CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Blast
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Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Messaggio da Blast » mercoledì 12 luglio 2017, 7:39

Rob, adoro quando parli così, mi ricordi Wendy Windham :lol: :lol: :lol:


CIAO GIOIE

Rob_Rob
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Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Messaggio da Rob_Rob » mercoledì 12 luglio 2017, 7:50

Blast ha scritto:Rob, adoro quando parli così, mi ricordi Wendy Windham :lol: :lol: :lol:
Omg .... :shock: . per le parole o per gli orrori di grammatica ? :oops:

:mrgreen:



Gabriel81
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Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Messaggio da Gabriel81 » mercoledì 12 luglio 2017, 7:51

Un po' anche Heather Parisi e Don Lurio :D

Comunque mi sembra un'ottima notizia, che sia davvero il futuro? Dobbiamo solo imparare a gestire questo tipo di approcci in modo che facciano più bene che danni?

Chiaramente da un punto di vista scientifico non ci ho capito molto ma il meccanismo di funzionamento si, grazie come sempre Dora!

Finger crossed!

P.s.
Sbaglio o un po' di sperimentazioni belle aggressive ed interessanti da monitorare ci sono sul piatto?


Una pianificazione attenta non sostituirà mai una bella botta di culo!

Dora
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Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Messaggio da Dora » mercoledì 12 luglio 2017, 11:24

Rob_Rob ha scritto:Forse autologous non e' la strada più semplice...... forse per hiv allogeneic e' la via da percorrere?
Nei trapianti con staminali, sembra proprio di sì, soprattutto perché puoi beneficiare della Graft e hai un condizionamento mieloablativo bello forte. Non sapevo anche per i linfociti T, ma sto vedendo adesso un abstract portato all'ASCO quest'anno - Defining an allogenic CAR-T approach by shRNA-mediated knockdown of the T-cell receptor - da cui mi pare di capire che ci sia ancora tanto da lavorare, ma sia una strada molto interessante. E penso che se è percorribile contro il cancro possa esserlo anche contro HIV. Fra l'altro, prendendo i CD8 da un donatore sano, ti eviti anche tutte le rogne dell'esaustione dei linfociti T delle persone con HIV in terapia da tanti anni, che non so quanto, ma temo pesino sulla buona riuscita di queste strategie. Credo che anche questo sia un forte elemento a favore della via allogenica.
Gabriel81 ha scritto:Sbaglio o un po' di sperimentazioni belle aggressive ed interessanti da monitorare ci sono sul piatto?
Questi ultimi mesi sono stati di calma piatta, ma arriveranno senz'altro un sacco di nuove informazioni da Parigi. Inoltre, adesso non saprei dirti quali, ma credo ci siano diversi trial che si avvicinano alla conclusione. Entro qualche mese dovrebbero poi uscire gli articoli.



Hope!
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Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Messaggio da Hope! » mercoledì 12 luglio 2017, 22:18

Ciao dora, non ho compreso benissimo l'articolo, nel senso su cosa si punti...



Dora
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Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Messaggio da Dora » giovedì 13 luglio 2017, 5:15

Il comitato di esperti riunito ieri ha dato unanimamente parere favorevole all'approvazione del CTL019. È quindi verosimile che la FDA proceda ad approvarlo nel giro di breve tempo.
Un paio di articoli:


Hope! ha scritto:Ciao dora, non ho compreso benissimo l'articolo, nel senso su cosa si punti...
Ciao Hope!, prova a leggere prima questa vecchia intervista fatta a un amico ematologo quando si cominciò a parlare di questa terapia e poi il primo post con cui ho aperto questo thread. Se dopo ci saranno ancora cose su cui vorrai farmi delle domande, sono qui.
Dora ha scritto:In agosto [2011] sono usciti due articoli, uno sul New England Journal of Medicine e uno su Science Translational Medicine, a firma di David Porter e Carl June. Vi si racconta come, mediante la terapia genica, sia stato possibile creare dei linfociti T “serial killer”, capaci di distruggere grandi masse di cellule leucemiche e di mandare in remissione (completa in due casi, parziale in uno) tre pazienti con leucemia linfatica cronica ormai refrattaria alle chemioterapie e la cui unica speranza era un trapianto, di cui ben conosciamo i rischi e le difficoltà.

