Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV
Inviato: sabato 29 luglio 2017, 6:26
IAS 2017 - CAR-T in un modello di scimmie
Scott Kitchen, UCLA, Los Angeles, ha presentato a Parigi una ricerca fatta su 4 macachi nemestrini per studiare la sicurezza e la fattibilità di stimolare l'immunità dei linfociti T modificando le cellule staminali ematopoietiche in un modello di infezione da virus chimera SHIV: Engineering HIV immunity with a chimeric antigen receptor in the non-human primate model.
Lo stesso gruppo di ricercatori, che vede insieme scienziati della UCLA e scienziati del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, aveva già lavorato su topi, trapiantando loro delle staminali modificate con un recettore dell'antigene chimera che protegge i CD4 (CD4CAR) e vedendo che le staminali si erano differenziate in modo corretto, generando dei linfociti T che esprimevano il CD4CAR e riuscivano a controllare la viremia di HIV.
Ora hanno lavorato su un modello di animali più simili all'uomo: a due macachi hanno prelevato le staminali e le hanno modificate in modo da far loro produrre dei linfociti T CD4CAR, protetti da HIV, e insieme anche il gene C46, che è capace di inibire l'infezione. Altri due animali hanno subito lo stesso genere di procedura, ma con staminali modificate in modo da produrre CD4 privi delle protezioni volute e quindi adatti a fungere da controlli.
Quando le scimmie si sono riprese dal trapianto, sono state infettate con un virus SHIV, poi sono state messe sotto antiretrovirali e in seguito la ART è stata sospesa, monitorando gli animali per più di un anno per la viremia, la presenza di cellule CAR-T e la funzionalità del sistema immune.
L'attecchimento delle staminali modificate si è dimostrato sicuro, senza tossicità di rilievo e ha dato vita a tutte le diverse linee cellulari; la produzione di linfociti CAR-T è stata stabile e, dopo che gli animali sono stati infettati, si è osservata un'espansione di queste cellule e anche una loro localizzazione nei tessuti linfoidi.
Rispetto agli animali di controllo, le viremie nei tessuti linfatici degli animali con cellule modificate sono state più basse e questo permette di pensare che i CAR-T abbiano contribuito a sopprimere il virus.
Tutto molto bene, quindi. Tutto come si sperava. E le conclusioni di Kitchen sono che in base a questi risultati i CAR-T verranno "sviluppati come una Investigational New Drug (IND) per eradicare l'infezione virale e fornire una più efficace sorveglianza immune di HIV".
Purtroppo questo abstract non è accompagnato da slides, quindi dovremo aspettare un articolo per sapere se, ad esempio, la scimmie con staminali modificate hanno avuto set point della viremia più bassi o hanno soppresso la viremia più in fretta quando hanno iniziato la ART rispetto ai due controlli. Insomma, se in qualche modo l'intervento di editing genetico le ha protette fin dall'inizio quando sono state infettate.
Vedremo poi come le cose andranno sull'uomo, perché questo modello soffre dello stesso limite che abbiamo già visto in tante sperimentazioni di terapia genica fatte sugli animali: prima si modificano le cellule e dopo si infettano gli animali. Le cose nell'uomo vanno in senso contrario e non è un elemento che si possa trascurare.
Scott Kitchen, UCLA, Los Angeles, ha presentato a Parigi una ricerca fatta su 4 macachi nemestrini per studiare la sicurezza e la fattibilità di stimolare l'immunità dei linfociti T modificando le cellule staminali ematopoietiche in un modello di infezione da virus chimera SHIV: Engineering HIV immunity with a chimeric antigen receptor in the non-human primate model.
Lo stesso gruppo di ricercatori, che vede insieme scienziati della UCLA e scienziati del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, aveva già lavorato su topi, trapiantando loro delle staminali modificate con un recettore dell'antigene chimera che protegge i CD4 (CD4CAR) e vedendo che le staminali si erano differenziate in modo corretto, generando dei linfociti T che esprimevano il CD4CAR e riuscivano a controllare la viremia di HIV.
Ora hanno lavorato su un modello di animali più simili all'uomo: a due macachi hanno prelevato le staminali e le hanno modificate in modo da far loro produrre dei linfociti T CD4CAR, protetti da HIV, e insieme anche il gene C46, che è capace di inibire l'infezione. Altri due animali hanno subito lo stesso genere di procedura, ma con staminali modificate in modo da produrre CD4 privi delle protezioni volute e quindi adatti a fungere da controlli.
Quando le scimmie si sono riprese dal trapianto, sono state infettate con un virus SHIV, poi sono state messe sotto antiretrovirali e in seguito la ART è stata sospesa, monitorando gli animali per più di un anno per la viremia, la presenza di cellule CAR-T e la funzionalità del sistema immune.
L'attecchimento delle staminali modificate si è dimostrato sicuro, senza tossicità di rilievo e ha dato vita a tutte le diverse linee cellulari; la produzione di linfociti CAR-T è stata stabile e, dopo che gli animali sono stati infettati, si è osservata un'espansione di queste cellule e anche una loro localizzazione nei tessuti linfoidi.
Rispetto agli animali di controllo, le viremie nei tessuti linfatici degli animali con cellule modificate sono state più basse e questo permette di pensare che i CAR-T abbiano contribuito a sopprimere il virus.
Tutto molto bene, quindi. Tutto come si sperava. E le conclusioni di Kitchen sono che in base a questi risultati i CAR-T verranno "sviluppati come una Investigational New Drug (IND) per eradicare l'infezione virale e fornire una più efficace sorveglianza immune di HIV".
Purtroppo questo abstract non è accompagnato da slides, quindi dovremo aspettare un articolo per sapere se, ad esempio, la scimmie con staminali modificate hanno avuto set point della viremia più bassi o hanno soppresso la viremia più in fretta quando hanno iniziato la ART rispetto ai due controlli. Insomma, se in qualche modo l'intervento di editing genetico le ha protette fin dall'inizio quando sono state infettate.
Vedremo poi come le cose andranno sull'uomo, perché questo modello soffre dello stesso limite che abbiamo già visto in tante sperimentazioni di terapia genica fatte sugli animali: prima si modificano le cellule e dopo si infettano gli animali. Le cose nell'uomo vanno in senso contrario e non è un elemento che si possa trascurare.