ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZIONI?

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
RedString
Messaggi: 45
Iscritto il: lunedì 31 marzo 2014, 11:43

Re: ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZI

Messaggio da RedString » sabato 28 giugno 2014, 17:32

Dora ha scritto:
RedString ha scritto:Grazie Dora per questi post.
Diciamo che ora ho un po' più di chiarezza su quello che mi ha detto proprio la settimana scorsa la mia infettivologa, provocandomi non pochi dubbi...e qualche timore.

Sono in cura da settembre 2013, iniziando ad assumere la terapia proprio durante la fase acuta, nonostante i CD4 fossero nella norma.
Ad oggi, la viremia non è più rilevabile e anche il cambio terapia (da ISENTRESS+NORVIR+PREZISTA+TRUVADA al monopillola EVIPLERA) è stato un successo.
Nel leggermi con entusiasmo tutti gli ultimi (e per fortuna ottimi) risultati, la dott.ssa mi ha riempito di notizie che là per là non ho ben capito ma che adesso forse comprendo di più.
In pratica, sulla base anche degli studi e delle ricerche che conduce a livello internazionale con altri infettivologi, mi ha detto che di qui a uno/due anni si potrebbe pensare (nel mio caso) di arrivare ad una sospesione studiata della terapia per vedere come risponderebbe l'organismo, passando prima ad una temporanea intensificazione della terapia stessa. (ha paragonato eviplera ad un rubinetto stretto non fino in fondo rispetto a ciò che prendevo prima).

In più ha aggiunto che, tanto le prossime sperimentazioni quanto le future cure (se mai arriveranno), avranno sicuramente, come platea di riferimento principale, i pazienti che non hanno mai avuto i cd4 compromessi. E, senza tanti giri di parole, ha detto che io e gli altri 35 dello studio clinico in cui sono inserito, siamo perfetti candidati per un futuro neanche troppo lontano...

Confesso che sentirmi un po' cavia....mette i brividi addosso.
Mi fa piacere che i miei post ti siano utili.
E così ... sei un altro dei "fortunati" che hanno ricevuto la diagnosi in fase acuta e hanno iniziato subito la ART. State cominciando a diventare un bel gruppetto, qui nel forum, e credo che - ora che finalmente quella di mettere le persone in fase acuta in terapia è un'indicazione accolta dalle Linee Guida - diventerete sempre di più.
Se capisco bene, sei stato inserito nello studio START o in un analogo protocollo, nati con la speranza di replicare altri casi di post treatment controllers come nella coorte VISCONTI: uno o due anni di terapia e poi una sospensione. E se va bene, la capacità di controllare la viremia senza farmaci per un tempo che ancora non siamo in grado di definire.
Non so se ti è capitato di leggere il thread ARV in fase acuta: cura funzionale? diminuisce il reservoir? Lì i casi della coorte VISCONTI sono discussi a lungo.
E non so se la tua dottoressa ti ha spiegato perché persone come te, che fin da subito hanno impedito al virus di danneggiare il sistema immunitario, sono i candidati ideali per i trial che si faranno in un futuro abbastanza prossimo sulla cura/eradicazione. Certo, il fatto che i CD4 siano sempre rimasti alti è una ragione. Ma c'è un altro aspetto che, proprio in questo ultimo paio d'anni, si sta rivelando molto interessante: molti dati stanno confermando che i reservoir di HIV latente nelle persone che iniziano la ART precocemente (quanto prima, tanto meglio) sono estremamente ridotti. Testare per esempio delle sostanze contro la latenza in chi ha poco virus latente da risvegliare darà più probabilità di successo a questi studi.

