[II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
skydrake
Messaggi: 9918
Iscritto il: sabato 19 marzo 2011, 1:18

Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da skydrake » martedì 31 marzo 2015, 22:17

uffa2 ha scritto:come "non fa nulla contro le rughe"? ma con il bell'incarnato che ho! :roll:
Sicuramente non é l'HIV. Avrei piuttosto qualche sospetto su cosa stai usando.
Guarda, si dice che qualcosaltro faccia bene alla pelle, e se lo scrivessi il tuo censuratore automatico me lo editerebbe.
:lol: :lol: :lol:



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da Dora » mercoledì 13 maggio 2015, 17:21

Immagine

UN LUNGHISSIMO FOLLOW UP PERMETTE DI RAFFORZARE IL RAZIONALE DI UNA CURA FUNZIONALE VIA ART / AURANOFIN / BUTIONINA SULFOSSIMINA


In questi ultimi anni, abbiamo seguito le traversie della sperimentazione basata sul protocollo ART + AURANOFIN + BSO, il cui razionale è stato definito da Andrea Savarino e dal suo gruppo di ricerca lavorando su macachi infetti da SIV (per vedere nei dettagli le questioni che erano rimaste aperte un anno e mezzo fa, rimando a questo post; invece, qui trovate qualche parola sugli effetti dell’auranofin sul reservoir dei CD4 quiescenti latentemente infetti, spinti dal farmaco a differenziarsi e a morire; e infine qui la descrizione della strategia volta ad indurre mediante auranofin e BSO il ritorno a una “fase che abbia le caratteristiche della fase acuta”, con l’obiettivo di mettere persone con infezione cronica da HIV in una situazione analoga a quella dei post-treatment controller della coorte VISCONTI, che iniziarono la ART durante l’infezione acuta, dopo diversi anni la sospesero e rappresentano quanto di più simile a una “cura funzionale” abbiamo visto fino ad oggi).

Nonostante una sconcertante serie di decisioni e ripensamenti, impegni e ritrattazioni da parte dell’Istituto Superiore di Sanità abbia bloccato l’inizio della sperimentazione clinica, il lavoro di definizione dei meccanismi d’azione dei farmaci usati nel protocollo e dei loro effetti a lungo termine è proseguito e porta oggi alla pubblicazione sul Journal of Virology di A Two-year Follow-up of Macaques Developing Intermittent Control of the HIV Homolog SIVmac251 in the Chronic Phase of the Infection, il nuovo lavoro di Andrea Savarino, Iart Shytaj e un lungo elenco di collaboratori in università e centri di ricerca americani.

È un lavoro molto articolato, in cui il prolungamento fino a più di due anni del follow up dei due macachi che hanno ricevuto il protocollo completo, la misurazione di fondamentali parametri immunologici e virologici e l’analisi retrospettiva di una coorte più vasta di macachi che hanno ricevuto o solo la ART o il protocollo parziale e sono dunque stati utilizzati come gruppo di controllo storico, hanno permesso di rafforzare il razionale della via alla cura dell’HIV secondo Savarino.

Nei lavori precedenti avevamo visto che, trattando le scimmie con uno schema di ART intensificata (necessaria per raggiungere la completa soppressione dell’SIVmac251 – un ceppo particolarmente virulento) e con auranofin da solo o in combinazione con BSO, quando tutti i farmaci erano stati sospesi, si erano potute misurare delle efficaci risposte antivirali da parte dei CD8 e una certa riduzione del reservoir di virus latente, che avevano consentito un significativo abbassamento del set point virale rispetto al periodo pre-ART e un controllo variabile delle viremie.

Immagine

Era però necessario definire meglio i meccanismi d’azione di questo protocollo, perché sapere

  • ● che la ART + auranofin fa diminuire le dimensioni del reservoir dei CD4,
    ● che l’auranofin induce una parziale distruzione dei CD4 memoria e
    ● che la combinazione di ART/auranofin/BSO migliora le risposte anti-Gag mediate dai CD8,
    ● mentre gli anticorpi neutralizzanti non sembrano giocare alcun ruolo nel controllo delle viremie,


lasciava aperte ancora tante domande.

In un precedente articolo su Cell Death and Disease (una rivista del gruppo Nature), Savarino e colleghi hanno descritto gli effetti epigenetici di auranofin, la sua capacità di silenziare geni che codificano per delle proteine quali CD27 e CD28, che sono antigeni di superficie dei linfociti T che favoriscono la sopravvivenza delle cellule e si esprimono in particolare nei linfociti T della memoria centrale e della memoria transitoria (Tcm e Ttm), che costituiscono il maggiore reservoir di HIV latente.
Quanto più i linfociti T sono differenziati (e i linfociti memoria sono l’ultimo stadio del processo di differenziazione), tanto più le loro difese anti-ossidanti diminuiscono e tanto più essi diventano suscettibili alla cascata di segnali chimici innescata dall’auranofin, che li porta a differenziarsi e a morire.
La sottomodulazione del CD28 ottenuta con la somministrazione di auranofin comporta dunque una diminuzione del tempo di vita dei CD4 Tcm e Ttm e si traduce in un progressivo esaurimento del reservoir, senza al tempo stesso toccare i linfociti T naive o le cellule staminali e senza causare danno immunitario in vivo.

