Radio Immuno Terapia (RIT)

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
stealthy
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Re: Radio Immuno Terapia (RIT)

Messaggio da stealthy » mercoledì 4 dicembre 2013, 21:20

i rari casi di demenza sono correlati al numero bassissimo di CD4 con cui si è iniziata la terapia.



admeto
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Re: Radio Immuno Terapia (RIT)

Messaggio da admeto » mercoledì 4 dicembre 2013, 23:04

Dora ha scritto: La trovi qui: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 552#p24552.
E forse è anche quello il thread che stai cercando: HIV e demenza
Grazie Dora, il thread è proprio questo. E per fortuna è molto rassicurante: l'articolo che viene citato arriva alla chiara conclusione che in caso di diagnosi e trattamento precoce, il tasso di incidenza dei disturbi neuro-cognitivi tra le persone sieropositive (che non abbiano altri problemi di salute oltre all'hiv) è molto simile a quello delle persone sieronegative e si mantiene basso anche tra i sieropositivi da lungo tempo in terapia.

In realtà i thread di "Verso una cura" e "Scoperte" in questi mesi li ho letti praticamente tutti. Anzi i più interessanti per me (soprattutto quelli che fanno "il punto di") me li sono pure stampati e letti 2-3 volte con calma ;-)
Ma di questo thread mi erano rimasti in mente solo due dettagli: il crollo dei problemi neuro-cognitivi dopo l'avvento della HAART e il fatto che si parlasse di militari... la memoria seleziona le informazioni in modo davvero bizzarro a volte... ;-)

Grazie ancora, e scusate il tono ansioso del precedente messaggio.
CIAO!



Dora
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Re: Radio Immuno Terapia (RIT)

Messaggio da Dora » giovedì 5 dicembre 2013, 12:36

Dora ha scritto:
Puzzle ha scritto:Io non la scarterei a priori questa ricerca. (...)
(...) per dire qualcosa di sensato preferirei leggere un articolo, che chissà quando arriverà.
L'articolo sui risultati presentati al congresso della Radiological Society of North America è ancora di là dall'essere pubblicato, ma la nostra Dadachova ha scritto sulla RIT contro l'HIV (almeno) un paio di articoli, pubblicati su PLoS ONE nel 2006 e nel 2012 e segnalati dagli utenti di POZ (uno dei quali ha espresso esattamente la mia stessa sensazione: "I can't say I'd be jumping to be first in line for radiation immunotherapy").
Per chi ha voglia di leggerseli, sono open access:
Detto questo, e riprendendo quanto scrivevo ieri sul CD2 individuato da Romerio come possibile marker per distinguere le cellule latentemente infette da quelle attivate, un articolo uscito ieri su Medscape, mi pare molto utile per iniziare a capire meglio la ricerca della Dadachova. In particolare, questi paragrafi:
  • The safety of radioimmunotherapy is well established in the field of oncology, where tumor cell burdens are approximately 1000 times greater than those seen in HIV patients being treated with triple therapy. This makes HIV a comparatively light load for radioimmunotherapy, according to those most familiar with the technique. (...)

    The world needs a strategy for eradicating HIV, said Dr. Dadachova. She then proceeded to describe her team's strategy using radioimmunotherapy.

    The approach is effective against HIV-infected cells because it binds to a specific antigen and kills the cells. To be successful as a therapy, it requires an antigen target that in no way resembles a human antigen [quindi attaccare una proteina come il CD2 mai e poi mai andrebbe bene]. If such an antigen can be found, then "1 or 2 hits per cell is enough to destroy the cell," explained Dr. Dadachova.

    Her team used the HIV antigen gp41 to generate the 2556 antibody that binds specifically to HIV-infected cells. The researchers previously used gp41 radioimmunotherapy in mice with severe combined immunodeficiency that were injected with infected human cells (PLoS One. 2012;7:e31866). "We are basically able to eliminate the HIV-infected cells in those mice," Dr. Dadachova said enthusiastically. More important, they were able to eliminate HIV-infected cells in the brains of the mice.