Capisco che tu abbia dei timori: sentirsi una cavia non fa piacere a nessuno. Penso però che, se e quando ti sarà proposto sia di provare a sospendere la ART e vedere che succede, sia, magari, di entrare in una sperimentazione di qualche trattamento per arrivare a una cura, potrai cercare di avere tutte le informazioni per fare una scelta consapevole e tutelare al massimo la tua salute. Non sarà comunque prima di un anno e mezzo, quindi hai tutto il tempo per imparare quel che ti serve per fare una valutazione ragionevole dei rischi. Nel tuo caso, per esempio, non credo che sospendere la terapia tenendo monitorati con frequenza viremia e CD4 ti metta in una seria situazione di rischio. Dovesse esserci un rebound, potresti ricominciare immediatamente i farmaci senza che emergano varianti di virus resistenti e quindi senza giocarti preziose opzioni terapeutiche. Se invece il rebound non ci fosse, avresti guadagnato uno stato di controller che è improbabile tu avessi per natura. Non proprio un risultato disprezzabile, direi.
Grazie delle info.
Ora che mi ricordo, all'ultima visita la scorsa settimana, la dott.ssa mi ha riferito di aver rifatto di nuovo il test che risulta sì positivo, ma la p24 non si è ancora positivizzata. praticamente c'è ancora una banda che risulta negativa.... ( se non erro ai citato qualcosa al riguardo nei post di apertura).

Lo studio in cui sono inserito si chiama ALFA e non se faccia parte di quello che hai menzionato tu. In ogni caso in questo studio allo Spallanzani siamo in 36 (almeno così mi ha detto ).
Ad agosto (a un anno dalla scoperta dell'infezione) si conlude, per me, il primo ciclo dello studio e dai prossimi prelievi ( mi è stato spiegato) ogni tre mesi mi verrà fatta la conta specifica (copia per copia) della viremia. Sono rimasto sorpreso perchè ero rimasto che sotto le 40 copie non è possibile essere più precisi, ma, a quanto pare, esistono test di nuova generazione che permettono di capire quante sono le copie effettive per mm di sangue



RedString
Messaggi: 45
Iscritto il: lunedì 31 marzo 2014, 11:43

Re: ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZI

Messaggio da RedString » sabato 28 giugno 2014, 17:39

alfaa ha scritto:No ma non interromperei mai di mia spontanea volontà,nn sia mai.La cosa xo che mi fa incazzare molto è che lei non ritenne a suo tempo di fare l avidity test nonostante io fossi convinto di essermi infett da pochissimo e avendo un test negativo di 1 ottima struttura privata che lei ci mette le mani sul fuoco che fosse un test sbagliato... Pero ora solo con un avidity avremmo saputo la verità e avendo iniziato io la terapia solo 4 mesi dopo dalla mia presunta infezione, sarei potuto tranquillamente rientrare nel protocollo start...non ho la certezza ripeto ma sono quasi sicuro... Rimpiango di non aver fatto l avidity in un'altra struttura
Da quel poco che ho capito, però, che sia o meno entrato in uno studio, per la tua personale situazione, non dovrebbe cambiare niente. lo studio start non implica protocolli terapeutici diversi dagli altri.
Anzi, fino ad ora per me è stata più una seccatura che altro in quanto per i primi quattro mesi dovevo andare a fare i prelievi prima ogni due giorni, poi ogni quattro, poi ogni settimana...
In più, e ciò solo per monitorare l'aderenza, mi hanno appioppato un contenutore con il microchip che registra a che ora e quante volte prendo la terapia.

I farmaci, invece, sono quelli standard.



admeto
Messaggi: 279
Iscritto il: domenica 8 settembre 2013, 12:02

Re: ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZI

Messaggio da admeto » lunedì 30 giugno 2014, 22:10

uffa2 ha scritto:se dpmani mattina qualcuno scoprisse la pietra filosofale dell'HIV, i tempi cambierebbero veramente di poco.
Prima di dar da mangiare a qualche milione di pazienti un nuovo farmaco devi farti tutta la scala santa dei vari studi di premarketing.
FDA ed EMA prevedono sì dei fast track in taluni casi, ma si deve trattare di farmaci innovativi, dai risultati evidenti e significativi, per malattie orfane: solo a queste condizioni i due enti regolatori accelerano la procedura e si contentano degli studi di fase II/IIb (che però devono essere dirompenti)... e comunque questo significa rispèarmiare uno-due anni.
Insomma, poiché l'HIV non è una malattia orfana, la scala santa va salita tutta, scalino per scalino...

