Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio da fare?

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio da fare?

Messaggio da Dora » martedì 18 marzo 2014, 10:06

SE SOMMIAMO UN MEZZO FALLIMENTO CON UN MEZZO DISASTRO, QUANTE PROBABILITÀ CI SONO CHE NE RISULTI UN SUCCESSO?

Da quando Siliciano ha dimostrato che non basta risvegliare il virus dalla latenza perché le cellule riattivate magicamente muoiano, ma è necessario rinforzare le reazioni citolitiche dei CD8 perché ci pensino loro a farle fuori, si sono potuti osservare tutti i gruppi di ricerca che stavano sperimentando un qualche vaccino terapeutico lanciarsi in corsa sul carro dell’eradicazione.

Ed è così accaduto che anche nel Regno di Spagna si siano detti: “abbiamo un vaccino terapeutico che sta andando così-così” (ogni scarrafone etc. …) – l’MVA-B – “vuoi vedere che, se lo uniamo a un qualche farmaco antilatenza, a distruggere il reservoir ci arriviamo per primi noi?!”
E hanno pensato bene di rivolgersi – a che cosa? Al disulfiram, che era già stato sperimentato da Siliciano, Deeks e compagnia bella e aveva dato risultati che definire pietosi è un misericordioso eufemismo. Va bene, la sperimentazione non si concluderà che quest’anno, ma dubito che qualcuno si aspetti un ribaltamento dei risultati: il disulfiram non ha fatto una cippa minimamente influito né sulle dimensioni del reservoir, né sulla viremia residua e continuare a girare attorno al mistero del suo meccanismo d’azione difficilmente cambierà la dura realtà. Restiamo dunque con una domanda che ci tormenta: se anche rafforzi le reazioni CTL con un vaccino, ma di virus che ricomincia a trascriversi non ne hai perché il tuo farmaco antilatenza non ha funzionato, dove mai troveranno CD4 infetti da uccidere i tuoi bellicosi CD8?

Che cosa ne è uscito dal pensamiento spagnolo? Giudicate voi.

Questi sono i risultati che Garcia, Mothe e colleghi hanno portato al CROI in due poster - #345 e #346 - il primo in cui raccontano che cosa è successo alle viremie dei loro pazienti vaccinati con l’MVA-B quando hanno sospeso la ART; il secondo in cui raccontano delle viremie di chi ha sospeso la ART e, oltre al vaccino terapeutico, era stato trattato anche con disulfiram.

I pazienti sono stati divisi casualmente in modo che 20 ricevessero 3 iniezioni intramuscolo di MVA-B (settimane 0, 4 e 16), e 10 ricevessero un placebo. 8 settimane dopo l’ultima dose di vaccino, tutti hanno sospeso la ART per 12 settimane, durante le quali – oltre alla immunogenicità del vaccino - è stata studiata la dinamica del rebound delle viremie.
È stato inoltre creato un sotto-gruppo di 12 pazienti (8 nel gruppo del vaccino e 4 in quello del placebo), che alla 36° settimana hanno ricevuto una quarta dose di MVA-B, seguita da 2 mesi di 250 mg al giorno di disulfiram. Anche per loro, quando hanno sospeso la ART, è stato valutato l’andamento delle viremie per capire se la riattivazione della trascrizione virale mediante disulfiram poteva portare all’eliminazione del reservoir latente.

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Caratteristiche generali dei pazienti:

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Effetti collaterali: le vaccinazioni sono state ben tollerate e non si sono verificati eventi avversi di grado 3 o 4 e, finché i pazienti hanno continuato a prendere la ART, le viremie si sono mantenute sotto i livelli di rilevabilità.

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Immunogenicità: non si sono visti cambiamenti di rilievo nelle risposte HIV-specifiche, né differenze fra chi ha ricevuto il vaccino e chi il placebo (tranne un piccolo aumento delle risposte alla Gag e alla gp120 della Env contenute nel vaccino). Né si sono visti aumenti della avidità funzionale dopo le vaccinazioni. Si è potuto escludere che l’immuno-attivazione non specifica rilevata fosse dipendente dal vaccino. Tutti i dettagli nelle 4 slides seguenti:

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Viremie: dopo l’interruzione della ART, in tutti i pazienti si è avuto un rebound delle viremie. A 12 settimane dall’interruzione della terapia, la mediana della riduzione della viremia (confrontata con il set point raggiunto dalla viremia prima della ART) è stata di -0,24 log in chi ha ricevuto il vaccino e di -0,53 log in chi ha ricevuto il placebo (p=0,74 – il dato non è significativo dal punto di vista statistico, ma la riduzione è stata comunque più bassa nel placebo, ahimè).
Non c’è stata correlazione fra la dinamica del rebound delle viremie e le risposte valutate prima dell’interruzione della ART.
I CD4 sono diminuiti allo stesso modo nei due gruppi.


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Dopo dati così deludenti, la conclusione possibile è una sola:

  • [divbox]La vaccinazione è stata sicura e qualche miglioramento nelle risposte immuni HIV-specifico l’ha dato. Ma il suo impatto sulle viremie dopo l’interruzione della ART è stato marginale (si poteva essere più onesti, suvvia!).[/divbox]


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E veniamo ora al *fortunato* gruppo di pazienti che, oltre alla vaccinazione, ha ricevuto il disulfiram.

