[II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

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uffa2
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da uffa2 » giovedì 9 luglio 2020, 15:45

skydrake ha scritto:
giovedì 9 luglio 2020, 15:13
Io la penso esattamente l'opposto.
Semmai la cosa veramente strana è come mai questo sia il primo caso di remissione (senza un trapianto di midollo) per questo virus.
Possibile che si avevano casi di guarigioni con tutte le altre malattie tranne con questa?
Eppure, anche nel caso dell'HIV, di casi sospetti di remissione ce ne sono regolarmente, compresi due su questo forum. Vedi i post di Vito83:
viewtopic.php?f=2&t=3872&p=111106&hilit ... le#p111106

E anche Fiore79 (mi pare, lei o un'altra neomamma), che per partorire gli hanno somministrato comunque una terapia antretrovirale, ma è sempre stata a viremia zero anche prima.
Ciao Sky, non comprendo la tua osservazione, sai?
Chi lo sa, magari ci sono anche altri casi di remissione, ma questo non cambia il problema: capire cosa succede e capire se è replicabile.
Questo paziente è stato messo in terapia.
Poi la terapia è stata "pompata" e, in più è stata aggiunta la nicotinamide...
Con lui ha funzionato (forse) con gli altri quattro no.

E, anche per Taurus, il problema è trovare le risposte, senza quelle abbiamo tanti puntini ma nessuna guida per unirli...

Cosa è successo con lui che non è successo con gli altri?
Cosa possiamo imparare?
C'è un qualche "lucchetto che è scattato"? se sì, quale?
Oppure: è tutto "merito" del paziente? se così: che caratteristiche deve avere il paziente per rientrare negli "happy few"?

Purtroppo ci sono ancora troppi aspetti da chiarire, tante cose si stanno aggiungendo ma è come con i disegni fatti coi puntini, non sappiamo ancora come unire quei puntini, mancano ancora degli indizi chiave, è frustrante, ma c'è ancora tanto da studiare...


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Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » giovedì 9 luglio 2020, 15:48

skydrake ha scritto:
giovedì 9 luglio 2020, 15:13
Io la penso esattamente l'opposto.
Semmai la cosa veramente strana è come mai questo sia il primo caso di remissione (senza un trapianto di midollo) per questo virus.
Possibile che si avevano casi di guarigioni con tutte le altre malattie tranne con questa?
Eppure, anche nel caso dell'HIV, di casi sospetti di remissione ce ne sono regolarmente, compresi due su questo forum. Vedi i post di Vito83:
viewtopic.php?f=2&t=3872&p=111106&hilit ... le#p111106

E anche Fiore79 (mi pare, lei o un'altra neomamma), che per partorire gli hanno somministrato comunque una terapia antretrovirale, ma è sempre stata a viremia zero anche prima.
Stai prendendo una cantonata. Questo non è il caso di uno che - come Fiore79 - controlla la viremia da solo fin dall'inizio oppure - come Vito - prende la cART, poi la sospende e - guarda che botta di fortuna - non ha il rebound. Questa NON è una remissione spontanea. Qui c'è stato un intervento e quell'intervento ha cambiato le cose.
Perché questo sia accaduto, è ancora in parte da capire. Ma non è che abbiano lavorato alla cieca: il razionale c'è ed è stato ampiamente spiegato (anche nel post dedicato al caso specifico).

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Betulla
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Betulla » venerdì 10 luglio 2020, 8:48

Nel giornale online di Mentana si minimizza.

https://www.open.online/2020/07/09/il-p ... infettivo/



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » venerdì 10 luglio 2020, 10:52

Betulla ha scritto:
venerdì 10 luglio 2020, 8:48
Nel giornale online di Mentana si minimizza.

https://www.open.online/2020/07/09/il-p ... infettivo/
Il dott. Carlo Federico Perno, Ordinario di Virologia e Microbiologia all’Università di Milano e Direttore di laboratorio dell’Ospedale Niguarda di Milano, spiega a livello scientifico come interpretare la notizia:«Bisogna usare più cautela e chiarezza quando si tratta di patologie così complesse. Il risultato che i ricercatori hanno portato alla conferenza riguarda un paziente che attualmente non ha segni di carica virale nel sangue, né tracce di infiammazione. Ma se uno va a cercare il virus, nei tessuti per esempio, lo trova, ed è questo il punto su cui far chiarezza. Che il virus scompaia è impossibile, può rimanere silenzioso nei tessuti o nelle cellule del sangue ma non scompare».
E naturalmente non tocca l'argomento HIV DNA e anticorpi, che è il cuore della presentazione di Diaz alla Conferenza Mondiale.
Mi viene da piangere a pensare che ad alzare il ditino e dire che «bisogna usare più cautela e chiarezza quando si tratta di patologie così complesse» sia la stessa persona che è andata a farsi ridere dietro da mezzo CROI con la fantasiosa e per nulla cauta e chiara ipotesi della laureanda che si è contagiata in laboratorio per via aerea.
Questa urgenza di parlare a vanvera con la stampa che ha colpito i virologi italiani è ancora più insidiosa dell'epidemia di coronavirus.