Probabilmente quello che sto per dire è un’enorme sciocchezza, ma è già da un po’ che questo dubbio mi frulla per la testa e che volevo parlarvene: più cose leggo in merito alla ricerca sull’HIV e più mi viene il sospetto che i trial in corso siano troppi
Mi spiego subito: prima di ritrovarmi – purtroppo – a dovermi occupare di HIV pensavo che di questo virus la scienza conoscesse ogni dettaglio e che mancasse “solo” l’ultimo tassello: individuare la cura.
Mi sono reso conto che non è affatto così. Se ho capito quello che ho letto (e un post scritto qualche mese fa da Dora che illustrava i contenuti di una relazione dell’ultimo CROI mi ha confermato questa impressione) ci sono moltissimi meccanismi di funzionamento del virus ancora ignoti: non si ha ancora certezza di quali siano i reservoir e – soprattutto – non si sa ancora come misurarli; la latenza poi mi sembra ancora un oggetto per molti aspetti sconosciuto.
Sicuramente i miei dubbi sono originati soltanto dalla mia assoluta ignoranza sulla materia. Eppure, io non riesco a reprimere quest’idea: in un contesto simile, le “fughe in avanti” alla ricerca di una terapia fanno davvero il bene dei malati? O forse non sarebbe meglio approfondire ancora di più la conoscenza del virus, per lanciarsi successivamente nel tentativo di una cura con un background di conoscenze più solido e – forse – con un minore rischio di fallimento?
E qui mi viene in mente un’altra riflessione, più generale, in merito alla ricerca sull’HIV.
Solo in un sistema clientelare e asfittico come quello italiano possono svilupparsi vicende come quelle del vaccino pontino o del vaccino cosentino.
Però l’animo umano è uguale a tutte le latitudini e a tutte le longitudini del mondo. Intendo dire che ovunque possono esserci ricercatori animati – più che dall’interesse per i malati – da due moventi fondamentali: il reperimento immediato di fondi e la voglia di notorietà. E sicuramente, per queste finalità, sperimentare delle possibili cure “paga” molto di più che fare “ricerche di base” (non so se il termine è giusto, perdonatemi), che potrebbero non dare la stessa visibilità ma che potrebbero fornire risultati utili ad altri ricercatori per lo sviluppo della cura.
Mi domando quindi se i grandi investimenti pubblici nel settore non potrebbero essere utilizzati per indirizzare la ricerca verso una più approfondita conoscenza del virus, piuttosto che verso tentativi di cura, forse a volte avventurosi. Sono perfettamente consapevole che la ricerca debba essere libera: si tratta di un principio costituzionale, che connota gli ordinamenti democratici. Ma siamo proprio sicuri che gli investimenti pubblici siano orientati al bene comune, quello dei malati, e non rischino invece – talvolta – di assecondare le ambizioni più “immediate” dei ricercatori?
Vi assicuro che non ho alcun intento polemico, ma volevo solo esporvi questi dubbi che – come vi ho detto – mi frullano nella testa da un po’.
CIAO



