[II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Taurus
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Taurus » martedì 17 dicembre 2019, 19:21

Tutto assolutamente esaustivo e condivisibile, grazie Dora.
Nella mia mente deformata da anni di cinefilia mi ero già fatto l'idea romantica del ricercatore solo e squattrinato, messo ai margini dalla comunità scientifica a combattere i "poteri forti" e il sistema cattivo con una ricerca da Nobel.
Per quanto non nutra particolari sentimenti patriottici, ammetto che sarebbe bello se fosse proprio un italiano a mettere la parola fine a quest'incubo: se il sogno si avverasse, che qualcuno all'ISS dovrebbe poi mettere la faccia nel cesso e tirare lo sciacquone (ma conoscendo i miei polli, non sarebbe irrealistico un tentativo da parte loro di saltare sul carro del vincitore "a cose fatte"...)



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » mercoledì 18 dicembre 2019, 7:14

Taurus ha scritto:
martedì 17 dicembre 2019, 19:21
qualcuno all'ISS dovrebbe poi mettere la faccia nel cesso e tirare lo sciacquone
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Tomby
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Tomby » giovedì 2 gennaio 2020, 0:39

Che bella notizia! Ma questa news e quella degli altre tre Macachi guariti fanno parte dello stesso filone di ricerca?
Scusate la domanda scema però non capisco mai se queste ricerche che si stanno facendo “comunichino” tra di loro per la causa comune o siano tutte indipendenti e si facciano a gara tra di loro. (Non conosco il mondo della farmaceutica!)
A quanto mi è parso di capire seguendo il forum è che, se questa cura venisse fuori, sarebbe il colpendo in diversi modi il reservoir (che sia bloccarlo o shock and kill) o creare artificialmente la condizione per la quale un élite controller riesca a tenere una viremia azzerata?
In questo ultimo caso non ci sarebbe una continua stimolazione del sistema immunitario?


Non nego che questo virus conoscendolo mi affascina sempre di più, è proprio scaltro!



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » giovedì 2 gennaio 2020, 4:42

Tomby ha scritto:
giovedì 2 gennaio 2020, 0:39
Che bella notizia! Ma questa news e quella degli altre tre Macachi guariti fanno parte dello stesso filone di ricerca?
Sono due ricerche diverse, basate su razionali diversi e in competizione fra loro, in fase di realizzazione diversa, perché una già sull'uomo, l'altra ancora sul modello animale. Accomunate però dal medesimo obiettivo di curare l'infezione.



Tomby
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Tomby » mercoledì 8 gennaio 2020, 21:20

Dora ha scritto:
giovedì 2 gennaio 2020, 4:42
Tomby ha scritto:
giovedì 2 gennaio 2020, 0:39
Che bella notizia! Ma questa news e quella degli altre tre Macachi guariti fanno parte dello stesso filone di ricerca?
Sono due ricerche diverse, basate su razionali diversi e in competizione fra loro, in fase di realizzazione diversa, perché una già sull'uomo, l'altra ancora sul modello animale. Accomunate però dal medesimo obiettivo di curare l'infezione.
Grazie mille Dora non puoi capire quanto mi sei stata e quanto sei d’aiuto nella mia fase di accettazione grazie alle tue spiegazioni.



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » giovedì 9 gennaio 2020, 4:11

Tomby ha scritto:
mercoledì 8 gennaio 2020, 21:20
Grazie mille Dora non puoi capire quanto mi sei stata e quanto sei d’aiuto nella mia fase di accettazione grazie alle tue spiegazioni.
Grazie a te, Tomby. Sono felice che il mio lavoro ti sia utile.



