Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Messaggio da Dora » sabato 2 novembre 2013, 10:23

L’anno scorso parlammo di topi.
Quest’anno siamo alle scimmie. Manca solo di fare ancora il grande passo sugli esseri umani e forse gli anticorpi monoclonali ampiamente neutralizzanti potranno rientrare di diritto in una strategia complessa di cura, forse anche di eradicazione.
In un articolo su Science Now che il 24 ottobre dello scorso anno commentava la pubblicazione su Nature di un lavoro di Michel Nussenzweig, immunologo alla Rockefeller University di New York, Jon Cohen esordiva dicendo:

  • Combattere l’HIV con gli anticorpi è come combattere l’incendio di un bosco con tubi per irrigare un giardino. Gli anticorpi possono rallentare il virus, ma questo fa continuamente copie di sé stesso, costruendo delle versioni mutanti che sfuggono a questa fondamentale risposta immunitaria.


E continuava spiegando che “gli anticorpi più potenti contro l’HIV sono stati isolati da persone non in terapia che NON erano riuscite a controllare la loro infezione per molti anni. Questi cosiddetti anticorpi ampiamente neutralizzanti (bNAbs) fanno poco nell’aiutare le persone che li producono, ma il fatto che esistano indica che le mutazioni hanno creato delle popolazioni virali sempre più diversificate, che a loro volta hanno spinto il sistema immunitario a sviluppare una risposta che è più potente e lavora contro un maggior numero di varianti”.

Quando Nussenzweig ha testato separatamente diversi bNAbs, isolati da esseri umani e poi prodotti artificialmente come anticorpi monoclonali in colture di laboratorio, in un modello di topo “umanizzato”, “i livelli di HIV – come ci si aspettava – sono scesi, ma poi sono risaliti nel giro di 2 settimane, perché il virus era mutato per sfuggire agli anticorpi che erano stati somministrati. Un cocktail di 3 bNAbs che penetrano attraverso le proteine di superficie dell’HIV in tre diversi punti è andato solo un po’ meglio. Ma, quando i ricercatori hanno combinato 5 diversi bNAbs, il virus è rimasto soppresso in 7 topi su 8 per 60 giorni”.

Allora Nussenzweig dichiarò che, essendo questi anticorpi prodotti naturalmente dagli esseri umani, non dovrebbero avere molti effetti collaterali e potrebbero prolungare la loro azione per molto tempo. Potenzialmente potrebbero essere usati due o tre volte l’anno.

Questo accadeva un anno fa.

Ora escono in contemporanea su Nature due articoli di due gruppi di ricerca diversi, ma in entrambi i quali ritroviamo il nome di Michel Nussenzweig a fare da trait d’union (e da ispiratore delle ricerche). Parlerò soprattutto del primo - quello di Barouch, Barton e collaboratori (Harvard)- e al secondo – quello di Martin, Shingai et al. (NIH) – dedicherò solo poche parole, perché mi pare in sostanza una conferma della validità della prima ricerca. E la prospettiva da cui mi interessa guardare a questi lavori non è tanto quella di un possibile vaccino preventivo, né quella di una sostituzione degli antiretrovirali con gli anticorpi monoclonali per mantenere un controllo sulla replicazione virale (che ha pure un suo senso), quanto quella di un eventuale utilizzo dei bNAbs all’interno di una strategia di cura non ingenua.

Molto in breve, i risultati:

  • • In entrambe le ricerche, si è visto che l’infusione o di un singolo bNAb o di una combinazione è stata in grado di sopprimere la replicazione virale nei macachi.

    • Borouch ha testato un cocktail di tre anticorpi in 4 macachi rhesus che erano stati infettati con un virus chimera SHIV altamente patogenico, che usa la envelope dell’HIV per penetrare nella cellula. In una settimana il virus era divenuto irrilevabile in tutte e 4 le scimmie ed è rimasto tale per 84 giorni, anche quando i titoli degli anticorpi erano declinati quasi al punto di svanire.

    • Quando poi è stato utilizzato uno solo dei componenti del cocktail, un anticorpo particolarmente potente chiamato PGT121, si sono ottenuti risultati simili. Nel complesso, degli effetti terapeutici sono stati riscontrati in 18 scimmie, ma la diminuzione più consistente delle viremie si è osservata nei tre macachi che avevano i livelli di partenza di SHIV RNA più bassi.