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZI

Messaggio da Dora » martedì 1 luglio 2014, 6:50

admeto ha scritto:più cose leggo in merito alla ricerca sull’HIV e più mi viene il sospetto che i trial in corso siano troppi
Mi spiego subito: prima di ritrovarmi – purtroppo – a dovermi occupare di HIV pensavo che di questo virus la scienza conoscesse ogni dettaglio e che mancasse “solo” l’ultimo tassello: individuare la cura.
Mi sono reso conto che non è affatto così. Se ho capito quello che ho letto (e un post scritto qualche mese fa da Dora che illustrava i contenuti di una relazione dell’ultimo CROI mi ha confermato questa impressione) ci sono moltissimi meccanismi di funzionamento del virus ancora ignoti: non si ha ancora certezza di quali siano i reservoir e – soprattutto – non si sa ancora come misurarli; la latenza poi mi sembra ancora un oggetto per molti aspetti sconosciuto.
Sicuramente i miei dubbi sono originati soltanto dalla mia assoluta ignoranza sulla materia. Eppure, io non riesco a reprimere quest’idea: in un contesto simile, le “fughe in avanti” alla ricerca di una terapia fanno davvero il bene dei malati? O forse non sarebbe meglio approfondire ancora di più la conoscenza del virus, per lanciarsi successivamente nel tentativo di una cura con un background di conoscenze più solido e – forse – con un minore rischio di fallimento?
E qui mi viene in mente un’altra riflessione, più generale, in merito alla ricerca sull’HIV.
Solo in un sistema clientelare e asfittico come quello italiano possono svilupparsi vicende come quelle del vaccino pontino o del vaccino cosentino.
Però l’animo umano è uguale a tutte le latitudini e a tutte le longitudini del mondo. Intendo dire che ovunque possono esserci ricercatori animati – più che dall’interesse per i malati – da due moventi fondamentali: il reperimento immediato di fondi e la voglia di notorietà. E sicuramente, per queste finalità, sperimentare delle possibili cure “paga” molto di più che fare “ricerche di base” (non so se il termine è giusto, perdonatemi), che potrebbero non dare la stessa visibilità ma che potrebbero fornire risultati utili ad altri ricercatori per lo sviluppo della cura.
Mi domando quindi se i grandi investimenti pubblici nel settore non potrebbero essere utilizzati per indirizzare la ricerca verso una più approfondita conoscenza del virus, piuttosto che verso tentativi di cura, forse a volte avventurosi. Sono perfettamente consapevole che la ricerca debba essere libera: si tratta di un principio costituzionale, che connota gli ordinamenti democratici. Ma siamo proprio sicuri che gli investimenti pubblici siano orientati al bene comune, quello dei malati, e non rischino invece – talvolta – di assecondare le ambizioni più “immediate” dei ricercatori?
Admeto, sai che ti dico? Non sono tanto d'accordo con te, proprio perché la libertà è uno dei cardini dell'impresa scientifica. E non la vedo solo come la libertà astratta di un gruppo di ricerca di seguire le proprie intuizioni per capire quanto sono feconde, che è - lo vediamo ogni giorno - necessariamente condizionata sia dalla scarsità di risorse destinate alla ricerca, sia da tutti quei problemi di desiderio di carriera e/o di ribalta che elencavi tu. Ma proprio come la libertà intellettuale di sperimentare idee nuove, buttarle via se non funzionano, riprenderle se arrivano nuovi dati a confermarle.
Il flusso di feedback fra ricerca di base e applicata è continuo e bidirezionale: per esempio, quello che scopri nel campo della patogenesi dell'infezione poi ti serve per costruire dei farmaci che blocchino la replicazione del virus o per cercare dei farmaci che spengano l'infiammazione. A sua volta, spiegare a fondo il meccanismo d'azione dei farmaci - cosa che arrivi a fare solo testandoli su chi li dovrà prendere - ti permette di affinare sempre più le tue conoscenze sui meccanismi d'azione del virus, che poi utilizzerai per aggredirlo con maggiore intelligenza.
E sovente sono gli stessi gruppi di ricerca che lavorano un po' in un campo, un po' nell'altro. Pensa solo a quello che negli anni è uscito dal Siliciano Lab: dai lavori sulla latenza ai modelli cellulari, dai test per misurare il reservoir allo screening di sostanze antilatenza, per arrivare al disulfiram, che è stato testato in una sperimentazione clinica. Il disulfiram e altri farmaci antilatenza, quando sono stati testati su esseri umani, ci hanno spiegato che c'era qualcosa che non andava nei modelli. Quindi si torna indietro, per poi di nuovo andare avanti, continuamente facendo ipotesi che devono essere messe a confronto con il mondo reale.
Se non fossero stati fatti i trial sugli HDACi, rischiavamo di essere ancora qui a pensare che lo "shock and kill" ingenuo era la strada giusta per eradicare il virus.
Io temo che fare distinzioni troppo nette, che impongano alla ricerca di base di procedere sui suoi binari e alla ricerca applicata di stare ad aspettare che la ricerca di base produca conoscenze sempre nuove, per poi metterle alla prova e magari buttarle via, finisca con il rallentare ancora di più il processo della ricerca di una cura.