A peggiorare la diminuita capacità di difendersi dai processi ossidativi osservata nei CD4 memoria - un vero e proprio “tallone d’Achille” del reservoir - interviene poi la BSO, che inibisce la produzione di glutatione ed è usata come chemioterapico sperimentale per indurre l'apoptosi di alcune cellule per via dei radicali liberi.

L’aggiunta della BSO al trattamento con ART e auranofin comporta anche un miglioramento delle risposte immuni dei CD8 contro la proteina Gag dell’SIV e ci mostra quanto questo approccio sia diverso dallo shock and kill, anche quello nella versione più sofisticata, che prevede l’uso di un vaccino terapeutico o un altro farmaco che stimoli le risposte CTL. Infatti, qui non è necessario risvegliare il virus dalla latenza e forzarlo a trascriversi: si fa direttamente in modo di uccidere le cellule che contengono virus latente.

Dopo aver definito meglio il meccanismo d’azione dei farmaci, serviva capire che cosa è davvero accaduto ai macachi che hanno ricevuto il protocollo completo e perché queste scimmie – salvo sporadici blip di entità descrescente – sono state capaci di controllare la viremia a livelli bassissimi una volta sospeso qualsiasi trattamento. Questo è il lavoro presentato oggi sul Journal of Virology.

Due, in particolare, sono le osservazioni che rafforzano il razionale:

  • 1. si è visto che il numero di CD4 attivati al momento del rebound delle viremie quando sono stati sospesi i farmaci era molto basso e
    2. si è constatata la scarsissima diversità del virus riemerso durante i blip, correlata con risposte immuni dei CD8 che si sono dirette contro parti della Gag dell’SIV altamente conservate
    (presenti in tantissime varianti di SIV, che infettano tipi di scimmie fra loro molto diversi, e tali che i CD8 dei macachi rinforzati dal trattamento hanno reagito perfino contro l'HIV-1 degli uomini).


Proviamo a capire perché queste osservazioni sono importanti.

I CD4 attivati sono il principale bersaglio del virus. Averne pochi attivati quando c’è un rebound della viremia significa offrire meno possibilità al virus di reinnescare l’infezione e quindi contribuire al controllo della viremia.

D’altra parte, avere risposte CTL che non sparano a caso, solo perché vedono in lontananza agitarsi una proteina che gli ricorda la Gag, ma che mirano bene e colpiscono il bersaglio giusto è quello di cui abbiamo bisogno per montare una difesa efficace.

Ricordate quando a gennaio parlavamo del lavoro di Shan e Siliciano uscito proprio allora su Nature? Dicevamo che

Dora ha scritto:Tutto si gioca sulle mutazioni di escape. L’escape virale dalle reazioni CTL (cioè dai CD8), assicurata dall’alta variabilità genetica e dalla rapida evoluzione dell’HIV, è un meccanismo diabolico, certamente l’arma migliore messa in campo dal virus, che gli ha consentito finora sia di farsi sostanzialmente beffe del nostro sistema immunitario, sia di avere ragione di qualsiasi vaccino.
Nelle prime settimane dell’infezione, l’organismo monta una risposta immune, che per una parte significativa è affidata proprio alle reazioni CTL. Ma il virus, che si trova sotto questa forte pressione selettiva, sviluppa un gran numero di mutazioni in porzioni chiave delle sue principali proteine, che in questo modo risultano “mascherate”, permettendogli di sfuggire dai CD8: questi, infatti, non riconoscono gli epitopi mutati nelle molecole dell’HIV come qualcosa di “estraneo”, quindi non riescono a distruggerlo. È così che le popolazioni virali mutate crescono fino a diventare quelle predominanti.

Come è facilmente intuibile, espandere una risposta immune dalla quale il virus sfugge serve a ben poco.
Anzi, se si stimola la risposta immune con un vaccino “sbagliato”, si finisce con il caricare forza su una linea di difesa inefficace e il processo di escape virale può addirittura contribuire ad aumentare il reservoir.

Ecco perché i CD8 devono imparare a “mirare giusto”. Ed ecco perché per addestrarli serve un vaccino.

