Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Messaggio da Dora » mercoledì 5 novembre 2014, 11:13

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Euphorbia tirucalli

Dalla famiglia delle Euphorbiaceae, e precisamente dalla corteccia dell’albero di mamala proveniente da Samoa, è stata estratta la prostratina. Ora dalla stessa famiglia, ma questa volta dalla linfa dell’Euphorbia tirucalli, un arbusto tropicale originario dell'Amazzonia, arriva un estere diterpenico, l’ingenol, che promette di avere notevoli proprietà contro la latenza dell’HIV e si propone come candidato per una sperimentazione clinica.

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Diversi derivati di questo composto sono ormai stati ottenuti di sintesi da Phil Baran e il suo team allo Scripps Research Institute e uno di questi derivati, l’Ingenol B, sembra particolarmente potente nel riattivare la trascrizione del virus latente, sfruttando il medesimo meccanismo usato da briostatina e prostratina: stimolando la produzione dell’enzima protein chinasi C (PKC), si attiva il meccanismo dell’NF-kB, che è il principale fattore dell’organismo ospite che stimola la replicazione dell’HIV.
L’ingenol B, però, sembra essere notevolmente più efficace di briostatina e prostratina e sembra agire senza indurre attivazione e/o proliferazione cellulare e causando molta meno tossicità.

Questo composto, oltre a stimolare la trascrizione del virus latente, ne diminuisce le possibilità di infettare nuove cellule, perché sottoregola l'espressione del recettore CD4 e i co-recettori CCR5 e CXCR4 sulla superficie dei linfociti T e così fa trovare all’HIV poche cellule target in circolazione, bloccando i nuovi cicli infettivi che potrebbero innescarsi grazie al virus riattivato.

L’estate scorsa sono stati pubblicati ben tre lavori fatti da gruppi di ricerca diversi, in cui è stata indagata su diverse linee cellulari e su CD4 isolati da persone con HIV in terapia antiretrovirale l’attività di ING B e altri derivati semi-sintetici di ingenol (cioè sostanze ottenute modificando di sintesi l’ingenol naturale). In questi studi, si è cercato di stabilire i meccanismi attraverso cui gli ingenol riattivano l’HIV latente, la potenza con cui lo fanno e il grado di tossicità con cui lo fanno e si sono messe a confronto queste sostanze con altri attivatori della PKC, sia composti come la prostratina e la briostatina-1, che stimolano la trascrizione dell’HIV senza essere tumorigenici, pur con un certo livello di tossicità, sia sostanze come il PMA (forbolo miristato acetato), che sono attivatori della PKC molto potenti, ma non possono essere usati in clinica perché cancerogeni.

Si tratta di studi molto tecnici, che hanno portato agli stessi risultati:

  • [divbox]Immagine ING B è il migliore fra i derivati testati;
    Immagine la somministrazione di ING B aumenta la trascrizione dell’HIV latente sia nei CD4 coltivati in laboratorio, sia in quelli isolati da pazienti con viremia soppressa dalla ART;
    Immagine ING B si è dimostrato più potente nella riattivazione in vitro dell’HIV di sostanze come il vorinostat, il JQ1 o la prostratina e potrebbe essere usato insieme ad alcune di esse, perché si sono misurati effetti sinergici;
    Immagine ING B ha avuto una tossicità minima sulle cellule;
    Immagine ING B ha causato una attivazione e una proliferazione minima delle cellule.[/divbox]


Il passo successivo ai lavori sulle cellule è stato la valutazione di ING B in vivo in diversi modelli animali, fra cui soprattutto in alcuni macachi rhesus con infezione da SIV, sia in terapia, sia non in terapia.
Questa ricerca non è ancora stata pubblicata, ma alcuni risultati sono stati presentati da Lucio Gama, Johns Hopkins School of Medicine, al workshop sui reservoir di Miami del dicembre scorso e sono la ragione per cui ho pensato di dedicare all’ingenol un nuovo thread.