Capisco molto bene la tua preoccupazione che le "fughe in avanti" che finiscono in niente possano avere effetti molto deleteri sui malati. È una preoccupazione che ho in mente tutte le volte che scrivo e che mi spinge a circondare di cautela ogni frase che scrivo sulla ricerca - al punto da essere spesso tacciata di pessimismo o di voler smorzare gli entusiasmi, quando invece quello che voglio è tentare di mantenere l'equilibrio.
Ma bloccare le sperimentazioni cliniche nell'attesa che tutto sia chiaro temo non sia la strada giusta, temo rischi di farci perdere tutte le preziosissime informazioni che queste sperimentazioni, pur deludenti, ci stanno dando.



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZI

Messaggio da Dora » venerdì 28 novembre 2014, 11:31

Dora ha scritto:
alfaa ha scritto:Non è detto che il volontario ne tragga un beneficio pero perche lo escludi a priori?
Nessuno esclude a priori questa possibilità, ma è abbastanza remota, perché questi trial sono dei tentativi iniziali in cui ancora troppi dettagli non sono chiari, per tutte le ragioni che ho cercato di spiegarti fra ieri e oggi. Quindi è necessario essere onesti con i pazienti disposti a entrare in queste sperimentazioni: partecipano per altruismo e corrono dei rischi che non sono del tutto quantificabili. Se poi dovessero anche averne qualche beneficio, tanto di guadagnato. Ma è meglio che non se lo aspettino.

Fra l'altro, non pensare che siano poche le persone disposte a correre dei rischi per aiutare i propri simili e fare aumentare le conoscenze. Da un'indagine fatta un paio d'anni fa, è emerso che l'altruismo è altissimo:

Immagine
Una nuova indagine online, fatta questa volta soprattutto nel Regno Unito dal consorzio CHERUB (ma magari qualcuno ha risposto anche dall'Italia, perché è stata pubblicizzata su diversi social media e soprattutto su Facebook), ha chiesto a persone con HIV se sarebbero disposte a partecipare alla ricerca di una cura.
La risposta - non del tutto scontata, ma in linea con quanto abbiamo visto in questo thread - è stata che sì, la maggioranza parteciperebbe.
E non solo: sarebbe disposta a sopportare rischi significativi per la propria salute, purché fossero spiegati in modo chiaro.
E la maggior parte di chi ha risposto al questionario si è detta anche disposta a partecipare a una ricerca che non offrisse benefici personali, perfino qualora fosse necessaria una interruzione della ART.


Fra il 17 giugno e il 2 novembre di quest'anno, hanno risposto al questionario online 982 persone, per quasi il 90% residenti in UK, per l'80% bianche e per l'81% gay.
Il tempo mediano dalla diagnosi era 7 anni, ma il 28% dei partecipanti ha ricevuto la diagnosi dopo il 2012.
L'82% in ART e di questi il 90% con VL irrilevabile.
L'85% con > 350 CD4, ma il 43% con nadir sotto i 200.
L'80% ha dichiarato sentimenti positivi nei confronti della ART, ma il 25% ha anche dichiarato di avere avuto effetti collaterali di rilievo.
L'84% ha riportato una buona aderenza (intesa come poche dosi saltate in un anno).