Finché sono rimasti in terapia, come in tutti gli altri le loro viremie sono rimaste irrilevabili – e questo è bene. Ma quando la ART è stata sospesa, si sono comportati esattamente come gli altri – e questo no, non è affatto bene.
La dinamica del rebound delle viremie è stata sovrapponibile a quella di chi non aveva ricevuto il disulfiram: le proporzioni con rebound a 2 settimane dalla sospensione della ART sono state simili fra i due gruppi (58% disulfiram, 50% gli altri). E stesso discorso per il rebound dopo 4 settimane (92% disulfiram, 88% gli altri).
A 12 settimane dall’interruzione della terapia, il cambiamento medio delle viremie era -0,72 log nel gruppo MVA-B + disulfiram e -0,35 log nel gruppo solo vaccino (anche qui la significatività statistica non è stata raggiunta – p=0,46).
Dopo l’interruzione della ART, i CD4 sono declinati allo stesso modo nei due gruppi.



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Conclusione:

  • [divbox]La strategia combinata di vaccino terapeutico MVA-B più disulfiram né ha impedito, né ha ritardato il rebound delle viremie dopo l’interruzione della ART, se comparata alla vaccinazione senza farmaco antilatenza.[/divbox]


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E dunque, se tiriamo le somme, questa volta

  • [divbox]UN MEZZO FALLIMENTO + UN MEZZO DISASTRO = UN FALLIMENTO COMPLETO.[/divbox]




P.S. Gli spagnoli presentavano due poster ed io non ero lì, quindi non sono in grado di dire che cosa decideranno di fare con questa - inequivocabile - "proof of concept". Magari troveranno qualcuno disposto a finanziare una sperimentazione più estesa? In questi tempi strani in cui ci tocca vivere, in cui i deliri nazionalistici di grandezza non sono una prerogativa soltanto italiana, non lo si può escludere a priori.



admeto
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Re: R: Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio d

Messaggio da admeto » martedì 18 marzo 2014, 11:03

Scusate, non riesco a capire se il vaccino di cui si parla qui è collegato con il vaccino TriMix/mRNA di cui si parla in un altro thread



Dora
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Re: R: Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio d

Messaggio da Dora » martedì 18 marzo 2014, 11:10

admeto ha scritto:Scusate, non riesco a capire se il vaccino di cui si parla qui è collegato con il vaccino TriMix/mRNA di cui si parla in un altro thread
No. Nomi diversi, vaccini diversi (proprio basati su principi diversi), gruppi di ricerca (in buona parte) diversi. Solo la Spagna e Felipe Garcia come comun denominatore.



Datex
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Re: Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio da f

Messaggio da Datex » lunedì 23 novembre 2015, 21:17

qualcuno sembra ancora convinto che possa servire a qualcosa.

Interesting initial study that an anti-alcolism drug wakes up dormant HIV.

http://www.sciencealert.com/alcoholism- ... -of-hiding

A drug that’s used to treat alcoholism has been found to activate dormant HIV cells, dragging them out of hiding so they can be destroyed. When given to 30 HIV positive patients in the US and Australia in a three-day trial, the common anti-alcohol drug, disulfiram, appears to ‘wake up’ HIV cells without causing any harmful side-effects.

Sold commercially as Antabuse, the drug causes people to vomit when they consume alcohol, which makes a pretty strong case to never drink again. But now it seems it can also overcome one of the greatest hurdles to curing HIV/AIDS: HIV latency.


HIV latency allows the virus to lay dormant and undetected in various hiding places around the body, safe from the effects of current antiretroviral drugs (ART) that can only treat HIV in the bloodstream.

Scientists had already identified a class of drugs called histone deacetylase that can kick dormant HIV into gear, but they inflict too many toxic side effects to be a viable treatment option. That’s what makes disulfiram so promising - no harmful side-effects have been detected.

"This trial clearly demonstrates that disulfiram is not toxic and is safe to use, and could quite possibly be the game changer we need," lead researcher, Sharon Lewin from the University of Melbourne in Australia, told Reuters. "The dosage of disulfiram we used provided more of a tickle than a kick to the virus, but this could be enough. Even though the drug was only given for three days, we saw a clear increase in [the] virus in [blood] plasma, which was very encouraging."

Current antiretroviral drugs can keep HIV in the blood in check, but patients have to take them for the rest of their lives in case the dormant virus re-emerges. Disulfiram appears to flush everything out into the open, which is just the first step in the search for a cure.

Once the team confirms that the drug is definitely flushing out the dormant HIV - Andy Coghlan reports for New Scientist that they interpret an increase in HIV gene expression in their study group as a sign that it had been woken up - the next step will be to find a drug that can kill them once they hit the bloodstream. While antiretroviral drugs can stop these cells from multiplying, they can’t destroy them.

"This is a very important step as we have demonstrated we can wake up the sleeping virus with a safe medicine that is easily taken orally once a day. Now we need to work out how to get rid of the infected cell. A kick-start to the immune system might help," one of the team, Julian Elliott from the University of Melbourne, said in a press release. "We have an enormous amount still to learn about how to ultimately eradicate this very smart virus."

