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Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 31 marzo 2017, 6:05
da Dora
  • 31 marzo 2017

    L'editoriale su The Lancet HIV di aprile dedicato alle fake news sulla cura di HIV:

Immagine The other C word - con sommo understatement ci ricorda che two recent releases of preliminary trial results have both garnered widespread coverage—some of which has gone beyond reasonable interpretation of the facts.
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Immagine In totale sintonia con lo spirito di The Lancet, 5 HIV Breakthroughs That Fell Short - un articolo tratto da VeryWell.com, dove la sezione dedicata ad HIV/AIDS è tradizionalmente curata da Dennis Sifris, un infettivologo, e James Myhre, un giornalista scientifico - prende in esame 5 ricerche che, negli ultimi anni, hanno ricevuto una copertura mediatica così spropositata e distorcente da trasformarle in altrettanti casi di *vaccino pontino*. Sono tutte ricerche che abbiamo seguito qui nei relativi thread perché si trattava di studi seri anche se mal comunicati. Altri casi più modesti o più francamente truffaldini sono invece l'argomento diretto del nostro Osservatorio Stampa.


Immagine Sempre in VeryWell.com è stato questa settimana aggiornato l'articolo dedicato a spiegare in modo molto semplice le frustrazioni che i vaccini contro HIV hanno generato fin dall'inizio della pandemia: Why Is It So Hard to Make an HIV Vaccine?

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Immagine È appena stato pubblicato il primo numero di quest'anno dello IAVI Report, da cui traggo due suggerimenti: RALLYING CROI, in cui Richard Jefferys e Michael Dumiak riferiscono di alcune delle principali ricerche dedicate alla cura che sono state presentate a febbraio al CROI, con un'ovvia particolare attenzione ai vaccini;


Immagine e BEST IN CLASS, in cui Kristen Jill Kresge ci ragguaglia su N6, l'ultimo super bNAb scoperto dai ricercatori del NIAID, intervistando Mark Connors, che era a capo del gruppo di ricerca che è riuscito a isolarlo (noi ne abbiamo parlato qui).

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Immagine Ieri si è tenuta una marcia a New York per commemorare il trentennale di ACT UP. Da ACT UP: 30th Anniversary March and Rally:

  • 30 YEARS OF ACTING UP TO END AIDS envisions a country and a world free of AIDS in the next generation. Our demands fall under the following broad issue themes:

    -Ending the AIDS pandemic
    -Defending and expanding access to health care and coverage
    -Fighting for affordable HIV and hepatitis C drug prices and access
    -Finding a cure for HIV/AIDS
    -Defending the human rights of all oppressed communities in ending the AIDS crisis
    -Ending HIV criminalization laws


    At the 30 YEARS OF ACTING UP TO END AIDS action we will commit ourselves to resisting the current political environment based on fear-mongering, bigotry, and the disenfranchisement of vulnerable people, including people living with HIV and hepatitis C. We are still united in anger against policies that undermine people’s right to health care, and we embrace the new tidal wave of resistance and activism to re-commit to an end to AIDS in this generation!


Su NewNowNext Dan Avery spiega che senso ha questa commemorazione: ACT UP Is 30 Years Old. Happy F*cking Birthday - We need to unleash power now more than ever.

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Buona lettura e buon weekend!

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 7 aprile 2017, 6:38
da Dora
  • 7 aprile 2017

    Questa settimana, CRISPR, solo CRISPR, CRISPR in tutte le salse!

Immagine Nel blog Bioscription, in cui scrive prevalentemente di biotecnologie, il biologo e giornalista scientifico Sterling Ericsson ha scritto CRISPR: AN IN-DEPTH PRIMER ON ALL ITS VARIETIES - A Historical Viewpoint, un breve articolo in cui racconta la storia di CRISPR a partire da quando, nel 1987, nel suo laboratorio in Giappone Yoshizumi Ishino cercava di venire a capo dello stranissimo comportamento del gene iap dell'Escherichia coli, per poi concentrarsi su Cas9 e sue varianti.
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Immagine Nel numero del 15 aprile di Science News Magazine troviamo invece CRISPR had a life before it became a gene-editing tool - The Original CRISPR: Before becoming a famous tool, the gene editor was a weapon in an unending microscopic war, in cui Rosie Mestel ci racconta dei modi incredibili in cui i batteri hanno evoluto il meccanismo CRISPR per difendersi nella loro perenne lotta contro i fagi, i virus che li invadono.