RISULTATI

La maggior parte di chi ha risposto ha dichiarato che parteciperebbe con grande o una certa probabilità a una ricerca sulla cura:
  • - il 92% se il risultato della ricerca fosse la completa eradicazione dell'infezione;
    - l'87% se ci fosse la possibilità di controllare l'infezione per un po' di tempo senza terapia.
Per capire che cosa davvero chi ha risposto intenda per "cura dell'HIV", è stato chiesto di dare un punteggio agli aspetti ritenuti più desiderabili. E questi sono risultati:
  • - non rischiare problemi di salute connessi all'HIV (96%);
    - non avere più necessità di prendere la ART (91%);
    - non avere più l'HIV nel corpo (91%);
    - non rischiare di trasmettere l'HIV ad altri (90%);
    - una migliore aspettativa di vita (87%);
    - non rischiare mai più di prendere l'HIV (85%);
    - meno rilevanti sono stati considerati aspetti come non doversi più preoccupare del virus, non essere sieropositivi e doverlo dire ad altri, non dover più vedere spesso i medici.
L'altruismo: mentre il 58% di chi ha risposto ha dichiarato che molto probabilmente parteciperebbe a una ricerca sulla cura se potesse trarne un beneficio personale, solo il 31% ha detto che parteciperebbe anche se non ne traesse alcun beneficio diretto. Tuttavia, questo è stato bilanciato da chi ha risposto che parteciperebbe con una certa probabilità. Nel complesso, l'83% almeno con una certa probabilità sarebbe disposto a partecipare anche senza trarne un beneficio personale.
La minor disponibilità a partecipare senza benefici si è vista nella fascia di persone più giovani (sotto i 24 anni), in quelle con CD4 più bassi e con minor conoscenza del virus e dei trattamenti.

Alla domanda se avrebbero partecipato a una ricerca in cui ci fossero stati rischi di effetti collaterali di entità moderata, di una discesa dei CD4 sotto la soglia dei 200 e di una viremia tornata rilevabile per 6 mesi o più, il 59% ha risposto che avrebbe partecipato comunque.




I risultati dell'indagine saranno pubblicati a breve e presentati ai prossimi congressi. Chi volesse qualche particolare in più, lo trova su AIDSmap: British HIV cure survey: most respondents would be prepared to take some health risk to help find a cure for HIV



sun
Messaggi: 53
Iscritto il: sabato 16 agosto 2014, 22:26

Re: ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZI

Messaggio da sun » mercoledì 14 gennaio 2015, 1:16

Sintesi di alcune strategie di cura:
http://online.liebertpub.com/doi/full/1 ... .2014.0235

articolo scritto da Zelda Euler and Galit Alter



stealthy
Amministratore
Messaggi: 2758
Iscritto il: lunedì 4 febbraio 2008, 23:59
Località: In your wildest dreams

Re: ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZI

Messaggio da stealthy » mercoledì 14 gennaio 2015, 11:19

sun ha scritto:Sintesi di alcune strategie di cura:
http://online.liebertpub.com/doi/full/1 ... .2014.0235

articolo scritto da Zelda Euler and Galit Alter
Di anticorpi in una strategia di cura parliamo nel thread Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura, qui:

http://hivforum.info/forum/viewtopic.php?f=24&t=2685



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZI

Messaggio da Dora » mercoledì 14 gennaio 2015, 11:50

Io sono esterrefatta e mi chiedo fino a dove sia giusto abbassare gli standard di una rivista peer reviewed per consentire anche a scienziati di Paesi non esattamente all'avanguardia nelle scienze di avere articoli pubblicati su PubMed.
AIDS Research and Human Retroviruses ha dedicato il I numero del 2015 alla pubblicazione open access di articoli a vario titolo riguardanti la cura dell'HIV. Una bella iniziativa - a mio parere - che ha permesso di includere la commuovente testimonianza di Timothy Ray Brown (I Am the Berlin Patient: A Personal Reflection) accanto a review tecniche e interessantissime come quella sugli anticorpi monoclonali citata da Sun e a vari altri articoli di un certo spessore.
Vengo al punto.
Fra gli articoli del Volume 31, Number 1, 2015, può capitarvi di imbattervi in un compitino che potrebbe essere scritto da un ragazzo di II media durante una verifica di scienze - di quelle fatte all'improvviso, per vedere se i ragazzi studiano in modo costante.
L'autore è Ali A. Al-Jabri, Division of Immunology, Department of Microbiology and Immunology, College of Medicine and Health Sciences, Sultan Qaboos University, Muscat, Oman.