Detto molto brevemente, è andata così: la leucemia linfatica cronica (CLL) è un cancro dei linfociti B, quella componente del sistema immunitario che serve a produrre anticorpi per combattere le infezioni. Tutti i linfociti B, che siano sani o malati, presentano sulla superficie una proteina, detta CD19, e il lavoro dei ricercatori della Pennsylvania University è consistito nel riprogrammare i linfociti T di tre pazienti in modo da consentire alle cellule T di individuare il CD19 e attaccare e distruggere i linfociti B. Per inserire i pezzi di DNA necessari a modificare i linfociti T creando un “recettore dell’antigene chimera” (CAR) capace di legarsi al CD19, hanno utilizzato come vettore un virus HIV-1 opportunamente reso incapace di replicarsi. La metodica era già stata dimostrata efficace e sicura in una sperimentazione clinica su persone HIV+ nel 2003 (cfr. VIRxSYS' RNA Immuno-Therapy Solution for HIV/AIDS e il trial clinico Evaluate the Tolerability and Therapeutic Effects of Repeated Doses of Autologous T Cells With VRX496 in HIV). La scelta dell’HIV come vettore lentivirale è dipesa dal fatto che questo virus ha come bersaglio proprio le cellule T.
Gli obiettivi erano 4: che i linfociti modificati fossero in grado di riconoscere il cancro, attaccarlo, moltiplicarsi e continuare a vivere all’interno del paziente.
I linfociti T dei pazienti sono quindi stati separati dal resto del loro sangue, modificati e reiniettati in tre successive infusioni. Nel frattempo, i pazienti sono stati trattati con chemioterapici per distruggere ogni linfocita T eventualmente rimasto e così evitare che le cellule originarie potessero impedire la crescita di quelle modificate.
I risultati sono stati impressionanti: le cellule modificate sono aumentate di almeno 1000 volte in ciascun paziente e ciascuna cellula reinfusa è stata capace di uccidere migliaia di linfociti B, scatenando una sindrome da lisi tumorale (molto pesante per i pazienti: una decina di giorni di brividi, febbre alta, spossantezza e nausea), a seguito della quale non si sono più trovate tracce di cellule leucemiche.
Dopo un anno di follow up, due pazienti continuano ad essere in remissione totale, mentre uno è in remissione parziale. Le cellule modificate sembrano continuare a vivere nel corpo dei pazienti e quindi essere capaci di replicarsi; pare, inoltre, che si siano formati anche dei linfociti T memoria, che potrebbero continuare a combattere le cellule cancerose ove queste si ripresentassero.


Questa è una scheda che sintetizza i diversi passaggi:

Immagine


Ieri ho incontrato il Professor Lambertenghi, per farmi spiegare alcuni punti critici del lavoro di June e Porter.


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Premesso che non sono un biologo molecolare e non sono esperto di sistemi di laboratorio, devo dire che il concetto è bello e il lavoro è entusiasmante.
Ho però due grossi dubbi. Il primo è che tu inietti nel malato dei linfociti modificati, che attaccanno i CD19. Però questi linfociti vengono da una cellula staminale che, di suo, è malata. Quindi probabilmente non avranno una lunga vita, tranne quelli memoria; tuttavia, non è ben chiaro se davvero se ne siano formati dopo tutta la procedura di modificazione genetica.

• Però, su tre pazienti sottoposti a questa procedura, uno è andato in remissione parziale, due in remissione completa e dopo quasi un anno di follow up continuano a non mostrare tracce di cellule leucemiche.

Sì, ma bisogna vedere che cosa accade fra 5 anni, perché questi linfociti non hanno una lunga vita.
Quindi per ora si può dare un giudizio entusiasta sulla metodica, ma non sulla clinica, non solo perché è troppo presto, ma anche perché abbiamo soltanto tre pazienti, che non fanno “statistica”. È vero che hanno raggiunto la remissione, ma quanto può durare? Il loro sistema linfatico è malato, perché è malata la staminale. Ma Porter e June hanno lavorato su dei linfociti maturi, non sulle staminali.

• Il fatto che i linfociti T modificati abbiano proliferato e addirittura si siano formate delle cellule memoria significa che, se si riformassero delle cellule leucemiche e questi linfociti modificati fossero ancora presenti nell’organismo, questi potrebbero attaccarle e distruggerle.

Sì, ma se le cellule leucemiche fossero in quantità maggiore rispetto ai linfociti, potrebbero prevalere. Si vedrà nel tempo.

L’altro problema è che questi linfociti modificati attaccano indiscriminatamente i linfociti B, perché questi – che siano sani o malati – esprimono il CD19.

• A questi pazienti, ogni qualche mese, stanno dando le immunoglobuline e fino ad ora non hanno sviluppato infezioni. Può durare?