Ora, dal momento che il meccanismo di escape è ben noto da anni, i vari vaccini basati sui CTL sono stati costruiti utilizzando gli epitopi conservati – in sostanza le piccole porzioni di virus che rimangono costanti nonostante le innumerevoli mutazioni. Eppure finora non hanno funzionato un granché. [...]
Normalmente, quando si ha un rebound della viremia dopo la sospensione della ART, si verifica una iperattivazione immunitaria, che innesca delle risposte immunodominanti non efficaci. Si crea così una sorta di “ciarpame immunologico” (immunological junk – scrivono Savarino e colleghi), che rende il sistema immunitario inefficiente.
Come ci ricordava anche Siliciano a gennaio, non tutte le risposte immuni antivirali contribiscono al controllo del virus: soltanto alcuni cloni diretti contro epitopi conservati possono mediare un’efficace distruzione del virus.


Se c’è qualcosa che i Boston Patients e la Mississippi Baby ci hanno insegnato è che avere un reservoir latente ridotto ai minimi termini è un fattore cruciale nel controllo della viremia in assenza di ART, ma non è sufficiente per arrivare a una cura dell’infezione. Serve infatti anche una risposta immune efficace e serve che l’attivazione immunitaria sia ben modulata.

Quando i trattamenti nelle scimmie di Savarino sono stati sospesi, si è visto che la combinazione di ART e auranofin ha comportato un picco della viremia simile a quello che si verifica durante l’infezione primaria, seguito da una diminuzione significativa del set point virale.
Quando alle scimmie è stato dato un nuovo breve ciclo di ART (contenente maraviroc, che ha effetti anche sull’attivazione immune), alla seconda sospensione dei farmaci le viremie sono rimaste – salvo qualche blip – a livelli irrilevabili. Questo controllo però si è perso nel tempo.
Ma quando alla ART e all’auranofin si è aggiunta la BSO, allora il controllo sulle viremie si è mantenuto per tutto il (lunghissimo) periodo di follow up e si è accompagnato da un lato con lo sviluppo di forti risposte dei CD8 contro epitopi Gag conservati, dall'altro con una limitatissima evoluzione e replicazione dell’SIV.

Nei macachi che hanno ricevuto il trattamento completo, si è avuta attivazione immunitaria ridotta al rebound delle viremie
(misurata dalla bassa frequenza di linfociti T che erano HLA-DR+).

Poiché l’efficacia della BSO (misurata dalla ridotta concentrazione di glutatione nelle PBMC) e quella dell’auranofin (misurata dai livelli a concentrazioni terapeutiche dello ione oro) si è mantenuta per molto tempo dopo la sospensione dei farmaci e si è sovrapposta al rebound della viremia, è verosimile che sia stata proprio l’azione congiunta dei due farmaci a modificare la dinamica delle relazioni fra ospite e virus, che ha portato al crearsi di una nuova fase acuta in concomitanza di un basso numero di linfociti T attivati e di forti risposte anti-Gag dei CD8.
Questo è ciò che ha consentito il raggiungimento di uno stato di “cura funzionale”.


Una assoluta novità annunciata in questo lavoro è l’osservazione che le ampie risposte anti-Gag cellulo-mediate si sono accompagnate con risposte delle cellule Natural Killer mediate da IFN-γ.
Queste risposte – che non si sono viste nei macachi trattati solo con ART + auranofin e che sono state meno forti nell’unico macaco che ha ricevuto anche la BSO ma non contemporaneamente all’auranofin – sono molto interessanti, perché corrispondono ai risultati portati al CROI da Daniel Scott-Algara sulla coorte VISCONTI, da cui si è visto che le cellule NK di chi ha mantenuto un buon controllo della viremia dopo la sospensione della ART producevano "naturalmente" grandi quantità di IFN-γ.
Se questa osservazione iniziale verrà confermata da studi più approfonditi, sarà un elemento in più per valutare come una cura funzionale simile a quella dei post-treatment controller della VISCONTI lo stato raggiunto dai due macachi di Savarino.

Immagine

Un altro aspetto molto interessante di quest’ultimo articolo è la conferma del ruolo dei CD8 nel controllo del rebound delle viremie descritto in un magnifico modello di Ivona Pandrea e Cristian Apetrei. Questa conferma si è avuta quando a P157, uno dei due macachi che hanno ricevuto il trattamento completo, è stato somministrato un anticorpo anti-CD8 che ha portato alla distruzione di un gran numero di queste cellule: a 42 settimane dalla sospensione della terapia, con viremia irrilevabile sia nel sangue sia nei liquidi vaginali, la deplezione dei CD8 ha portato a una perdita del controllo immune e a un conseguente rebound della viremia.