Bestrongtogether
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Bestrongtogether » venerdì 24 gennaio 2020, 21:46

Dora ha scritto:
giovedì 9 gennaio 2020, 4:11
Dora credo di aver bisogno di ripetizioni 🤦🏻‍♂️🤦🏻‍♂️🤦🏻‍♂️
quando si entra nei dettagli mi perdo sempre 😫



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » sabato 25 gennaio 2020, 7:26

Bestrongtogether ha scritto:
venerdì 24 gennaio 2020, 21:46
Dora credo di aver bisogno di ripetizioni 🤦🏻‍♂️🤦🏻‍♂️🤦🏻‍♂️
quando si entra nei dettagli mi perdo sempre 😫
Bestrongtogether, che ne dici di provare a fare delle domande? Io, in cambio, posso provare a dare delle risposte. E se quelle risposte non le so, prima di cedere le armi, possiamo provare a capire insieme se almeno delle risposte ci sono. ;)



Dora
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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da Dora » martedì 7 luglio 2020, 15:20

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#AIDS2020virtual - Il San Paolo Patient: un caso clinico di remissione prolungata con megaART e nicotinamide


Ricardo Diaz, Andrea Savarino e colleghi hanno presentato alla 23° Conferenza Mondiale sull'AIDS un risultato molto importante derivato dalla sperimentazione clinica che si sta svolgendo in Brasile sulla base delle ricerche di Savarino per una cura dell'infezione da HIV:

The first long-term remission of chronic HIV-1 infection without myeloablation?

Si tratta di un caso di remissione prolungata in una persona che era arruolata nel braccio di megaART (cioè cART intensificata con maraviroc e dolutegravir) e nicotinamide, che - come sappiamo - è
una vitamina che appartiene alla classe delle sirtuine e che ha una certa azione anti-latenza perché funziona come inibitore della istone deacetilasi (le sirtuine costituiscono una classe a sé degli HDACi, la III). A differenza di altri HDACi che abbiamo già visto all'opera in diversi trial sulla cura, la nicotinamide è usata come integratore alimentare o, sotto forma di crema, come anti-acne per la sua azione anti-infiammatoria e ha effetti collaterali trascurabili.


Ho avuto l'opportunità di rivolgere direttamente ad Andrea Savarino qualche domanda sui risultati presentati al congresso, ma prima vediamoli insieme (le slide sono alla fine del post).

  • Un uomo di 35 anni, MSM di origini caucasiche, ha ricevuto diagnosi di HIV 8 anni fa e iniziato la cART a 2 mesi dalla diagnosi, con nadir dei CD4 a 372, CD4 al momento di ingresso nello studio nel settembre 2015 720, e viremia al momento di inizio della terapia a poco più di 20.000 copie (virus R5-tropico, sottotipo B). Non ha mai avuto fallimenti virologici e non ha mai interrotto il trattamento.
    Alla cART standard sono stati aggiunti dolutegravir e maraviroc e poi la nicotinamide.
    Durante il trattamento - a conferma che qualcosa stava accadendo nel reservoir - ha avuto qualche piccolo blip viremico.
    Alla conclusione del periodo di trattamento, nel settembre 2016, il paziente è tornato alla cART standard, che è poi stata sospesa a fine marzo 2019.
    Da allora, e dunque per più di 64 settimane, ha controllato la viremia a livelli irrilevabili senza bisogno di terapia. E anche il DNA provirale, misurato in due modi diversi, risulta non rilevabile.
    I CD4 sono rimasti a degli ottimi livelli; il rapporto CD4/CD8 è stabilmente sopra a 1.
    I marker di attivazione dei CD8 sono notevolmente diminuiti.
    Gli anticorpi anti-HIV stanno svanendo in modo lineare.
    Insomma, un anno e mezzo senza terapia può senz’altro indicare una remissione prolungata dell’infezione.



• Anzitutto, complimenti! Pare proprio che questa sia LA notizia che arriva quest'anno dalla Conferenza Mondiale sul fronte della cura e in un anno così difficile se ne sentiva davvero il bisogno. Grazie!
E ora vorrei capire qualcosa di più di questo magnifico caso clinico. Perché la nicotinamide? Ho visto che in una slide avete citato un tuo lavoro di più di 20 anni fa sul ruolo che la nicotinamide può avere nel contrastare l'apoptosi, cioè il processo programmato di morte cellulare che si verifica nell'infezione da HIV in modo correlato con la progressione e la gravità dell'infezione.