The study has been published in The Lancet HIV.



Dora
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Re: Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio da f

Messaggio da Dora » lunedì 23 novembre 2015, 21:21

Sì, ho in programma di parlarne, andando a riprendere anche tutta la sperimentazione che si trova sparsa nel thread dedicato a Siliciano.
Però non ho ancora avuto modo di leggere l'articolo. Mi dispiace, sono in ritardo su tutto. :oops:
Appena possibile, preparo il post.



Dora
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Re: Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio da f

Messaggio da Dora » sabato 28 novembre 2015, 6:54

Anche se la ricerca sul disulfiram + vaccino MVA-B è solo uno spin-off della ricerca madre sul disulfiram ED È CONFERMATO CHE NON È ARRIVATA A NULLA, invece di aprire un thread a parte per la ricerca madre ho pensato di raccogliere qui alcune cose scritte negli ultimi anni sul disulfiram per riordinare le idee e affrontare il lavoro di Sharon Lewin (che NON ha sperimentato il farmaco insieme al vaccino spagnolo) non come un fungo spuntato improvvisamente nella notte, ma come la continuazione di una ricerca che seguiamo dal 2010 (o forse addirittura 2009).
Chi ha fretta può saltare tutto e arrivare all'ultima citazione, che riassume quel che abbiamo visto fino al 2014.

Nel prossimo post - che arriverà appena possibile - parlerò dell'articolo della Lewin.


Dal thread [STUDI] Siliciano: chinoline, disulfiram, reazioni CTL, un post su CROI 2012:

Dora ha scritto:Passiamo ora alla mezza delusione del disulfiram, per il quale Spivak, Siliciano e Deeks hanno presentato un poster sui risultati preliminari della sperimentazione pilota.

Paper #369 - Safety and Feasibility of Using Disulfiram to Enhance HIV Transcription among Long-term ARV-treated Adults: Preliminary Results from a Pilot Study

Adam Spivak1, A Andrade2, R Hoh3, P Bacchetti3, E Eisele2, R Buckheit III2, J Lai2, J Siliciano2, R Siliciano2, and S Deeks3

1Univ of Utah, Salt Lake City, US; 2Johns Hopkins Univ, Baltimore, MD, US; and 3Univ of California, San Francisco, US


Background: il DNA dell’HIV che rimane silente dal punto di vista trascrizionale persiste nei CD4 memoria durante la HAART. In un modello cellulare primario di latenza dell’HIV, il disulfiram aveva indotto la trascrizione del virus a delle concentrazioni raggiunte in vivo. Questo studio ha valutato se l’aggiunta di disulfiram a una HAART stabile potesse aumentare la produzione del virus e ridurre la dimensione del reservoir.

Metodi: si tratta di uno studio pilota con un solo braccio e ancora in corso. A dei pazienti stabilmente in HAART, con HIV RNA irrilevabile nel sangue da almeno un anno e disposti ad astenersi dall’alcool, sono stati somministrati 500 mg di disulfiram una volta al giorno per almeno un anno. L’HIV RNA è stato misurato mediante single copy assay prima dell’inizio della sperimentazione, al momento dell’inizio della stessa, nei giorni dall’1 al 4, dal 7 all’11, e poi il 14, 16, 18, e ancora alla terza, quarta, ottava e dodicesima settimana. La dimensione del reservoir è stata misurata mediante diluizione in co-coltura prima dell’inizio e alla 12° settimana. La viremia è stata analizzata mediante regressione binomiale negativa e sono state valutate le cellule del reservoir di ciascun paziente su un milione di cellule in co-coltura, mediante il metodo della massima verosimiglianza, e sintetizzate mediante il rapporto mediano prima/poi con un intervallo di confidenza del 95% (CI).

Risultati: nei 14 pazienti studiati il disulfiram è stato ben tollerato, senza anomalie cliniche o di laboratorio di rilievo. C’è stato un aumento medio non significativo di HIV RNA nel plasma del 53% (CI da -28% a +225%) durante la somministrazione di disulfiram e dell’88% (CI da -23% a +355%) dopo la somministrazione. Simili risultati sono stati ottenuti usando modelli generali, che consentono maggiori osservazioni di SCA = 0 rispetto alla distribuzione binomiale negativa. Ad un sottogruppo di 8 pazienti è stato prelevato il sangue il I giorno, da 1 a 2 ore dopo la prima dose di disulfiram. Quando questo momento è stato inserito nel modello separatamente, si è avuto un aumento stimato di 4,5 volte dell’HIV RNA nel sangue rispetto al basale (95% CI da 1,4 volte a 8 volte, p = 0,017), con un aumento stimato del 18% (CI da -44% a +148%) rispetto al basale in momenti successivi rispetto alla somministrazione del farmaco. La dimensione del reservoir è diminuita di una mediana del 14% (95% CI da -58% a +36%, p = 0,36).

