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Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 15 giugno 2018, 9:17
da Dora
  • 15 giugno 2018 - LE PAROLE DELL'HIV/AIDS, prima parte


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    In questi ultimi giorni, con lo scoppiare della vicenda del disgraziato di Ancona che avrebbe contagiato non si sa quante persone per l'apparente motivo che è un negazionista che nega l'esistenza di HIV, e con il corredo di terminologia stigmatizzante con cui la vicenda è stata descritta dai giornali, mi è capitato di leggere qui nel forum commenti di un'ingenuità spiazzante su come si dovrebbe diffondere un'informazione corretta su HIV/AIDS e combattere lo stigma. Poiché io più studio e meno certezze ho, ho pensato che le Letture di oggi ci possano fornire l'occasione per iniziare ad approfondire i temi trattati dal Prof Guido Silvestri nel suo post LE PAROLE, LO STIGMA, IL NEGAZIONISMO e così avvicinarci alle parole dell'HIV/AIDS dalla via dello studio invece che da quella delle illusioni di saper controllare una realtà estremamente complessa, che hanno origine dalla nostra ignoranza:
Immagine Per partire proprio dall'ABC, credo che non ci sia inizio più adatto dei Denver Principles - sono la base delle basi stabilite dalle persone con HIV fin dagli albori dell'epidemia, quando nel 1983 attivisti dalla East e dalla West Coast degli Stati Uniti si incontrarono a Denver, si costituirono nell'Advisory Committee of the People With AIDS e fissarono i punti cardinali del discorso sull'AIDS: noi condanniamo i tentativi di etichettarci come "vittime", un termine che implica sconfitta, e solo occasionalmente siamo "pazienti", un termine che implica passività, impotenza e dipendenza dalla cura di altri. Noi siamo "persone con l'AIDS": PWA - People With AIDS.
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In un post del 2013 su POZ, per ricordarne il trentennale, Mark King spiega brevemente a chi allora non c'era in che senso i Principi di Denver modificarono per sempre le parole dell'infezione da HIV e di conseguenza le vite delle persone con o senza AIDS: How ’The Denver Principles’ Changed Healthcare Forever.


Immagine Molte, molte cose sono avvenute nella ricerca da quell'ABC del 1983 e, grazie alle cose avvenute nella ricerca, le PWA si sono trasformate in PLWH - People Living With HIV. Dire che nulla è cambiato nelle parole con cui gli altri (ma anche i diretti interessati) parlano di HIV/AIDS sarebbe falso, oltre che ingeneroso nei confronti di tutte quelle persone con HIV e di quei ricercatori, scienziati e attivisti che, dai campi di studio più diversi, hanno lavorato per construire e diffondere una narrativa aderente alla realtà e non stigmatizzante sull'infezione da HIV/AIDS. Ma il lavoro da fare si è dimostrato immane e 35 anni dopo i Principi di Denver è chiaro a chiunque osservi la realtà che lo stigma è ancora vivo e vegeto e si manifesta in ogni dominio della vita, ma con particolare virulenza nella comunicazione scritta, che sia quella degli utenti dei social che usano il pretesto dell'HIV per esprimere una rabbia e un disagio mentale sconvolgenti o, peggio, molto peggio, quella dei mezzi di informazione.
Nel 2015 l'UNESCO ha pubblicato l'ultimo aggiornamento delle UNESCO Guidelines on Language and Content in HIV- and AIDS -Related Materials - si tratta di un documento molto corposo, che costituisce la base per parlare in modo non stigmatizzante di HIV/AIDS oggi. Se chi scrive nei media se lo leggesse, saprebbe come usare le parole dell'HIV/AIDS senza ferire né offendere nessuno.

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Immagine Anche UNAIDS nel 2015 ha pubblicato delle Linee Guida: UNAIDS TERMINOLOGY GUIDELINES - sono dettagliate, fatte molto bene.

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Immagine Forse, però, per molti che scrivono nei media e vivono di corsa quella delle linee guida UNAIDS o UNESCO è una lettura troppo impegnativa. Rischierebbero di dimostrare di non aver ben compreso la complessità del problema, ma potrebbero provare a rivolgersi a uno degli innumerevoli bigini che sono disponibili in rete. A parte quello già molte volte ricordato e davvero ipersemplificato prodotto dalla LILA per il progetto Parlare civile, realizzato dall'agenzia Redattore Sociale - Parlare Civile di HIV/AIDS - Comunicare senza discriminare - AVERT propone una bella pagina chiamata HIV STIGMA AND DISCRIMINATION, in cui si trovano molti spunti interessanti e da cui mi limito a trarre questa immagine, che sintetizza i danni causati dallo stigma alla salute delle persone:

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Immagine Per chi avesse fretta e fosse disposto ad accontentarsi di un'infarinatura di parole per bene, su hivonline.org si può leggere HIV #LanguageMatters: Addressing Stigma by Using Preferred Language, con una tabellina di istruzioni assai facili da ricordare.


La prossima settimana cercheremo di fare un piccolissimo passo oltre l'ABC.

Buona lettura e buon weekend!