    • Un aspetto interessante è che i set point virali dopo la sospensione della terapia – cioè i livelli stabili di viremia raggiunti quando si è ristabilito un equilibrio fra replicazione virale e sistema immunitario – erano notevolmente più bassi rispetto ai set point raggiunti prima del trattamento. Questo suggerisce che gli anticorpi monoclonali abbiano migliorato la risposta immune antivirale .

    • A questo controllo delle viremie si sono poi aggiunti un miglioramento della funzionalità dei CD8 SHIV-specifici e un aumento in tutti gli animali dei livelli di anticorpi neutralizzanti naturali.

    • Alle infusioni di anticorpi si sono associate anche diminuzioni significative dei livelli di SHIV DNA nel sangue e nei tessuti (una misura del numero delle cellule infette), a indicare una riduzione del reservoir virale.

    • Il crollo delle viremie è stato più rapido di quanto si vede normalmente con gli antiretrovirali e questo fa ipotizzare che i bNAbs abbiano accelerato la distruzione delle cellule infette mediante dei meccanismi anticorpo-mediati: gli anticorpi si legano alle proteine virali sulle cellule infette rendendole così visibili al sistema immunitario, che interviene a distruggerle.

    • Nello studio di Martin e degli NIH, invece, è stata somministrata una combinazione di altri due anticorpi a dei macachi che erano in una fase meno avanzata dell’infezione e si è visto che i livelli di SHIV sono crollati sotto la soglia di rilevabilità in una decina di giorni, mentre nei macachi che erano in una fase più avanzata gli effetti sono stati meno spettacolari.

    • In entrambe le ricerche, il virus ha comunque avuto un rebound quando gli anticorpi sono svaniti e non è stato possibile sperimentare gli effetti a lungo termine della terapia, perché si temeva che si finisse con l’innescare una risposta immune contro gli anticorpi umani. Quindi non è chiaro per quanto tempo questo tipo di risposte possano essere mantenute.


In un post nel blog che tiene per TAG, ieri Richard Jefferys ha elencato una serie di caveat di cui sarà bene che Barouch e colleghi tengano conto prima di passare – come è nei piani – in fase clinica.

  • 1. La seconda ricerca, quella degli NIH, ha coinvolto delle scimmie che erano in una fase più avanzata dell’infezione, già sintomatica, e la resistenza ai bNAbs è parsa in quel caso svilupparsi con maggiore facilità (anche se ci sono stati comunque dei benefici in termini sia di riduzione delle viremie, sia di aumento dei CD4).
    2. Nello studio di Barouch si è visto che i bNAbs non riuscivano a sopprimere completamente la viremia in due macachi che l’avevano particolarmente alta.
    3. Non è chiaro se ci saranno differenze fra HIV e SHIV nella capacità di sviluppare resistenza ai bNAbs.
    4. Le persone con infezione da HIV cronica possono ospitare molte quasispecie diverse e quindi avere fin dall’inizio qualche resistenza agli anticorpi monoclonali. In effetti, nei trial clinici che si sono tentati in passato le resistenze si sono sviluppate in fretta, ma si utilizzavano anticorpi di prima generazione, molto meno potenti di quelli che abbiamo adesso.


Detto tutto questo, e tenendo conto che la ART funziona bene nel colpire fasi diverse del ciclo di replicazione dell’HIV e per di più è somministrata per via orale, mentre i bNAbs devono essere iniettati, perché immaginare di usare gli anticorpi monoclonali all’interno di una strategia di cura?

Come ci spiegano Louis Picker e Steven Deeks in un commento scritto per Nature ai due articoli di cui stiamo parlando, perché da questi due lavori si vede chiaramente che i bNAbs seguono un meccanismo di soppressione virale diverso rispetto agli antiretrovirali: gli ARV impediscono al virus di diffondersi da una cellula infetta alle cellule circostanti, ma non uccidono direttamente le cellule infette, né impediscono alle cellule di produrre nuovi virioni.

In assenza di diffusione del virus, la produzione di HIV diminuisce perché le cellule infette muoiono o a causa del virus, o a causa di qualche reazione immuno-mediata, o di morte “naturale” (apoptosi). Il problema, come ben sappiamo, è che alcune cellule infette persistono e vanno avanti indefinitamente a produrre virus, causando quei rebound virali che si osservano quando la ART viene interrotta e contribuendo al permanere di uno stato di infiammazione e di disfunzione immunitaria nelle persone in terapia.