    Although the team's success with mice was exciting, she noted that they still did not know whether radioimmunotherapy would work in patients being treated with antiretroviral therapy. No one could say what the interaction between radioimmunotherapy, HIV, and antiretrovirals would look like. Would the suppressed viral replication also suppress the expression of gp41 below the level needed for radioimmunotherapy? (...)

    Dr. Dadachova will next be partnering with physicians in South Africa to enroll patients there in the first radioimmunotherapy clinical trial. She said she expects the first results by the end of 2014. She also reported that she is applying to the National Institutes of Health for funding to continue the research in the United States.

    The treatment regimen will likely consist of a single injection of radioimmunotherapy, she explained. Because bismuth-213 is a very short-lived isotope, all radioactivity will be gone from the patient in 4 hours. Follow-up testing will reveal whether the patient rebounds and requires another treatment.



admeto
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Re: R: Radio Immuno Terapia (RIT)

Messaggio da admeto » giovedì 5 dicembre 2013, 16:00

Se ho capito bene, secondo voi il limite di questa ricerca sarebbe che "l'anticorpo radioattivo" (chiamiamolo così) avrebbe come bersaglio una proteina espressa dalle cellule produttivamente infette, ma non da quelle latentemente infette (o forse espressa da queste in modo insufficiente x renderle riconoscibili dall'anticorpo) e quindi non aiuterebbe ad eliminare il reservoir. Ho capito bene?



luilo
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Re: Radio Immuno Terapia (RIT)

Messaggio da luilo » giovedì 5 dicembre 2013, 16:11

Ciao, 2 anni fa mi hanno diagnosticato linfoma di Hodgkins curato con 6 cicli di chemioterapia HBVD
Se dovessi sottopormi a questa radioterapia, cosa rischierei?
Sono hiv+ con cd4 580 e carica virale non rilevata



Dora
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Re: Radio Immuno Terapia (RIT)

Messaggio da Dora » venerdì 6 dicembre 2013, 7:38

admeto ha scritto:Se ho capito bene, secondo voi il limite di questa ricerca sarebbe che "l'anticorpo radioattivo" (chiamiamolo così) avrebbe come bersaglio una proteina espressa dalle cellule produttivamente infette, ma non da quelle latentemente infette (o forse espressa da queste in modo insufficiente x renderle riconoscibili dall'anticorpo) e quindi non aiuterebbe ad eliminare il reservoir. Ho capito bene?
Per come è costruito, questo "anticorpo radioattivo" si dirige solo verso le cellule che esprimono la proteina virale gp41 (che, come ricordava la Dadachova nell'intervista riportata sopra, in caso di ART soppressiva può essere espressa da pochissime cellule infette).
Dal momento che le cellule quiescenti latentemente infette non esprimono questa proteina sulla loro superficie (né nessun'altra che le renda diverse dalle cellule sane e così riconoscibili), l'anticorpo proprio non le vede, quindi le lascia intatte.
Se ho capito le intenzioni della *eradication strategy Dadachova style*, prima si deve trovare il modo di riattivare il reservoir latente così che le cellule quiescenti ricomincino a produrre virus e poi interviene l'anticorpo radioattivo, che le individua e le distrugge.

Se ho tempo, oggi provo a leggere i due articoli su PLoS.

luilo ha scritto:Ciao, 2 anni fa mi hanno diagnosticato linfoma di Hodgkins curato con 6 cicli di chemioterapia HBVD
Se dovessi sottopormi a questa radioterapia, cosa rischierei?
Sono hiv+ con cd4 580 e carica virale non rilevata
Ciao "luilo".
Purtroppo temo che nessuno al momento possa darti una risposta. Non si sa neppure se questo tipo di terapia potrà funzionare sugli esseri umani, quindi dobbiamo aspettare che siano fatte delle sperimentazioni cliniche.