Conclusioni: due settimane di disulfiram a dosi standard sono state ben tollerate dal nostro campione e si sono dimostrate sicure. I nostri risultati preliminari mostrano un modesto aumento dell’HIV RNA plasmatico e una modestissima riduzione della dimensione del reservoir latente. Il possibile aumento nella produzione di virioni osservato durante il primo giorno fa ipotizzare che il farmaco che ha influenza sul reservoir latente possa avere un effetto rapido. Abbiamo modificato il nostro protocollo per fare ulteriori studi in diversi momenti virologici durante il primo giorno. Per valutare i livelli di disulfiram, prenderemo anche dei campioni dalla mucosa gastrointestinale, dai tessuti linfonodali e dal plasma.

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Passo ora alle slides della presentazione orale tenuta da Adam Spivak durante una sessione intitolata Breaking Latency.

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Ed ora due post su AIDS 2012:
Dora ha scritto:DISULFIRAM: eravamo fermi ai risultati così così (moolto così così) del CROI.

Non ci sono dati nuovi sulla sperimentazione ma, spulciando fra i lavori appena presentati ad AIDS 2012, ho trovato un abstract di John Mellors e altri di Pittsburgh, in cui viene descritto il meccanismo attraverso il quale il disulfiram riesce a riattivare l'espressione del virus latente. [Ma non sarebbe stato un lavoro da fare PRIMA del trial clinico? :roll:]

Comunque stia andando il trial, a quanto pare ci credono ancora.
Anzi, avendo individuato il meccanismo di azione - la diminuzione nei CD4 memoria dell'espressione del gene PTEN (fosfatasi e omologo della tensina) che, grazie alla somministrazione di disulfiram, viene espresso a livello di proteine ma non di RNA, portando così alla riattivazione dell'HIV latente - Mellors e colleghi ritengono che questo apra una nuova strada per ridurre le dimensioni del reservoir: quella degli inibitori del PTEN.



Mechanism by which disulfiram reactivates latent HIV-1 expression

G. Doyon, J. Zerbato, J. Mellors, N. Sluis-Cremer

University of Pittsburgh School of Medicine, Infectious Diseases, Pittsburgh, United States


Background: Disulfiram, a drug used to treat chronic alcoholism, was shown to reactivate latent HIV-1 expression in a primary cell model of virus latency. Furthermore, an ongoing clinical trial is assessing whether a two-week course of this drug will reduce the HIV-1 latent reservoir in patients on highly active antiretroviral therapy. In this study, we investigated the mechanism by which disulfiram reactivates latent HIV-1 expression.

Methods: Disulfiram treatment was assessed in three different cell line models of HIV-1 latency (i.e., ACH-2 (derived from CEM), J89GFP Jurkat and U1 monocytic), and in CD4+ central memory T cells isolated from HIV-negative individuals.

Results: We found that disulfiram reactivated latent HIV-1 expression in the U1 cell line, but not in the J89GFP or ACH-2 cell lines. Since both Jurkat and CEM cells lines are known to be phosphatase and tensin homolog (PTEN)-null, we further investigated the impact of disulfiram treatment on PTEN expression and the PI3K/Akt signaling pathway in both CD4+ central memory T cells and U1 cells. We found that disulfiram significantly down-regulated PTEN expression at the protein, but not RNA, level. Decreased PTEN expression correlated with an increase in phosphorylated Akt and reactivation of latent HIV-1 expression.

Conclusions: Our data show that disulfiram down-regulates PTEN expression, which results in activation of the PI3K/Akt signaling pathway. These studies further highlight an important role for this signaling pathway in the establishment and maintenance of HIV-1 latency, and suggest that PTEN inhibitors may provide an avenue to reduce the size of the latent reservoir.
E subito dopo:
Dora ha scritto:
Dora ha scritto:DISULFIRAM: eravamo fermi ai risultati così così (moolto così così) del CROI.

Non ci sono dati nuovi sulla sperimentazione ma, spulciando fra i lavori appena presentati ad AIDS 2012, ho trovato un abstract di John Mellors e altri di Pittsburgh, in cui viene descritto il meccanismo attraverso il quale il disulfiram riesce a riattivare l'espressione del virus latente. [Ma non sarebbe stato un lavoro da fare PRIMA del trial clinico? :roll:]

Comunque stia andando il trial, a quanto pare ci credono ancora.
Anzi, avendo individuato il meccanismo di azione - la diminuzione nei CD4 memoria dell'espressione del gene PTEN (fosfatasi e omologo della tensina) che, grazie alla somministrazione di disulfiram, viene espresso a livello di proteine ma non di RNA, portando così alla riattivazione dell'HIV latente - Mellors e colleghi ritengono che questo apra una nuova strada per ridurre le dimensioni del reservoir: quella degli inibitori del PTEN.
Un brevissimo aggiornamento da parte di Steven Deeks, in risposta a un'intervista sulle prospettive di cura fattagli da Oriol Gutierrez e appena pubblicata su POZ:


  • Please explain your disulfiram research.

    The primary barrier to a cure is the fact that the genetic information for HIV gets integrated into long-lived CD4 cells, so they basically exist for years and years and become silent. To cure people, we need drugs that activate this resting HIV, forcing it out of its hiding place. This in theory should result in the death of the infected cell.

    A few years ago, Bob Siliciano found that disulfiram—[better known as Antabuse, which is used to treat alcohol dependency]—reverses HIV latency in cell culture. Through mechanisms yet to be defined, the drug appears to activate HIV from resting cells. The level of drug exposure necessary to cause this effect is similar to that obtained when the drug is given to people with alcohol problems.