Immagine

Purtroppo, forse data anche l’età avanzata della povera P157, i CD8 non sono più risaliti, anche se i CD4, dopo una diminuzione transitoria, si sono ripresi e anche se la viremia si è mantenuta di circa 1 log al di sotto del set-point di prima della terapia. Nonostante tutto questo, al momento dell’eutanasia P157 non mostrava segni di progressione verso l’AIDS ed era perfino aumentata di peso.

Tutt’altro il destino di 4890, il maschio alfa di questa storia, cui ovviamente nessuno si è azzardato a distruggere i CD8 e che oggi, a quasi tre anni dalla sospensione di ogni trattamento, continua a stare benissimo.

Immagine

Rimane da dire qualche parola sulla caratterizzazione del virus nelle scimmie che hanno ricevuto il trattamento completo. Durante gli sporadici blip, è stato possibile fare delle analisi filogenetiche, che hanno mostrato dei virus molto omogenei, con un numero di quasispecie ridotto e decrescente nel tempo del follow up, in linea con la progressiva diminuzione del DNA virale del reservoir.
Il virus dominante emerso in un blip a circa un anno dalla sospensione dei farmaci era così simile a quello con cui le scimmie sono state inizialmente infettate da permettere di ipotizzare che veniva dalla riattivazione di un reservoir composto da cellule molto longeve.

Tutto questo dimostra che l’inibizione dell’attivazione dei linfociti T al momento del rebound virale e le potenti risposte anti-Gag dei CD8 hanno permesso di mantenere nel tempo una scarsissima diversità virale e sono dunque responsabili della progressiva diminuzione del set point delle viremie e dell'instaurarsi di uno stato di cura funzionale nei due macachi.



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da Dora » giovedì 14 maggio 2015, 7:10

Purtroppo l'ISS, che evidentemente continua a puntare su un cavallo spompato piuttosto che far spazio a ricerche serie, non ha neppure pensato di emettere un comunicato stampa per la pubblicazione dell'ultimo lavoro di Savarino, Shytaj e colleghi.
Esce in compenso oggi su Wired un articolo di Stefano Dalla Casa - bello e documentato come sono sempre i suoi.



Hiv, che fine ha fatto la sperimentazione dell’Istituto superiore di sanità?

Stefano Dalla Casa
Pubblicato maggio 14, 2015



Nonostante i risultati nel modello animale, la sperimentazione di un possibile trattamento conto l’Hiv sviluppato in Italia deve ancora vedere la luce

In Italia i fondi per la ricerca su hiv/aids ristagnano e sembrerebbe proprio questo il motivo per cui una sperimentazione annunciata dall’Istituto superiore di sanità nel 2013 non è ancora stata realizzata. Eppure i risultati degli esperimenti del ricercatore che ancora la promuove, Andrea Savarino, continuano ad avere conferme, come ricorda un articolo appena pubblicato su Journal of Virology. Ma perché è ancora importante investire nella lotta contro il virus?

Da Haart a Timothy Ray Brown
Fino alla fine degli anni ‘80 una diagnosi di sieropositività equivaleva a dire che, prima o poi, sarebbe arrivata l’Aids, una malattia che non lasciava scampo. Poi arrivarono i primi farmaci antiretrovirali e l’infezione da hiv cominciò a essere trattabile. Questa prima generazione di farmaci era però incapace di tenere sotto controllo a lungo l’infezione e una parte dei pazienti continuava a morire. Tutto cambia con la terapia di seconda generazione, Haart (Highly Active Antiretroviral Therapy): grazie a essa, almeno nei paesi più ricchi e negazionismo permettendo, l’hiv non è più una condanna a morte.

Per questo motivi spesso la ricerca su hiv/Aids riceve molta meno attenzione che in passato, ma la malattia, anche se ha praticamente smesso di uccidere, è ancora nella società. I farmaci salvavita devono essere assunti per tutta la vita, e non sono certo economici, né privi di effetti collaterali.

Per dare al virus il colpo di grazia servirebbe eradicarlo, cioè trovare il modo di rimuovere dagli individui infetti ogni traccia di hiv. Il problema è che il suo materiale genetico si integra con quello delle cellule del nostro sistema immunitario e in questo modo può riprendere in qualunque momento a replicarsi. Né il nostro sistema immunitario, né i farmaci antiretrovirali possono riconoscere e sbarazzarsi di queste cellule, i famosi reservoir.

L’unica persona al mondo in cui sembra che l’hiv sia stato eradicato è Timothy Ray Brown, il famoso paziente di Berlino. Nel 2007 Brown doveva sottoporsi a un trapianto di cellule staminali per contrastare la leucemia, ma i medici scelsero un donatore con una rara variante genetica associata alla resistenza all’hiv. Non è ancora chiaro come sia successo, ma oggi Brown vive senza terapia Haart e se ci sono tracce di hiv, non sono abbastanza numerose da essere rilevabili.