Anzitutto, è stato fatto uno studio proof of concept su due macachi infetti da SIVmac251 e con viremia NON soppressa, cui sono state somministrate dosi progressivamente aumentate di ING B per via orale: i parametri biochimici sono rimasti inalterati, così come inalterati sono rimasti i marker di attivazione di CD4, CD8 e monociti; le viremie sono aumentate in funzione della dose di ING B somministrata, così come è aumentata la diversità virale nel sangue.

Poi è stato fatto uno studio su tre diversi gruppi di macachi infettati con SIV anche diversi dal mac251 e con viremie soppresse mediante terapie antiretrovirali diverse. Alcune scimmie sono state usate come controlli, alle altre sono stati somministrati vari dosaggi di ING B e si è visto che

  • - dopo la somministrazione le viremie plasmatiche aumentavano,
    - aumentava l’SIV RNA associato alle cellule e
    - anche il DNA virale aumentava dopo il trattamento.


Il tutto con tossicità e attivazione minime.

Non ci resta dunque che aspettare che l’ING B arrivi alla sperimentazione clinica.




FONTI:
Ultima modifica di Dora il mercoledì 5 novembre 2014, 11:37, modificato 1 volta in totale.



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Re: Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Messaggio da uffa2 » mercoledì 5 novembre 2014, 11:36

da milanese, quando ho letto il titolo, ho pensato subito:
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battute a parte, il "piccolo particolare" per cui la simpatica pianticella si limiterebbe a risvegliare il virus e non causerebbe tutti i casini degli altri antilatenza mi pare degna di nota...
incrociamo le foglie...


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Dora
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Re: Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Messaggio da Dora » mercoledì 5 novembre 2014, 16:59

uffa2 ha scritto:da milanese, quando ho letto il titolo, ho pensato subito:
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battute a parte, il "piccolo particolare" per cui la simpatica pianticella si limiterebbe a risvegliare il virus e non causerebbe tutti i casini degli altri antilatenza mi pare degna di nota...
incrociamo le foglie...
Pensavo a un piccolo regalo di buon augurio per te, ma Ingegnoli non ha neanche una piantina di Euphorbia tirucalli (ho scoperto che si chiama anche albero delle matite e mi pare assai grazioso). Lo cercherò per Natale. :D



Dora
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Re: Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Messaggio da Dora » lunedì 23 marzo 2015, 10:15

Dora ha scritto:Il passo successivo ai lavori sulle cellule è stato la valutazione di ING B in vivo in diversi modelli animali, fra cui soprattutto in alcuni macachi rhesus con infezione da SIV, sia in terapia, sia non in terapia.
Questa ricerca non è ancora stata pubblicata, ma alcuni risultati sono stati presentati da Lucio Gama, Johns Hopkins School of Medicine, al workshop sui reservoir di Miami del dicembre scorso e sono la ragione per cui ho pensato di dedicare all’ingenol un nuovo thread.

Anzitutto, è stato fatto uno studio proof of concept su due macachi infetti da SIVmac251 e con viremia NON soppressa, cui sono state somministrate dosi progressivamente aumentate di ING B per via orale: i parametri biochimici sono rimasti inalterati, così come inalterati sono rimasti i marker di attivazione di CD4, CD8 e monociti; le viremie sono aumentate in funzione della dose di ING B somministrata, così come è aumentata la diversità virale nel sangue.

Poi è stato fatto uno studio su tre diversi gruppi di macachi infettati con SIV anche diversi dal mac251 e con viremie soppresse mediante terapie antiretrovirali diverse. Alcune scimmie sono state usate come controlli, alle altre sono stati somministrati vari dosaggi di ING B e si è visto che
  • - dopo la somministrazione le viremie plasmatiche aumentavano,
    - aumentava l’SIV RNA associato alle cellule e
    - anche il DNA virale aumentava dopo il trattamento.


Il tutto con tossicità e attivazione minime.

Non ci resta dunque che aspettare che l’ING B arrivi alla sperimentazione clinica.
INGENOL B AL CROI 2015: UN'ENCEFALITE CHE PROPRIO NON CI VOLEVA.

Ho letto soltanto ora il poster di Lucio Gama e colleghi al CROI - Latency Reversing Agents Activate Latent Reservoirs in the Brain of SIV-Infected Macaques.