    Since this drug has actually been around for almost 60 years and is clearly safe, at least in people who don’t drink, we designed a series of clinical trials to advance this idea into patients.

    We first performed a pilot study to confirm its safety. We found in that study that the drug might increase HIV production. With funding from amfAR and now the NIH, we are about to launch a more definitive study to see if this drug actually might contribute to a cure.
E qualche perplessità:
Dora ha scritto:A me i conti sul disulfiram non tornano per una ragione tutta interna al trial: perché al CROI, sia pure a denti strettissimi, Deeks & co. avevano ammesso che i risultati sul reservoir erano - a usare un eufemismo - piuttosto modesti e non avevano minimamente raggiunto una significatività statistica.
L'unica ragione che mi do di questa insistenza a continuare, quindi, è che la riattivazione in vivo del virus latente era modesta, sì, ma non nulla e, a fronte della miseria di risultati sul versante eradicazione, è sempre qualcosa contro niente. Insomma, non vorrei che stessero cincischiando come è stato fatto per il vaccino thai, perché il 30% non era zero.

Tenete però conto che è una sperimentazione pensata e sponsorizzata da Siliciano quindi, prima di considerarla fuffa, io devo proprio sbatterci la faccia contro.

Comunque sia, il trial di cui allora portarono dei risultati parziali adesso dovrebbe essere in via di completamento (Estimated Study Completion Date: June 2012; Estimated Primary Completion Date: June 2012 [Final data collection date for primary outcome measure]) e ho visto che ce n'è un altro in atto, sempre della University of California, San Francisco, per studiare le interazioni fra disulfiram e efavirenz, o atazanavir, o ritonavir (molto strano che studino le interazioni con il norvir, perché contiene alcool e si sa da mo' che non deve essere preso insieme al disulfiram). Forse si stanno portando avanti?
Arriviamo così al gennaio 2014:
Dora ha scritto:DISULFIRAM

Nel corso del 2013 di disulfiram non è mai capitato di parlare ed io pensavo che fosse una ricerca finita nel nulla, dati i risultati men che modesti emersi dallo studio pilota (in questo thread, che sta ormai diventando assai lungo, ne abbiamo parlato qui, qui, qui e qui).

In un certo senso era così. E se mi fossi accorta solo l'altro ieri, invece che ieri, che il 12 dicembre era uscito su Clinical Infectious Diseases un major article di Spivak, Deeks, Siliciano e colleghi, in cui si ammette senza mezzi termini l'insuccesso del disulfiram nel ridurre le dimensioni del reservoir latente in quello studio pilota del 2012, avrei scritto ieri un breve post, che sarebbe stato la perfetta conclusione di un anno davvero orrendo, in cui le bastonate che ci sono arrivate (da Siliciano, ma non solo) sono state particolarmente dure.

Ma era così solo in un certo senso. E allora inizio il 2014 con un post in cui devo, sì, raccontare di un fallimento sancito nell'anno passato, ma posso anche aprire a una piccola speranza per l'uso futuro del disulfiram - sotto altri dosaggi, per altri tempi, in modalità diverse - come farmaco anti-latenza. Infatti, ci dicono Deeks e gli altri, è vero che non si sono viste variazioni statisticamente significative nelle dimensioni del reservoir, ma è anche vero che in alcuni partecipanti al trial si sono potuti misurare degli aumenti transitori della viremia. Quindi qualcosa il disulfiram deve avere pur fatto al virus latente.

Un brevissimo riepilogo dell’articolo.

  • 1) Il disulfiram (nome commerciale Antabuse) è un farmaco usato per trattare l’alcolismo in circolazione da più di mezzo secolo. Questo lo rende particolarmente attraente, perché in tutti questi anni abbiamo avuto modo di conoscerlo bene e non si porta dietro pesantissimi sospetti come gli HDACi. E infatti quel che ci viene detto immediatamente nell’articolo è che è stato sicuro e ben tollerato.

    2) Quando Siliciano l’aveva testato in vitro, aveva dimostrato di essere capace di indurre la trascrizione dell’HIV nei CD4 latentemente infetti, e di farlo a delle concentrazioni che possono essere usate in vivo. È stato dunque condotto uno studio, in aperto e con un solo braccio, su 16 persone con viremia soppressa dalla ART da almeno un anno (e da una mediana di 79 mesi) e più di 200 CD4 (ma la mediana dei CD4 era 600, con percentuale mediana 30%), cui sono stati dati 500 mg al giorno di disulfiram, per 14 giorni (dosaggio scelto perché permette di raggiungere in vivo concentrazioni del farmaco paragonabili a quelle che in vitro hanno causato un’inversione della latenza; la sicurezza di dosi più alte non è nota).

    3) Le domande cui si voleva dare risposta erano due:
  • Il disulfiram è in grado di riattivare l’HIV latente in un modo che possa essere rilevato misurando aumenti nella viremia residua?
  • La riattivazione dell’HIV mediante disulfiram è in grado di portare a una riduzione nelle dimensioni del reservoir latente?