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Immagine E se volete sapere tutto, ma proprio tutto delle CRISPR, e volete saperlo in italiano, il bel libro della biologa e giornalista Anna Meldolesi E l'uomo creò l'uomo. CRISPR e la rivoluzione dell'editing genomico appena uscito per Bollati Boringhieri fa al caso vostro. È semplice, scorrevole, parte dall'inizio spiegando cose che ogni volta che capita qui di parlare di editing genetico diamo per scontate. Molto utile per orientarsi anche fra le centinaia di post in questa sezione del forum. Alle pagine 81-86 - Il cielo sopra Berlino - Timothy Brown, Sangamo, le cose nostre.

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Immagine Per completare e tenere aggiornato il suo lavoro, da qualche settimana Meldolesi ha anche aperto un blog, in cui raccoglie articoli molti eterogenei su questa fantastica tecnologia: CRISPeR MANIA - notizie e opinioni dalla frontiera dell'editing genomico.

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Buona lettura e buon weekend!

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 14 aprile 2017, 8:03
da Dora
  • 14 aprile 2017

    Questa settimana, vorrei dedicare le letture al ricordo del lavoro di Mark Wainberg, ז''ל.

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Immagine Molta parte del lavoro di Wainberg è consistita nell'indagare la questione delle resistenze. L'articolo del 1996 su AIDS in cui inizia a esplorare alcune mutazioni che rendono HIV resistente alla lamivudina - il farmaco che ha contribuito a scoprire nel 1989 - come mutazioni che peggiorano la fitness del virus e possono dunque dar ragione del pur momentaneo successo di questo farmaco dato in monoterapia, purtroppo non è accessibile a tutti, così come non lo è l'articolo del 1995 sul Journal of Infectious Diseases in cui Wainberg e colleghi danno conto dei risultati dei primi trial clinici sulla 2'-deossi-3'-tiacitidina (3TC, lamivudina).
Conosciamo però bene il lavoro che Wainberg ha fatto molto più di recente sulle mutazioni che rendono resistenti al dolutegravir, con l'ipotesi che si possano sfruttare due di queste mutazioni per cercare di indebolire a tal punto il virus da riuscire ad indurre uno stato di cura funzionale in persone che non abbiano mai preso altri farmaci e siano trattate con dolutegravir in monoterapia. Questo lavoro l'abbiamo seguito nel thread Protocol Zero_Wainberg: monoterapia con dolutegravir a naive, di cui consiglio la lettura del primo post e del post BEN TRE TRIAL CLINICI SUL DOLUTEGRAVIR PER CAPIRE SE POTRÀ ESSERE USATO IN QUALCHE STRATEGIA DI CURA.

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Immagine Per chi volesse fare più in fretta a capire qual era l'idea di Wainberg nei confronti del dolutegravir in monoterapia a pazienti naive, questa intervista del 2014:




Immagine Vorrei ricordare, fra i tantissimi lavori di Wainberg sulle resistenze, una review uscita sul New England Journal of Medicine nel 2011 sui meccanismi attraverso i quali si sviluppano le mutazioni resistenti - Development of Antiretroviral Drug Resistance - e una review uscita su Viruses nel 2015 dedicata invece più specificamente alle resistenze agli inibitori dell'integrasi e al significato che esse possono avere per la persistenza virale e quindi la difficoltà di eradicare HIV - Resistance against Integrase Strand Transfer Inhibitors and Relevance to HIV Persistence.

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Immagine Una seconda componente del lavoro di Wainberg è quella che l'ha portato ad essere presidente della International AIDS Society nel 1998-2000, che più ha contribuito ad avvicinarlo alla community delle persone con HIV e che in queste ore sta spingendo decine di attivisti a piangere la sua scomparsa: una forte attenzione agli aspetti epidemiologici dell'infezione. Di qui i continui interventi per la diffusione in tutto il mondo degli antiretrovirali e i contributi alle elaborazioni concettuali su come mettere fine alla pandemia, insieme al contrasto alla diffusione di medicinali falsi nelle zone del mondo dove gli antiretrovirali sono più necessari.
Solo un paio di esempi recenti: un editoriale su Retrovirology dell'anno scorso dedicato a HIV e Zika - HIV and Zika: When will we be able to end these epidemics? e un intervento sulla Montreal Gazette in occasione dell'ultimo I dicembre: Opinion: Double standard on antiretrovirals hampers the fight against AIDS (chi ha modo di leggere riviste a pagamento, può vedere anche su The Lancet Achieving the 90–90–90 target: incentives for HIV testing).