Devo dire che c'è qualcosa che non mi torna. Vediamo il lavoro.

I dati preliminari avevano mostrato che il trattamento con Ing-B aveva causato un aumento – temporaneo ma significativo – della viremia plasmatica in 2 macachi con SIVmac251 soppresso dalla ART. Quando tutti i trattamenti (ART + Ing-B) sono stati interrotti, la viremia è rimasta irrilevabile per 45 giorni, poi si è avuto un rebound ai livelli del set point prima dell’inizio della ART.
Il lavoro portato al CROI riguarda il trattamento di tre macachi con SIVΔB670 e SIV/17E-Fr, trattati durante l’infezione primaria con un regime di ART che ha un buon grado di penetrazione nel sistema nervoso centrale.

Gama e colleghi hanno aspettato di raggiungere 500 giorni di soppressione della viremia, poi hanno tenuto un macaco come controllo e agli altri due hanno fatto per 10 giorni 4 iniezioni al giorno di [divbox]Ing-B + vorinostat[/divbox], mantenendoli sotto ART fino a quando non li hanno soppressi.

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Di queste scimmie hanno studiato l’SIV RNA nel plasma e nel liquido cerebrospinale e l’SIV DNA nei tessuti (cervello e linfonodi mesenterici). I CD4 memoria sono stati analizzati (mediante viral outgrowth assay) prima e dopo il trattamento con Ing-B + vorinostat.

In uno dei due macachi trattati non è successo nulla. Nell’altro, invece, si è osservato un aumento significativo della viremia sia nel plasma, sia nel liquido cerebrospinale. In quest’ultimo la viremia era di 10 volte maggiore che nel plasma e la scimmia ha dovuto essere soppressa a causa dei sintomi di un’encefalite. L’RNA virale è stato rilevato nella corteccia occipitale, nonostante il fatto che i livelli di DNA fossero irrilevabili.
In entrambe le scimmie si è osservata una riduzione dei CD4 quiescenti infetti rispetto alla scimmia di controllo.

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Le conclusioni di Gama e colleghi sono state che il trattamento con Ing-B + vorinostat ha comportato una riduzione del reservoir latente nelle scimmie. Ma il fatto che il trattamento abbia attivato dei genomi virali nel cervello di una delle due, che hanno portato a encefalite, ci dice che il cervello ospita del virus latente e “dovrebbe essere tenuto seriamente in considerazione quando si progettano delle nuove strategie kick and kill per l’eradicazione dell’HIV”.


Leggo le conclusioni di Gama e colleghi e trasecolo. È da anni che si parla del reservoir cerebrale (basti pensare che il thread Il reservoir nel cervello: un ostacolo all'eradicazione? – 2 è la continuazione di uno cui avevo dato inizio nel vecchio forum e che ho smesso di aggiornarlo non perché non siano usciti nuovi lavori in questi ultimi anni, ma perché quei lavori continuavano a ribadire sempre le stesse cose).
Ed è da almeno il 2009, se non prima, che persone del calibro di Janice Clements segnalano i rischi che la riattivazione massiccia del reservoir latente presente nel cervello possa causare danni imprevedibili. Non a caso, il thread qui che parla del vorinostat porta un titolo che può parere astruso, ma non lo è affatto per chi conosce le accese discussioni che precedettero la prima sperimentazione di Margolis sul vorinostat: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clements 2.
Ora Gama, che mescola gli effetti di Ing-B e vorinostat impedendoci così di capire quale dei due possa aver causato l’encefalite in quella povera scimmia, arriva fresco fresco a dirci che dobbiamo stare attenti a riattivare l’HIV latente nel cervello?!
Roba da matti.
Ci sarà da vedere, adesso, se l’Ing-B arriverà mai in fase clinica.



Datex
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Re: Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Messaggio da Datex » lunedì 23 marzo 2015, 18:48

per quello che ne so l'encefalite dovrebbe essere stata causata da una reazione immune eccessiva. per cui se non erro il virus è stato attivato troppo velocemente e in quantità abbondanti. forse aggiungendo un forte antinfiammatorio e un farmaco che penetri bene nel cervello tipo azt per intercettare le particelle virali si riesce a prevenire l'effetto negativo da parte del sistema immunitario.



