- 2 dicembre 2016
In occasione del World AIDS Day 2016 l'editore Elsevier e The Lancet hanno messo a disposizione di tutti una serie di articoli su HIV/AIDS selezionati da diverse riviste.È una miscellanea di cose diverse, anche per peso, ma forse qualcosa di interessante per ciascuno che si prenda la briga di scorrere l'elenco c'è - solo fino al 31 dicembre:
Ora che le commemorazioni del I dicembre sono terminate e nessuno parlerà più di HIV/AIDS fino all'anno prossimo, mi pare opportuno suggerire di ricominciare subito a pensarci. Ecco quindi che le letture per questo weekend sono tutte in vario modo connesse al World AIDS Day. Cominciamo da GET ON THE FAST-TRACK — THE LIFE-CYCLE APPROACH TO HIV, il report di UNAIDS che rende conto di come nei soli primi 6 mesi del 2016 un milione di persone si sia aggiunto a quanti già avevano accesso ai trattamenti antiretrovirali, portando così a circa 18,2 milioni le persone con HIV attualmente in terapia nel mondo, compresi più di 900 mila bambini (il cui numero è raddoppiato in 5 anni). Ma la strada per arrivare a 30 milioni di persone in ART nel 2020 è ancora lunga e accidentata. Il report, accompagnato da un dettagliato comunicato stampa - UNAIDS announces 18.2 million people on antiretroviral therapy, but warns that 15–24 years of age is a highly dangerous time for young women - ci spiega perché.
A smorzare gli entusiasmi (anche legittimi, eh?) di chi vede nella sempre maggiore diffusione della ART una grandissima conquista di questi anni, ci pensano sia le riflessioni di Kevin de Cock, ex responsabile per l'HIV/AIDS dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, raccontate da Gus Cairns per aidsmap, su che cosa davvero significhi l'obiettivo ‘90-90-90’ e che cosa si frapponga alla marcia trionfale Verso lo Zero - Ending the HIV epidemic faces daunting barriers, former WHO HIV chief warns - sia il report AIDS 2016 di ONE, una associazione che contrasta la povertà e le malattie in Paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa.
Non è un caso che il report si intitoli STUCK IN NEUTRAL, poiché vi si sostiene che la risposta globale al problema dell'AIDS degli ultimi anni sembra bloccata:
- - When it comes to global funding, resources available for the global fight against AIDS were essentially flat … for the fourth consecutive year.
- When it comes to preventing new infections, the number of people infected with HIV annually has remained stuck at 2.1 million … for the third consecutive year.
- When it comes to treatment, two million people gained access to life-saving medicines in 2015 … for the third consecutive year.
In questo caso, dunque, "no news is not good news".
Passiamo all'Europa. Il report congiunto dello European Centre for Disease Prevention and Control e dell'Ufficio Regionale per l'Europa dell'Organizzazione Mondiale della Sanità - HIV/AIDS surveillance in Europe 2015 - ci dice che anche qui non è che le cose stiano andando proprio come si vorrebbe: quasi 30.000 nuove diagnosi nel 2015 nei 31 Paesi dell'Unione Europea e dell'Area Economica Europea significano che la diminuzione dei contagi negli ultimi 10 anni è stata minima (6,6 su 100.000 abitanti nel 2006, 6,3 nel 2015).
HIV cases reach over 2 million for the first time in Europe, lancia l'allarme il comunicato stampa della WHO.
Il report, inoltre, stima che nei Paesi EU/EEA 122.000 persone abbiano l'infezione e non lo sappiano: significa che 1 IN 7 PEOPLE LIVING WITH HIV IN THE EU/EEA ARE NOT AWARE OF THEIR HIV STATUS.
Fate il test, fate il test, fate il test, fate il test, fate il test, fate il test, fate il test ....
Se volessimo seguire una progressione, a questo punto dovrei consigliare di passare il weekend a leggere i dati pubblicati dal Centro Operativo AIDS dell'Istituto Superiore di Sanità relativi alle NUOVE DIAGNOSI DI INFEZIONE DA HIV E DEI CASI DI AIDS IN ITALIA AL 31 DICEMBRE 2015. Ma, causa lo stato del nostro sistema di sorveglianza e l'inettitudine delle persone responsabili del COA, dubito che quei dati offrano un'immagine realistica della situazione nel nostro Paese.
Quindi, per l'Italia, vi suggerisco la lettura del messaggio che il prof Guido Poli ha lanciato per il I dicembre da Scienza in Rete: Buone e cattive notizie sull'AIDS.
Se, come me, state ancora aspettando che Amazon vi mandi il libro di David France segnalato la settimana scorsa - HOW TO SURVIVE A PLAGUE - The Inside Story of How Citizens and Science Tamed AIDS - potete leggerne un capitolo sul Guardian di martedì scorso: The reinvention of radical protest: life on the frontline of the Aids epidemic. È un capitolo dedicato ad ACT UP, al modo in cui quel gruppo di ragazzi rivoluzionò l'attivismo (fra l'altro, giusto ieri, proprio ieri, 10 membri di ACT UP sono stati arrestati davanti all'ufficio di Paul Rayan mentre protestavano per i tagli del budget relativi ai programmi per HIV/AIDS - c'è ancora chi, nonostante le buone maniere imperanti oggi nell'attivismo, non ha paura di sembrare un esagitato e di salire sulle barricate).
Ma la parte principale del capitolo è dedicata a Spencer Cox, alle incredibili cose che quel ragazzino ventenne riuscì a fare quando si scoprì infettato dall'HIV a metà anni '80 e s'inventò scienziato per dialogare con gli scienziati e addirittura insegnare loro come fare scienza in modo migliore. E alla sua morte nel 2013, a quello che la sua morte può insegnarci oggi.
A me insegna quanto quanto quanto disperatamente abbiamo bisogno che si arrivi a una cura.
Io non so se conosca la storia di ACT UP e abbia fatto proprio il significato del suo simbolo principale, forse è troppo giovane anche solo per averne sentito parlare. Ma Jonathan Bazzi da Rozzano, duro-molto-duro hinterland milanese, quel significato l'ha incarnato due giorni fa, raccontando della sua positività su Gay.it: Jonathan Bazzi: “Ho l’HIV e per proteggermi vi racconterò tutto”.
In frasi come
- Vi sto raccontando di me, perché credo nell’esposizione, non nei segreti. Per indole tendo a non nascondere quasi niente. Penso che raccontarsi protegga di più. Non nascondere nulla è il mio modo di proteggermi
c'è tutto il bisogno di verità dell'attivismo americano degli anni '80 e '90 del Novecento insieme al coraggio di un ragazzo di oggi, che riconosce come liberarsi dal segreto sia il modo più diretto e dirompente per non avere paura.
In frasi come
- Lo stigma sociale che accompagna il virus HIV è irrazionale, irriflesso e retrogrado
c'è quello contro cui tante persone con HIV combattono ogni giorno in silenzio. Lui ha deciso di parlare.
Bravo Jonathan. Non essere cresciuto nell'ovatta deve averti insegnato molto.
Dalle mie parti, uno così viene definito un Mensch.
Buona lettura e buon weekend!