E questo è il testo:
  • Human immunodeficiency virus (HIV), the causative agent for acquired immunodeficiency syndrome (AIDS), has its own strategies to evade immune responses and therefore survive for the lifetime of the patient it infects.1 Among these strategies is its ability to hide silently (HIV latency) as a ‘‘provirus’’ inside its target cells for years leading to latent reservoirs of the virus, where the immune response against the virus cannot work. The ability of HIV to live in these strategic reservoirs is one of the main known obstacles for developing a cure to AIDS. Releasing HIV fromits safeguard reservoirs will lead to either the immune system eliminating the virus or the designing of drugs to effectively destroy the virus.2
    Infectious diseases are generally cured by the immune systemcontrolling the replication and eradication of the pathogen, with or without the use of antimicrobial agents. Currently combined antiretroviral therapy (cART) has led to a major reduction in HIV-related mortality and morbidity and AIDS is now recognized as a chronic disease. This achievement was a dreammore than 20 years ago. The next step in the fight against HIV/AIDS is developing a complete cure.
    It is well accepted that cART alone will not cure AIDS because of the existence of these persistent viral reservoirs, which ultimately rekindle viral replication once therapy is stopped.3 Consequently, any attempts at viral eradication will depend on the implementation of therapeutic strategies to specifically target and clear these reservoirs. The best characterized reservoir to date is the pool of latently infected memory CD4+ T cells that need to be eliminated.2
    The hope for a ‘‘sterilizing cure,’’ in which all traces of HIV are eliminated from the body, and/or a ‘‘functional cure,’’ in which HIV is kept in check by the immune system, without using cART, is not a dream anymore. And to achieve a functional or a sterilizing cure, we need to design appropriate and effective strategies against HIV that can counterattack the strategies used by the HIV. An important strategy that can overcome the ability of HIV to evade the immune system is to force HIV to come out of its own safeguard reservoirs and surrender (Fig. 1), as the virus becomes vulnerable to immune attack and susceptible to drug treatment.

    Immagine

    FIG. 1. A simple cartoon demonstrating that HIVs are forced to surrender and come out of their secured latent safeguard reservoirs (caves =DNA chain), suffocating because of the use of chemical fumes (drugs), and become vulnerable to the army of the immune system. The victory sign as shown by one of the soldiers of the immune system indicates that a cure for AIDS is no longer a dream.

    This can be achieved through the use of compounds that can disrupt and reactivate HIV latency such as activators of protein kinase C (PKC) and/or nuclear factor kappa B (NF-jB) pathways and the discovery of compounds such as prostratin and pryostatin-1, as well as histone deacetylase (HDAC) inhibitors such as vorinostat and romedipsin.4
    The hope for a cure for AIDS is on the rise again and scientists now believe that complete eradication of HIV from the human body is no longer mpossible.1,2,4

    Author Disclosure Statement
    No competing financial interests exist.


    References
    1. Zhang J and Crumpacker C: Eradication of HIV and cure of AIDS, now and how? Front Immunol 2013;4:337.
    2. Sebastian NT and Collins KL: Targeting HIV latency: Resting memory T cells, hematopoietic progenitor cells and future directions. Expert Rev Anti Infect Ther 2014;4:1–15.
    3. Blankson J, Persaud D, and Siliciano R: The challenge of viral reservoirs in HIV-1 infection. Annu Rev Med 2002;53:557–593.
    4. McKernan LN, Momjian D, and Kulkosky J: Protein kinase C: One pathway towards the eradication of latent HIV-1 reservoirs. Adv Virol 2012;10:805347.
:roll: :o :shock:



Domandina di Dora: non vedete all'opera un retropensiero occidentale, tipicamente razzista, secondo il quale loro, gli altri, insomma arabi, africani o comunque popolazioni non occidentali, sono dei poveri mentecatti, incarnazioni moderne del bon sauvage, quindi con loro si devono usare misure di valutazione diverse da quelle che usiamo per noi (civilizzati, acculturati, etc. etc.)? Il solito, vecchio, rivoltante problema del doppio standard: due pesi, due misure?