Purtroppo quello che è successo a Brown sembra avere poche speranze di essere ripetuto su larga scala, ma oltre all’eradicazione esiste anche il concetto di cura funzionale, cioè una condizione dove il virus, anche se ancora presente nell’ospite, cesserebbe di essere patogeno e non dovrebbe essere quindi controllato a vita con dei farmaci. Anche Brown, in un primo momento, fu definito come “funzionalmente curato”, visto che nel sangue del paziente sono a lungo rimasti gli anticorpi con cui il nostro organismo cerca di combattere l’infezione.

La ricerca dell’Iss
Per chi segue il topic su Wired, tutto questo dovrebbe essere già noto, quello che invece è meno noto è che l’Istituto superiore di sanità è proprietario di un brevetto internazionale per un protocollo terapeutico che, nel modello animale, porterebbe a una cura funzionale per un virus omologo dell’hiv. Eppure ora sembra che la ricerca che c’è dietro sia stata messa in un cassetto.

Immagine

Il medico Andrea Savarino, 45 anni, ha dedicato allo studio di hiv la sua carriera. Negli ultimi anni, però, è accaduto qualcosa che, in un modo o nell’altro, ha cambiato per sempre la sua esistenza: nel cercare una modo di eradicare il virus, ha ottenuto nel modello animale quella che sembrerebbe, appunto, una cura funzionale. Il protocollo messo a punto da Savarino assieme Iart Luca Shytaj e colleghi dell’università La Sapienza prevede la somministrazione di una combinazione di farmaci antiretroretrovirali insieme all’auranofin, un farmaco contro l’artrite reumatotoide, e alla butionina sulfossimina, un farmaco chemioterapico sperimentale.

I dettagli molecolari sono complessi e ancora non del tutto conosciuti, ma i ricercatori hanno dimostrato che la combinazione fa uscire i reservoir dalla quiescenza, permettendo di uccidere selettivamente molte cellule infette. Dopo anni di studi, prima in vitro e poi sugli animali, i ricercatori si aspettavano proprio un risultato del genere. Quello che invece non si aspettavano è che il trattamento, che non eradica completamente il virus, inducesse anche una risposta immunitaria che permetteva ai macachi di controllare l’infezione anche dopo che la terapia Haart era stata sospesa.

Come spiegano nel loro ultimo studio, appena pubblicato su Journal of Virology, Savarino e colleghi hanno monitorato i due animali che avevano ricevuto il trattamento per ben due anni: da una condizione definita pre-Aids (l’infezione da Siv era, cioè, molto avanzata) i macachi sono tornati in salute e tali sono rimasti. Gli autori fanno anche notare che in condizioni normali questo ceppo di Siv impiegherebbe meno della metà del tempo per portare all’Aids.

A cosa serve una sperimentazione?
Nell’Italia devastata dai casi Di Bella e Stamina, l’attenzione non è mai troppa quando di parla di un possibile cura per una malattia. Il fatto è che mentre nel 2013 il nostro parlamento si preoccupava di accontentare la pancia degli elettori e approvava quasi all’unanimità la fanta-sperimentazione sull’intruglio vannoniano, Savarino e Shytaj pubblicavano per la prima volta i loro risultati sulla rivista Retrovirology, non prima di aver percorso tutte le tappe previste dal processo di ricerca scientifica: partendo dal lavoro di altri ricercatori, avevano sviluppato e testato più ipotesi, comunicando i progressi sulla stampa specializzata e lasciando dietro di loro una scia di pubblicazioni. Tra le citazioni ricevute negli anni anche quella di un paper su Philosophical Transactions B che vanta tra gli autori Françoise Barré-Sinoussi, co-scopritrice dell’Hiv e premio Nobel per la medicina, che parla del lavoro in corso di Shytaj e Savarino a proposito dei modelli animali in cui è stata osservata una protezione spontanea dal virus dopo una terapia farmacologica.

Oggi non ce lo ricordiamo, ma allora molti giornali parlarono della promettente scoperta dei giovani ricercatori, e l’Istituto superiore di sanità diffuse un comunicato intitolato Studio Italia-Usa: verso una ‘cura’ dell’Aids, dove annunciava “l’inizio di un trial clinico nei primi mesi del 2014”.

L’inizio di una sperimentazione in tempi brevi sarebbe stata infatti possibile anche grazie al fatto che Savarino e colleghi hanno scelto molecole che non sono nuove, cioè in gran parte sono già state in utilizzate per altri scopi e quindi dal punto di vista della sicurezza i loro effetti sul corpo umano sono piuttosto noti.