  • 4) Un solo paziente ha avuto un blip durante la sperimentazione, ma la viremia è tornata irrilevabile al controllo successivo.

    5) Le dimensioni del reservoir sono state misurate mediante SCA (Single Copy Assay) 2 settimane prima e 10 settimane dopo la somministrazione del disulfiram. A questo secondo controllo, le dimensioni sono risultate invariate in tutti i pazienti.

    6) Durante la somministrazione del farmaco la viremia residua, che è stata misurata ogni due giorni per tre settimane e poi per 9 settimane dopo la fine del trattamento, è rimasta sostanzialmente invariata rispetto ai valori di partenza. La viremia è risultata infatti mediamente 1,93 volte superiore dopo rispetto a prima (IC 95%, range 1,04 – 3,57, p = 0,039).

    7) In una analisi post-hoc (quella fatta durante quest’anno di apparente silenzio), si è visto in diversi pazienti (6 su 15) un inatteso aumento rapido e transitorio della viremia in campioni prelevati immediatamente dopo la somministrazione del disulfiram: la viremia è aumentata in media di 2,96 volte (IC 95%, range 1,29 – 6,81, p = 0,014).

    8) La variabilità nella risposta al disulfiram (e la corrispondente variabilità delle concentrazioni raggiunte dal farmaco nel sangue) deve ancora essere spiegata: per alcune persone, il dosaggio di 500 mg è insufficiente a innescare la riattivazione del virus latente; ma poiché circa il 50% dei pazienti di questo studio ha invece avuto un aumento della viremia di basso livello subito dopo la somministrazione del farmaco, che è stato abbastanza sostenuto da durare un paio di mesi e da indicare una tendenza (statisticamente non significativa, ma pur presente) alla riduzione delle dimensioni del reservoir, si può pensare che una maggiore esposizione al farmaco in vivo potrebbe anche comportare degli effetti maggiori e più duraturi sulla produzione dell’HIV. Questo aspetto è molto interessante anche da un punto di vista teorico, perché potrebbe confermare un’ipotesi che si sta facendo strada in questi ultimi tempi, secondo cui c’è una “soglia” della trascrizione virale (ovvero della produzione di virus) necessaria perché si inneschi il meccanismo di apoptosi (autodistruzione) delle cellule infette riattivate o perché queste cellule diventino visibili al sistema immunitario e possano essere distrutte dai CD8.


Il punto 8) è quello che dà ancora qualche speranza sul disulfiram come farmaco anti-latenza e che ci fa iniziare l’anno in una disposizione leggermente migliore rispetto a come l’abbiamo finito.

Se però proviamo a tirare le somme, quel che non possiamo negare è che, anche se il meccanismo d’azione del disulfiram è poco chiaro e il suo effetto altamente variabile da persona a persona e anche se i metodi per misurare le dimensioni del reservoir latente fanno acqua da tutte le parti, quindi è difficile dire alla fin fine che cosa misurino, il disulfiram sembra aver lasciato sostanzialmente indisturbato il reservoir.

In un editoriale che accompagna l’articolo, Martin Tolstrup (uno dei danesi che stanno sperimentando il panobinostat) si rammarica che Deeks e colleghi non abbiano misurato l’HIV RNA associato alle cellule, che è presumibilmente il test più sensibile per misurare l’attivazione della trascrizione virale.
Questo – dice Tolstrup – avrebbe potuto aumentare la probabilità di dimostrare un effetto più consistente sulla inversione della latenza. Inoltre, avrebbe permesso di confrontare direttamente la potenza di riattivazione del disulfiram e quella del vorinostat, anch’esso sperimentato per 14 giorni da Margolis e Lewin, in un trial il cui fallimento è stato sancito sempre nel 2013. Da notare che anche nel trial sul vorinostat si sono osservati aumenti statisticamente significativi della riattivazione dell’HIV nei momenti immediatamente successivi alla somministrazione del farmaco (e il parallelismo fra disulfiram e vorinostat non si ferma qui perché, come nel caso del disulfiram, anche nel trial di Margolis e Lewin non si sono visti effetti sul DNA provirale).

Vedremo dunque che cosa accadrà quando il disulfiram verrà dato per più tempo e in dosi maggiori in persone in cui abbia dimostrato di poter fare qualcosa. E vedremo se potrà essere combinato insieme ad altre sostanze anti-latenza: il suo ottimo profilo di sicurezza permette infatti di pensare che possa essere usato in sinergia con altri farmaci per riattivare la trascrizione del virus.

Quello che Siliciano ci ha insegnato nel 2013 è che anche una inversione della latenza forte e sostenuta potrebbe non essere sufficiente ad intaccare il reservoir in modo duraturo.
Quello che invece ci aveva insegnato nel 2012 era che lo “shock and kill” che abbiamo definito “ingenuo”, che riteneva che bastasse usare dei farmaci anti-latenza perché le cellule riattivate producessero virus e venissero quindi distrutte o dagli effetti del virus stesso, o dai CD8, non regge alla prova dei fatti: sembra infatti che invertire la latenza senza attivare i linfociti T non basti a distruggere i CD4 latentemente infetti.
Lo studio uscito adesso conferma quindi che lo “shock and kill” con farmaci come il disulfiram deve essere integrato con una strategia che rafforzi i CD8 nella loro opera di distruzione dei CD4 memoria quiescenti che si mettono a produrre virus.




