Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom
Inviato: domenica 17 maggio 2015, 18:08
... W l'Italia...
dal 2007 informazione scientifica e community, HIV e AIDS INFO e aiuto sulla sieropositività: discutiamo di HIV e AIDS, problemi della sieropositività, farmaci e ricerca scientifica.
https://hivforum.info/forum/
Dora ha scritto:[...] una review scritta da Iart Shytaj e Andrea Savarino per Retrovirology alla fine dell'anno scorso: A cure for AIDS: a matter of timing?
È un articolo che tratta delle diverse strategie di cura dell’infezione da HIV che sono state perseguite in questi anni e dei pochi casi di successo che le hanno ispirate, dal quale emerge in modo molto chiaro il senso della sperimentazione su auranofin (e BSO – il protocollo del trial clinico in partenza ora non contempla questo secondo farmaco, ma in questo modo il razionale rimane incompleto e si dovranno fare altri trial per vedere se l’aggiunta di butionina sulfossimina permetterà di replicare negli uomini i buoni risultati avuti con i macachi).
Tutto (o molto) sta nei tempi, ci dicono Shytaj e Savarino – tutto sta nel ricreare artificialmente in persone che hanno un’infezione da HIV cronica quella finestra di magnifiche opportunità che è la fase acuta, la cosiddetta infezione primaria.
Il trattamento durante la fase primaria dell’infezione sembra comportare delle risposte immuni anti-HIV ampie e forti, ridotta attivazione immunitaria, rapida ripresa dell’immunità della mucosa gastrointestinale e limitata evoluzione del virus. Inoltre, si sta osservando proprio in questi ultimi anni che l’inizio precoce della ART può limitare il formarsi di reservoir di virus latente: i CD4 memoria centrale (Tcm) sono una componente chiave del reservoir di HIV e, a differenza di altri CD4 memoria che muoiono in fretta, hanno una vita molto lunga. Bene, si è visto che l’inizio molto precoce della ART limita la creazione di reservoir proprio in cellule della memoria centrale.
Inoltre, una serie ben consolidata di evidenze dimostra che, quando le persone che hanno iniziato la ART in fase cronica sospendono i farmaci, presentano, in generale, un rapido risorgere della viremia fino ai livelli che erano stati raggiunti prima del trattamento.
Invece, gli studi sui post treatment controllers, cioè persone che – come ad esempio i pazienti della coorte VISCONTI – hanno iniziato la ART molto presto, appena dopo aver contratto l’infezione o nei primissimi mesi successivi, e poi hanno sospeso le terapie ci mostrano persone che riescono a controllare da sole la replicazione del virus per periodi anche assai lunghi.
E lo studio dei reservoir nei post treatment controllers mostra che i loro reservoir hanno dimensioni molto limitate e sono soprattutto localizzati in un sottogruppo di CD4 – quelli della memoria transitoria (Ttm) – che hanno una vita assai più breve rispetto ai Tcm.
La figura che segue descrive il contributo dei diversi tipi di CD4 al reservoir dell’HIV in base alla diverse fasi di infezione ed è tratta da una review che Caroline Passaes e Asier Sáez-Cirión hanno pubblicato su Virology pochi mesi fa, dedicata a HIV cure research: Advances and prospects.
Come ricordano Passaes e Sáez-Cirión, non è che tutto sia chiaro nella situazione dei post treatment controllers. Ad esempio, non sappiamo esattamente quali siano i meccanismi che presiedono al controllo delle viremie, né come sia possibile aumentare la probabilità che una persona con HIV diventi un post treatment controller. L’ipotesi che sta raccogliendo maggiori conferme empiriche, però, è che il momento di inizio e la durata della ART svolgano un ruolo cruciale nel permettere di mantenere un controllo duraturo sulla replicazione virale una volta che la ART viene sospesa.
Altri fattori che possono avere influenza sono la viremia di partenza e lo stato di attivazione immunitaria. Invece, se il tipo di terapia scelta durante la fase primaria abbia un qualche ruolo non è ancora stato studiato.