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 22 giugno 2018, 7:01
da Dora
  • 22 giugno 2018 - LE PAROLE DELL'HIV/AIDS, seconda parte


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    Dall'ABC della settimana scorsa alla complessità delle parole, al linguaggio che ha un significato che va sempre molto oltre il senso ristretto delle parole, si estende al modo in cui percepiamo e descriviamo il mondo e, carico di un valore etico, deve dunque essere usato in modo appropriato:
Immagine In the Name of Brevity: The Problem with Binary HIV Risk Categories - di Kaplan et al, è un lavoro della University of California, San Francisco, e della Université Paris 8, Vincennes Saint-Denis, uscito a inizio 2016 su Global Public Health e racconta la travagliata storia dell'acronimo MSM - "men who have sex with men" - spiegando quanto sia problematico e quanto le assunzioni errate su cui si basa finiscano con l'influire sulle strategie di prevenzione dell'HIV, rendendolo uno strumento troppo rigido, incapace di catturare l'estrema variabilità dei comportamenti sessuali e delle identità delle persone presenti nei gruppi più a rischio di contrarre l'infezione.

Immagine Language, identity and HIV: why do we keep talking about the responsible and responsive use of language? Language matters - è una lettera scritta nel 2012 da un gruppo di donne africane, asiatiche, sud americane ed europee per il Journal of the International AIDS Society. Esordisce con una frase continuamente ricorrente in questo genere di lavori: language matters - il linguaggio, le parole contano, hanno importanza e influenzano il modo in cui pensiamo a noi stessi, sia come individui, sia come cittadini. È uno strumento per operare dei cambiamenti. E queste attiviste e donne con HIV spiegano come usarlo quando si parla specialmente di donne e madri con HIV.

Immagine It’s not about ‘clean’: Dismantling the language of HIV stigma - è un post uscito su Counseling Today un paio di settimane fa a firma di J.Rachelle Joe e Sarah Parkin ed esordisce quasi nello stesso modo del precedente: Words matter. The language we use when discussing sensitive, controversial or stigmatized topics reflects and shapes our attitudes and beliefs about those topics. Such is the case with HIV and AIDS. Poi però si rivolge ai counsellor, mostrando come neppure il loro contesto professionale sia immune dal linguaggio stigmatizzante e spiegando come "dire questo" e "non dire quello".

Immagine Five Things Media Makers Can Do NOW to Stand Up to HIV Stigma - è un post uscito a gennaio di quest'anno su Positive Women's Network, un sito americano dedicato alle donne con HIV e, naturalmente, s'incentra sul fatto che lo stigma è veicolato dal linguaggio e quindi se si parla bene, poi è anche più facile pensare e agire bene. Offre quindi ai media 5 punti, che sono schematizzati qui sotto e discussi nel post, per ricordare ai media come parlare di HIV e così contribuire a diffondere una narrativa realistica dell'infezione, ripulita dalle molte falsità, che sono generatrici di stigma:

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Passiamo ora a qualche articolo che parli del linguaggio della ricerca su HIV, perché l'evolversi di questo linguaggio ha accompagnato i 35 anni di evoluzione dell'epidemia.

Immagine Trends in HIV Terminology: Text Mining and Data Visualization Assessment of International AIDS Conference Abstracts Over 25 Years- è un affascinante lavoro fatto da ricercatori della National Library of Medicine e uscito sul numero di aprile-giugno di JMIR Public Health and Surveillance. Nicole Dancy-Scott e colleghi hanno esaminato gli abstract presentati alle International AIDS Conference (IAC) dal 1989 al 2014 per capire come si sia evoluto il linguaggio scientifico relativo ad HIV in 25 anni: alcuni termini sono spariti, altri sono nati, e la tendenza che i ricercatori hanno evidenziato è come la terminologia della ricerca, pur seguendo l'evoluzione delle scoperte e delle conquiste scientifiche, si sia fatta sempre più precisa, sempre meno stigmatizzante.
Nelle immagini qui sotto, qualche esempio:

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Un rammarico relativo alla Fig. 9: se i ricercatori non si fossero fermati al 2014, ma fossero arrivati al congresso dell'anno scorso - l'IAS di Parigi - avrebbero senz'altro scoperto che l'acronimo HAART, in caduta libera a partire dal 2002, era completamente sparito dagli abstract: niente, zero evenienze. Se poi avessero esteso la loro ricerca all'intera rete (un'impresa non facile, ma Google aiuta molto bene), avrebbero scoperto una cosa assai buffa: che più nessuno al mondo usa "HAART" per indicare la terapia antiretrovirale, tranne un'unica persona, in un unico sito: Uffa nell'HIVforum!


Immagine Words Matter: Discussing Research Towards an HIV Cure in Research and Clinical Contexts - Françoise Barré-Sinoussi e colleghi già nel 2015 riprendevano su JAIDS, il Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes, la questione del peso delle parole, questa volta applicando il concetto nel campo della ricerca di una cura e nel contesto clinico. Che cosa significa parlare di cura? È cosa che abbiamo discusso a lungo negli ultimi anni, ad esempio nel thread ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZIONI?

