Siliciano: perché l’efficacia degli ARV è variabile

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Siliciano: perché l’efficacia degli ARV è variabile

Messaggio da Dora » lunedì 31 ottobre 2011, 7:45

Riprendo il thread [CROI 2010] Advances in ART: SILICIANO, perché ieri Siliciano ha tenuto una lezione a Baltimora, nell’ambito del 13° incontro internazionale dell’Institute of Human Virology (IHV Meeting), durante la quale ha affrontato la questione se la HAART sia abbastanza potente per bloccare la replicazione del virus: Understanding How HAART Works.

Dall’articolo che ha pubblicato a luglio su Science Translational Medicine e dal titolo della relazione che terrà fra un mese a St Martin (Barriers to HIV Eradication), credo si possa capire quanto le questioni di “farmacomatematica” lo stiano tenendo occupato e invece – purtroppo! – quante poche soddisfazioni gli stiano arrivando sul fronte dei farmaci antilatenza (sta sperimentando il disulfiram, è vero, ma temo che ci creda poco lui per primo).

Mi pare comunque utile riprendere il post che gli avevo dedicato lo scorso luglio e, a seguire, riportare la brevissima sintesi di Lafeuillade della lezione alla University of Maryland.


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È uscito proprio ieri [13 luglio 2011] su Science Translational Medicine il frutto di almeno tre anni di lavoro di Lin Shen, all'inizio specializzando, ora collaboratore di Siliciano. Purtroppo non riesco ad avere l’articolo, ma ne è uscita una recensione su Sciencenews e ve la sintetizzo, poiché quando parla Siliciano vale sempre la pena di starlo ad ascoltare e, in questo caso, insegna a guardare a una vecchia idea con occhi nuovi (che in genere è quello che fanno gli scienziati “rivoluzionari” e che, in termini tecnici, possiamo chiamare “slittamento di significato”).

Spiegata l’efficacia variabile dei cocktail di farmaci anti-HIV

Aumentare le dosi funziona nei momenti critici del ciclo virale del virus


Rachel Ehrenberg – mercoledì 13 luglio

Un nuovo modello matematico sul funzionamento dei farmaci contro l’HIV spiega in termini biologici le variazioni – ad oggi considerate sconcertanti - nel successo delle terapie. La ricerca, pubblicata il 13 luglio su Science Translational Medicine, potrebbe aiutare ad affinare le terapie contro l’HIV e altri virus, quali quello dell’epatite C.

Il nuovo modello spiega che aumentare leggermente la dose di alcuni farmaci anti-HIV ha un grande effetto nel caso in cui questi farmaci siano pensati per colpire obiettivi molteplici. “Scoprire che più proiettili possono colpire più obiettivi può sembrare scontato – dice Robert Siliciano – ma arrivarci ha richiesto un cambiamento nel modo di pensare a una vecchissima idea: quella della relazione fra la dose di un farmaco e il suo effetto”.

Per secoli, l’efficacia di un farmaco è stata rappresentata visivamente con quella che è chiamata la “curva dose-risposta”. Questa relazione sovente, quando è rappresentata in un grafico, prende una forma a “S” allungata. Ma nel 2008 Lin Shen, che allora era uno specializzando di Siliciano, capì che la ripidità dell’inclinazione della “S” – la sua pendenza – varia in funzione delle diverse classi di farmaci anti HIV: se sale gradualmente, significa che degli aumenti nella concentrazione del farmaco migliorano la risposta in modo graduale; invece, una pendenza molto ripida significa che piccoli aumenti nella concentrazione del farmaco potrebbero distruggere molte più molecole-target.

Immagine


Siliciano spiega che è stupefacente il fatto che la ripidità di questa pendenza abbia qualcosa a che vedere con i farmaci contro l’HIV e che le differenze in ordine di grandezza siano davvero enormi (per esempio, aumentare il dosaggio dei più efficaci fra gli inibitori della proteasi può renderli miliardi di volte più potenti contro il virus, mentre aumentare la quantità di AZT potrebbe avere un effetto di sole 10 volte più grande rispetto a quello ottenuto con un dosaggio più basso).

Aumenti incrementali nella dose che producono un grande miglioramento nella risposta sono un fenomeno che di solito si verifica con farmaci che attaccano una molecola target in molteplici siti, e questo effetto è noto come “legame cooperativo” [dove la cooperazione dipende proprio dall’interazione che si crea fra i diversi siti]. Tuttavia, l’HIV ha un unico sito in cui il farmaco può attaccarsi, quindi dare di più di un farmaco non necessariamente lo rende più efficace.