Tu come stai, a due anni dalla chemio? La tua situazione di CD4 e viremia pare ottima. Immagine



Dora
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Re: Radio Immuno Terapia (RIT)

Messaggio da Dora » mercoledì 23 dicembre 2015, 9:09

Immagine

RADIOIMMUNOTERAPIA: TERAPIA ALFA MIRATA PER ELIMINARE SELETTIVAMENTE LE CELLULE INFETTATE DA HIV NEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE


Ho il piacere di annunciarvi che Ekaterina Dadachova ha finalmente dato un segnale di vita: ha infatti appena pubblicato su AIDS A fully human antibody to gp41 selectively eliminates HIV-infected cells that transmigrated across a model human blood brain barrier, la ricerca presentata al congresso della Radiological Society of North America di cui parlammo due anni fa, che è parte di un lavoro decennale in cui l'Albert Einstein College of Medicine di New York ha collaborato con il Joint Research Centre della Commissione Europea ed ha ricevuto finanziamenti sia dagli NIH, sia dalla Fondazione Gates.

Rispetto alle aspettative che Dadachova stessa aveva sollevato nel 2013, mi pare che la sua tabella di marcia proceda dunque assai più lentamente del previsto.

Eravamo rimasti al fatto che aveva identificato un anticorpo monoclonale umano – 2556mAb – che si dirige contro epitopi altamente conservati sulla proteina gp41 dell’HIV-1, che si trovano sia sulle particelle virali, sia sulle cellule infette. Gli studi che aveva fatto in vitro avevano dimostrato che questo anticorpo si lega a un preciso punto della gp41, che è presente in tutti i sottotipi di HIV, dal ceppo A fino al ceppo H.
Inoltre, si era visto che l’anticorpo 2556 era più abile degli anticorpi prodotti naturalmente contro la gp41 nel legarsi alle cellule infette.

Abbiamo dunque un bi-anticorpo, sul genere di quelli di cui abbiamo parlato nel thread ALTERNATIVE AI VACCINI TERAPEUTICI PER LA FASE DI "KILL" DELLO “SHOCK AND KILL”.

Quando questo mAb era stato legato con un radionuclide che emette particelle alfa, il Bismuto 213 (213Bi), ed era stato iniettato in topi umanizzati infetti da HIV, si era visto che aveva ucciso un numero significativo di cellule infette senza causare tossicità ematologica negli animali.

Il passo successivo era stato di testare il complesso anticorpo + radionuclide contro cellule estratte da persone con HIV, sia naive, sia in terapia antiretrovirale: anche in quel caso, le cellule infette erano state uccise in modo selettivo.

Veniamo così all’articolo pubblicato adesso, in cui è stata testata la capacità di 2556mAb di penetrare in vitro in cellule che costituiscono un modello di barriera emato-encefalica e di uccidere le cellule infette, con l’obiettivo di eliminare il virus dal sistema nervoso centrale.

L’articolo è molto tecnico ed esordisce con i dettagli della costruzione del complesso anticorpo + radionuclide e con le ragioni per cui l’ipotesi di lavoro è stata che quel preciso anticorpo radioattivo e uno usato come controllo sarebbero stati in grado di penetrare nelle cellule che compongono la barriera emato-encefalica umana, specificamente astrociti e cellule endoteliali.

Passa poi a raccontare come, in effetti, questo sia avvenuto e come sia avvenuto in funzione del tempo di esposizione delle cellule del modello all’anticorpo (massimo 5 ore, dopo le quali l’attività del Bismuto 213 decade).

Ci rassicura inoltre riguardo al fatto che sia 2556mAb, sia l’anticorpo usato come controllo vengono rapidamente eliminati dagli organi principali grazie alla bassa reattività incrociata fra i tessuti dei mammiferi e gli anticorpi monoclonali diretti contro proteine virali.