Betulla
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Betulla » venerdì 10 luglio 2020, 12:03

Concordo Dora, in questo paese si imbandiscono teatrini su ogni cosa rilevante a livello mediatico.
Il massimo lo si raggiunge con la strumentalizzazione politica che anche su questioni di ordine medico non mancano mai.



uncle_tom82
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da uncle_tom82 » venerdì 10 luglio 2020, 22:14

stavo pranzando e guardando la tv il tg5 vedo e sento la notizia sono scoppiato a piangere ... un emozione fortissima ... beato lui .. oltretutto la mia età e due anni in più di sieropositività rispetto a me .... parliamo del Brasile che è un paese abbastanza povero e allora perchè qui non si cerca di sperimentare per guarire i pazienti ??????? beato lui sono davvero INVIDIOSO :-(



skydrake
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da skydrake » sabato 11 luglio 2020, 13:02

Dora ha scritto:
martedì 7 luglio 2020, 15:20
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#AIDS2020virtual - Il San Paolo Patient: un caso clinico di remissione prolungata con megaART e nicotinamide


Ricardo Diaz, Andrea Savarino e colleghi hanno presentato alla 23° Conferenza Mondiale sull'AIDS un risultato molto importante derivato dalla sperimentazione clinica che si sta svolgendo in Brasile sulla base delle ricerche di Savarino per una cura dell'infezione da HIV:

The first long-term remission of chronic HIV-1 infection without myeloablation?

Si tratta di un caso di remissione prolungata in una persona che era arruolata nel braccio di megaART (cioè cART intensificata con maraviroc e dolutegravir) e nicotinamide, che - come sappiamo - è
una vitamina che appartiene alla classe delle sirtuine e che ha una certa azione anti-latenza perché funziona come inibitore della istone deacetilasi (le sirtuine costituiscono una classe a sé degli HDACi, la III). A differenza di altri HDACi che abbiamo già visto all'opera in diversi trial sulla cura, la nicotinamide è usata come integratore alimentare o, sotto forma di crema, come anti-acne per la sua azione anti-infiammatoria e ha effetti collaterali trascurabili.


Ho avuto l'opportunità di rivolgere direttamente ad Andrea Savarino qualche domanda sui risultati presentati al congresso, ma prima vediamoli insieme (le slide sono alla fine del post).

  • Un uomo di 35 anni, MSM di origini caucasiche, ha ricevuto diagnosi di HIV 8 anni fa e iniziato la cART a 2 mesi dalla diagnosi, con nadir dei CD4 a 372, CD4 al momento di ingresso nello studio nel settembre 2015 720, e viremia al momento di inizio della terapia a poco più di 20.000 copie (virus R5-tropico, sottotipo B). Non ha mai avuto fallimenti virologici e non ha mai interrotto il trattamento.
    Alla cART standard sono stati aggiunti dolutegravir e maraviroc e poi la nicotinamide.
    Durante il trattamento - a conferma che qualcosa stava accadendo nel reservoir - ha avuto qualche piccolo blip viremico.
    Alla conclusione del periodo di trattamento, nel settembre 2016, il paziente è tornato alla cART standard, che è poi stata sospesa a fine marzo 2019.
    Da allora, e dunque per più di 64 settimane, ha controllato la viremia a livelli irrilevabili senza bisogno di terapia. E anche il DNA provirale, misurato in due modi diversi, risulta non rilevabile.
    I CD4 sono rimasti a degli ottimi livelli; il rapporto CD4/CD8 è stabilmente sopra a 1.
    I marker di attivazione dei CD8 sono notevolmente diminuiti.
    Gli anticorpi anti-HIV stanno svanendo in modo lineare.
    Insomma, un anno e mezzo senza terapia può senz’altro indicare una remissione prolungata dell’infezione.