Immagine Use of ‘eradication’ in HIV cure-related research: a public health debate - è un lavoro uscito a febbraio su BMC Public Health a firma di Karine Dubé e vari colleghi e s'incentra sul concetto di eradicazione, analizzandone il significato e la realizzabilità pratica sia a livello di singoli, sia a livello di popolazioni. Dubé e colleghi suggeriscono di evitare questa parola quando si parla di HIV, offrono molte dettagliate ragioni sul perché ritengono possa essere fuorviante e propongono delle alternative.



Buona lettura e buon weekend!



EDIT: aggiungo un altro suggerimento di lettura, che può sembrare estraneo allo spirito del post, poiché tratta della storia della ricerca farmacologica, ma se riuscirò a fare una terza parte della serie LE PAROLE DELL'HIV/AIDS dedicata alle parole storpiate nel mondo parallelo del negazionismo, penso si capirà che un suo senso ce l'ha.
L'addendum è il bel post scritto poco fa dal Chimico Scettico e dedicato a HIV: LO SVILUPPO DEGLI INIBITORI DI INTEGRASI.

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Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 20 luglio 2018, 5:51
da Dora
  • 20 luglio 2018 - *Letture per le vacanze*
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    Le Letture per il weekend da questa settimana vanno in vacanza, quindi vi segnalo una serie eterogenea di lavori, che in modi diversi toccano molti dei temi che abbiamo affrontato nel forum in questi mesi:
Immagine In occasione della Conferenza Mondiale di Amsterdam, UNAIDS pubblica molti dati interessanti sullo stato dell'epidemia nel mondo e lamenta un ritardo nei progressi che rischia di mettere in serio pericolo il raggiungimento degli obiettivi del progetto 90-90-90 posti per il 2020:
  • New HIV infections are rising in around 50 countries, AIDS-related deaths are not falling fast enough and flat resources are threatening success. Half of all new HIV infections are among key populations and their partners, who are still not getting the services they need.


Se qualcuno ad Amsterdam userà toni men che sobri per parlare di quanto si sta facendo contro l'epidemia, UNAIDS gli contrapporrà dei numeri assai poco rassicuranti:

  • Global new HIV infections have declined by just 18% in the past seven years, from 2.2 million in 2010 to 1.8 million in 2017. Although this is nearly half the number of new infections compared to the peak in 1996 (3.4 million), the decline is not quick enough to reach the target of fewer than 500 000 by 2020.
    The reduction in new HIV infections has been strongest in the region most affected by HIV, eastern and southern Africa, where new HIV infections have been reduced by 30% since 2010. However, new HIV infections are rising in around 50 countries. In eastern Europe and central Asia the annual number of new HIV infections has doubled, and new HIV infections have increased by more than a quarter in the Middle East and North Africa over the past 20 years.

    Due to the impact of antiretroviral therapy roll-out, the number of AIDS-related deaths is the lowest this century (940 000), having dropped below 1 million for the first time in 2016. Yet, the current pace of decline is not fast enough to reach the 2020 target of fewer than 500 000 AIDS-related deaths.
    In just one year, an additional 2.3 million people were newly accessing treatment. This is the largest annual increase to date, bringing the total number of people on treatment to 21.7 million. Almost 60% of the 36.9 million people living with HIV were on treatment in 2017, an important achievement, but to reach the 30 million target there needs to be an annual increase of 2.8 million people, and there are indications that the rate of scale-up is slowing down.

    Just 26% of children and 41% of adults living with HIV had access to treatment in western and central Africa in 2017, compared to 59% of children and 66% of adults in eastern and southern Africa. Since 2010, AIDS-related deaths have fallen by 24% in western and central Africa, compared to a 42% decline in eastern and southern Africa.
    Nigeria has more than half (51%) of the HIV burden in the region and there has been little progress in reducing new HIV infections in recent years. New HIV infections declined by only 5% (9000) in seven years (from 179 000 to 170 000) and only one in three people living with HIV is on treatment (33%), although HIV treatment coverage has increased from just 24% two years ago.


Inoltre:

  • Progress for children has slowed
    Key populations account for almost half of all new HIV infections worldwide
    New agenda needed to stop violence against women

    90–90–90 can and must be achieved
    - ma:

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I numeri nei dettagli sono in questi due report:



Immagine Nell'ultimo anno, molti finanziatori hanno diminuito i loro contributi, anche se uno studio fatto congiuntamente dalla Kaiser Family Foundation e da UNAIDS rileva che i finanziamenti di provenienza governativa sono aumentati a 8,1 miliardi di dollari nel 2017 (16% in più rispetto ai 7 miliardi del 2016 e dopo un consistente declino nei due anni precedenti) - ma questo è dovuto sostanzialmente al fatto che gli Stati Uniti hanno pagato in ritardo. Il report Kaiser/UNAIDS: Donor Government Funding for HIV in Low- and Middle-Income Countries in 2017.