Ma dove un Vannoni qualunque avrebbe gridato alla cura, i ricercatori dell’Iss sono invece sempre stati estremamente cauti. Il dottor Guido Silvestri (Emory University), intervistato da Hivforum, lo scorso luglio commentava:

L’idea di usare Auranofin e BSO per ridurre i reservoir virali in corso di ART e’ innovativa ed ha un suo razionale ben definito. Questa idea e’ stata sviluppata dal Dr. Savarino in alcuni interessanti lavori sul modello SIV nel macaco. Al momento pero’ i dati anche se promettenti sono limitati come numero di scimmie trattate ed il trial clinico non e’ neanche cominciato. Quindi come sempre bisogna limitare gli entusiasmi, ed infatti Savarino ed i suoi mi sembrano, giustamente, molto cauti in questo senso, e sempre pronti a mettersi in discussione se si levano delle voci critiche.

Infatti gli autori sono consapevoli che anche la loro ricerca, come tutte, ha dei limiti e lo dichiarano. Sul numero di animali, per esempio, specificano che i fondi a disposizione obbligano a fare delle scelte. Così, di 19 macachi in totale a disposizione per l’intero programma di ricerca, alla fine del lungo percorso solo due hanno potuto ricevere la combinazione di farmaci che, somministrati al momento giusto, li hanno riportati in salute. Sugli altri animali sono invece stati testati dei trattamenti parziali.

Naturalmente nessuno può davvero sapere se anche negli esseri umani i risultati sarebbero simili, ma è proprio a questo che servirebbe una sperimentazione, non a fare campagna elettorale.

Ma quella sperimentazione, a oggi, non è mai cominciata, nonostante non siano mancati in questi mesi anche gli appelli dei pazienti che speravano di vederla presto realizzata.

Abbiamo chiesto quindi all’Iss quale fosse la posizione dell’Istituto sul trial annunciato nel 2013 che avrebbe dovuto mettere a prova il protocollo. La risposta è stata:

“In riferimento alla richiesta che ha avanzato al Commissario sulla posizione dell’Istituto riguardo la sperimentazione del protocollo del dottor Andrea Savarino, annunciato in un periodo in cui ancora all’Istituto non era stata avviata la fase di Commissariamento, le specifico che il trial in questione non è ancora iniziato poiché attualmente non ci sono le condizioni tecniche e finanziarie per poterlo realizzare.”

Savarino invece replica:

“Questa ricerca ha passato rigorosi vagli, come la sua validazione da parte di prestigiosi ricercatori americani (che hanno investito risorse e firmato il nostro ultimo studio), la pubblicazione sulle più importanti riviste internazionali del settore e la sua premiazione a prestigiosi convegni in Europa e in America. Dubito che il commissario in persona si sia potuto mettere ad analizzare in dettaglio ogni singola ricerca: sarebbe quindi interessante sapere come sia composto il gruppo di ricercatori dell’Istituto superiore di sanità che ha dettato le nuove priorità in questo settore.”



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da Dora » giovedì 14 maggio 2015, 12:03

Anche Sylvie ...
(Mi piace molto questa immagine di Andrea Savarino come "anti-Vannoni". Seguendo da tanti anni le sue ricerche, mi pare che gli si adatti bene.)



Due macachi

14 MAGGIO 2015
Di SYLVIE COYAUD


Immagine


In un bell'approfondimento su Wired, Stefano Dalla Casa chiede
L'ISS l'aveva annunciata per il 2014 con un comunicato stampa, dopo una pubblicazione di Andrea Savarino et al. su un cocktail di molecole che potrebbero far uscire l'Hiv dai "reservoir" in cui resta latente e poi riparte se viene interrotta la terapia "Haart"... I giornali ne avevano parlato parecchio, idem la comunità scientifica - Stefano ricorda il paper di Françoise Barré-Senoussi. Così Savarino et al. hanno continuato a pubblicare aggiornamenti, oggi l'ultimo, su buone riviste, ma con mezzi sempre più ridotti e grazie al sostegno di ricercatori stranieri. Nel tempo però i 19 macachi iniziali si sono ridotti a 2 (dopo due anni sono tuttora liberi dell'equivalente dell'Hiv), con perdita di "dati" importanti per poter proseguire.

Savarino sta attento a non fare grandi promesse, non annuncia alcuna cura imminente, l'anti-Vannoni insomma, e forse sta pagando la sua onestà. Alla domanda di Stefano l'ISS risponde:

In riferimento alla richiesta che ha avanzato al Commissario sulla posizione dell’Istituto riguardo la sperimentazione del protocollo del dottor Andrea Savarino, annunciato in un periodo in cui ancora all’Istituto non era stata avviata la fase di Commissariamento, le specifico che il trial in questione non è ancora iniziato poiché attualmente non ci sono le condizioni tecniche e finanziarie per poterlo realizzare.

Piacerebbe anche a me sapere chi destina le poche risorse che ci sono e su che basi...