• Anzitutto, complimenti! Pare proprio che questa sia LA notizia che arriva quest'anno dalla Conferenza Mondiale sul fronte della cura e in un anno così difficile se ne sentiva davvero il bisogno. Grazie!
E ora vorrei capire qualcosa di più di questo magnifico caso clinico. Perché la nicotinamide? Ho visto che in una slide avete citato un tuo lavoro di più di 20 anni fa sul ruolo che la nicotinamide può avere nel contrastare l'apoptosi, cioè il processo programmato di morte cellulare che si verifica nell'infezione da HIV in modo correlato con la progressione e la gravità dell'infezione.


Grazie, e grazie a te per l'interesse e l'indefesso impegno all'informazione su questo argomento che hai avuto in tutti questi anni.
In una parte dello studio pubblicato nel 1997 riprodussi alcune osservazioni già effettuate da altri, tra cui il fatto che i linfociti di persone con HIV/AIDS avessero una tendenza eccezionale all'apoptosi (su questo aspetto tornerò più avanti). Sì conoscevano già gli effetti antiapoptotici della nicotinamide, ma essi erano stati osservati usando concentrazioni millimolari del farmaco, superiori a quelle ottenibili in vivo, anche con le migliori supplementazioni della molecola. La novità dello studio risedette nel fatto che i linfociti di persone con HIV/AIDS rispondevano a concentrazioni di nicotinamide assai inferiori, nell'intervallo micromolare. Pensai quindi di aver messo in evidenza un meccanismo molto specifico e responsabile della disregolazione immunitaria in persone con HIV/AIDS.
Era il 1996: all'epoca ero un giovane medico specializzando, e non tutti ancora avevano accesso alla ART. Provammo a supplementare con nicotinamide due soggetti in AIDS conclamata, in quella che si definisce terapia compassionevole. Tuttavia non avemmo risultato alcuno per ragioni che spiegherò dopo: un'ottima terapia antiretrovirale sarebbe stata fondamentale.


• Vorrei che mi spiegassi perché vuoi diminuire l'apoptosi quando sostieni una strategia di cura basata sull'auranofin, che invece è una strategia antiproliferativa.

L'apoptosi è un meccanismo biologico molto complesso, che, come molti altri, può essere un'arma a doppio taglio. Da un lato, è vero che l'apoptosi riduce la sopravvivenza delle cellule che sono il principale reservoir del virus (linfociti T della memoria centrale) e che lo mantengono in fase latente durante la terapia antiretrovirale. D'altro canto, l'apoptosi induce una risposta immunitaria. Le cellule morenti rilasciano infatti i cosiddetti corpi apoptotici, ovvero pezzi di cellula che inducono infiammazione e favoriscono l'attenzione linfocitaria. Quest'ultima favorisce la riattivazione del virus dalla latenza e l'infezione di nuove cellule. In breve, fa sì che il virus si propaghi. Questo è il secondo importante meccanismo di mantenimento dell'infezione durante la terapia antiretrovirale.
Quindi, inducendo apoptosi si frena il primo meccanismo, inibendola si ostacola il secondo.
In realtà il meccanismo è ancora più complesso: una cellula riceve una serie di stimoli, pro od antiapoptotici, e una combinazione di questi ne decide la morte o la sopravvivenza. È per ciò che ho deciso di spiegare il fenomeno attraverso un modello matematico basato su un sistema di equazioni differenziali.
In una prospettiva futura lo stimolo proapoptotico dovrà essere il più circoscritto possibile alle cellule del reservoir: fu per questo motivo che all'inizio di questa decade decisi di usare l'auranofin: questo farmaco induce apoptosi nel compartimento linfocitario della memoria, che include il reservoir del virus. La selettività è però solo parziale. L'idea è di giungere un giorno ad una strategia molto selettiva, che induca apoptosi solo nelle cellule infettate, responsabili della propagazione del virus.
L'effetto antiapoptotico che vorrei mettere nuovamente in evidenza attraverso questo caso clinico invece porterebbe ad un'aumentata sopravvivenza nell'organismo delle cellule effettrici, le quali contribuiscono ad eliminare il virus. Quando applicato a persone con HIV/AIDS, questo meccanismo tuttavia si inserisce in un contesto piuttosto problematico: la risposta immunitaria è spesso sregolata, e vi sono risposte immunitarie dell'organismo contro il virus che non solo sono inefficaci, ma addirittura nocive, in quanto "spengono" quelle utili. Quindi ritengo che quest'uomo sia un caso piuttosto unico, perché ritengo che in partenza avesse una combinazione di risposte immunitarie piuttosto fortunata.


• Perché unire l'azione della nicotinamide con quella del maraviroc? Che cosa si ottiene?