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Immagine La notizia, che gira da qualche giorno in inglese e che ieri è arrivata anche sui giornali italiani, che l’Amministrazione Trump ha ammesso di avere destinato all’assistenza ai bimbi immigrati parte delle risorse stanziate per la lotta all’Aids, cioè che - nel vero spirito di questa amministrazione - ha stornato fondi destinati agli appestati per destinarli ai pezzenti che ha prima separato dai loro genitori, mi ha fatto venire in mente un report preparato da ONE, una associazione internazionale che organizza campagne contro la povertà, e uscito a fine anno scorso: Red Ribbon or White Flag? The Future of the U.S. Global AIDS Response. Il ONE Report stima che la riduzione di più di 1 miliardo di dollari in finanziamenti nella lotta contro l'HIV/AIDS nel 2019 da parte dell'amministrazione Trump, che corrisponde a una riduzione del 20% dei finanziamenti attuali, si tradurrà in 300.000 morti all'anno.
Mi pare una lettura perfetta per allietare le noiose ore in spiaggia sotto l'ombrellone.

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Immagine In God and big pharma. Teaming up to fight HIV and Aids in Africa, uscito ieri sul Telegraph, Paul Nuki scrive un reportage sul nuovo problema che la lotta all'HIV/AIDS sta affrontando oggi in Africa, una volta che il problema del prezzo dei farmaci sembra archiviato: far arrivare gli antiretrovirali alle persone che ne hanno bisogno. È un racconto appassionante e - sembrerà strano - per una volta tanto la Chiesa ne esce bene.

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Immagine In questo periodo è capitato spesso di discutere del significato dello slogan U=U, #UndetectableEqualsUntransmittable. Se, pur con un certo numero di necessari distinguo, è una semplificazione che può funzionare bene nella vita sessuale delle coppie sierodiscordanti, si può dire lo stesso per l'allattamento? Una madre con viremia soppressa dalla cART rischia o no di trasmettere il virus al bambino tramite il proprio latte? Una review di Catriona Waitt e colleghi sparsi fra l'Europa e il Canada, uscita qualche settimana fa su Lancet HIV e dedicata all'analisi delle evidenze sui rischi di trasmissione nel caso di donne che vivono nei Paesi ricchi, cerca di dare una risposta a una questione di importanza vitale per le donne con HIV che mettono al mondo un bambino: Does U=U for breastfeeding mothers and infants? Breastfeeding by mothers on effective treatment for HIV infection in high-income settings.
E la sostanza è che non siamo affatto in grado di dare una risposta e servono altri studi, altri dati, dice in modo diplomatico Barbara Jungwirth su TheBody, mentre Simon Collins su HIV i-Base è molto più netto: Why U=U does not apply to breastfeeding.
Come nel sesso, ma molto più che nel sesso, anche nell'allattamento sicuro le cose sono sempre molto più complicate di quanto i nostri slogan ci inducano a pensare - semplificare troppo, in questi casi, mette a rischio la salute dei bambini.

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Immagine Qualche giorno fa, qualcuno chiedeva se le cose con HIV vadano diversamente per uomini e donne. Una bella review di Eileen Scully uscita la settimana scorsa su Pathogens and Immunity indaga le differenze biologiche, comportamentali e sociali fra uomini e donne in termini di suscettibilità all'infezione e di patogenesi. È semplice e chiarissima, con una ricca bibliografia: Sex Differences in HIV Infection: Mystique Versus Machismo.

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Immagine Rapid HIV RNA rebound after antiretroviral treatment interruption in persons durably suppressed in Fiebig I acute HIV infection è una brief communication su Nature Medicine di Jintanat Ananworanich e The RV411 study group, che conferma quanto già in parte si è visto in questi anni: sono pochissime le persone che diventano post treatment controller avendo iniziato la ART in fase acuta, o anche acutissima (stadio Fiebig I), avendo mantenuto la viremia soppressa per anni e poi avendo sospeso le terapie. Il reservoir si forma subito e la vera - fondamentale - ragione per iniziare la ART il prima possibile è impedire al virus di danneggiare il sistema immunitario. A me questa sembra già una ragione più che valida per spingere le persone a testarsi spesso e, in caso, a iniziare la ART prima di subito (basta perdere mesi con i test sulle resistenze, eh?). Capisco però che per chi pensa che ci vogliano mesi prima che la viremia torni ad alzare la testa quando si sospende la ART e nel frattempo si ripete il mantra U=U e forse anche per chi ha iniziato la ART precocemente e fa conto su qualche vacanza terapeutica questa sia una notizia dura da digerire.

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Immagine Se le interruzioni della ART alla ricerca di post treatment controllers diventano con lavori come quello dell'RV411 study group sempre meno plausibili, restano ancora un passaggio ineludibile nei trial sulla cura. Delle molte questioni etiche, veri e propri dilemmi li definiscono gli autori, connesse alle sperimentazioni cliniche su quella che non vogliono più chiamare cura e timidamente chiamano remissione, ci parlano Steven Deeks, Nir Eyal e Lisa Holtzman in una review appena uscita su Current Opinion in HIV and AIDS: Ethical issues in HIV remission trials. Sono temi che abbiamo già più volte discusso, quindi mi fermo qui.
[Sto però iniziando a chiedermi se non sia opportuno cambiare il nome di questa sezione in "Verso la remissione".]