Quel che hanno capito Siliciano e Shen, invece, è che IN CERTI MOMENTI DEL CICLO VITALE DELL’HIV, C’È COSÌ TANTO VIRUS O COSÌ TANTI APPARATI VIRALI DA ATTACCARE CHE I FARMACI CREANO UN LEGAME COOPERATIVO, MA PER COLPIRE MOLTISSIMI OBIETTIVI PIUTTOSTO CHE MOLTI SITI IN UN UNICO OBIETTIVO.

“Non era affatto scontato – dice Siliciano. Un conto è un pensiero lineare, che ti porta a vedere a quali concentrazioni di un farmaco ottieni il 50% di inibizione. Ma il virus si replica esponenzialmente: ogni cellula infetta rilascia abbastanza virus da infettare altre 10 cellule. Quindi dovevamo imparare a pensare in questi termini”.

Siliciano e Shen hanno testato il modello creando dei virus che offrissero un numero di target diverso rispetto al solito, per esempio virus che non producessero il solito numero di enzimi proteasi. Quando hanno infettato delle cellule renali con questi virus modificati e hanno calcolato le curve dose-risposta, le pendenze erano diverse rispetto a quelle dell’HIV non modificato: si è scoperto che se il virus alterato presentava al farmaco meno enzimi funzionanti da disabilitare, il virus veniva inibito a un dosaggio più basso.

Nell’abstract si precisa che questa INIBIZIONE COOPERATIVA viene spiegata da un modello in cui l’infettività richiede la partecipazione di molteplici copie del target del farmaco in un determinato stadio del ciclo vitale del virus. Coerentemente con le osservazioni sperimentali, questo modello fa delle predizioni per le diverse combinazioni di antiretrovirali, spiega la grande attività antivirale di due importanti classi di farmaci e definisce una caratteristica che rende i target dei farmaci dei “buoni” target: la cooperatività intermolecolare.


In un commento pubblicato sulla stessa rivista, Steven Deeks sostiene che i concetti esposti in questo nuovo modello aiuteranno a combattere l’HIV, ma anche altri virus, tipo l’HCV: “l’HIV è una macchina per replicare. Muta costantemente e il sistema immunitario fatica a controllarlo. Proprio perché il virus è così efficace nel fare quel che fa, non siamo mai riusciti a capire perché le combinazioni di farmaci abbiano funzionato per così tanto tempo. Ora che la matematica ci ha spiegato il segreto di questo successo dei farmaci, finalmente l’abbiamo capito”.



Fonte:
- sciencenews.org

Abstract:
- Siliciano - Lin Shen: A Critical Subset Model Provides a Conceptual Basis for the High Antiviral Activity of Major HIV Drùgs
- Perelson - Deeks: Drùg Effectiveness Explained: The Mathematics of Antiviral Agents for HIV



Dora
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Re: Siliciano: perché l’efficacia degli ARV è variabile

Messaggio da Dora » lunedì 31 ottobre 2011, 9:21

Ed ecco la relazioncina di Lafeuillade, cui seguirà l'abstract di Siliciano:

Nella sua lezione, Siliciano ha affrontato la domanda se la HAART sia abbastanza potente da bloccare completamente la replicazione dell’HIV ed ha risposto utilizzando la “farmacomatematica”. Ha ricordato il lavoro di Shen – uscito nel 2008 – sulla pendenza della curva dose-risposta che, dopo che è stata trasformata in una funzione logaritmica, fornisce un parametro ideale.
Siliciano ha sostenuto che questo parametro è direttamente legato a QUANTE NUOVE CELLULE INFETTE SI CREANO IN UNA GENERAZIONE DEL VIRUS. Questo è in relazione con la viremia e dimostra che - IN MEDIA – SERVE UNA POTENZA DI RIDUZIONE DI 6 LOG PER BLOCCARE LA REPLICAZIONE DELL’HIV.
Siliciano ha utilizzato questo parametro per calcolare la potenza di ogni ARV oggi disponibile. Per alcuni antiretrovirali si è visto che la curva di risposta era lineare, per altri no. Gli inibitori della proteasi hanno mostrato il più alto potenziale inibitorio a delle dosi cliniche. Ciò significa che, aumentando il dosaggio, la curva aumentava nettamente.
Questo non si è visto con gli NRTI o con il Raltegravir. L’IP più efficace si è dimostrato il Darunavir/r, con una riduzione di 8-10 log.
Siliciano ha poi affrontato la questione della misurazione degli effetti combinati dei farmaci e, grazie al suo modello, è stato in grado di valutare la potenza di più di 800 combinazioni possibili con tre farmaci. Alcune di queste, grazie a un effetto sinergico, hanno mostrato una riduzione fino a 12 log.
TUTTAVIA, SILICIANO HA CONCLUSO CHE, A SUO PARERE, ANCHE LA PIÙ POTENTE DI QUESTE COMBINAZIONI NON RIESCE AD INFLUENZARE IL RESERVOIR PROVIRALE.