Stefano dice che l'Aids ha smesso di uccidere, è vero in media globale, e sopratutto nei paesi ricchi con un servizio sanitario pubblico efficiente. Ma dove questo non esiste, è tuttora letale (anche per le malattie "opportunistiche", per es. la tubercolosi sempre più resistente agli antibiotici) e le infezioni continuano ad aumentare in Russia, Africa subsahariana e... Stati Uniti. Qui trovate i "rapporti sui progressi" 2014 paese per paese, certe stime sono - diciamo così - provvisorie.

(Non conosco Andrea Savarino, ma so che non ha paura di denunciare i ciarlatani, maximum respect.)



alfaa
Messaggi: 1465
Iscritto il: giovedì 24 ottobre 2013, 17:41

Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da alfaa » venerdì 15 maggio 2015, 11:52

"Purtroppo quello che è successo a Brown sembra avere poche speranze di essere ripetuto su larga scala"

Non sono molto d'accordo con questa affermazione del signor Dalla casa... sembrerebbe gettare nella spazzatura le varie sperimentazioni sulle sostanze antilatenza lo shock and kill e la terapia genica...

Dora ma quindi Savarino sta ancora cercando qualcuno che lo finanzi per iniziare la sperimentazione sull'uomo? Se aspetta di essere finanziato in italia credo che passeranno altri 10 anni, cavolo.... :(



Keanu
Messaggi: 282
Iscritto il: giovedì 31 luglio 2014, 12:14

Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da Keanu » sabato 16 maggio 2015, 17:13

Mi fido di Savarino, credo in lui come scienziato e come uomo con valori, non ha lo sguardo di una "mucca pazza"... che dice Ta...tta...ta...ta....te



alfaa
Messaggi: 1465
Iscritto il: giovedì 24 ottobre 2013, 17:41

Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da alfaa » sabato 16 maggio 2015, 19:12

si possiamo anche fidarci,il problema è che se non trova qualcuno che fa andare avanti la sua sperimentazione, rimarranno purtroppo solo teorie,seppur belle... Diamine in america nessuno che voglia finanziarlo?



admeto
Messaggi: 279
Iscritto il: domenica 8 settembre 2013, 12:02

Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da admeto » sabato 16 maggio 2015, 21:56

Cosa potremmo fare noi per incidere su questa situazione? Dico seriamente, possiamo fare qualcosa?
Rendiamoci conto di quello che sta accadendo: stiamo parlando di una ricerca che ha portato due scimmie AD UNA CURA FUNZIONALE! Per di più, utilizzando FARMACI GIA' APPROVATI o IN CORSO DI APPROVAZIONE!
Io non sono un esperto di ricerca sull'HIV, ma mi pare di aver capito che si tratta di un risultato che non era mai stato ottenuto prima, in 30 anni di studi! Certo, due scimmie curate NON significano che una cura è dietro l'angolo, ma cavolo si tratta comunque di un indice importantissimo! Una scoperta protetta da un brevetto intestato ad un ente pubblico italiano, che potrebbe trasformarsi in un'enorme fonte di entrate!
E cosa succede a questa ricerca così interessante e promettente?? Viene ignorata, accantonata, soffocata da quelle caste autoreferenziali che devastano l'Italia, elevando lo scambio di favori a sistema e facendo strame di qualunque barlume di meritocrazia.

Noi dovremmo essere indignati e incavolatissimi per questa situazione, eppure nell'opinione pubblica la vicenda è quasi ignorata. Le nostre associazioni dove sono? Perché non organizzano proteste, non denunciano il pantano nei telegiornali?
Lo so, nessuno di noi è disposto ad incatenarsi davanti alle telecamere, ma forse qualcosa potremmo fare per creare un movimento di opinione... Non so, potremmo tempestare qualcuno di e-mail di protesta... Forse sarebbe necessario che di questa vicenda si parlasse in TV: anche se internet è diventato uno strumento di comunicazione molto penetrante, io credo che solo la TV riesca ancora a creare un movimento di opinione capace di incidere sullo stato delle cose.



alfaa
Messaggi: 1465
Iscritto il: giovedì 24 ottobre 2013, 17:41

Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da alfaa » domenica 17 maggio 2015, 3:01

Appunto pare esserci una cura funzionale possibile che in America, Germania o altri ricchi paesi nessuno voglia finanziare questa scoperta?



