Se il doppio obiettivo di riattivare il reservoir latente e di migliorare l’immunità innata in persone con viremia soppressa dalla ART potesse essere raggiunto somministrando un’unica sostanza, avremmo una nuova strategia per diminuire il numero dei CD4 latentemente infetti nelle persone con viremia controllata dalla terapia.
Una nuova via verso una cura funzionale, dunque.
Prima qualche parola su questa nuova sostanza, poi i dettagli della sperimentazione.
Il poly-ICLC è una sostanza (e specificamente un acido ribonucleico sintetico) che induce le cellule a produrre interferone, che come sappiamo stimola l’immunità innata, quella immunità non-specifica, che è una risposta immediata del sistema immunitario a un patogeno e che sorge molto prima della protezione più specifica fornita dagli anticorpi.
Quando è stato messo a punto una trentina di anni fa, il poly-ICLC è stato testato contro il cancro, somministrandone alte dosi per brevi periodi. Ma gli effetti terapeutici sono stati modesti e c’è stata una certa tossicità, per quanto transitoria. Poiché, parallelamente, gli interferoni erano stati prodotti di sintesi e potevano essere somministrati dall’esterno, il poly-ICLC è stato messo da parte.
Da allora, però, le grandi speranze riposte negli interferoni si sono di molto ridimensionate e si è capito che il sistema stesso dell’interferone può essere inibito da tanti diversi tipi di virus e di tumori. D’altra parte, si è anche visto che il poly-ICLC dato a bassi dosaggi è in grado di attivare diversi altri meccanismi di difesa dell’ospite, ben al di là della semplice produzione di interferone. Fra questi meccanismi, quelli che interessano a noi sono degli specifici effetti antivirali e una maggiore stimolazione immune – il tutto con tossicità minima o nulla (gli effetti collaterali associati al farmaco testato che si sono visti nelle sperimentazioni sul cancro sono stati molto contenuti: stanchezza, febbre, brividi, dolori muscolari, mal di testa …).
Quindi abbiamo una sostanza che
- 1. induce la produzione di interferoni;
2. stimola l’attivazione dei linfociti T, delle cellule Natural Killer e delle cellule dendritiche e la produzione di citochine (interferoni, interleuchine, corticosteroidi, fattore di necrosi tumorale), così favorendo il riconoscimento e la distruzione dei patogeni;
3. può essere usata per rinforzare l’effetto di un vaccino terapeutico, aumentando la risposta immune – sia anticorpale, sia cellulare – a un antigene.
C’è anche un’altra caratteristica del poly-ICLC, le cui implicazioni terapeutiche non sono però ancora del tutto chiare: si è visto in vitro che questa sostanza riesce a sovra- o a sotto-regolare l’espressione di una gran quantità di geni, alcuni dei quali svolgono ruoli cruciali nelle difese naturali del corpo contro virus e tumori e nel controllo di altre funzioni cellulari, fra cui la sintesi delle proteine, l’apoptosi cellulare (la morte programmata delle cellule), il metabolismo e la crescita cellulare.
Tutta questa lunga premessa, per arrivare a dire che Martin Markowitz, insieme agli altri ricercatori del Rockefeller University Hospital e della Icahn School of Medicine at Mount Sinai, ha pensato di indagare la capacità del poly-ICLC di agire sul virus latente. In particolare, si vuole capire se è in grado di fare aumentare i livelli di HIV presenti nei CD4 nello stesso momento in cui migliora la risposta immune.
È stato dunque impostato il trial randomizzato e in doppio cieco, di fase I/II (sicurezza ed efficacia) Poly-ICLC in Treated HIV Infection, che prevede di arruolare circa 20 persone con viremia stabilmente < 50 copie/ml e CD4 > 500 cellule/mm3, cui verrà fatto firmare un consenso informato, dove è specificato a chiare lettere che
- 1. l’idea del trial è di testare sicurezza ed efficacia del poly-ICLC come coadiuvante di un futuro vaccino terapeutico;
2. si vuole anche capire se e quanto effetto il poly-ICLC abbia sia nello stimolare le risposte immuni, sia nel forzare la trascrizione dell’HIV latente;
3. chi prende parte allo studio non deve aspettarsi di averne un beneficio per sé, anche se non lo deve escludere: quello che si imparerà da questo studio servirà in futuro ad altri.
Veniamo al progetto della sperimentazione.
Si compone di due fasi: la fase di trattamento, che dura 2 giorni, e quella di osservazione, che dura 48 settimane.
I pazienti verranno casualmente assegnati a uno dei due bracci: il 75% (15) di loro riceverà due iniezioni sottocutanee di poly-ICLC, il 25% (5) un placebo. Nessuno di loro sospenderà la ART.
Queste le procedure cui verranno sottoposti i partecipanti:
L’obiettivo primario (i cui risultati sono attesi per dicembre 2016) è stabilire se il poly-ICLC è sicuro e ben tollerato.
Gli obiettivi secondari (i cui risultati sono attesi per giugno 2017) sono:
- 1. confermare che il poly-ICLC aumenta le risposte immuni innate e che le sue proprietà immunostimolanti sono transitorie (questo sarà fatto valutando l’attivazione e la funzionalità delle cellule dendritiche e delle Natural Killer, i marker di attivazione immunitaria e di esaustione HLA-DR, CD38, PD-1, CTLA-4, nonché i livelli di citochine e di marker solubili IFN di tipo I, TNF, IL-6, sCD14, proteina C reattiva, D-dimero, IL-12)
2. determinare se il poly-ICLC riesce a distruggere la latenza dell’HIV (questo sarà fatto misurando la trascrizione virale mediante i livelli di HIV RNA associato alle cellule, di DNA provirale e di viremia plasmatica).