Understanding How HAART Works

Highly active antiretroviral therapy (HAART) can reduce viremia to below the limit of detection of current clinical assays (50 copies of HIV RNA/ml plasma), but viral reservoirs and low level residual viremia persist. Recent studies of HAART intensification show that the residual viremia is not due to ongoing replication, but rather release from stable reservoirs. Pharmacodynamic studies of antiretroviral drugs have shown that some classes of drugs have steep dose response curves, reflecting a unique form of intermolecular cooperativity that allows for up to 10 logs of inhibition of a single round of replication by some of the best drugs. The development of methods for calculating the combined inhibitory potential of drug combinations has allowed for the first time a direct comparison of the antiviral activity of different drug regimens and the definition of a minimum threshold for effective HAART. This quantitative approach to understanding HAART may be useful in the choice of HAART regimens for patients with wild type and resistant virus.



Domandina mia: basta con le speranze di intensificazione della HAART in funzione eradicante?



Dora
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Re: Siliciano: perché l’efficacia degli ARV è variabile

Messaggio da Dora » lunedì 20 febbraio 2012, 9:33

Ieri sera è uscito su Nature Medicine un articolo che Skydrake ed io stavamo aspettando da tutto il giorno. Si tratta di un lavoro che si inserisce in quell’ambito di studi di Siliciano e del suo team della Johns Hopkins (segnalo in particolare Lin Shen, perché è lui il solito geniaccio dietro lavori di questo genere) che ha per obiettivo la comprensione dei meccanismi attraverso i quali lavora (o non lavora, e dove lavora) la HAART e i cui risultati erano stati anticipati da Siliciano l’autunno scorso a un congresso a Baltimora.

Questa nuova puntata esce fra le “Letters” di Nature Medicine, la sezione della rivista dedicata ai lavori più densi, difficili e sovente importanti (credo sia puro WASP understatement): A quantitative basis for antiretroviral therapy for HIV-1 infection, una continuazione di quell’A Critical Subset Model Provides a Conceptual Basis for the High Antiviral Activity of Major HIV Drugs, che ha dato inizio a questo thread e in cui, basandosi sull’inclinazione della curva dose-risposta dei farmaci, Siliciano e Shen avevano capito che, dal momento che il virus si replica in modo esponenziale e non lineare, “IN CERTI MOMENTI DEL CICLO VITALE DELL’HIV, C’È COSÌ TANTO VIRUS O COSÌ TANTI APPARATI VIRALI DA ATTACCARE CHE I FARMACI CREANO UN LEGAME COOPERATIVO, MA PER COLPIRE MOLTISSIMI OBIETTIVI PIUTTOSTO CHE MOLTI SITI IN UN UNICO OBIETTIVO”.
Questa sorta di “inibizione cooperativa” creata dai farmaci viene spiegata attraverso un modello in cui l’infettività richiede la partecipazione di molteplici copie del target del farmaco in un determinato stadio del ciclo vitale del virus e, in accordo con le osservazioni fatte per via sperimentale, si fanno predizioni sulla base delle differenti combinazioni di ARV.


Visto il nuovo articolo, a me ha preso un attacco di panico. A quel punto è sorta fra me e Skydrake una discussione, perché io lo ritenevo troppo difficile anche solo per menzionarlo nel forum, lui – che l’ha capito molto meglio di me – lo ritiene invece abbastanza importante per meritarsi almeno una citazione in questo thread.

Quello che segue, è il compromesso che abbiamo raggiunto (liberamente basato sull’articolo e sul comunicato stampa della Johns Hopkins).