Come ho accennato prima, un'ottima terapia antiretrovirale sembra essere fondamentale per l'ottenimento di una cura di HIV/AIDS: ce lo dicono i modelli matematici, compreso quello che abbiamo utilizzato per spiegare il risultato ottenuto con questo fortunato signore.
L'idea di utilizzare il maraviroc, unico nella sua capacità di inibire l'ingresso del virus nelle cellule, era dovuta al fatto che avevamo bisogno di quattro classi di farmaci antiretrovirali per inibire la replicazione del virus a più livelli. Infatti alla ART di questo ragazzo (tenofovir/3TC/efavirenz) è stato aggiunto anche l'inibitore dell'integrasi dolutegravir, oltre al maraviroc.


• La nicotinamide è un inibitore delle iston deacetilasi. Anche se la sua attività è più blanda rispetto a quella di altri HDACi che sono stati studiati come farmaci anti-latenza, opera comunque un rimodellamento della cromatina. Dobbiamo aspettarci che agisca sull'espressione genica come ad esempio si è visto accadere nel caso del vorinostat? E che cosa può accadere ai CD8? Possono risultare danneggiati?

La nicotinamide inibisce una classe di iston deacetilasi (classe III) diversa da quella che abbiamo precedentemente descritto essere un bersaglio farmacologico per la latenza di HIV (classe I). Sono quindi diversi anche i suoi effetti. Il gruppo di Ricardo Diaz ha descritto come la nicotinamide, similmente ad altri inibitori delle iston deacetilasi, favorisca la fuoriuscita dalla latenza di HIV, e questo effetto sembrerebbe aver contribuito al risultato ottenuto nell'uomo di San Paolo secondo il modello matematico da noi utilizzato.
Per quanto riguarda le risposte CD8-mediate, la situazione sembra però essere completamente diversa: col tempo si è visto che l'effetto antiapoptotico della nicotinamide si traduceva in una migliore risposta CD8-mediata ad alcuni tumori, anch'essi caratterizzati da una risposta immunitaria disregolata.

• Continuerete il follow up del San Paolo Patient? Che cosa ci si può aspettare?

Il follow up di questa persona sarà ovviamente continuato: in particolare ripeteremo i saggi di coltivazione virale in campioni presi a varie distanze temporali dalla sospensione della terapia in modo da essere più sicuri del risultato ottenuto. Spero veramente che il quadro si mantenga inalterato. Non so bene che cosa attendermi, perché ci stiamo muovendo in un territorio ad oggi completamente inesplorato. Fare previsioni è davvero impossibile. Che dire? Spero veramente che i modelli matematici abbiano ragione, e che la carica virale non ritorni come nella Mississippi baby. Ma, ripeto, azzardare previsioni a questo stadio è a dir poco impossibile!


• Nel braccio del trial di cART intensificata più nicotinamide era previsto che venissero arruolati 5 partecipanti: che cosa è accaduto agli altri 4? E che cosa mi puoi dire del gruppo di pazienti che hanno solo ricevuto la megaART e hanno funzionato da gruppo di controllo?

Tutti gli altri partecipanti hanno visto un ritorno della viremia. Per questo ritengo che il caso in questione avesse in partenza una combinazione fortunata di fattori.

  • 1. Ricardo Sobhie Diaz, Leila B. Giron, Juliana Galinskas, James Hunter, Sadia Samer, Danilo Dias, Luiz Mario Janini, Iart Luca Shytaj, Maria Cecilia Sucupira, Juliana Maricato, Mohammad M. Tarek, Andrea Savarino. The first long-term remission of chronic HIV-1 infection without myeloablation? Int Conf AIDS 2020
    2. Savarino et al. Cell Biochem Funct. 1997
    3. Malesu et al. Photochem Photobiol Sci. 2020
    4. Samer et al.  BJID. 2020 S1413-8670(20)30019-2

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Se nella frase:
..i cosiddetti corpi apoptotici, ovvero pezzi di cellula che inducono infiammazione e favoriscono l'attenzione linfocitaria.

Si intendesse "attenzione linfocitaria" come "attivazione linfocitaria" , allora perchè i marker di attivazione dei CD8 sono notevolmente diminuiti?
In generale, ma la vitamina B3 non fa calare l'iperattivazione immunitaria?
Vedi questo piccolo studio:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4283109/

Oppure c'i sono due fetti contrapposti, uno che fa aumentare lì'iperattestazione immunitaria (i corpi apoptotici) compensato da un altro, sui linfociti CD8 che fa migliorare la risposta immunitaria?