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Immagine Simon Collins per HIV i-Base ha pubblicato l'HIV PIPELINE REPORT con tutti i nuovi farmaci in sviluppo: quelli appena approvati, quelli in via di approvazione, quelli che sono in fase clinica ma ancora abbastanza agli inizi, le sostanze nuovissime in studio pre-clinico.

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Immagine Per tanti farmaci in arrivo, uno che sembra non passare mai di moda: la lamivudina compie 25 anni e Daniel Kuritzkes, Carlo Federico Perno e vari altri colleghi la festeggiano con una critical review su JAIDS - Twenty-Five Years of Lamivudine: Current and Future Use for the Treatment of HIV-1 Infection. Happy 25th birthday, 3TC!

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Buona lettura e buone vacanze!

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Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 7 settembre 2018, 4:58
da Dora
  • 7 settembre 2018


    Qualche lettura rimasta in sospeso durante le vacanze:
Immagine Non sono ancora state pubblicate tutte le slides dell'HIV Cure Research with the Community Workshop, che ha preceduto di un giorno la Conferenza Mondiale di Amsterdam lo scorso luglio, ma alcune ci sono e in particolare sono interessanti quelle di Sharon Lewin e Susana Valente, che si sono contrapposte nel dibattito What should we do to HIV Latency: “Shock and Kill” or “Block and Lock”? - naturalmente, Lewin cercava di rispondere alla domanda Why we should ‘shock and kill’?, mentre Valente opponeva il suo Silencing the HIV reservoir - The block-and-lock approach.
Molto interessante anche la relazione tenuta da Caroline Tiemessen sul Post-treatment control.

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Immagine Su Positively Aware, a fine agosto, Karine Dubé e Jeff Berry hanno pubblicato AIDS 2018 HIV CURE RESEARCH HIGHLIGHTS, una breve sintesi su quel che si è visto ad Amsterdam relativamente alla ricerca di una cura.

Immagine Invece, proprio ieri è uscito su POZ un post - The Road Ahead for HIV Cure Research - in cui Benjamin Ryan riprende le non esaltanti novità uscite dall'ultima Conferenza Mondiale e le unisce al racconto di molte delle ricerche che abbiamo visto in questi anni per esprimere poi una prospettiva che trovo molto simile a quella cui ho cercato di dare sostanza in tutti i miei post di Verso una Cura:

  • this field isn’t simply concerned with a binary outcome of finding the holy grail of a cure or otherwise failing to do so. Success will likely prove incremental, with scientists eventually discovering new means of further mitigating HIV’s long-term harms, further transforming a once surely fatal infection into an increasingly innocuous presence in the body and around the world.

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Immagine A fine luglio, Richard Jefferys ha pubblicato il capitolo del Pipeline Report dedicato a fare il punto sulla ricerca di una cura: 2018 Pipeline Report: Research Toward a Cure and Immune-Based Therapies.

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Immagine Due articoli esplorano alcuni aspetti psicologici connessi alla ricerca di una cura:

  • - il primo, di ricercatori de La Trobe University di Melbourne (e Sharon Lewin che si infiltra in qualunque lavoro su HIV sia pubblicato da australiani) è uscito su PLoS ONE ed è dedicato a Perceptions of HIV cure research among people living with HIV in Australia;

    - il secondo, a firma di Joseph Tucker e diversi colleghi che si occupano di etica, è uscito su AIDS Research and Human Retroviruses ed è dedicato a Indirect Benefits in HIV Cure Clinical Research: A Qualitative Analysis. È interessante, perché mette in evidenza un aspetto che in genere viene trascurato, mostrando come la partecipazione a dei trial in cui i volontari sanno che non devono aspettarsi di guarire, ma possono invece correre qualche rischio, non avvenga soltanto per motivazioni altruistiche, ma riservi invece non poche ricadute positive indirette.

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Immagine A fine agosto, Anthony Fauci ha pubblicato sul Journal of Infectious Diseases The Extended Impact of Human Immunodeficiency Virus/AIDS Research - poche pagine per raccontare quanti campi di ricerca, e quanto lontani, siano stati influenzati dai e abbiano potuto avvantaggiarsi dei quasi 40 anni di ricerca su HIV/AIDS.

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Buona lettura e buon weekend!

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: domenica 9 settembre 2018, 0:26
da Gabriel81
Che bel rientro :)

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 14 settembre 2018, 5:54
da Dora
  • 14 settembre 2018


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    Il ruolo dei modelli matematici nella ricerca di una cura dell'infezione da HIV:
Immagine Dopo aver tanto parlato di modelli cellulari e di modelli animali, era da tempo che attendevo l'occasione per parlare di modelli matematici e della loro preziosa utilità nell'ambito della ricerca di una cura. Ora l'occasione è arrivata, ed è particolarmente bella, perché ce la offre un fisico che da anni collabora con Siliciano. È uscita infatti sul numero di settembre di Current Opinion in HIV and AIDS una review a firma della bravissima Alison Hill, Harvard University, dedicata a Modeling HIV persistence and cure studies - un articolo in open access scritto da una delle persone che più attivamente, in questi ultimi anni, hanno contribuito a costruire modelli matematici - nella sua definizione: "insiemi di equazioni o di regole che descrivono come le popolazioni (di proteine, virus, cellule, persone, etc.) interagiscono e cambiano nel tempo" - per spiegare le dinamiche virali, in particolare quelle relative alla persistenza di HIV.
Nella review vengono prese in esame tre questioni principali:



