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: HXTC (HIV Antigen Expanded T Cell Ther) + vorinostat

Messaggio da Dora » domenica 23 settembre 2018, 7:22

Dora ha scritto:
Dora ha scritto:Come quello di fase I su HXTC (che sta ancora reclutando partecipanti e la cui pagina non è aggiornata da un anno), il nuovo trial, anch'esso di fase I, è condotto dalla University of North Carolina, Chapel Hill, in collaborazione con il National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI).
La pagina del primo trial - Phase I Study of HIV 1 Antigen Expanded Specific T Cell Therapy (HXTC) - continua a non essere aggiornata, ma Margolis ha riferito di alcuni risultati al Forum sulla cura che si è tenuto a Parigi una settimana fa. L'abstract può essere letto nel II file del Libro degli Abstract nel supplemento del Journal of Virus Eradication.

In HIV-specific, ex vivo expanded T cell therapy (HXTC) for HIV clearance: feasibility, safety and efficacy, Margolis ricorda che la somministrazione di HXTC in questo trial veniva fatta a persone con viremia soppressa dalla ART, dopo aver estratto e modificato ex vivo i loro linfociti T con cellule dendritiche autologhe e peptidi del ceppo B di HIV, che comprendevano porzioni delle proteine Gag, Pol e Nef.
12 settimane dopo il trattamento, i linfociti T sono stati di nuovo prelevati ai partecipanti e con il qVOA (Quantitative Viral Outgrowth Assay) si è misurata la frequenza di cellule quiescenti infette, mentre parallelamente si valutava la capacità antivirale dei CD8.

6 partecipanti hanno avuto due infusioni a settimana di HXTC, che sono state ben tollerate, senza che si sia vista aumentare l'attivazione immunitaria, con un solo evento avverso di modesta entità.
In 2 di loro si è visto un leggero aumento della capacità antivirale dei CD8, ma nel complesso i CD8 non sono stati resi più capapci di distruggere le cellule infette e quale possa essere il significato clinico di quel che si è osservato nei due in cui qualcosina è accaduto resta ancora da capire.

Margolis offre il chiaro razionale del thread con HXTC e vorinostat quando dice: "come ci aspettavamo, in assenza di una sostanza anti-latenza, non si è visto un declino che avesse un qualche significato nella frequenza dell'infezione nei CD4 quiescenti".
Margolis ha pubblicato i risultati del trial proof-of-concept di fase I su sicurezza e tollerabilità degli HXTC, confermando in sostanza quanto aveva anticipato all'HIV Cure and Cancer Forum del congresso IAS l'anno scorso: le infusioni sono state sicure e ben tollerate e non si sono registrati aumenti dei livelli dell'attivazione immune.
Solo 2 dei 6 partecipanti hanno avuto febbre, ma transitoria e risoltasi da sola, e mialgia (di grado I di gravità). Un partecipante ha avuto un aumento transitorio della viremia, ma questa è tornata irrilevabile in un paio di mesi senza alcun intervento. Gli altri eventi avversi che si sono verificati, tutti di grado modesto, non sono stati ritenuti correlati alle infusioni dei CD8 rafforzati.

In 2 persone si è misurato un certo aumento dell'attività antivirale dei CD8, ma i ricercatori non sono riusciti finora a spiegarne il significato clinico in modo conclusivo, tanto più che questo si è osservato in certi test, ma non in altri.

L'analisi aggregata dei dati ha mostrato che non c'è stato un miglioramento complessivo della risposta immune HIV-specifica, ma Margolis conferma quanto detto l'anno scorso: questo non è poi così strano, dal momento non solo che le cellule infuse erano relativamente poche (20 milioni per infusione, con 2 infusioni a distanza di 2 settimane l'una dall'altra), ma anche non sono stati somministrati fattori di stimolo di espansione di queste cellule in vivo, una volta che sono state reinfuse nei pazienti.

Quando hanno provato a misurare il reservoir latente prima e 12 settimane dopo il trattamento non hanno trovato nessuna differenza. Ragion per cui per capire se questi HXTC apportano qualche beneficio all'interno di uno shock and kill bisogna aspettare i risultati dell'altro trial attualmente in corso, quello in cui i partecipanti ricevono anche il vorinostat.
  • As expected with this study design, we did not find any decrease in the size of the latent reservoir, as measured by QVOA. Additionally, we did not observe any significant change in low-level residual viremia by SCA at weeks 3 and 13 following the first infusion. There is the possibility that a modest decline in this measure of persistent HIV infection was unmeasurable given the known visit-to-visit fluctuation in SCA values. However, it is most likely that the lack of an impact on reservoir size was due to the absence of therapies designed to perturb the latent reservoir and induce recognizable expression of HIV antigen.
    A critical question will be whether HXTC therapy in combination with latency reversing agents can deplete the HIV reservoir to an extent that is measurable by current gold standard assays of HIV latency.
    A 6-fold reduction measured by the current QVOA assay would hold relevance for HIV cure strategies




Rispondi