Grazie, e grazie a te per l'interesse e l'indefesso impegno all'informazione su questo argomento che hai avuto in tutti questi anni.
In una parte dello studio pubblicato nel 1997 riprodussi alcune osservazioni già effettuate da altri, tra cui il fatto che i linfociti di persone con HIV/AIDS avessero una tendenza eccezionale all'apoptosi (su questo aspetto tornerò più avanti). Sì conoscevano già gli effetti antiapoptotici della nicotinamide, ma essi erano stati osservati usando concentrazioni millimolari del farmaco, superiori a quelle ottenibili in vivo, anche con le migliori supplementazioni della molecola. La novità dello studio risedette nel fatto che i linfociti di persone con HIV/AIDS rispondevano a concentrazioni di nicotinamide assai inferiori, nell'intervallo micromolare. Pensai quindi di aver messo in evidenza un meccanismo molto specifico e responsabile della disregolazione immunitaria in persone con HIV/AIDS.
Era il 1996: all'epoca ero un giovane medico specializzando, e non tutti ancora avevano accesso alla ART. Provammo a supplementare con nicotinamide due soggetti in AIDS conclamata, in quella che si definisce terapia compassionevole. Tuttavia non avemmo risultato alcuno per ragioni che spiegherò dopo: un'ottima terapia antiretrovirale sarebbe stata fondamentale.


• Vorrei che mi spiegassi perché vuoi diminuire l'apoptosi quando sostieni una strategia di cura basata sull'auranofin, che invece è una strategia antiproliferativa.

L'apoptosi è un meccanismo biologico molto complesso, che, come molti altri, può essere un'arma a doppio taglio. Da un lato, è vero che l'apoptosi riduce la sopravvivenza delle cellule che sono il principale reservoir del virus (linfociti T della memoria centrale) e che lo mantengono in fase latente durante la terapia antiretrovirale. D'altro canto, l'apoptosi induce una risposta immunitaria. Le cellule morenti rilasciano infatti i cosiddetti corpi apoptotici, ovvero pezzi di cellula che inducono infiammazione e favoriscono l'attenzione linfocitaria. Quest'ultima favorisce la riattivazione del virus dalla latenza e l'infezione di nuove cellule. In breve, fa sì che il virus si propaghi. Questo è il secondo importante meccanismo di mantenimento dell'infezione durante la terapia antiretrovirale.
Quindi, inducendo apoptosi si frena il primo meccanismo, inibendola si ostacola il secondo.
In realtà il meccanismo è ancora più complesso: una cellula riceve una serie di stimoli, pro od antiapoptotici, e una combinazione di questi ne decide la morte o la sopravvivenza. È per ciò che ho deciso di spiegare il fenomeno attraverso un modello matematico basato su un sistema di equazioni differenziali.
In una prospettiva futura lo stimolo proapoptotico dovrà essere il più circoscritto possibile alle cellule del reservoir: fu per questo motivo che all'inizio di questa decade decisi di usare l'auranofin: questo farmaco induce apoptosi nel compartimento linfocitario della memoria, che include il reservoir del virus. La selettività è però solo parziale. L'idea è di giungere un giorno ad una strategia molto selettiva, che induca apoptosi solo nelle cellule infettate, responsabili della propagazione del virus.
L'effetto antiapoptotico che vorrei mettere nuovamente in evidenza attraverso questo caso clinico invece porterebbe ad un'aumentata sopravvivenza nell'organismo delle cellule effettrici, le quali contribuiscono ad eliminare il virus. Quando applicato a persone con HIV/AIDS, questo meccanismo tuttavia si inserisce in un contesto piuttosto problematico: la risposta immunitaria è spesso sregolata, e vi sono risposte immunitarie dell'organismo contro il virus che non solo sono inefficaci, ma addirittura nocive, in quanto "spengono" quelle utili. Quindi ritengo che quest'uomo sia un caso piuttosto unico, perché ritengo che in partenza avesse una combinazione di risposte immunitarie piuttosto fortunata.