Immagine Per chi avesse voglia di approfondire il lavoro della Hill, questi sono i principali articoli recenti da vedere che sono disponibili in open access:

- uno uscito nel 2014 sui PNAS - Predicting the outcomes of treatment to eradicate the latent reservoir for HIV-1
- e uno uscito l'anno scorso su Nature - Re-evaluating evolution in the HIV reservoir
- insieme alla review uscita questo agosto su Immunological Reviews: Insight into treatment of HIV infection from viral dynamics models



Buona lettura e buon weekend!

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 28 settembre 2018, 7:13
da Dora
  • 28 settembre 2018


    Letture quasi tutte italiane:
Immagine La Relazione al Parlamento 2017, richiesta annualmente dall'articolo 8, comma 3, della Legge 5 giugno 1990, n.135, descrive le attività del Ministero della Salute e dell'Istituto Superiore di Sanità relativamente all'attuazione dei progetti di informazione, prevenzione, assistenza [e ricerca - che metto fra parentesi perché è sempre la cugina povera] svolti in Italia da questi due organismi per contrastare l'HIV/AIDS.
Fra notevoli quantità di fuffa, i dati che sappiamo essere inaffidabili sulle nuove infezioni raccolti dal Centro Operativo AIDS dell'ISS e riassunti da Barbara Suligoi su Epicentro, e qualche progettino sulla prevenzione utile e ben condotto, ma molto "ino", chi fosse interessato a capire di che cosa diavolo si occupi la nostra candidata preferita al Nobel Pontino di questi tempi può saltare direttamente a pagina 80, dove comincia la relazione sull'attività di ricerca dell'ISS. Qui scoprirà che la nostra eroina ha ricevuto finanziamenti per ... determinare il "ruolo del complesso Tat/Env nella patogenesi dell‟infezione da HIV e le implicazioni di queste nuove acquisizioni sullo sviluppo di vaccini contro l‟HIV/AIDS." Insomma, continua a rimestare lo stesso brodo da un quarto di secolo, lavorando sulla pletora di marker infiammatori che ci ha propinato in tutti i suoi major articles di questi anni senza mai riuscire a spiegarci se abbiano il minimo interesse clinico.
Poi ha usato i soldi dei contribuenti italiani per "valutare la persistenza nel tempo degli effetti immuno-virologici indotti dall'immunizzazione terapeutica con la proteina Tat" - che sono stati così strabilianti da meritare che anche su quelli si passino ancora molti anni di lavoro.
Poi ha mandato soldi in Sud Africa per creare laboratori e addestrare personale - non so se con l'idea che i tre trial del suo vaccino da lei anticipati (o forse sognati) in una graziosa brochure l'anno scorso potranno avvantaggiarsi del tanto impegno profuso in quel Paese.
Fra i progetti ensoliani che hanno beneficiato dei finanziamenti della ricerca finalizzata, il tentativo di curare il Kaposi con gli inibitori della proteasi di HIV, lo sviluppo di vettori lentivirali che non si integrano per il suo vaccino e dovrebbero essere testati su scimmie, il blocco del CCL2/CCR2 come potenziale terapia contro la replicazione di HIV, sviluppo di "vaccini innovativi" contro l'Herpes simplex, il ruolo della Tat nei reservoir ... pare tutta ricerca che arranca nelle retroguardie della grande ricerca mondiale e questo mi fa pensare che la collocazione della Dr Ensoli come chairwoman dei congressi OMICS non sia affatto casuale, mentre quel che davvero stride sia il suo ruolo come capo del Centro Nazionale AIDS.
Se non avete paura di deprimervi e assumete un potente antiemetico prima di immergervi nella lettura, sono una ventina di pagine molto istruttive. Ad esempio per capire perché i ricercatori dell'ISS che vogliono occuparsi in modo serio di ricerca su HIV di fatto lavorino all'estero.
Piccolo esercizio di memoria: rivedere la lettura del weekend del 15 settembre dell'anno scorso nel punto dedicato alla Relazione al Parlamento 2016.

Qualche deputato o senatore che voglia occuparsi di queste relazioni esiste?

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Immagine Il numero di settembre del Journal of HIV and Ageing,

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che è una rivista trimestrale italiana di cui non avevo mai sentito parlare, vede la pubblicazione di Challenges in understanding the health related quality of life of people living with HIV: a 4th 90 measure in Italy (p.6 del PDF), che è una indagine conoscitiva condotta da Nadir su ispirazione del nuovo paradigma “beyond viral suppression”, proposto dall’EATG per ampliare con un quarto obiettivo la strategia 90:90:90 dell'OMS. Abbiamo iniziato a parlarne un paio d'anni fa in OLTRE LA SOPPRESSIONE VIRALE - la nuova frontiera è la qualità di vita delle persone con HIV perché, una volta conquistata la soppressione della viremia, che qui in Italia è un obiettivo alla portata della grande maggioranza delle persone con HIV, quel che davvero conta è capire come si sta realmente, se la qualità della vita - che si concretizza in salute fisica e psichica e in condizioni sociali favorevoli - è buona. A inizio di quest'anno, Nadir ha svolto un'indagine online, di cui ha anticipato i risultati a maggio con una presentazione a ICAR. L'articolo sul JHA è la conclusione formale del lavoro.