Suggerimento di Dora per l'inizio dell'anno: si sta facendo un trial sul panobinostat senza CPG 7909 (o equivalente) e si inizierà presto un trial sull'auranofin senza BSO. Aspettiamoci dei risultati simili a quelli del disulfiram e del vorinostat, cioè che si intraveda qualche *possibile-se-pur-minimo-e-statisticamente-non-significativo* effetto sul reservoir e si prospetti dunque la necessità di nuovi trial, che oltre allo "shock" diano anche potenza al "kill", rafforzando le reazioni citolitiche dei linfociti T.
E andiamo avanti così, da una proof of concept all'altra. Intanto il tempo passa. Quanta pazienza ci vuole.




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Dora
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Re: Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio da f

Messaggio da Dora » lunedì 30 novembre 2015, 10:11

I RISULTATI DEL TRIAL DI FASE I/II SULLA SOMMINISTRAZIONE PER TRE GIORNI CONSECUTIVI DI DISULFIRAM IN FUNZIONE ANTI-LATENZA

Lancet HIV ha pubblicato online un paio di settimane fa Short-term administration of disulfiram for reversal of latent HIV infection: a phase 2 dose-escalation study, l’articolo di Sharon Lewin e colleghi sulla conclusione dello studio clinico di fase I/II di somministrazione per tre giorni consecutivi di 3 diversi dosaggi di disulfiram in funzione anti-latenza (trial NCT01944371).

Ammetto di essere un poco a disagio a parlarne, perché ci sono degli aspetti dell’articolo che mi sono poco chiari e sono fortemente condizionata dai risultati non proprio esaltanti delle sperimentazioni precedenti, ricordati nel post prima di questo.

Vediamo anzitutto in che cosa è consistita la sperimentazione e a quali risultati ha portato.

Il grafico qui sotto mostra il profilo dello studio, con l’allocazione di 10 pazienti a ricevere 500 mg (la dose standard usata contro l’alcolismo) di disulfiram al giorno per tre giorni consecutivi, 10 pazienti a riceverne 1000 mg e 10 a riceverne 2000. Per accedere alla sperimentazioni era necessario avere almeno 350 CD4, viremia irrilevabile da almeno 3 anni e saper stare senza toccare alcol per la durata dello studio.

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Le caratteristiche dei partecipanti sono elencate nella tabella, da cui si vede che erano tutti maschi, tranne due donne transgender, avevano in media 54 anni (range 26-67), 562 CD4 (range 390-1180), e seguivano una grande varietà di regimi antiretrovirali.

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Oltre ai livelli di farmaco presenti nel sangue, sono stati misurati i livelli di HIV RNA associati alle cellule e nel plasma usando due diversi tipi di test, uno standard che rileva fino a 20 copie/mL e un single copy assay - secondo la sequenza prevista dal protocollo:

  • - qualche giorno prima della prima dose,
    - immediatamente prima della prima dose,
    - 2, 8 e 24 ore dopo la prima dose,
    - 24 ore dopo la seconda (cioè subito prima della terza dose),
    - 2, 8, 24 ore dopo la terza,
    - 7 e 30 giorni dopo la terza.


Ho specificato la sequenza completa dei prelievi, perché si è verificato un fatto “strano”, di cui parleremo fra poco.

Anzitutto il risultato più confortante: gli effetti collaterali sono stati pochi e di scarsa entità (un po’ di nausea e di mal di testa), nessuno di grado superiore al I, nessuno ai dosaggi di 500 e 1000 mg.

In diversi momenti è stato misurato un aumento dell’HIV RNA unspliced associato alle cellule molto modesto, ma statisticamente significativo, soprattutto nel gruppo di persone che ha ricevuto il dosaggio intermedio di 1 g di disulfiram. Stiamo parlando di aumenti di RNA unspliced dello stesso ordine di grandezza di quelli che si sono visti nelle sperimentazioni con il vorinostat e molto minori di quelli visti con la romidepsina.
Ora questo HIV RNA unspliced, che si può misurare nella maggior parte delle persone con viremia soppressa dalla ART, non è ben chiaro che cosa indichi, però ci dice che c’è un inizio di trascrizione virale, che poi può proseguire con la divisione (splicing) del virus e esitare nella sua replicazione. Quindi viene usato come indicatore che la latenza virale è stata un pochino smossa.

Un particolare che Lewin e colleghi hanno definito interessante è il fatto che anche 7 e 30 giorni dopo la fine della somministrazione hanno misurato degli aumenti di HIV RNA unspliced associato alle cellule. Questo, a loro parere, potrebbe indicare che l’effetto del farmaco potrebbe essere prolungato. Però il protocollo prevedeva che al 30° giorno si fermassero le indagini, quindi questo è ancora tutto da dimostrare.

Perché davvero si abbia un effetto anti-latenza valutabile, si deve trovare dell’RNA virale libero nel sangue e avere la conferma – attraverso un’analisi filogenetica – che è materiale uscito dal reservoir (questo forse con il panobinostat e probabilmente con la romidepsina l’abbiamo visto).
Inoltre, perché questo effetto sia consistente, si deve dimostrare che le dimensioni del reservoir latente sono diminuite (a questo purtroppo non siamo ancora arrivati).

