- 15 giugno 2018 - LE PAROLE DELL'HIV/AIDS, prima parte
In questi ultimi giorni, con lo scoppiare della vicenda del disgraziato di Ancona che avrebbe contagiato non si sa quante persone per l'apparente motivo che è un negazionista che nega l'esistenza di HIV, e con il corredo di terminologia stigmatizzante con cui la vicenda è stata descritta dai giornali, mi è capitato di leggere qui nel forum commenti di un'ingenuità spiazzante su come si dovrebbe diffondere un'informazione corretta su HIV/AIDS e combattere lo stigma. Poiché io più studio e meno certezze ho, ho pensato che le Letture di oggi ci possano fornire l'occasione per iniziare ad approfondire i temi trattati dal Prof Guido Silvestri nel suo post LE PAROLE, LO STIGMA, IL NEGAZIONISMO e così avvicinarci alle parole dell'HIV/AIDS dalla via dello studio invece che da quella delle illusioni di saper controllare una realtà estremamente complessa, che hanno origine dalla nostra ignoranza:
In un post del 2013 su POZ, per ricordarne il trentennale, Mark King spiega brevemente a chi allora non c'era in che senso i Principi di Denver modificarono per sempre le parole dell'infezione da HIV e di conseguenza le vite delle persone con o senza AIDS: How ’The Denver Principles’ Changed Healthcare Forever.
Molte, molte cose sono avvenute nella ricerca da quell'ABC del 1983 e, grazie alle cose avvenute nella ricerca, le PWA si sono trasformate in PLWH - People Living With HIV. Dire che nulla è cambiato nelle parole con cui gli altri (ma anche i diretti interessati) parlano di HIV/AIDS sarebbe falso, oltre che ingeneroso nei confronti di tutte quelle persone con HIV e di quei ricercatori, scienziati e attivisti che, dai campi di studio più diversi, hanno lavorato per construire e diffondere una narrativa aderente alla realtà e non stigmatizzante sull'infezione da HIV/AIDS. Ma il lavoro da fare si è dimostrato immane e 35 anni dopo i Principi di Denver è chiaro a chiunque osservi la realtà che lo stigma è ancora vivo e vegeto e si manifesta in ogni dominio della vita, ma con particolare virulenza nella comunicazione scritta, che sia quella degli utenti dei social che usano il pretesto dell'HIV per esprimere una rabbia e un disagio mentale sconvolgenti o, peggio, molto peggio, quella dei mezzi di informazione.
Nel 2015 l'UNESCO ha pubblicato l'ultimo aggiornamento delle UNESCO Guidelines on Language and Content in HIV- and AIDS -Related Materials - si tratta di un documento molto corposo, che costituisce la base per parlare in modo non stigmatizzante di HIV/AIDS oggi. Se chi scrive nei media se lo leggesse, saprebbe come usare le parole dell'HIV/AIDS senza ferire né offendere nessuno.
Anche UNAIDS nel 2015 ha pubblicato delle Linee Guida: UNAIDS TERMINOLOGY GUIDELINES - sono dettagliate, fatte molto bene.
Forse, però, per molti che scrivono nei media e vivono di corsa quella delle linee guida UNAIDS o UNESCO è una lettura troppo impegnativa. Rischierebbero di dimostrare di non aver ben compreso la complessità del problema, ma potrebbero provare a rivolgersi a uno degli innumerevoli bigini che sono disponibili in rete. A parte quello già molte volte ricordato e davvero ipersemplificato prodotto dalla LILA per il progetto Parlare civile, realizzato dall'agenzia Redattore Sociale - Parlare Civile di HIV/AIDS - Comunicare senza discriminare - AVERT propone una bella pagina chiamata HIV STIGMA AND DISCRIMINATION, in cui si trovano molti spunti interessanti e da cui mi limito a trarre questa immagine, che sintetizza i danni causati dallo stigma alla salute delle persone:
Per chi avesse fretta e fosse disposto ad accontentarsi di un'infarinatura di parole per bene, su hivonline.org si può leggere HIV #LanguageMatters: Addressing Stigma by Using Preferred Language, con una tabellina di istruzioni assai facili da ricordare.
La prossima settimana cercheremo di fare un piccolissimo passo oltre l'ABC.
Buona lettura e buon weekend!