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Immagine Non è lavoro italiano, ma ha molto a che vedere con i risultati dell'indagine di Nadir, quanto è emerso dal 9th International Workshop on HIV and Aging, che si è tenuto a New York il 13 e 14 settembre scorsi.



Come sempre, i lavori del congresso sono stati coperti magistralmente da Jules Levin e Mark Mascolini e vi si può avere accesso dalla pagina di Natap in cui sono raccolte slides e brevi relazioni sulle presentazioni.
La sintesi di J.Levin ci fa intuire quanta strada ci sia da fare per conseguire il quarto 90:

  • The 9th Aging Workshop this year just completed last week in NYC. In brief here are key findings reported from studies which reflect the real world of those over 60-65 with HIV, some are suffering serious consequences and some are doing better, but all are suffering depleted immunity with a double hit 1- from HIV accelerated aging or premature onset of comorbidities and 2- the impact of aging that hits all when they reach about 65:

    - exhausted immune system in HIV+ contributes to premature aging,
    - 64% lonely; 50% unable to physically function & poor quality of life, and exhausted,
    - cognitive impairment,
    - 60% frailty,
    - fractures & falls occur more often in HIV+ and intensifies in older aging HIV+ this will hasten mortality & disability,
    - premature muscle aging, mood disorders, metabolic syndrome,
    - 14% age well: a Canadian study not listed below being posted now,
    - 1000% increase in over 65 in HIV clinic,
    - depression & comorbidities linked,
    - dental care not even discussed: a hidden comorbidity;
    - women age worse than men - menopause a factor;
    - taking non-ARVs that might cause cognitive impairment in HIV+; polypharmacy linked with cognitive impairment - “deprescribing” suggested;
    - fatty liver a new comorbidity for older aging HIV+;
    - muscle mitochondria damage by old and contemporary nukes.




Buona lettura e buon weekend!

*Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 28 settembre 2018, 7:55
da rospino
Dora ha scritto:Fra notevoli quantità di fuffa, i dati che sappiamo essere inaffidabili sulle nuove infezioni raccolti dal Centro Operativo AIDS dell'ISS e riassunti da Barbara Suligoi su Epicentro, e qualche progettino sulla prevenzione utile e ben condotto, ma molto "ino", chi fosse interessato a capire di che cosa diavolo si occupi la nostra candidata preferita al Nobel Pontino di questi tempi può saltare direttamente a pagina 80, dove comincia la relazione sull'attività di ricerca dell'ISS. Qui scoprirà che la nostra eroina ha ricevuto finanziamenti per ... determinare il "ruolo del complesso Tat/Env nella patogenesi dell‟infezione da HIV e le implicazioni di queste nuove acquisizioni sullo sviluppo di vaccini contro l‟HIV/AIDS." Insomma, continua a rimestare lo stesso brodo da un quarto di secolo, lavorando sulla pletora di marker infiammatori che ci ha propinato in tutti i suoi major articles di questi anni senza mai riuscire a spiegarci se abbiano il minimo interesse clinico.
Poi ha usato i soldi dei contribuenti italiani per "valutare la persistenza nel tempo degli effetti immuno-virologici indotti dall'immunizzazione terapeutica con la proteina Tat" - che sono stati così strabilianti da meritare che anche su quelli si passino ancora molti anni di lavoro.
Poi ha mandato soldi in Sud Africa per creare laboratori e addestrare personale - non so se con l'idea che i tre trial del suo vaccino da lei anticipati (o forse sognati) in una graziosa brochure l'anno scorso potranno avvantaggiarsi del tanto impegno profuso in quel Paese.
Fra i progetti ensoliani che hanno beneficiato dei finanziamenti della ricerca finalizzata, il tentativo di curare il Kaposi con gli inibitori della proteasi di HIV, lo sviluppo di vettori lentivirali che non si integrano per il suo vaccino e dovrebbero essere testati su scimmie, il blocco del CCL2/CCR2 come potenziale terapia contro la replicazione di HIV, sviluppo di "vaccini innovativi" contro l'Herpes simplex, il ruolo della Tat nei reservoir ... pare tutta ricerca che arranca nelle retroguardie della grande ricerca mondiale e questo mi fa pensare che la collocazione della Dr Ensoli come chairwoman dei congressi OMICS non sia affatto casuale, mentre quel che davvero stride sia il suo ruolo come capo del Centro Nazionale AIDS.
Se non avete paura di deprimervi e assumete un potente antiemetico prima di immergervi nella lettura, sono una ventina di pagine molto istruttive. Ad esempio per capire perché i ricercatori dell'ISS che vogliono occuparsi in modo serio di ricerca su HIV di fatto lavorino all'estero.
Piccolo esercizio di memoria: rivedere la lettura del weekend del 15 settembre dell'anno scorso nel punto dedicato alla Relazione al Parlamento 2016.