Mediante una formula matematica che misura il grado in cui la capacità del virus di infettare le cellule è bloccata dalla HAART, Siliciano e i suoi collaboratori hanno potuto calcolare con precisione quanto bene riescono a lavorare nel sopprimere la replicazione virale i singoli antiretrovirali, da soli e in ben 857 combinazioni.
Studiando la forma delle curve dose-risposta dei farmaci quando questi entrano nelle cellule infettate dal virus, avevano in passato creato uno strumento matematico che avevano chiamato “potenziale inibitorio istantaneo “ (IIP).
Grazie a questo, avevano scoperto – come raccontato sopra – che la ripidità della curva riflette l’ampiezza in cui piccoli aumenti nel dosaggio del farmaco possono meglio sopprimere i tentativi del virus di rialzare la testa, riprodursi e diffondersi.

Il nuovo lavoro pubblicato ieri è importante perché, sulla base del modello costruito da Siliciano e Shen, fornisce informazioni sulla forza potenziale delle differenti combinazioni terapeutiche e potrebbe, se l’algoritmo venisse implementato al punto da costruire un software, aiutare i medici a impostare terapie su misura per ciascun paziente, utilizzando le minori quantità possibili di farmaci per ottenere l’effetto della soppressione della replicazione virale con i minori costi possibili in termini di tossicità.

Come già aveva anticipato in un congresso di virologia dello scorso ottobre (cfr. http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 5025#p5025), Siliciano ha dimostrato che le combinazioni di farmaci più potenti includono efavirenz (un NNRTI) e darunavir (un IP). Secondo i suoi calcoli, questa combinazione riesce a sopprimere la replicazione virale più di 3 triliardi di volte, una soppressione sufficiente a evitare l’infezione di ogni singolo linfocita, dal momento che ne abbiamo in corpo giustappunto 3 triliardi.

Il farmaco più debole, invece, è la stavudina , il vecchio d4T, che è riuscita – se usata da sola – a sopprimere la replicazione meno di 10 volte.

Atripla ha ridotto la replicazione virale a meno di una cellula su 1 miliardo.

C’è comunque da dire che ogni combinazione di ARV che sopprime la replicazione dell’HIV in modo che, su ogni 100.000 linfociti esposti ai farmaci, è probabile che ne venga infettato soltanto uno, è sufficiente a mantenere sotto controllo la progressione dell’infezione, purché davvero le persone assumano i farmaci in base alle prescrizioni ricevute.

L’idea alla base della terapia combinata è sempre stata quella di attaccare insieme enzimi diversi, che hanno funzioni differenti nel ciclo vitale del virus, in modo da porre più ostacoli nella catena della replicazione virale. Quello che però, fino ad ora, mancava era una teoria che spiegasse perché alcune combinazioni di farmaci funzionano meglio di altre.

In base a quanto detto sopra, sappiamo che la curva dose-risposta è più ripida quando il farmaco va a colpire uno stadio del ciclo vitale del virus in cui servono molte copie degli enzimi virali. Per esempio, servono molte copie di proteasi per separare il virus in centinaia di parti funzionanti, prima che l’HIV riesca a infettare una nuova cellula.
A ciascuna fase della replicazione del virus corrisponde uno specifico livello di “cooperazione inter-enzimatica”.
Così, la ricerca di Siliciano ci spiega che gli inibitori della proteasi funzionano come un interruttore “on-off”: quando si supera una determinata concentrazione, gli IP “spengono” completamente la replicazione virale.
Quando serve un’unica copia di enzima virale in ciscuna fase chiave del ciclo vitale dell’HIV, dare un po’ di più di un farmaco non comporterà molta più soppressione del virus. Ma quando per la replicazione serve più di una copia dell’enzima, allora la curva dose-risposta del farmaco è molto più ripida e basta dare appena un po’ di più del farmaco per spegnere completamente la replicazione.



P.S. Chiunque desiderasse ricevere dei dettagli sul modello matematico sviluppato da Siliciano e su come viene determinato il potenziale inibitorio a partire dalle curve dose-risposta dei singoli antiretrovirali e delle loro combinazioni, è pregato di rivolgersi a Skydrake. :mrgreen:



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Re: Siliciano: perché l’efficacia degli ARV è variabile

Messaggio da skydrake » lunedì 20 febbraio 2012, 15:03

Dora ha scritto:
P.S. Chiunque desiderasse ricevere dei dettagli sul modello matematico sviluppato da Siliciano e su come viene determinato il potenziale inibitorio a partire dalle curve dose-risposta dei singoli antiretrovirali e delle loro combinazioni, è pregato di rivolgersi a Skydrake. :mrgreen:
Fosse semplice.