In questa breve intervista al Canadian Medical Association Journal, l'anno scorso Wainberg ripercorreva la sua vita di ricerca: Dr. Mark Wainberg on old battles and new frontiers in HIV.


Immagine Per finire, vorrei ricordare l'impegno di Mark Wainberg contro i negazionisti dell'HIV/AIDS attraverso due suoi brevi interventi, il secondo dei quali è particolarmente breve e particolarmente incisivo.
Il primo è un articolo uscito nel numero di marzo di 10 anni fa della newsletter della IAS. È stato scritto insieme a John Moore e a Jeanne Bergman, due dei fondatori di AIDStruth, e s'intitola The AIDS Denialists are Still Around.

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Se vi sembra che dieci anni non siano passati invano, che il titolo e i contenuti allarmati di quell'articolo siano obsoleti, e che ormai si possa cantar vittoria, pensate a quanto sta accadendo in Russia oggi, proprio oggi, e cambierete immediatamente idea. Quei nomi orribili evocati dal passato - Christine Maggiore e Celia Farber, Roberto Giraldo e Anthony Brink, e Liam Scheff con tutte le sue ossessioni - che siano vivi o morti, morti da anni come Maggiore o appena l'altro giorno come Scheff - hanno lasciato un'eredità diretta e pesantissima, che oggi, proprio oggi, continua a causare morti.

Wainberg era durissimo nei confronti dei danni del negazionismo, al punto da accettare di partecipare a un documentario negazionista girato da Robert Scovill, il marito di Christine Maggiore e padre di Eliza Jane - The Other Side Of AIDS - e da dichiarare che chi danneggia altri mettendo pubblicamente in dubbio che HIV sia la causa dell'AIDS dovrebbe essere accusato di mettere in pericolo la salute pubblica e, se riconosciuto colpevole da un tribunale, finire in carcere: “Coloro che tentano di sfatare il concetto secondo cui HIV è la causa dell’AIDS sono responsabili di morti … Io ritengo che persone come Peter Duesberg meritino la prigione … Io ipotizzo che Peter Duesberg sia probabilmente la cosa più vicina a uno psicopatico scientifico che abbiamo in questo mondo.”





Buona lettura, buona visione e buon weekend.

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 14 aprile 2017, 9:39
da uffa2
La morte di uno scienziato, che quando è veramente tale non passa le sue giornate in compagnia dei media e quindi è poco conosciuto dal pubblico generale, suscita naturalmente meno coinvolgimento emotivo di quella di una rock star, d’un attore o simili, Mark Wainberg però è stato davvero rilevante per le nostre vite, per quelle dei singoli e per tutta la comunità.

Non solo, come già ha spiegato Dora, è tra i papà della lamivudina, non solo ha fatto un lavoro fondamentale sulle mutazioni di HIV, centrale oggi nelle strategie d’uso del dolutegravir, ma c’è un altro aspetto.
È stato un leader politico per la scienza dell’HIV, uno di quei leader politici grazie ai quali la nostra malattia è uscita dalle secche della discriminazione e della menzogna.
Come presidente della International AIDS Society per gli anni 1998-2000, Mark Wainberg ha contribuito a organizzare il 13° Congresso Internazionale sull’AIDS in Sud Africa, nel 2000.
Una sua ex Collega, Cécile Tremblay, dell’Università di Montreal ricorda che Mark Wainberg è stato il primo presidente a decidere di tenere una conferenza internazionale a Durban, in Sud Africa, «in una regione dove l'epidemia era devastante», e ricorda l’orgoglio di Wainberg per questo risultato, «perché aveva spostato l'attenzione sul provare a controllare l'epidemia in tutto il mondo e portare la scienza anche nei paesi in via di sviluppo».
Il ruolo di Mark Wainberg resterà ignoto ai più, ma tutti gli dobbiamo una parte importante della nostra vita e della nostra speranza.

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 21 aprile 2017, 6:50
da Dora
  • 21 aprile 2017

    Questa settimana: MACROFAGI.