• Perché unire l'azione della nicotinamide con quella del maraviroc? Che cosa si ottiene?

Come ho accennato prima, un'ottima terapia antiretrovirale sembra essere fondamentale per l'ottenimento di una cura di HIV/AIDS: ce lo dicono i modelli matematici, compreso quello che abbiamo utilizzato per spiegare il risultato ottenuto con questo fortunato signore.
L'idea di utilizzare il maraviroc, unico nella sua capacità di inibire l'ingresso del virus nelle cellule, era dovuta al fatto che avevamo bisogno di quattro classi di farmaci antiretrovirali per inibire la replicazione del virus a più livelli. Infatti alla ART di questo ragazzo (tenofovir/3TC/efavirenz) è stato aggiunto anche l'inibitore dell'integrasi dolutegravir, oltre al maraviroc.


• La nicotinamide è un inibitore delle iston deacetilasi. Anche se la sua attività è più blanda rispetto a quella di altri HDACi che sono stati studiati come farmaci anti-latenza, opera comunque un rimodellamento della cromatina. Dobbiamo aspettarci che agisca sull'espressione genica come ad esempio si è visto accadere nel caso del vorinostat? E che cosa può accadere ai CD8? Possono risultare danneggiati?

La nicotinamide inibisce una classe di iston deacetilasi (classe III) diversa da quella che abbiamo precedentemente descritto essere un bersaglio farmacologico per la latenza di HIV (classe I). Sono quindi diversi anche i suoi effetti. Il gruppo di Ricardo Diaz ha descritto come la nicotinamide, similmente ad altri inibitori delle iston deacetilasi, favorisca la fuoriuscita dalla latenza di HIV, e questo effetto sembrerebbe aver contribuito al risultato ottenuto nell'uomo di San Paolo secondo il modello matematico da noi utilizzato.
Per quanto riguarda le risposte CD8-mediate, la situazione sembra però essere completamente diversa: col tempo si è visto che l'effetto antiapoptotico della nicotinamide si traduceva in una migliore risposta CD8-mediata ad alcuni tumori, anch'essi caratterizzati da una risposta immunitaria disregolata.

• Continuerete il follow up del San Paolo Patient? Che cosa ci si può aspettare?

Il follow up di questa persona sarà ovviamente continuato: in particolare ripeteremo i saggi di coltivazione virale in campioni presi a varie distanze temporali dalla sospensione della terapia in modo da essere più sicuri del risultato ottenuto. Spero veramente che il quadro si mantenga inalterato. Non so bene che cosa attendermi, perché ci stiamo muovendo in un territorio ad oggi completamente inesplorato. Fare previsioni è davvero impossibile. Che dire? Spero veramente che i modelli matematici abbiano ragione, e che la carica virale non ritorni come nella Mississippi baby. Ma, ripeto, azzardare previsioni a questo stadio è a dir poco impossibile!


• Nel braccio del trial di cART intensificata più nicotinamide era previsto che venissero arruolati 5 partecipanti: che cosa è accaduto agli altri 4? E che cosa mi puoi dire del gruppo di pazienti che hanno solo ricevuto la megaART e hanno funzionato da gruppo di controllo?

Tutti gli altri partecipanti hanno visto un ritorno della viremia. Per questo ritengo che il caso in questione avesse in partenza una combinazione fortunata di fattori.