Per quanto siano "matematicamente" semplici tali modelli (funzioni analitiche), dipendono da una serie di parametri che, oltre a dipendere dai vari antiretrovirali e come interagiscono fra di loro, dipendono anche dal paziente. Tale studio, che tra l'altro è solo una proposta di modelli matematici, quindi ancora abbastanza semplificati, potrà essere sicuramente utile per le case farmaceutiche per poter mettere a punto combinazioni ottimali di terapie antiretrovirali per soggetti "standard" (o perlomeno per un numero limitato di categorie). Viceversa, qualora un infettologo volesse ottimizzare la terapia per un suo paziente "non standard", dovrebbe ricavare da sè, con esami non assolutamente specificati da questo studio (del resto è solo una proposta semplificata), i parametri rimanenti in base alle specificità del suo paziente.

In conclusione:
E' uno studio utile per le case farmaceutiche, non per la quotidiana pratica clinica.



Dora
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Re: Siliciano: perché l’efficacia degli ARV è variabile

Messaggio da Dora » giovedì 8 marzo 2012, 15:09

L'abstract portato da Siliciano al CROI sul suo algoritmo per quantificare gli effetti della combinazione dei diversi antiretrovirali nel caso di infezione con HIV wild type oppure resistenti.

Session 30 -Themed Discussion: Pharmacometrics: Drug Exposure and Response Modeling - Wednesday, 1-2 pm; 6D

Paper #624
Quantifying Combination ARV Drug Effects in Wild Type and Resistant HIV-1 Infection


Maame Sampah1, B Jilek1, and R Siliciano1,2
1Johns Hopkins Univ Sch of Med, Baltimore, MD, US and 2Howard Hughes Med Inst, Baltimore, MD, US

Background: Combination ART has dramatically decreased mortality from HIV-1 infection. However, there is no metric for the antiviral activity of drug combinations relative to a target value needed for control of viral replication. We have previously looked at the effect of single drugs on wild-type and drug-resistant HIV-1. Here, we extend this work by looking at the effect of commonly used drug combinations.

Methods: Making use of a single-round infectivity assay, we measured inhibition of wild type and resistant HIV-1 infection in primary CD4+ T cells, and compared dose-response curves between single drugs and drug combinations. By identifying and accounting for unexpected complexities in the dose-effect relationships of ARV drugs and constructing a unifying model for combined effects of multiple ARV, we directly compared the intrinsic antiviral activity of ARV drugs and drug combinations at clinical concentrations relative to an identified target level of inhibition associated with treatment success.

Results: We show that most ARV exhibit previously unappreciated complex non-linear pharmacodynamics that determine their inhibitory potential at clinical concentrations. We demonstrate that none of the major theories for drug combinations accurately predict the combined effects of multiple ARV drugs. For instance, many combinations of drugs targeting different steps in the life cycle followed Bliss independence and showed a multiplicative effect. This was true for combinations of integrase inhibitors with drugs from all other classes. Maraviroc also showed favorable interactions with reverse transcriptase inhibitors and integrase inhibitors. Except for protease inhibitors, drugs binding to the same site showed an additive effect (Loewe additivity). While resistance mutations altered the shape and IC50 of individual drug curves, they did not significantly alter how drugs interacted with each other. Thus, combined effects can be understood with this novel approach that considers the degree of independence of drug effects.

Conclusions: Our analysis provides a framework for understanding synergistic and antagonistic interactions between combinations of all known ARV drugs, reveals novel regimens with extraordinarily high activity, and allows for predictions of which regimens retain residual ARV activity against resistant HIV-1.

Immagine



Nota del 30 agosto 2013: l'immagine qui sopra non è visibile a causa dell'oscuramento del sito del CROI.



Dora
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Re: Siliciano: perché l’efficacia degli ARV è variabile

Messaggio da Dora » venerdì 30 agosto 2013, 7:49

Sulla scia degli altri suoi lavori di farmacodinamica degli ARV, Siliciano ha appena messo a punto l’ennesimo colpaccio di genio.

In molti casi in cui una persona fallisce una terapia con inibitori della proteasi non si riescono a identificare mutazioni nel gene che codifica per la proteasi associate a una resistenza. Questo enigma è stato per anni fonte di confusione, perché contrasta con la logica secondo cui un fallimento virologico deve essere associato a mutazioni nelle porzioni di genoma virale che sono colpite da un determinato farmaco – cioè il medesimo principio evoluzionistico basilare che governa le altre resistenze dell’HIV-1 ai farmaci.