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Immagine È uscito lunedì, sotto forma di "Lettera" a Nature Medicine, un lavoro molto importante coordinato da Victor Garcia, University of North Carolina, Chapel Hill, uno dei padri dei modelli di topi umanizzati tanto usati nella ricerca su HIV. Poiché l'articolo non è open access, ne racconterò molto brevemente il contenuto, rimandando direttamente alla rivista chi vi ha accesso e al comunicato stampa tutti gli altri.
In HIV persistence in tissue macrophages of humanized myeloid-only mice during antiretroviral therapy Garcia e colleghi raccontano di essere per la prima volta riusciti a dimostrare l'esistenza in vivo di un reservoir di HIV nei macrofagi e di aver potuto stabilire che è un reservoir capace di reinnescare nuovi cicli di infezione nel momento in cui cessa la pressione della terapia antiretrovirale sulla replicazione del virus.

Hanno creato un modello di topi dotati di un sistema immunitario umano costituito dalle sole cellule della linea mieloide (MoM - myeloid-only mice), quelle da cui derivano i monociti-macrofagi, da linfociti B e privo invece di linfociti T.
Prima hanno lavorato su 18 topi umanizzati "standard", dotati di linfociti B, T e cellule mieloidi umani (BLT - bone marrow, liver, thymus). Hanno infettato questi topini con un HIV che si sa infettare i macrofagi e dimostrato che la ART riusciva a sopprimere la replicazione del virus in tempi rapidi (1,3 log in meno di viremia in 1 settimana).
Hanno separato i macrofagi dai linfociti T e sono riusciti a stimare che l'emivita delle cellule produttivamente infette era di circa 2,4 giorni - molto simile alla stima di circa 2 giorni valida per i macrofagi nell'uomo.
Hanno rilevato sia RNA, sia DNA virale associato ai macrofagi nei topi di controllo, non trattati con ART, mentre nei topi trattati sia l'HIV RNA, sia il DNA erano al di sotto della soglia di rilevabilità dei test.
Hanno poi interrotto la ART per vedere se c'erano cellule persistentemente infette contenenti virus capace di replicarsi.
Il rebound delle viremie si è verificato entro un paio di settimane. Come previsto e come in genere accade negli esseri umani.

Poi Garcia e colleghi hanno lavorato su 14 topini MoM, li hanno infettati con lo stesso HIV macrofago-tropico e hanno monitorato l'infezione nel tempo in 8 topi trattati con ART e in 6 topi lasciati senza terapia.
In tutti i topi sotto antiretrovirali la viremia è crollata, in modo più rapido e significativo che nei topi umanizzati "standard" (1,8 log in 1 settimana).
L'emivita stimata dei macrofagi - 1,05 giorni - era considerevolmente più corta sia rispetto all'emivita dei macrofagi nell'uomo, sia a quella dei macrofagi nei topi BLT (simile invece a quella stimata nelle scimmie con SIV trattato da ART e prive di CD4).
Quando hanno misurato con test standard i livelli di DNA e RNA virale associati ai macrofagi isolati dai tessuti (fegato, polmone, milza, midollo) dei topi, hanno osservato che l'HIV DNA era non rilevabile dalla maggior parte dei campioni prelevati dai 6 topi trattati con ART. Usando invece una PCR ultrasensibile, si è visto che i livelli di DNA virale integrato nei genomi dei macrofagi dei topi in terapia erano molto più bassi di quelli dei topi non trattati.
Discorso analogo per l'RNA virale.
Poi Garcia e colleghi sono passati all'esperimento cruciale: hanno sospeso la ART per capire se l'HIV persistente nei macrofagi insediati nei tessuti era in grado di reinnescare l'infezione. E lì si è vista una differenza rispetto a quanto era accaduto con i topini umanizzati standard, quelli dotati anche di CD4 e CD8, in cui il rebound delle viremie aveva seguito una dinamica prevista: in 6 su 9 topi MoM dopo più di 7 settimane non si era ancora visto nessun rebound. Hanno isolato dai tessuti di quei topi molti macrofagi e non sono riusciti a trovarvi virus, né RNA, né DNA.
Hanno poi iniettato quei macrofagi "puliti" nei topi BLT e proprio di virus lì non ce ne doveva essere, perché i topi non si sono infettati, né si sono infettate le loro cellule quando sono state messe a coltura insieme alle cellule dei topi MoM. Bello.

Tuttavia, in altri tre MoM il rebound delle viremie c'è stato. Si è però verificato più tardi rispetto ai topi BLT (e alle scimmie, e agli uomini). Infatti, la viremia ci ha messo più di 7 settimane a tornare rilevabile dopo l'interruzione della ART.

