INIBIZIONE DELLA FUSIONE DI HIV MEDIANTE IL PEPTIDE C34 CONIUGATO AL CO-RECETTORE CXCR4
Sangamo ha appena pubblicato su PLoS PATHOGENS una nuova ricerca, fatta ancora una volta in collaborazione con scienziati della University of Pennsylvania, in cui hanno geneticamente modificato dei CD4 in modo da renderli resistenti alla fusione da parte di HIV e poi hanno provato a infettarli, sia in vitro, in diverse linee cellulari, sia in vivo, in un modello di topi umanizzati.
Quando agli inizi degli anni 2000 arrivarono gli inibitori della fusione, furono salutati come farmaci rivoluzionari perché, invece di bloccare la replicazione di HIV all'interno delle cellule come normalmente fanno gli antiretrovirali, impedivano al virus di entrarci, nelle cellule.
L'unico inibitore della fusione ad oggi sul mercato, però, l'enfuvirtide (Fuzeon), derivato da un peptide della glicoproteina gp41 sulla envelope di HIV, è stato un mezzo fallimento, poiché deve essere iniettato due volte al giorno, ha effetti collaterali talvolta pesanti e contro di esso HIV sviluppa rapidamente mutazioni resistenti.
Si stanno studiando alternative farmacologiche per inibire la fusione di HIV e proprio ieri ne ho raccontata una - il CTP31.
Un'altra possibilità di bloccare il virus nel momento in cui tenta di fondersi con la membrana della cellula target è di rendere la cellula resistente. È una via che sta seguendo ad esempio Calimmune, modificando CD4 e cellule staminali non solo mediante la distruzione del gene che codifica per il co-recettore CCR5, ma anche facendo produrre alle cellule la proteina C46, che è un inibitore della fusione di HIV.
Una via analoga sta seguendo adesso anche Sangamo, che ha lavorato in modo da alterare i CD4, introducendo il peptide C34, derivato come l'enfuvirtide dalla envelope di HIV, e attaccandolo direttamente ai co-recettori CCR5 e CXCR4.
C34 è stato scelto proprio perché la sua versione solubile, l'enfuvirtide, ha un'attività inibitoria della fusione di HIV molto potente, ma è anche dispersa in tutto il corpo. Quindi l'idea di Sangamo è stata di potenziare ulteriormente l'attività dell'enfuvirtide coniugandolo a delle molecole che sono espresse sulla superficie delle cellule, proprio nei punti da cui HIV cerca di entrare: i co-recettori CCR5 e CXCR4.
Hanno provato a coniugare il peptide anche con il CD4, ma l'inibizione della fusione è stata di gran lunga minore.
Quando hanno provato a infettare in vitro le cellule modificate, hanno osservato che
- - HIV non riusciva a fondersi con i CD4;
- questa inibizione valeva per moltissimi ceppi di HIV-1, compresi quelli resistenti all'enfuvirtide;
- la fusione era inibita indipendentemente dal tropismo del virus (che fosse un virus R5-, X4, o dual-tropico);
- si otteneva dunque una inibizione potente, ampia e specifica;
- i risultati nettamente migliori si sono avuti quando il peptide C34 era coniugato al CXCR4;
- le cellule che esprimevano C34-CCR5 o C34-CXCR4 aumentavano in presenza dell'infezione: da una popolazione di circa il 25% di CD4 modificati si arrivava ad averne più del 60% dopo averli lasciati in coltura con il virus per altri 7-10 giorni;
- questo arricchimento si aveva contro tantissimi tipi diversi di HIV, il che suggerisce che questo vantaggio selettivo possa verificarsi nella maggior parte delle persone con infezione.
Poi i ricercatori hanno sperimentato il C34 coniugato a CCR5 e CXCR4 in vivo, in un modello di topi umanizzati, e hanno osservato che le cellule C34-CXCR4 resistevano all'infezione e quindi sopravvivevano molto meglio delle altre.
Per questa ragione, saranno le C34-CXCR4 ad essere sperimentate sull'uomo.
"Presi tutti insieme - concludono James Hoxie e colleghi - questi risultati dimostrano che l'espressione stabile di co-recettori contenenti C34 sui linfociti T CD4 periferici può conferire una resistenza a HIV-1 potente ed ampia e può offrire una nuova strategia per aumentare le risposte immuni anti-virali, che faccia da complemento ad approcci volti a colpire o controllare i reservoir di HIV-1 nelle persone con infezione".
Se davvero la creazione di CD4 resistenti ad HIV possa generare delle risposte immuni nei pazienti infetti è cosa che spetta a una sperimentazione clinica di dimostrare.
Il trial clinico dovrebbe dunque iniziare prestissimo, già alla fine di quest'anno, e si prevede che sarà uno studio con dosi a scalare, in cui 1, 3 o 10 miliardi di CD4 modificati saranno infusi in persone con infezione ben controllata dalla ART. Dopo l'infusione, proprio come nei trial in cui Sangamo sperimenta i CD4 resi CCR5 negativi mediante nucleasi a dita di zinco, verrà fatta un'interruzione terapeutica di 16 settimane, si studieranno i tempi di rebound delle viremie e si terranno monitorati i CD4 che esprimono il C34-CXCR4.
Appena il protocollo completo del trial sarà pubblicato in ClinicalTrials.gov, preparerò un post con maggiori particolari.
Fonti:
- - articolo su PLoS PATHOGENS: Potent and Broad Inhibition of HIV-1 by a Peptide from the gp41 Heptad Repeat-2 Domain Conjugated to the CXCR4 Amino Terminus
- comunicato stampa della UPenn: Genetically engineered T cells render HIV's harpoon powerless