Con il test standard, di RNA virale nel plasma dopo somministrazione di disulfiram non se ne è misurato. Qualche piccolo, modestissimo, aumento si è visto nel gruppo che ha ricevuto il dosaggio maggiore usando il single copy assay.

Insomma, se si vuole essere onesti si deve ammettere che l’effetto anti-latenza del disulfiram è stato così piccolo che potrebbe quasi rientrare nei margini di errore dei test.

Tanto più dunque mi appare bizzarro un risultato emerso dai prelievi fatti subito PRIMA di somministrare la prima dose di disulfiram: sono stati infatti misurati degli AUMENTI dell’HIV RNA unspliced!
Ohibò! È materialmente impossibile che quegli aumenti siano stati dovuti all’azione del farmaco.
E allora? Allora Lewin e colleghi propongono un paio di ipotesi: forse quegli aumenti sono stati causati dallo stress di partecipare a un trial clinico, che ha indotto la produzione di ormoni che hanno stimolato un inizio di trascrizione del virus. Oppure ciò è dipeso dall’orario del prelievo: alle 9 di mattina il sistema immune è più attivato.

Posso dirla tutta? A me questo pare un arrampicarsi sugli specchi. Possibile che solo i partecipanti a questo trial fossero stressati o avessero il sistema immune più attivato? Quelli che hanno partecipato ai trial sugli HDACi hanno fatto tutti una seduta di meditazione prima di farsi prelevare il sangue?
Perché non pensare, piuttosto, che aumenti così minimi dell’RNA unspliced – prima e anche dopo il disulfiram - siano da imputarsi ai test, loro sì stressati oltre i loro limiti tecnici?
E come fanno ad essere sicuri che i lievi aumenti di RNA unspliced misurati a 7 e 30 giorni siano da addebitarsi al disulfiram e non a "stress"?

In ogni caso, Lewin e colleghi ammettono che gli effetti anti-latenza del disulfiram non possono proprio far gridare al miracolo. Ritengono però che, dal momento che le tossicità del farmaco sono minime, potrebbe essere usato insieme a qualche HDACi per vedere l’effetto che fa.

Così Lewin, che quando ha scoperto che gli HDACi stimolano l’espressione o il silenziamento di alcuni geni senza che noi lo vogliamo ha detto che era cosa di cui non preoccuparsi; e quando altri hanno mostrato che gli HDACi possono avere effetti negativi sui CD8, anche allora ha detto che non c’era da preoccuparsi, ora che vuole andare avanti con il disulfiram scopre improvvisamente che gli HDACi tanto tranquilla non la lasciano e quindi è meglio provare a darne dosaggi minori, ma insieme al disulfiram.

Però è ben strana l'idea di usare un farmaco non perché è efficace, ma perché tanto male non fa, tanto più che in nessuno dei lavori che mi è capitato di vedere sugli effetti sinergici delle sostanze anti-latenza testate in vitro le sinergie con il disulfiram erano particolarmente eccitanti. (*)

Insomma, a me questo lavoro lascia addosso un senso di enorme perplessità.



(*) Per esempio:


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Ultima modifica di Dora il lunedì 30 novembre 2015, 13:21, modificato 1 volta in totale.



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Re: Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio da f

Messaggio da uffa2 » lunedì 30 novembre 2015, 13:20

mmm... per continuare sulla linea diplomatico-buonista di Dora, io più che che il senso di perplessità sento, inequivocabile, il rumore di unghie sui vetri...
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Re: Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio da f

Messaggio da Dora » lunedì 30 novembre 2015, 13:30

uffa2 ha scritto:mmm... per continuare sulla linea diplomatico-buonista di Dora, io più che che il senso di perplessità sento, inequivocabile, il rumore di unghie sui vetri...
E se volessimo pensare male, potremmo notare come nell'articolo compaia il nome di Jeff Lifson, che non è un clinico, quindi verosimilmente è elencato fra gli autori perché ha fatto le PCR. Lo stesso Lifson dei probabili "pasticci" con le PCR nell'articolo di Picker su Nature ...
Però noi non vogliamo pensare male, quindi aspettiamo di vedere i prossimi lavori.



Blast
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Re: Disulfiram+vaccino terapeutico MVA-B: un matrimonio da f

Messaggio da Blast » lunedì 30 novembre 2015, 20:05

Una fase II con 30 pazienti....tra poco faranno una fase III personalizzata ad personam, non lo so...
Poi sti protocolli che prendono solo maschi, il che rende il campione davvero poco rappresentativo...

Comunque il problema è sempre lo stesso: piuttosto che pubblicare un fallimento ammettendolo e suggerendo dunque di percorrere altre strade (il che sarebbe ammirevole professionalmente ed eticamente), preferiscono pubblicare un fallimento lasciando una minima speranza (vana), e quindi fuorviando la ricerca dei futuri scienziati. Mah, staremo a vedere. Semmai dovessi diventare un alcolizzato mi farò arruolare anch'io in questo studio


CIAO GIOIE

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