In ogni caso, sottolineano Passaes e Sáez-Cirión, l’assenza di marker che predicano il successo dopo l’interruzione della terapia sconsiglia in ogni modo che l’interruzione della ART avvenga al di fuori di un protocollo strutturato (niente “sospensioni fai da te”, come abbiamo ricordato in questi giorni nel thread ERADICAZIONE, CURA FUNZIONALE, PTC, ELITE: SOLO DEFINIZIONI?).
La figura qui sotto, tratta dalla review di Shytaj e Savarino, descrive il controllo spontaneo della viremia in persone che hanno iniziato la ART durante l’infezione primaria: i pallini verdi sono le cellule produttivamente infette, quelli azzurri le cellule latentemente infette, la linea rossa continua indica la viremia e quella tratteggiata indica l’andamento della viremia nei post treatment controllers:
Nel loro articolo, Shytaj e Savarino ricordano come tutti gli studi sulla cura/eradicazione dell’HIV in persone con infezione cronica fatti finora, che si tratti di terapie geniche o di farmaci contro la latenza, hanno comportato rischi molto più consistenti rispetto alle strategie adottate in fase acuta. Ne segue che
- la possibilità di indurre uno scenario simile a quello della fase acuta in uno stadio più avanzato della malattia può rappresentare un’opzione unica di aprire una nuova finestra di opportunità per interventi terapeutici da adottarsi durante la fase acuta.
Qui entra in gioco l’auranofin, un farmaco in uso da tempo contro l'artrite reumatoide che ha dimostrato di poter agire da agente anti-reservoir in vivo quando è stato somministrato a macachi cronicamente infettati da SIVmac251.
Un aspetto interessante di questo farmaco è che ha la capacità di indurre a differenziarsi (e dunque a morire) soprattutto quei CD4 della memoria centrale e transitoria che, come abbiamo visto, costituiscono il grosso del reservoir latente di HIV:
Ma, oltre a causare un effetto anti-reservoir, l’avere aggiunto auranofin a un regime di ART che aveva portato alla completa soppressione della viremia, ha modificato radicalmente la dinamica della viremia nei macachi: quando tutti i trattamenti sono stati sospesi, infatti, i macachi che avevano ricevuto ART + auranofin hanno avuto un rebound della viremia con un picco simile a quello che si verifica durante la fase acuta, ma con un set point fino a 1 log più basso rispetto a quello raggiunto dalle scimmie prima della terapia, e con manifestazioni tipiche della fase di infezione primaria quali un aumento delle risposte immuni specifiche.
Questo ha permesso di trattare nuovamente i macachi con un breve ciclo di ART e così di indurre un ulteriore abbassamento del set point della viremia quando la terapia è stata nuovamente sospesa in due macachi. Il numero delle scimmie è basso, ma durante un lungo follow up si è visto che riuscivano a mantenere il controllo della viremia a dei livelli bassissimi.
Anche se il meccanismo sottostante alla drastica modificazione del rebound virale indotto da auranofin non è del tutto chiaro, è però verosimile che auranofin abbia indotto il controllo sulle viremie proprio riducendo le dimensioni del reservoir.
Di qui l’idea che sia possibile indurre il “ritorno ad una fase che abbia le caratteristiche della fase acuta” in persone che sono in fase cronica e poi sfruttare quella situazione per instaurare un controllo senza farmaci della replicazione del virus.
Per capire la sperimentazione clinica in partenza negli Stati Uniti potremmo fermarci qui [questa sperimentazione, che doveva svolgersi presso il VGTI Florida, non è mai partita a causa del fallimento del VGTI Florida medesimo]. Ma la ricerca di Savarino prevede l’intervento di un secondo farmaco – la BSO, una sostanza che inibisce la produzione di glutatione ed è usata come chemioterapico per indurre l'apoptosi di alcune cellule per via dei radicali liberi - allo scopo di migliorare le risposte immuni specifiche e così aiutare il controllo spontaneo della viremia. Savarino ha lavorato su scimmie, quindi le risposte immuni che ha stimolato con la BSO sono state quelle contro la proteina Gag dell’SIVmac251.
C’è ormai un generale consenso nella comunità scientifica sull’idea che risvegliare il virus latente nei reservoir non sia sufficiente per arrivare alla distruzione delle cellule riattivate, ma sia necessario stimolare in qualche modo le reazioni immuni dei CD8. La BSO è la via proposta da Savarino.