Dora
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Re: Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Messaggio da Dora » lunedì 23 marzo 2015, 20:59

Datex ha scritto:per quello che ne so l'encefalite dovrebbe essere stata causata da una reazione immune eccessiva. per cui se non erro il virus è stato attivato troppo velocemente e in quantità abbondanti.
Non necessariamente è così. Non è detto che il virus riattivato debba essere tanto. Invece la velocità della riattivazione potrebbe giocare contro.
Ti riporto quello che scrissi relativamente a un fondamentale editoriale che Janice Clements, Johns Hopkins University, scrisse per AIDS 4 anni fa - Eradication of HIV from the brain: Reasons for pause. Mi pare che quanto la Clements scriveva allora sia ancora in buona parte attuale (quanto meno negli aspetti negativi, purtroppo - invece qualche illusione ce la siamo fatti passare).
Dora 2011 ha scritto:[...] Nel cervello possono formarsi dei reservoir in tre diversi tipi di cellule: i macrofagi, le cellule della microglia e gli astrociti. Poiché il ciclo vitale del virus in queste cellule è diverso rispetto a quello del virus che infetta i linfociti T, è possibile che gli antivirali non si rivelino efficaci nel sopprimere completamente la replicazione virale.

Due i problemi:

  • 1. anche minime quantità di proteine virali prodotte da queste cellule possono essere neurotossiche;
    2. se si ottiene un ripristino immunitario e si ricostituiscono i linfociti T prima di colpire i reservoir cerebrali, queste cellule possono penetrare nel cervello e causare un’encefalite mediata dalle cellule T.


L’Editoriale della Clements discute pertanto le questioni principali riguardanti la biologia del virus nel cervello da affrontare prima di tentare l’eradicazione.

Il cervello come reservoir per l’HIV

Mentre in giro per l’organismo i linfociti T memoria centrale sono il maggiore reservoir del virus, normalmente le cellule T non rimangono a lungo nel cervello. I macrofagi perivascolari, le cellule della microglia e gli astrociti sono le cellule cerebrali più facilmente infettate (in modo attivo e produttivo o in modo latente) dall’HIV. Le cellule gliali hanno un turnover molto lento, quindi il virus potrebbe risiedere in esse addirittura per parecchi anni. A sostegno di questa eventualità, capita di rilevare attivazione immunitaria nel liquido cerebrospinale di persone che hanno avuto HIV RNA < 50 copie/ml nel sangue per più di 4 anni.
Studi in vitro mostrano che esiste un sottinsieme di macrofagi e astrociti che può fungere da reservoir virale e può produrre un virus in grado di replicarsi a seguito di stimolazione con citochine. Inoltre, studi su animali suggeriscono che il virus penetra nel cervello e infetta i macrofagi lì presenti fin dai primi tempi dell’infezione. E ancora: si è visto che il livello di HIV DNA nel cervello non è diminuito dopo somministrazione di HAART.
L’HIV è capace di evolvere nel cervello, di mutare e di adattarsi a questo ambiente.

Da ciò segue che le strategie di eradicazione che vanno a colpire solo il reservoir nei linfociti T possono non essere sufficienti.

Le attuali strategie di eradicazione

La strategia più importante, al momento, è:

  • SOPPRESSIONE DELLA TRASMISSIONE VIRALE GRAZIE ALLA HAART + RIATTIVAZIONE DEI RESERVOIR VIRALI + ELIMINAZIONE GRAZIE A RISPOSTE CITOTOSSICHE DEI LINFOCITI T [adesso qualcosa è cambiato rispetto al 2011: non ci si illude più sulle reazioni CTL].


Esistono vari approcci per ciascuno di questi passi.