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZI

Messaggio da Dora » mercoledì 20 gennaio 2016, 17:53

Non so dove segnalare questa ottima notizia che arriva dalla International AIDS Society - mi pare però che abbia senso parlarne in questo thread: la IAS ha raggiunto un accordo - che si chiama Common Material Transfer Agreement - con le principali compagnie farmaceutiche, che rendono disponibili i farmaci per gli studi preclinici nei trial sulla cura. Questo dovrebbe dare un grande impulso alle sperimentazioni cliniche, che finora sono state gravemente rallentate dall'indisponibilità delle pharma a lasciar usare le loro molecole.

Breakthrough agreement to accelerate HIV cure research achieved


Press release 1/20/2016 10:21:00 AM
Common Material Transfer Agreement will accelerate the search for a cure
  • Geneva, Switzerland – The International AIDS Society (IAS) today announced the finalisation of a Common Material Transfer Agreement (cMTA) for the donation and use of antiretroviral drugs for preclinical studies in HIV cure research. This major achievement is the result of more than a year of negotiation with leading pharmaceutical companies.

    “This agreement will greatly accelerate the transfer of drugs for cure and remission studies,” said Nobel Laureate and Co-founder of the IAS Towards an HIV Cure initiative Françoise Barré-Sinoussi. “Many were sceptical that we would reach this point but today’s agreement proves the importance of collaboration in HIV Cure research.”

    The cMTA will significantly shorten the process for transfer of drugs, ultimately accelerating scientific advances in particular for academic researchers working on the use of combination ART to control virus replication in pre-clinical animal models of HIV cure. The agreement allows researchers to receive marketed ARVs from multiple pharmaceutical companies. Additionally, researchers will be permitted to combine the drugs with the aim of achieving and maintaining a virally suppressed state upon which to evaluate hypotheses for remission or cure therapies.

    The cMTA was developed by the IAS Towards an HIV Cure Industry Collaboration Group (ICG), whose mission is to foster dialogue and collaboration between the private and the public sector involved in HIV cure research. The cMTA was spearheaded by five pharmaceutical companies: ViiV Healthcare, Gilead, Bristol-Myers Squibb (BMS), Johnson & Johnson, and Merck.

    Importantly, the agreement contains a provision that mandates recipient institutions to provide non-exclusive licenses for potential cure breakthroughs to all parties who request them; not only to the pharmaceutical partners providing the ARVs.

    “The ICG’s ability to reach consensus on this agreement reaffirms the commitment of the scientific community, both public and private, to find a cure for HIV,” said Chris Beyrer, President of the IAS and Professor of Epidemiology at Johns Hopkins University Bloomberg School of Public Health.

    “The cMTA illustrates the industry and private sector joint commitment to advancing research that could lead to HIV remission and ultimately a cure,” commented Dominique Limet, CEO of ViiV Healthcare. “The agreement not only provides a novel framework for the receipt and use of multiple antiretrovirals, but it also embodies a genuine international collaborative spirit of sharing and openness in the fight against HIV.” [...]



bugs
Messaggi: 509
Iscritto il: lunedì 12 gennaio 2015, 16:05

Re: ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZI

Messaggio da bugs » mercoledì 20 gennaio 2016, 23:12

Sembra un ottima notizia .

Significa che vogliono veramente accelerare la possibile risoluzione a questo incubo ...

Grazie Dora come sempre



Rispondi