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » domenica 12 luglio 2020, 5:39

skydrake ha scritto:
sabato 11 luglio 2020, 13:02
Se nella frase:
..i cosiddetti corpi apoptotici, ovvero pezzi di cellula che inducono infiammazione e favoriscono l'attenzione linfocitaria.

Si intendesse "attenzione linfocitaria" come "attivazione linfocitaria" , allora perchè i marker di attivazione dei CD8 sono notevolmente diminuiti?
In generale, ma la vitamina B3 non fa calare l'iperattivazione immunitaria?
Vedi questo piccolo studio:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4283109/

Oppure c'i sono due fetti contrapposti, uno che fa aumentare lì'iperattestazione immunitaria (i corpi apoptotici) compensato da un altro, sui linfociti CD8 che fa migliorare la risposta immunitaria?
Non ha preso solo la nicotinamide, ha anche intensificato la cART con dolutegravir e, soprattutto, maraviroc. Quindi l'effetto anti-attivazione e anti-infiammazione viene anche da lì.
D'altra parte, che la questione dell'apoptosi sia complessa l'ha spiegato - mi pare in modo chiaro - Savarino nel prosieguo della sua risposta, che ti riporto tutta intera così da evitare una lettura selettiva delle sue parole e di scadere in un imbarazzante cherry picking:
Andrea Savarino ha scritto:
martedì 7 luglio 2020, 15:20
L'apoptosi è un meccanismo biologico molto complesso, che, come molti altri, può essere un'arma a doppio taglio. Da un lato, è vero che l'apoptosi riduce la sopravvivenza delle cellule che sono il principale reservoir del virus (linfociti T della memoria centrale) e che lo mantengono in fase latente durante la terapia antiretrovirale. D'altro canto, l'apoptosi induce una risposta immunitaria. Le cellule morenti rilasciano infatti i cosiddetti corpi apoptotici, ovvero pezzi di cellula che inducono infiammazione e favoriscono l'attenzione attivazione linfocitaria. Quest'ultima favorisce la riattivazione del virus dalla latenza e l'infezione di nuove cellule. In breve, fa sì che il virus si propaghi. Questo è il secondo importante meccanismo di mantenimento dell'infezione durante la terapia antiretrovirale.
Quindi, inducendo apoptosi si frena il primo meccanismo, inibendola si ostacola il secondo.
In realtà il meccanismo è ancora più complesso: una cellula riceve una serie di stimoli, pro od antiapoptotici, e una combinazione di questi ne decide la morte o la sopravvivenza. È per ciò che ho deciso di spiegare il fenomeno attraverso un modello matematico basato su un sistema di equazioni differenziali.
In una prospettiva futura lo stimolo proapoptotico dovrà essere il più circoscritto possibile alle cellule del reservoir: fu per questo motivo che all'inizio di questa decade decisi di usare l'auranofin: questo farmaco induce apoptosi nel compartimento linfocitario della memoria, che include il reservoir del virus. La selettività è però solo parziale. L'idea è di giungere un giorno ad una strategia molto selettiva, che induca apoptosi solo nelle cellule infettate, responsabili della propagazione del virus.
L'effetto antiapoptotico che vorrei mettere nuovamente in evidenza attraverso questo caso clinico invece porterebbe ad un'aumentata sopravvivenza nell'organismo delle cellule effettrici, le quali contribuiscono ad eliminare il virus. Quando applicato a persone con HIV/AIDS, questo meccanismo tuttavia si inserisce in un contesto piuttosto problematico: la risposta immunitaria è spesso sregolata, e vi sono risposte immunitarie dell'organismo contro il virus che non solo sono inefficaci, ma addirittura nocive, in quanto "spengono" quelle utili. Quindi ritengo che quest'uomo sia un caso piuttosto unico, perché ritengo che in partenza avesse una combinazione di risposte immunitarie piuttosto fortunata.



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » mercoledì 5 agosto 2020, 11:04

Su France Soir intervista ad Andrea Savarino e ... nientepopòdimenoche ... [rullo di tamburi] ... Barbara Ensoli (gli estimatori della Dr Ensoli certamente capiranno quanto deve esserle costato parlare bene della ricerca di un collega molto poco amato :lol: ):



*****************

Su The Body Pro lunga intervista a Ricardo Diaz, che non solo racconta il passato, ma anche i progetti futuri:

Researcher Behind "Brazil Patient," the Latest HIV Remission Case, Explains How It Happened



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » giovedì 4 marzo 2021, 9:39

vCROI 2021

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Un titolo che non promette nulla di buono ...



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