Da tutto questo, la prima conclusione - la più importante ai fini di una cura - è scontata: i macrofagi possono contenere (e in tre topi MoM di fatto contenevano) HIV capace di replicarsi e di reinnescare nuovi cicli di infezione una volta sospesa la ART.

Altre conclusioni tratte da Garcia e colleghi sono:

- da un confronto post hoc fatto fra i topi MoM che hanno avuto il rebound e quelli che non l'hanno avuto, si è potuta stabilire una correlazione fra livelli più alti di viremia prima dell'inizio della ART e rebound della viremia dopo la sospensione della ART;

- l'emivita stimata di circa 1 giorno dei macrofagi infetti indica che ogni giorno si perdono circa la metà di tutti i macrofagi che sono stati infettati. Quindi ci si può aspettare che il numero di macrofagi produttivamente infetti durante la ART decada a circa l'1% dopo una settimana di terapia e che dopo 5 settimane di trattamento rimangano infetti meno dello 0,00001% del valore iniziale dei macrofagi. In effetti, il tempo di rebound più lungo rispetto a quello atteso quando ad essere infettati sono prevalentemente i CD4 indica proprio che la popolazione di macrofagi residenti nei tessuti che restano infetti durante la ART è molto, molto piccola.

Questo studio trova un limite molto pesante nel fatto che i topini MoM sviluppano linfomi, quindi hanno una vita assai breve, di 9-14 mesi, che rende impossibile fare studi di durata più lunga. Inoltre, l'assenza di linfociti T in questo modello rende impossibile valutare le relazioni fra linfociti T e macrofagi, che sappiamo avere un ruolo nella persistenza dell'infezione da HIV.
Quello che però resta è la dimostrazione che, in vivo, una minuscola popolazione di macrofagi infetti è in grado di fare ripartire l'infezione quando si sospende la ART. Con questo deve fare i conti chi sta studiando una cura dell'infezione.



Immagine A marzo era uscito sui Retrovirology un altro lavoro sui macrofagi come possibile reservoir in vivo di HIV, sempre sui topi, ma a firma di Howard Gendelman e colleghi della University of Nebraska. A mature macrophage is a principal HIV-1 cellular reservoir in humanized mice after treatment with long acting antiretroviral therapy è uno studio meno elegante e conclusivo rispetto a quello di Garcia, ma ha il pregio di essere in open access.

Per capire bene la questione dei macrofagi come reservoir di HIV (sia latente, sia attivamente replicante), del loro ruolo nella patogenesi dell'infezione e delle difficoltà che un reservoir nei macrofagi può porre a chi fa ricerca su una cura di HIV, penso siano utili queste review - le prime due sono le letture principali, mentre le altre tre sono secondarie:

Immagine Antiretroviral therapy in macrophages: implication for HIV eradication è un lungo lavoro del 2009 di Christina Gavegnano e Raymond Schinazi uscito su Antiviral Chemistry and Chemotherapy;

Immagine Macrophages and HIV-1: An Unhealthy Constellation è invece una review pubblicata da Quentin Sattenau e Mario Stevenson nel marzo dell'anno scorso su Cell Host & Microbe;


Immagine Macrophages and their relevance in Human Immunodeficiency Virus Type I infection è uscita su Retrovirology nel 2012;

Immagine HIV-1 Latency in Monocytes/Macrophages è uscita su Viruses nel 2014;

Immagine Infine, sempre su Viruses, ma nel 2015: Eradication of HIV-1 from the Macrophage Reservoir: An Uncertain Goal?



Buona lettura e buon weekend!

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 21 aprile 2017, 10:26
da nordsud
Dora ha scritto:
  • Poi Garcia e colleghi sono passati all'esperimento cruciale: hanno sospeso la ART per capire se l'HIV persistente nei macrofagi insediati nei tessuti era in grado di reinnescare l'infezione. E lì si è vista una differenza rispetto a quanto era accaduto con i topini umanizzati standard, quelli dotati anche di CD4 e CD8, in cui il rebound delle viremie aveva seguito una dinamica prevista: in 6 su 9 topi MoM dopo più di 7 settimane non si era ancora visto nessun rebound. Hanno isolato dai tessuti di quei topi molti macrofagi e non sono riusciti a trovarvi virus, né RNA, né DNA.
    Hanno poi iniettato quei macrofagi "puliti" nei topi BLT e proprio di virus lì non ce ne doveva essere, perché i topi non si sono infettati, né si sono infettate le loro cellule quando sono state messe a coltura insieme alle cellule dei topi MoM. Bello.