Diversi studi hanno dimostrato che forti risposte immuni anti-Gag si associano con viremie basse e CD4 alti – e questo non solo nei macachi, ma anche negli uomini. Inoltre, sta iniziando a ricevere delle conferme l’idea che i CD8 possano ridurre il reservoir virale riconoscendo gli antigeni Gag prodotti dai CD4 quiescenti latentemente infetti (vedere verso la fine di questo post un accenno alla ricerca di Una O'Doherty).
Rinforzando le risposte immuni anti-Gag con la BSO aggiunta al trattamento con ART e auranofin, si è visto che le scimmie arrivavano a uno stato simile a quello di una cura funzionale.
Ma per sapere se questo sarà possibile anche negli esseri umani dovremo aspettare un’altra sperimentazione clinica.
E ora veniamo all'oggi.Dora ha scritto:[...] In un precedente articolo su Cell Death and Disease (una rivista del gruppo Nature), Savarino e colleghi hanno descritto gli effetti epigenetici di auranofin, la sua capacità di silenziare geni che codificano per delle proteine quali CD27 e CD28, che sono antigeni di superficie dei linfociti T che favoriscono la sopravvivenza delle cellule e si esprimono in particolare nei linfociti T della memoria centrale e della memoria transitoria (Tcm e Ttm), che costituiscono il maggiore reservoir di HIV latente.
Quanto più i linfociti T sono differenziati (e i linfociti memoria sono l’ultimo stadio del processo di differenziazione), tanto più le loro difese anti-ossidanti diminuiscono e tanto più essi diventano suscettibili alla cascata di segnali chimici innescata dall’auranofin, che li porta a differenziarsi e a morire.
La sottomodulazione del CD28 ottenuta con la somministrazione di auranofin comporta dunque una diminuzione del tempo di vita dei CD4 Tcm e Ttm e si traduce in un progressivo esaurimento del reservoir, senza al tempo stesso toccare i linfociti T naive o le cellule staminali e senza causare danno immunitario in vivo.
A peggiorare la diminuita capacità di difendersi dai processi ossidativi osservata nei CD4 memoria - un vero e proprio “tallone d’Achille” del reservoir - interviene poi la BSO, che inibisce la produzione di glutatione ed è usata come chemioterapico sperimentale per indurre l'apoptosi di alcune cellule per via dei radicali liberi.
L’aggiunta della BSO al trattamento con ART e auranofin comporta anche un miglioramento delle risposte immuni dei CD8 contro la proteina Gag dell’SIV e ci mostra quanto questo approccio sia diverso dallo shock and kill, anche quello nella versione più sofisticata, che prevede l’uso di un vaccino terapeutico o un altro farmaco che stimoli le risposte CTL. Infatti, qui non è necessario risvegliare il virus dalla latenza e forzarlo a trascriversi: si fa direttamente in modo di uccidere le cellule che contengono virus latente. [...]
Ti ringrazio per avermi offerto l'opportunità di ricapitolare a che punto siamo con le sperimentazioni.alfaa ha scritto:Dora quindi il trial di savarino sta continuando? Avevo capito fosse stato interrotto in attesa di finanziamenti, invece qui leggo che c'è una fase 2 in brasile
Il trial brasiliano non è gestito da Savarino, che se avesse avuto mano libera credo avrebbe volentieri sperimentato il protocollo completo, ma da Ricardo Diaz, che evidentemente ha preferito andare per gradi (anche Chomont a Miami aveva fatto la stessa scelta prudente). Inoltre è solo un braccio di un trial più ampio e sarà senz'altro utile il confronto fra l'effetto sul reservoir di mega-ART da sola e mega-ART + auranofin. Come ci ha spiegato Savarino, servirà a impostare un secondo trial in cui all'auranofin venga aggiunta la BSO.Keanu ha scritto:Dora perché il protocollo in Brasile prevede solo auranofin, se Savarino già sa, in base alle sue osservazioni che l'effetto sarà scarsissimo? Dovrebbero fare due trial separati, uno per auranofin e l'altro per BSO e poi uno con entrambi? Così è una perdita di tempo e soprattutto denaro! Non capisco perché BSO sia rimasta fuori