Qualche deputato o senatore che voglia occuparsi di queste relazioni esiste?
Grazie Dora, è sempre un (dis)piacere tenersi informati sulla totale inutilità - in termini di pubblicazioni scientifiche di un qualche valore - degli investimenti pubblici italiani in questo specifico ambito di ricerca.
Non so perché, ma ho come la netta sensazione che anche il prossimo anno assisteremo a ulteriori simpatici copia e incolla, e che tutto resterà tale e quale nonostante i grandi proclami di cambiamento.

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 12 ottobre 2018, 7:04
da Dora
  • 12 ottobre 2018


    Le letture di questa settimana non sono dedicate alla ricerca di una cura, ma a qualche considerazione sulla PrEP:

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Immagine Alla IDWeek 2018 che si è svolta a inizio mese a San Francisco, ha destato interesse un clamoroso caso di fallimento della PrEP in una persona perfettamente aderente


Clamoroso perché è soltanto il sesto caso al mondo che si verifica nonostante l'aderenza al Truvada ed il terzo in cui il virus trasmesso non è resistente al farmaco. Vi propongo quindi le riflessioni che su questo caso hanno pubblicato




Immagine Il pregiudizio e lo stigma, anche ma non soltanto fra le persone MSM, nei confronti di chi prende o prenderebbe volentieri la PrEP sono cosa in cui ci imbattiamo ogni giorno nei social, nei commenti sotto qualsiasi articolo di quotidiano, e perfino qui. Quel pregiudizio è stato studiato in un gruppo di gay e bisex newyorkesi in un lavoro uscito quest'estate su Sociology of Health and Illness: ‘It's just an excuse to slut around’ Gay and Bisexual Mens’ Constructions of HIV Pre‐exposure Prophylaxis (PrEP) as a Social Problem (purtroppo, l'articolo non è open access - se qualcuno desidera leggerlo, mi contatti in privato).
Gli ha dedicato un post su AIDSmap Michael Carter la settimana scorsa, riassumendo le conclusioni dello studio: Some gay and bisexual men see PrEP as a 'social problem'.

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Immagine Dal momento che il pregiudizio è una delle principali ragioni che stanno limitando l'accesso alla PrEP alle persone che ne avrebbero bisogno/desiderio non solo nei Paesi retrogradi come il nostro, ma anche in quelli più aperti, in cui il Truvada preventivo è disponibile da tempo, una review dedicata allo stigma HIV-correlato che alligna fra medici e operatori sanitari negli Stati Uniti mi pare offra utili spunti di riflessione - si tratta di una revisione sistematica ad opera di ricercatori dei CDC ed è uscita online a inizio mese su AIDS Patient Care and STDs: HIV-Related Stigma by Healthcare Providers in the United States: A Systematic Review. L'idea di Angelica Geter, Adrienne Herron e Madeline Sutton è di utilizzare quanto hanno scoperto sull'omofobia, la transfobia, il razzismo che persistono (anche a livello non conscio) in medici e infermieri per sviluppare interventi di riduzione dello stigma e così rompere le barriere sociali e culturali che continuano a bloccare l'accesso alla prevenzione e al trattamento dell'infezione.


Immagine E a conferma di quanto il pregiudizio pesi sull'accettazione e diffusione della PrEP, una review sistematica uscita sull'ultimo numero di Virus Eradication sfata il mito della terribile pericolosità del Truvada-distruggi-ossa-e-reni: How safe is TDF-FTC as PrEP? A systematic review and meta-analysis of the risk of adverse events in 13 randomised trials of PrEP.

  • In this meta-analysis of 13 randomised clinical trials of PrEP in 15,678 participants, there was no significant difference in risk of grade 3/4 clinical adverse events or SAEs between TDF/FTC (or TDF) and control. Furthermore, there was no significant difference in risk of specific renal or bone adverse outcomes. The favourable safety profile of TDF/FTC would support more widespread use PrEP in populations with a lower risk of HIV infection.

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Buona lettura e buon weekend!

Re: *Letture per il weekend*

Inviato: venerdì 12 ottobre 2018, 8:50
da uffa2
Direi che la letteratura conferma le nostre impressioni, che cioè le ragioni “oggettive” contro la PrEP siano in realtà il paravento di un potente insieme di omofobia, complessi e pregiudizi, che allignano innanzitutto nella comunità gay e in chi come i medici, dopo trent’anni di frequentazione con questa comunità la vita reale e i suoi problemi, dovrebbe avere imparato a essere un po’ più razionale.
È il doppio standard chiesto ai MSM prima e ai sieropositivi poi rispetto al resto del mondo: hanno qualcosa da pagare per la loro “condotta disordinata” come dice la Chiesa Cattolica, devono stare buoni e accettare una vita diversa, meno piena…
C’è ancora una strada lunghissima…