    Tuttavia, in altri tre MoM il rebound delle viremie c'è stato. Si è però verificato più tardi rispetto ai topi BLT (e alle scimmie, e agli uomini). Infatti, la viremia ci ha messo più di 7 settimane a tornare rilevabile dopo l'interruzione della ART.

    Da tutto questo, la prima conclusione - la più importante ai fini di una cura - è scontata: i macrofagi possono contenere (e in tre topi MoM di fatto contenevano) HIV capace di replicarsi e di reinnescare nuovi cicli di infezione una volta sospesa la ART.

    Altre conclusioni tratte da Garcia e colleghi sono:

    - da un confronto post hoc fatto fra i topi MoM che hanno avuto il rebound e quelli che non l'hanno avuto, si è potuta stabilire una correlazione fra livelli più alti di viremia prima dell'inizio della ART e rebound della viremia dopo la sospensione della ART;

    - l'emivita stimata di circa 1 giorno dei macrofagi infetti indica che ogni giorno si perdono circa la metà di tutti i macrofagi che sono stati infettati. Quindi ci si può aspettare che il numero di macrofagi produttivamente infetti durante la ART decada a circa l'1% dopo una settimana di terapia e che dopo 5 settimane di trattamento rimangano infetti meno dello 0,00001% del valore iniziale dei macrofagi. In effetti, il tempo di rebound più lungo rispetto a quello atteso quando ad essere infettati sono prevalentemente i CD4 indica proprio che la popolazione di macrofagi residenti nei tessuti che restano infetti durante la ART è molto, molto piccola.

    Questo studio trova un limite molto pesante nel fatto che i topini MoM sviluppano linfomi, quindi hanno una vita assai breve, di 9-14 mesi, che rende impossibile fare studi di durata più lunga. Inoltre, l'assenza di linfociti T in questo modello rende impossibile valutare le relazioni fra linfociti T e macrofagi, che sappiamo avere un ruolo nella persistenza dell'infezione da HIV.
    Quello che però resta è la dimostrazione che, in vivo, una minuscola popolazione di macrofagi infetti è in grado di fare ripartire l'infezione quando si sospende la ART. Con questo deve fare i conti chi sta studiando una cura dell'infezione.


Mi spiace per la morte.
Però da quello che ricordo.. il problema erano i cd4 memoria che scampano decine di anni. E che una volta infettati diventano silenti per ripartire ed attivarsi come più gli garba in ogni momento.
Ovvio che un passo alla volta può portare a destinazione... cominciano dai macrofagi per arrivare ai cd4 memoria..

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 21 aprile 2017, 15:53
da Gabriel81
Per quanto spaventi scoprire sempre più reservoirs attivi del virus, meglio conoscere bene il nemico per aggiustare la mira come si suol dire :D

Dora ma secondo te, questi brutti macrofagi infetti nei tessuti (in particolare quelli che si annidano nel tessuto adiposo) possono essere connessi ai fenomeni lipodistrofici?

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: sabato 22 aprile 2017, 6:20
da Dora
Gabriel81 ha scritto:Dora ma secondo te, questi brutti macrofagi infetti nei tessuti (in particolare quelli che si annidano nel tessuto adiposo) possono essere connessi ai fenomeni lipodistrofici?
Credo di sì, perché come sappiamo non sono soltanto alcuni vecchi farmaci a causare una disregolazione dell'accumulo dei grassi, ma anche l'azione infiammatoria del virus fa la sua parte e avere monociti-macrofagi infetti che si localizzano nei tessuti adiposi dell'addome può dare un contributo.
Tieni però conto che, se i calcoli fatti da Garcia nel suo modello di topini MoM possono essere estesi agli esseri umani, nelle persone in terapia e con viremia stabilmente soppressa i macrofagi infetti nei tessuti sono davvero pochi, e sempre di meno.

Supplemento alle *letture per il we*: The Role of HIV and Monocytes/Macrophages in Adipose Tissue Biology - uno studio della University of Hawaii uscito 3 anni fa su JAIDS. Immagine

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: sabato 22 aprile 2017, 15:23
da Gabriel81
Grazie come sempre!!! <3 <3

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: mercoledì 26 aprile 2017, 6:35
da barbalunga
ciao dora, grazie per la lettura molto interessante, ti faccio una domanda: ci sono quindi ceppi tropici sui macrofagi e ceppi che invece non li attaccano? da cosa dipende? (es. CCR5 ecc?)