Per quanto concerne la soppressione virale nel cervello, si propongono gli antiretrovirali che riescono a penetrare meglio la barriera emato-encefalica e che sono meno neurotossici. Quel che però ancora non si sa è quanto questi farmaci siano capaci di impedire la replicazione del virus entro macrofagi/cellule della microglia e astrociti. In generale, si può dire che

  • - gli antiretrovirali non sono efficaci nei macrofagi;
    - i loro effetti sulla replicazione dell’HIV negli astrociti non sono ancora stati studiati a fondo.


Fra i vari approcci usati per riattivare il virus nelle cellule latentemente infette, quelli basati su IL-2 e su anti-CD3 sono falliti, mentre l’IL-7 potrebbe riuscire a riattivare le cellule T sia memoria sia naive. Si stanno poi studiando delle sostanze che attivino la protein chinasi C o fattori di trascrizione quali NF-kB e SP-1: la Prostratina è sotto studio in un trial clinico; poi ci sono gli HDACI: anche se i trial sull’acido valproico hanno fatto una brutta fine, ora si sta per provare il Vorinostat, che è un farmaco anti-cancro già approvato.

In ogni caso, prima che tutti questi approcci vengano sperimentati su esseri umani, è necessario studiare i loro effetti sui reservoir del sistema nervoso centrale. Infatti, la riattivazione del virus nel cervello POTREBBE avere gravi conseguenze, se creasse un danno neuronale.

Anche in presenza di HAART, si sa che il DNA provirale crea proteine virali che, nel cervello, possono causare un danno neuronale non solo nel luogo dell’infezione, ma anche in zone distanti.

Poiché le risposte immunitarie citotossiche del paziente sono insufficienti a controllare l’infezione, si è cercato di creare dei linfociti T che abbiano dei recettori derivati da cellule T citotossiche contro l’HIV. Perché funzionino, questi CD4 dovrebbero essere dotati di recettori che riconoscano antigeni espressi nel cervello.

Per quanto riguarda la strategia di “chiudere” via ingegneria genetica il CCR5 nei CD4 del paziente, mentre iniezioni ripetute di queste cellule potrebbero anche riuscire a rimpiazzare i linfociti T nel paziente, è improbabile che abbiano qualche influenza sui reservoir cellulari del cervello.

Un’altra strategia si propone di aumentare il numero di copie di DNA provirale integrate in una cellula mediante dissociazione del complesso Rev-integrasi: potrebbe funzionare in un gran numero di tipi di cellule, ma la morte di tante cellule cerebrali tutte insieme in un breve periodo potrebbe causare la distruzione della barriera emato-encefalica, con conseguente edema e danneggiamento delle funzioni cerebrali.

L’intensificazione della HAART è stata una delle prime vie proposte, ma finora non è riuscita ad avere un impatto sui reservoir. La disponibilità di nuovi farmaci che colpiscono il CCR5 e l’integrasi ha dato nuove speranze ma, perché questo approccio abbia successo, dovrebbe riuscire a bloccare la replicazione del virus nei reservoir del sistema nervoso centrale. L’infezione delle cellule gliali può avvenire indipendentemente dal CCR5 e queste cellule contengono grandi quantità di virus non integrato, che potrebbero essere in grado di formare nuove proteine virali. Inoltre, la durata del trattamento impone di tenere conto che le cellule gliali hanno nel cervello un turnover molto lento. Iniziare la HAART nei primissimi tempi dell’infezione potrebbe impedire la creazione di reservoir estesi; tuttavia, ancora non si conosce il suo impatto sui reservoir cerebrali.

Suggerimenti per il futuro

Anzitutto, bisogna fare una stima del numero di cellule infette nel cervello, perché un attacco immunitario contro molte cellule potrebbe causare gravi danni. A differenza di altri organi, infatti, il cervello è racchiuso in una cavità ossea e non ha molto spazio per espandersi: qualsiasi infiammazione potrebbe quindi essere molto dannosa.
Se, ciò nonostante, si volesse perseguire un’eliminazione dei reservoir cerebrali immuno-mediata, si dovrebbero:

  • - sviluppare delle strategie che prevedano una ELIMINAZIONE GRADUALE dei reservoir;
    - sviluppare APPROCCI CONTRO L’INFIAMMAZIONE per bloccare gli effetti secondari di un danno neuronale mediato dai linfociti T citotossici;
    - fare degli studi in vitro per CAPIRE SE I LINFOCITI T CITOTOSSICI SONO IN GRADO DI ELIMINARE L’INFEZIONE IN MACROFAGI/CELLULE DELLA MICROGLIA E ASTROCITI;
    - capire i processi evolutivi del virus nel sistema nervoso centrale al fine di creare cellule T che riconoscano i diversi epitopi virali nel cervello.