Benché gli anticorpi usati negli esperimenti siano totalmente umani e possano quindi causare qualche reazione nei topi, non sono state analizzate tutte le possibili risposte infiammatorie nei topi. Però Dadachova e colleghi fanno riferimento all’ormai vasta esperienza clinica con anticorpi umanizzati o completamente umani e ritengono che nei pazienti umani non dovrebbe esserci alcun tipo di reazione immune.

Passano così a descrivere la distruzione selettiva di PBMC e monociti infetti da parte del complesso anticorpo + radionuclide una volta che questo è riuscito a trasmigrare oltre la barriera emato-encefalica.
Le PBMC infette e non infette sono state depositate sopra le cellule del modello di barriera emato-encefalica e nel corso di una notte sono penetrate dall’altra parte. Sono stati poi aggiunti l’anticorpo radioattivo e l’anticorpo di controllo e si è osservato che, 48 ore dopo, circa 1/3 delle PBMC infette trattate con il 2556 avevano subito apoptosi, mentre quelle trattate con il mAb di controllo erano rimaste intatte.

I ricercatori hanno poi voluto studiare la distruzione dei monociti maturi, che sono più resistenti alle radiazioni rispetto ai linfociti, che costituiscono la maggior parte delle PBMC.
Hanno dunque ripetuto un analogo procedimento, aumentando anche progressivamente le dosi di 2556: al dosaggi più basso, il 96% delle cellule nelle colture non infette sono rimaste vive, mentre solo il 44% di cellule infette è sopravvissuto nel gruppo di quelle infettate con HIV. A un dosaggio di 3 volte superiore, sono sopravvissute l’87% delle cellule non infette e il 62% di quelle infette. A un dosaggio di 5 volte superiore, l’alta concentrazione di radiazioni nei campioni ha fatto morire per apoptosi non specifica un gran numero di cellule. L’anticorpo usato come controllo non ha distrutto né le cellule infette, né quelle sane.

Gli esperimenti in vivo nei topi umanizzati hanno comunque dimostrato che la radioimmunoterapia non ha causato tossicità né a livello generale, né a livello del midollo. Quindi hanno confermato la specificità della RIT.

L’ultimo passo è stato quello di valutare l’integrità della barriera dopo la RIT. È stata dunque testata la permeabilità delle cellule in coltura dopo il trattamento con l’anticorpo radioattivo e si è visto che non era aumentata. Questo conferma la sicurezza della RIT nei confronti della barriera emato-encefalica, un aspetto ovviamente cruciale se si vuole portare questa ricerca in fase clinica.

Degli anticorpi monoclonali coniugati con Bismuto 213 sono già studiati in sperimentazioni cliniche contro il cancro, anche contro tumori cerebrali, e stanno dimostrando di essere efficaci senza grossi effetti collaterali, in particolare senza causare disturbi cognitivi nei pazienti trattati.
Parallelamente, uno studio preclinico su topi con infezione da criptococco al cervello ha dimostrato che la distruzione delle cellule infette mediante mAb+213Bi non ha causato effetti collaterali neurologici o sistemici.

Sulla base dei risultati pubblicati adesso sull’efficacia e selettività della distruzione di PBMC e monociti infetti trasmigrati al di là della barriera emato-encefalica mediante l’anticorpo 2556 reso radioattivo, nonché forti del fatto che l’emivita del Bismuto 213 è di soli 46 minuti ed esso completa il proprio decadimento in 4 ore, Dadachova e colleghi concludono dunque che la RIT con anticorpi monoclonali radioattivi diretti contro la gp41 dell’HIV sia una buona strategia per eliminare le cellule infette, sia sistemicamente, sia in modo specifico nel sistema nervoso centrale e richieda dunque ulteriori studi.
Ritengono inoltre che sia anche possibile usare la RIT insieme a sostanze anti-latenza per distruggere il reservoir latente presente nel sistema nervoso centrale.



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