Dora
Messaggi: 7491
Iscritto il: martedì 7 luglio 2009, 10:48

Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uom

Messaggio da Dora » domenica 17 maggio 2015, 7:28

admeto ha scritto:Cosa potremmo fare noi per incidere su questa situazione? Dico seriamente, possiamo fare qualcosa?
Rendiamoci conto di quello che sta accadendo: stiamo parlando di una ricerca che ha portato due scimmie AD UNA CURA FUNZIONALE! Per di più, utilizzando FARMACI GIA' APPROVATI o IN CORSO DI APPROVAZIONE!
Io non sono un esperto di ricerca sull'HIV, ma mi pare di aver capito che si tratta di un risultato che non era mai stato ottenuto prima, in 30 anni di studi! Certo, due scimmie curate NON significano che una cura è dietro l'angolo, ma cavolo si tratta comunque di un indice importantissimo! Una scoperta protetta da un brevetto intestato ad un ente pubblico italiano, che potrebbe trasformarsi in un'enorme fonte di entrate!
E cosa succede a questa ricerca così interessante e promettente?? Viene ignorata, accantonata, soffocata da quelle caste autoreferenziali che devastano l'Italia, elevando lo scambio di favori a sistema e facendo strame di qualunque barlume di meritocrazia.

Noi dovremmo essere indignati e incavolatissimi per questa situazione, eppure nell'opinione pubblica la vicenda è quasi ignorata. Le nostre associazioni dove sono? Perché non organizzano proteste, non denunciano il pantano nei telegiornali?
Lo so, nessuno di noi è disposto ad incatenarsi davanti alle telecamere, ma forse qualcosa potremmo fare per creare un movimento di opinione... Non so, potremmo tempestare qualcuno di e-mail di protesta... Forse sarebbe necessario che di questa vicenda si parlasse in TV: anche se internet è diventato uno strumento di comunicazione molto penetrante, io credo che solo la TV riesca ancora a creare un movimento di opinione capace di incidere sullo stato delle cose.
alfaa ha scritto:Appunto pare esserci una cura funzionale possibile che in America, Germania o altri ricchi paesi nessuno voglia finanziare questa scoperta?
Io credo che, come c'era il VGTI Florida interessato a fare la sperimentazione clinica, così si faranno avanti altri. E appena Savarino avrà qualcosa di concreto da dire, ce lo farà senz'altro sapere.
Questo per l'estero e per quello che veramente conta: che la sperimentazione clinica si faccia e confermi o smentisca i bei risultati ottenuti nel modello animale.

Quanto all'Italia, Admeto caro, che cosa ti aspetti da un Istituto Superiore di Sanità che - almeno nella ricerca sull'HIV/AIDS - ha a lungo privilegiato le sceneggiate alla serietà del lavoro? Hai visto quanto negli anni è stata gonfiata quella specie di indigesta papaya che si è rivelato il vaccino Tat? Era su quello che l'ISS contava e su cui ha investito la maggior parte dei suoi finanziamenti. A tutto il resto sono sempre state date solo le briciole e, sapendo in che condizioni si sono trovati a lavorare Savarino e Iart Shytaj, a me pare già un mezzo miracolo che siano riusciti a portare tanto avanti la loro ricerca.

Poi sì, avrà anche ragione Sylvie Coyaud a definire Savarino l'anti-Vannoni e sarà anche vero che in Italia paga molto di più vendere fumo illudendo i malati e facendosi aiutare dalle Iene di turno che dire la verità sul proprio lavoro. Ma c'è tutto l'aspetto delle politiche seguite dall'ISS, delle sue scelte in materia di ricerca, del suo privilegiare una ricerca perdente a fronte di tante altre che, senza finanziamenti, possono magari essere bellissime, ma restano al palo. E questo va evidentemente oltre l'onestà o la disonestà con cui un ricercatore si pone davanti all'opinione pubblica.

E veniamo alle associazioni, Admeto. Queste non sono esterne al sistema delle "caste autoreferenziali che devastano l'Italia, elevando lo scambio di favori a sistema e facendo strame di qualunque barlume di meritocrazia". Le associazioni ne sono parte integrante e sono tutte compromesse dal sostegno - ora più, ora meno incondizionato - dato in passato al vaccino Tat. Ora, vista la mala parata, qualcuno si smarca? Ma dove erano le critiche quando servivano? E perché nessuno degli attivisti ha detto mezza parola l'anno scorso, quando le associazioni sono arrivate al delirio del comunicato contro Guido Silvestri?
Facile adesso tirarsi indietro. Ma erano tutti nei comitati etici degli ospedali e dello stesso Istituto Superiore di Sanità, ed erano nella Commissione AIDS e nelle segreterie organizzative dei congressi. Perché le associazioni non hanno mosso un dito in passato? Perché sono state tutte sdraiate davanti alle Tat-ate della Ensoli?
E perché nessuna delle associazioni si batte affinché anche in Italia si faccia ricerca sulla cura?
Non ci credono, al fatto che a una cura ci si può arrivare?
Non la vogliono, una cura?
O sono così irrimediabilmente compromesse con quella ciofeca del vaccino Tat da avere perso qualsiasi credibilità a dire la loro sulla ricerca?



Rispondi