Esistono due tipi di immunità: una cellulare e una anticorpo-mediata. Con le immunoglobuline si protegge una persona dall’assenza di immunità anticorpo-mediata, ma l’immunità naturale in questi pazienti è venuta meno.
Tutte queste terapie (per esempio il Rituximab) distruggono anche i linfociti B normali. Cominciamo adesso a vedere le conseguenze sul lungo periodo del Rituximab: infezioni virali ricorrenti, le stesse infezioni cui può andare incontro una persona che ha un HIV non controllato e che, oltre che senza linfociti T, si trova senza linfociti B.

• Questi tre pazienti hanno avuto un momento, dopo le tre infusioni, in cui erano leucopenici (non solo i linfociti B, ma anche i neutrofili erano quasi a zero) e così pure piastrinopenici. Poi però, passata la crisi iniziale, in pochi giorni tutti i valori si sono rialzati, tranne ovviamente quelli dei linfociti B, continuamente distrutti dai T modificati.
Fargli in modo ricorrente infusioni di immunoglobuline potrebbe non essere sufficiente? D’altra parte, è anche vero che i loro linfociti B erano comunque a zero, perché erano attaccati dalla leucemia. Quindi, in un certo senso, ci hanno guadagnato in ogni caso.


È un’arma a doppio taglio, sia contro i linfociti patologici sia contro quelli normali. Però questi pazienti erano ormai senza alternative al trapianto. Fra l’altro, di due si sa che avevano circa 65 anni, quindi il trapianto a quell’età sarebbe stato molto rischioso.
Le immunoglobuline io le do regolarmente ai pazienti con la linfatica cronica, anche se alcuni sostengono che siano inutili, perché vengono immediatamente espulse con le urine.

Un'altra perplessità, che vale però per tutte le manipolazioni genetiche in cui si utilizzano lentivirus come vettori, è il rischio di mutagenesi, quindi lo sviluppo per esempio di leucemie. È chiaro che queste procedure sono un avanzamento della scienza, ma la scienza – per definizione – è pericolosa.
D’altra parte, una persona con una malattia incurabile può benissimo essere disposta a correre il rischio.
Un trattamento come questo non si fa, infatti, a una persona con una leucemia linfatica cronica “banale”, che sta bene e dispone ancora di molte opzioni terapeutiche. Si propone come alternativa a un trapianto, dopo aver valutato quali sono i rischi del trapianto in base allo stato della malattia, alla situazione complessiva del paziente e alla sua età.

• Mi chiedevo una cosa sui tre pazienti specifici sui quali è stata fatta questa sperimentazione: a questi tre è andata bene, nel senso che gli sono state fatte tre infusioni di linfociti modificati, per tre giorni di seguito. Non gli sono state date citochine subito dopo. Al momento dell’infusione non è successo niente, nessuna reazione avversa. Poi, dopo un paio di settimane, hanno cominciato a stare malissimo e hanno avuto la sindrome da lisi tumorale e questo ha portato alla distruzione di una massa enorme (parlano di 2 libbre, quasi un chilogrammo, per ciascun paziente) di cellule leucemiche.
In un altro paio di settimane, si sono ripresi e in due su tre era scomparsa ogni traccia di leucemia.
Quello che mi chiedevo è: a questi tre è andata bene, ma poteva anche andare male e potevano morire per la “tempesta di citochine” che si può scatenare in concomitanza con la lisi tumorale? Infatti, in quei giorni, hanno avuto picchi altissimi di citochine infiammatorie, che poi si sono normalizzate.


Anzitutto, anche con gli anticorpi monoclonali si verifica la sindrome da lisi ed è una cosa che può essere molto seria. La distruzione del CD19 avviene tramite la liberazione di citochine: a differenza dell’anticorpo, il linfocita T uccide il B non con un attacco diretto, ma stimolando la produzione di citochine. Il recettore “modificato” del linfocita T si attacca al CD19 e lo distrugge mediando una produzione di citochine. La morte del CD19 avviene perché l’unione fra anticorpo e CD19 libera delle citochine che distruggono la cellula. Questo è quanto avviene normalmente con l’immunoterapia, la terapia mediata dai linfociti T.
L’anticorpo monoclonale, invece, agisce direttamente sulla cellula, distruggendola.
La sindrome da lisi tumorale si verifica in tutti questi tipi di terapie, anche con gli immunoregolatori come la talidomide o il Revlimid, che è un suo derivato, che agiscono attivando i linfociti T contro i B.