Degli approcci farmacologici o biologici ma non immunomediati dovrebbero:

  • - determinare la carica virale nel cervello, con l’ammontare di DNA provirale integrato e non integrato, nei pazienti in HAART;
    - stabilire la durata di questi trattamenti in relazione alla durata dell’infezione: all’inizio dell’infezione i reservoir possono essere piccoli e il virus può non avere la capacità di evolversi in modo significativo in molti comparti - ma questa è ancora un’ipotesi; inoltre, potrebbero anche essere di molto diminuiti i rischi di sviluppare una IRIS.
Datex ha scritto:forse aggiungendo un forte antinfiammatorio e un farmaco che penetri bene nel cervello tipo azt per intercettare le particelle virali si riesce a prevenire l'effetto negativo da parte del sistema immunitario.
Ti è sfuggita una frase nel mio post precedente:
Dora 2015 ha scritto:Il lavoro portato al CROI riguarda il trattamento di tre macachi con SIVΔB670 e SIV/17E-Fr, trattati durante l’infezione primaria con un regime di ART che ha un buon grado di penetrazione nel sistema nervoso centrale.
Per la precisione: TNF, ATZ, RTN, L-870812.



Trevis
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Re: Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Messaggio da Trevis » mercoledì 25 marzo 2015, 15:40

Leggendo cose di questo genere si capisce come la scoperta di una cura rappresenti un traguardo enormemente difficile da raggiungere (eh vabè, capitan ovvio mi da il 5 :D ). Si sa ancora troppo poco, e quel poco che si sa non si può mettere in atto a causa della scarsità degli attuali mezzi a disposizione (sostanze antilatenza efficaci senza effetti letali sull'organismo).

A questo punto credo che sia più realistico immaginare una biforcazione nella risoluzione del problema legato all'aids:

-per i pazienti cronicamente infetti, nella peggiore delle ipotesi ci saranno farmaci sempre più efficaci e con meno effetti collaterali, senza però mai arrivare ad una cura. Nella migliore delle ipotesi troveranno finalmente dei vaccini terapeutici che consentiranno lunghe interruzioni della HAART, pur senza mai portare ad una effettiva guarigione.

-per chi non è infetto, e per risolvere definitivamente il problema legato all'aids, saranno dei farmaci "preventivi" da assumere prima di un rapporto sessuale ad immunizzare l'organismo ed azzerare la probabilità di contagio.

E' molto più facile mettere a punto farmaci che "immunizzano" la persona prima dell'esposizione, piuttosto che strategie di cura che possano eradicare un virus così insidioso. Praticamente questo virus assume tratti simili a quello del cancro, basta una sola cellula compromessa in tutto l'organismo per vanificare ogni possibilità di guarigione.



alfaa
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Re: Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Messaggio da alfaa » mercoledì 25 marzo 2015, 16:04

Trevis questo sicuramente nel breve periodo... Le cose da scoprire sono ancora tante ma hai idea di quanti studi di medicina " futuristica" ci sono anche se in fasi inizialissime?

Tempo fa parlai con un famoso ricercatore italiano che studia l hiv( non è la ensoli :mrgreen: ) che era molto positivo e convinto che si sta studiando troppo per non arrivare ad una cura in un periodo di tempo non immediato, ma neanche incredibilmente lungo.

Inoltre leggi tutte le ricerche che posta Dora? Alcune cose , in un uso combinato, potrebbero davvero funzionare tra che so 10-15 anni?

Io spero davvero sia cosi e ci credo anche. Non ho molta intenzione di prendere potenti farmaci per altri 40 anni( unica via per ora)



Trevis
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Re: Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Messaggio da Trevis » mercoledì 25 marzo 2015, 18:34

alfaa ha scritto:Trevis questo sicuramente nel breve periodo... Le cose da scoprire sono ancora tante ma hai idea di quanti studi di medicina " futuristica" ci sono anche se in fasi inizialissime?