  • 1. Ricardo Sobhie Diaz, Leila B. Giron, Juliana Galinskas, James Hunter, Sadia Samer, Danilo Dias, Luiz Mario Janini, Iart Luca Shytaj, Maria Cecilia Sucupira, Juliana Maricato, Mohammad M. Tarek, Andrea Savarino. The first long-term remission of chronic HIV-1 infection without myeloablation? Int Conf AIDS 2020
    2. Savarino et al. Cell Biochem Funct. 1997
    3. Malesu et al. Photochem Photobiol Sci. 2020
    4. Samer et al.  BJID. 2020 S1413-8670(20)30019-2

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Re: [II] A. SAVARINO: dai macachi ai trial clinici sugli uomini

Messaggio da uffa2 » mercoledì 8 luglio 2020, 11:15

Ieri, ero piuttosto galvanizzato dalla notizia sul “paziente di San Paolo”, e mi attendevo che, come già accaduto altre volte, la stampa generalista prendesse al balzo la notizia e la pompasse in misura anche eccessiva rispetto alle possibilità concrete a breve termine.

A dire il vero, già i ricercatori, molti seriamente, hanno cercato sin dall’inizio di non essere precipitosi e per primi hanno evocato il caso della “Mississippi baby”, un atteggiamento di grande serietà scientifica che contrasta con l’andazzo oramai consolidato nella comunicazione scientifica.

Ma la reazione dei media mi ha comunque sorpreso. La notizia non è da poco e fino a qualche tempo fa avrebbe avuto ben altro risalto. Con tutte le ansie e le domande che ci si può fare, la notizia “c’è” e, allora, come mai ha avuto una ricaduta così insignificante, e non solo in Italia?

Ho pensato a diverse ipotesi.
La prima è un’ipotesi “di tipo olistico”: la stampa generalista è oramai allo sfascio più acclarato, i soldi sono finiti, i giornali si arrabattano tra copia/incolla delle agenzie di stampa, free lance a pochi euro ad articolo e una manciata di “professionisti” assunti in altri tempi… in questo panorama lo spazio per una visione strategica dei diversi settori delle notizie è oramai svanita.
Ma non basta.
Non spiega un fenomeno che è non solo italiano.
Una spiegazione potrebbe essere il COVID: tutta l’attenzione è puntata su questo e non c’è spazio per altro.
Un’altra spiegazione può essere intrinseca ai meccanismi dell’editoria: questa è una buona notizia che turba un panorama di notizie tragiche e per di più è un po’ incerta, insomma spegne il climax e non sappiamo neppure se con ragione… ma è una spiegazione troppo difficile.
Non basta…
Non riesco proprio a spiegare come così tante testate siano “disattente”.

Mi viene un’unica spiegazione: la scienza “ha stancato”.
È troppo complessa, ha tempi troppo lunghi per i media di oggi.

Una notizia come questa va capita e va spiegata, e deve essere a sua volta compresa da chi la legge, tutto troppo difficile.
La tendenza oramai affermata è quella delle notizie su cui prendere posizione, che mobilitano gli animi e non il ragionamento, da questo punto di vista quindi le notizie da un congresso scientifico sono insignificanti.
A meno che la notizia non faccia il verso all’uomo che morde il cane (il colesterolo fa bene, le medicine fanno male e cose del genere) non interessa a nessuno, non appaga il lettore e non serve a fare clickbaiting.
Un titolo come “paziente con HIV negativo agli esami da un anno e mezzo” è già difficile, se poi devi aggiungerci “ma non si sa perché” e, peggio “non si sa se è guarito per davvero” ammoscia tutto.

Ecco, la mia ricostruzione è che questo meccanismo si sia manifestato sin dall’inizio, prima nella comunicazione congressuale, che ha cercato di non esaltare per non dover affrontare poi delle delusioni, poi nelle agenzie di stampa, che hanno amplificato i dubbi, quindi nei media internazionali…

Con tutti i dubbi, e la paura di un nuovo caso di “Mississippi baby”, è un peccato perché questa notizia comunque racconta che la ricerca non si ferma e che c’è ancora bisogno di sostenerla, e questa notizia sarà letta da pochi…
Poi, magari, nelle prossime ore assisteremo ai fuochi d’artificio (comunque da temere), ma non ne sarei così convinto…


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