• Quindi, se non c’è una reazione immediata all’infusione, è questo il momento critico della terapia? Dopo di che, che accade? Le cellule leucemiche vengono distrutte e poi espulse o riassorbite. E poi?

Se tutto va bene (e lo si capisce solo nel tempo), la remissione persiste. A me però non è tanto questo che colpisce, quanto la metodica usata; perché lo stesso effetto si ottiene anche con gli immunomodulatori. Solo che questi non hanno un effetto duraturo e bisogna continuare a somministrarli. Si fanno magari cicli mensili, con un risultato notevolissimo, di gran lunga preferibile rispetto a una chemioterapia standard, che non solo distrugge tutto, ma dà anche mielodepressione.
Questo è il futuro. La chemioterapia è finita e tutti gli ultimi farmaci non sono altro che riproposizione di vecchi farmaci.
Una delle più grosse scoperte di questi anni è il Gleevec, che sta avendo tanto successo contro la leucemia mieloide cronica e, pur non avendo nulla a che vedere con gli anticorpi perché è un inibitore di un enzima, è un ottimo farmaco, intelligente, che agisce in modo mirato e non indiscriminatamente come la chemio. Solo che blocca un processo che stimola la proliferazione leucemica, ma non guarisce la malattia, perché non guarisce la staminale malata. La guarigione si può avere solo con il trapianto.
Purtroppo anche al Gleevec si può diventare refrattari, con la ricomparsa del cromosoma BCR-ABL che non viene più tenuto sotto controllo. Ci sono però delle alternative, da darsi prima che si scateni una proliferazione neoplastica: inibitori analoghi che agiscono su più mutazioni della cellula.

• Un’ultima cosa che volevo capire riguarda il paziente che NON è andato in remissione completa. Ho letto che, quando gli si è scatenata la sindrome da lisi tumorale, non è andato da Porter, ma in un altro ospedale e lì gli hanno dato degli steroidi. A parere di Porter e June, questo potrebbe spiegare la parzialità della remissione. Che cosa significa?

Gli steroidi diminuiscono la febbre, ma bloccano proprio il processo che si era messo in atto: nelle reazioni patologiche dei linfociti T, tipo l’orticaria o l’artrite reumatoide, si danno steroidi. Quindi è possibilissimo che sia stato questo a impedire la remissione completa, sempre se ciò non è dipeso dallo stadio troppo avanzato della leucemia.



Grazie!!



Rob_Rob
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Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Messaggio da Rob_Rob » giovedì 13 luglio 2017, 5:21

Eh si'...
Hanno votato 10:0 su un parere positivo visto che il rapporto rischio beneficio e' favorevole.
Quindi si parte con la commercializzazione per CART per leucemia (ALL) subito dopo che FDA notifica l'approvazione.



Hope!
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Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Messaggio da Hope! » giovedì 13 luglio 2017, 22:43

Da quel che ho capito si punta a combattere il virus con l'obiettivo di distruggerlo... o meglio distruggerlo ogni volta che si ripresenta fino a che non vi è più traccia, corretto? Magari mi sbaglio il caldo mi ha prosciugato ogni energia.



Dora
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Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Messaggio da Dora » venerdì 14 luglio 2017, 6:00

Hope! ha scritto:Da quel che ho capito si punta a combattere il virus con l'obiettivo di distruggerlo... o meglio distruggerlo ogni volta che si ripresenta fino a che non vi è più traccia, corretto?
Si modificano i CD4 per renderli più resistenti all'infezione, i CD8 per renderli più aggressivi nei confronti del virus, più capaci di riconoscere le cellule infette e di distruggerle. Per ora sappiamo di lavori fatti in vitro su cellule. Aspettiamo il congresso di Parigi, dove si parlerà di una sperimentazione su scimmie.



Hope!
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Re: CAR-T: linfociti T riprogrammati per contrastare HIV

Messaggio da Hope! » venerdì 14 luglio 2017, 6:51

Dora ha scritto:
Hope! ha scritto:Da quel che ho capito si punta a combattere il virus con l'obiettivo di distruggerlo... o meglio distruggerlo ogni volta che si ripresenta fino a che non vi è più traccia, corretto?
Si modificano i CD4 per renderli più resistenti all'infezione, i CD8 per renderli più aggressivi nei confronti del virus, più capaci di riconoscere le cellule infette e di distruggerle. Per ora sappiamo di lavori fatti in vitro su cellule. Aspettiamo il congresso di Parigi, dove si parlerà di una sperimentazione su scimmie.
In materia oncologica ha funzionato corretto? Speriamo stavolta funzioni du hiv



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