Tempo fa parlai con un famoso ricercatore italiano che studia l hiv( non è la ensoli :mrgreen: ) che era molto positivo e convinto che si sta studiando troppo per non arrivare ad una cura in un periodo di tempo non immediato, ma neanche incredibilmente lungo.

Inoltre leggi tutte le ricerche che posta Dora? Alcune cose , in un uso combinato, potrebbero davvero funzionare tra che so 10-15 anni?

Io spero davvero sia cosi e ci credo anche. Non ho molta intenzione di prendere potenti farmaci per altri 40 anni( unica via per ora)
Questo ci può anche stare, però capisci che se ne parla tra non meno di 15 anni. Anche in un video di un convegno (non ricordo bene quale) gli esperti erano tutti d'accordo nel dire che una cura è abbastanza lontana nel tempo (letteralmente è stato detto "è un tempo misurabile in molti molti anni") a sottolineare che per adesso la tecnologia non è pronta.

Quello che io credo è che l'aids sarà sconfitta ancor prima di essere curata nei pazienti cronicamente infetti, perchè prima ancora di una cura arriveranno dei farmaci preventivi.



alfaa
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Re: Ingenol B: un derivato dall'Euphorbia contro la latenza

Messaggio da alfaa » mercoledì 25 marzo 2015, 20:00

Trevis ha scritto:
alfaa ha scritto:Trevis questo sicuramente nel breve periodo... Le cose da scoprire sono ancora tante ma hai idea di quanti studi di medicina " futuristica" ci sono anche se in fasi inizialissime?

Tempo fa parlai con un famoso ricercatore italiano che studia l hiv( non è la ensoli :mrgreen: ) che era molto positivo e convinto che si sta studiando troppo per non arrivare ad una cura in un periodo di tempo non immediato, ma neanche incredibilmente lungo.

Inoltre leggi tutte le ricerche che posta Dora? Alcune cose , in un uso combinato, potrebbero davvero funzionare tra che so 10-15 anni?

Io spero davvero sia cosi e ci credo anche. Non ho molta intenzione di prendere potenti farmaci per altri 40 anni( unica via per ora)
Questo ci può anche stare, però capisci che se ne parla tra non meno di 15 anni. Anche in un video di un convegno (non ricordo bene quale) gli esperti erano tutti d'accordo nel dire che una cura è abbastanza lontana nel tempo (letteralmente è stato detto "è un tempo misurabile in molti molti anni") a sottolineare che per adesso la tecnologia non è pronta.

Quello che io credo è che l'aids sarà sconfitta ancor prima di essere curata nei pazienti cronicamente infetti, perchè prima ancora di una cura arriveranno dei farmaci preventivi.

Ma non è vero quello che dici :D
Io invece ho letto di ricercatori che ritengono possibile una cura anche in 10 anni, quindi non " non meno di 15" e anzi già tra pochi anni dovrebbero essere disponibili i primi vaccini terapeutici( che poi da soli non facciano moltissimo è un altro discorso)

E non è detto che i trial che ora sono in fase 2 di ricerche molto belle ,non si rivelino risolutivi.Prima anche quindi di 10 anni. Insomma può essere 6-10-15-20 non lo so ma secondo me dire " non ci sarà prima di 15 anni" è sbagliato perchè è come avere una sfera di cristallo.

Ti sbagli anche su un'altra cosa in realtà e cioè che arriverà prima una cura preventiva che terapeutica. Sempre il ricercatore con cui ho parlato mi ha detto il contrario e cioè che si è piu lontani sul fronte preventivo che su quello terapeutico( a meno che tu non ti riferissi alla prep )

Certo il tempo è lungo parliamo ipoteticamente comunque di 10 anni (10 anni tanto per dire ) non di 10 mesi. Però negli ultimi 5-6 anni hanno fatto dei passi davvero da gigante in questo settore...pochi anni eh,non decenni



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