Da un punto di vista clinico, l’apparente assenza di resistenze rende difficile la scelta di un IP nei successivi regimi terapeutici, perché il paziente ha chiaramente fallito il regime attuale, ma i test di resistenza genotipici non riescono a dare un’indicazione su che nuovo regime scegliere. D’altra parte, gli IP rientrano in 2 regimi su 4 fra quelli di prima linea, sono importantissimi anche nelle terapie di salvataggio e hanno la più alta attività antivirale intrinseca fra tutti i farmaci contro l’HIV-1, tanto che sono anche gli unici antiretrovirali che stanno dimostrando di poter essere dati in monoterapia.
I clinici si trovano così ad affrontare il dilemma se cambiare o no regime terapeutico a pazienti che hanno viremia rilevabile, ma nessuna mutazione nella proteasi.

Come abbiamo visto all’inizio di questo thread, Siliciano ha dimostrato che l’alta attività antivirale di questa classe di farmaci dipende in gran parte dal fatto che presentano delle curve dose-risposta molto ripide e altamente cooperative (eccezionali livelli di inibizione a concentrazioni appena sopra l’IC
50).
E che questo genere di studi abbia un’immediata ricaduta clinica lo conferma la tabella del potenziale inibitorio istantaneo riadattata in italiano e spiegata da Leon nel thread Azione anti-HIV QUANTITATIVA di TUTTE le HAART (Siliciano!).

Il lavoro che Siliciano ha pubblicato tre giorni fa sul Journal of Clinical Investigation colma la lacuna evidenziata prima dell’apparente assenza di resistenze agli IP pur durante un fallimento virologico, scoprendo un meccanismo di resistenza agli IP che non si conosceva. Quindi imporrà – se confermato attraverso studi più ampi – di modificare i test genotipici.

Infatti, in 9 persone che avevano fallito un regime contenente IP senza che il test genotipico rilevasse mutazioni nei loro geni codificanti la proteasi, Siliciano è riuscito a identificare delle mutazioni nei geni che codificano per la Env.
I test di resistenza genotipici non sequenziano i geni env, quindi ai clinici viene detto che non c’è alcuna resistenza agli IP.
Se da studi su campioni di pazienti più ampi si dimostrerà che queste mutazioni avvengono in un numero consistente di casi, i test genotipici dovranno essere modificati per poter quantificare in modo efficace la resistenza agli IP.

Ma Siliciano ha fatto anche qualcosa di più perché, per comprendere i meccanismi responsabili dell’eccezionale efficacia antivirale degli IP e di questa strana caratteristica nella resistenza a questi farmaci pur in assenza di mutazioni nella proteasi, attraverso una serie di esperimenti molto complessi (che gli appassionati potranno leggere direttamente nell’articolo), è riuscito a identificare l’effetto inibitorio degli IP in diverse fasi del ciclo vitale del virus, fra cui
  • - l’ingresso dell’HIV nella cellula,
    - la trascrizione inversa e
    - la post-trascrizione.

Ha così integrato studi precedenti, che avevano identificato come meccanismo del loro effetto antiretrovirale una attività inibitoria degli IP in una fase relativamente avanzata del ciclo vitale dell’HIV, quella del clivaggio proteolitico dei precursori delle proteine.

I regimi tipici di ART consistono di 3 farmaci: ciascun farmaco inibisce un proprio sottogruppo di eventi infettivi; in combinazione con altri, si ottiene un’inibizione potenziata. Se i farmaci colpiscono fasi diverse del ciclo vitale del virus, il livello di inibizione che si ottiene è molto alto, con farmaci che agiscono nelle fasi più avanzate del ciclo vitale che bloccano i virus che non sono stati inibiti nelle fasi precedenti. Ora, poiché un virus ha bisogno di un ciclo di replicazione completo per evadere i blocchi posti dai farmaci che agiscono in fasi diverse, la bassa probabilità che questo si verifichi contribuisce al successo della ART.

Siliciano ha isolato sperimentalmente ogni fase rilevante del ciclo vitale dell’HIV-1 e ha misurato le curve dose-risposta degli IP ad ogni fase, riuscendo così a fornire una spiegazione della farmacodinamica unica di questa classe di farmaci e della loro eccezionale efficacia. In sostanza, quello che Siliciano dimostra in questo studio è che gli IP – colpendo il virus in fasi diverse del suo ciclo vitale - agiscono come se fossero molti farmaci in uno solo.





FONTI:



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Re: Siliciano: perché l’efficacia degli ARV è variabile

Messaggio da uffa2 » venerdì 30 agosto 2013, 8:39

Siliciano è un genio, ma da troppo tempo si concentra sui fallimenti...


HIVforum ha bisogno anche di te!
se vuoi offrire le tue conoscenze tecniche o linguistiche (c'è tanto da tradurre) o sostenere i costi per mantenere e sviluppare HIVforum, contatta con un PM stealthy e uffa2, oppure scrivi a staff@hivforum.info

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Re: Siliciano: perché l’efficacia degli ARV è variabile

Messaggio da Dora » venerdì 30 agosto 2013, 10:40

uffa2 ha scritto:Siliciano è un genio, ma da troppo tempo si concentra sui fallimenti...
A certe persone riesce meglio evidenziare le criticità, è vero. Però dai *fallimenti* che il Grande Bob ci insegna a vedere c'è sempre la speranza che nasca qualcosa di buono. Vedi i tentativi che tutti quelli che si occupano di eradicazione stanno facendo per rinforzare i CD8 prima del risveglio del virus dalla latenza - solo per fare un esempio.
E poi c'è bisogno di qualcuno che faccia piazza pulita dei miti di cui questa scienza continua ad essere infestata, perché se si agisce sulla base di preconcetti e di idee sbagliate si finisce regolarmente in un vicolo cieco.

Da questo *fallimento* (sia delle terapie, sia dei test genotipici), fra l'altro, c'è la concreta possibilità per un ancora imprecisato numero di persone di trovare un regime terapeutico adeguato. Io lo trovo immenso.

In caso qualcuno ancora non l'avesse capito
  • I ❤ BOB!



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Re: Siliciano: perché l’efficacia degli ARV è variabile

Messaggio da Dora » venerdì 30 agosto 2013, 11:33

A volte capitano delle coincidenze sorprendenti. O forse sono le nostre antenne sintonizzate su certe frequenze piuttosto che su altre. Fatto sta che mi sono appena imbattuta in questo post (pubblicato ieri e senza alcun rapporto con il lavoro di Bob!), che completa quanto ho scritto 'stamane sul ciclo vitale dell'HIV. Guardate che carino il video:


HIV 101: The Stages of HIV Infection

By Michelle Betton and Chelsea Bailey | August 29, 2013

In the last installment of HIV 101, we introduced you to the basics behind HIV and AIDS. Today, we’ll take you through the process by which HIV infects a cell.

There are six phases in the HIV life cycle: budding and entry; reverse transcription; integration; replication; budding; and maturation.



Budding and Entry: During this phase, HIV attaches to the outside of a CD4 white blood cell—the cells that defend the body against illness. Once attached, HIV can inject its core into the cell.

Reverse transcription: Once inside the cell, the virus’ core breaks open and releases its ribonucleic acid (RNA) and an enzyme called reverse transcriptase. The reverse transcriptase enzyme turns the virus’ RNA into viral deoxyribonucleic acid (DNA). The process of translating HIV RNA to HIV DNA is highly error prone – the likelihood that the genetic information may be incorrectly copied is high. This results in a high mutation rate for HIV. The high mutation rate means that some HIV medications may no longer work against mutated HIV.

Integration: The viral DNA is then integrated into the cell's normal DNA. Once the HIV DNA gets inserted into the cellular DNA, the CD4 cell is turned into a “factory” to produce more and more HIV.

Replication: Once integrated into the cell’s DNA, the HIV DNA now effectively "hijacks" the cell to make the various HIV viral proteins.

Budding: The HIV components gather inside the perimeter of the infected CD4 cell and are assembled into new HIV viruses. When assembled, these viruses “bud” off from the host CD4 cell. Effectively, they rip themselves from the cell, taking a piece of the cell membrane with them to form their own viral membranes.

Maturation: After the new virus buds from the infected CD4 cell, it has all of the necessary parts to infect other CD4 cells, but it first has to mature. During the maturation process, the protease enzyme cuts the HIV proteins into smaller units that reassemble into a mature virus that can infect other cells. Without the enzyme protease, this maturation cannot occur, and HIV cannot go on to infect other cells.



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