Ecco allora che gli anticorpi monoclonali, grazie al fatto che si attaccano alla envelope dell’HIV neutralizzandola e segnalando al sistema immunitario che lì c’è una cellula da distruggere, possono aiutare a spazzar via le cellule infette in cui l’HIV viene riattivato dalla latenza e che Siliciano ci ha insegnato che – a differenza di quel che si pensava – non muoiono né per gli effetti citotossici del virus, né per le reazioni citolitiche di CD8, che il virus ha reso troppo deboli.

La combinazione di una ART standard con una terapia a base di anticorpi monoclonali neutralizzanti potrebbe dunque
  • • ridurre la replicazione virale in modo più efficace rispetto alla sola ART,
    • mediare la distruzione delle cellule che producono virus dopo che l’infezione latente è stata riattivata,
    • diminuire l’attivazione immunitaria generalizzata e
    • rendere più efficace un vaccino terapeutico indirizzato a migliorare la distruzione delle cellule latentemente infette mediante l’azione dei CD8.


Secondo dichiarazioni rilasciate sia da Barouch, sia da Martin, l'obiettivo è di passare al più presto a una sperimentazione clinica.

Da parte sua, Richard Jefferys ci ricorda che un anticorpo ampiamente neutralizzante già arrivato in fase clinica c'è: si tratta di uno studio di sicurezza e tollerabilità, randomizzato e in aperto sul VRC 01, per il quale si stanno arruolando fra i 15 e i 25 volontari (cfr. ClinicalTrials.gov: VRC 601: A Phase I, Open-Label, Dose-Escalation Study of the Safety and Pharmacokinetics of a Human Monoclonal Antibody, VRC HIVMAB060-00-AB (VRC01), With Broad HIV-1 Neutralizing Activity, Administered Intravenously or Subcutaneously to HIV-Infected..).


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FONTI:



admeto
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da admeto » domenica 3 novembre 2013, 17:10

Innanzitutto vorrei dire che i ringraziamenti per Dora non sono mai sufficienti. Svolge un lavoro straordinario, in pochissimo tempo legge, traduce e rende comprensibili per tutti noi testi scientifici destinati ad un pubblico di specialisti, che ci consentono di farci un'idea precisa su quale sia lo stato attuale della ricerca scientifica relativa alla malattia che ci colpisce.

Io ho letto anche il thread dell'anno scorso che riguardava la ricerca sui topi umanizzati e vorrei chiedere una cosa.
Sicuramente la strategia di eradicazione descritta è molto affascinante e sarebbe IL traguardo finale. Tuttavia, per quel che ne capisco, mancano ancora quasi tutti gli strumenti necessari: non esiste ancora una terapia anti-latenza efficiente e non esiste ancora un vaccino valido. Molte ricerche sono in corso, ma al momento questi strumenti fondamentali mancano e credo che ci vorranno ancora parecchi anni di sperimentazione per arrivarci.
Allora mi domando: l'idea di sostituire la terapia ARV con gli anticorpi monoclonali dobbiamo proprio scartarla? E per quale motivo: perché in realtà si pensa che gli anticorpi da soli sarebbero insufficienti o per i costi eccessivi di produzione? Probabilmente sbaglierò, ma ho l'impressione che questo traguardo sarebbe sicuramente lontano, ma forse un po' meno lontano rispetto a una terapia eradicante completa.
In fin dei conti siamo già costretti a recarci periodicamente in ospedale a ritirare i farmaci. Se invece di prenderci le nostre scatolette ci facessimo fare un'iniezione di anticorpi che ci protegge per qualche mese fino all'iniezione successiva (senza gli effetti collaterali dei medicinali) per me sarebbe già un buon risultato... Voi che ne dite?



Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da Dora » domenica 3 novembre 2013, 19:26

admeto ha scritto:l'idea di sostituire la terapia ARV con gli anticorpi monoclonali dobbiamo proprio scartarla? E per quale motivo: perché in realtà si pensa che gli anticorpi da soli sarebbero insufficienti o per i costi eccessivi di produzione?
(Ti ringrazio molto per le parole gentili che mi hai dedicato.)

Non è affatto da scartare l'uso di anticorpi monoclonali in aggiunta alla ART o addirittura in sua vece. Anzi, sono ampiamente studiati e ce ne sono in particolare tre - il Cytolin, l'Ibalizumab e e il PRO140 - che sono in fase clinica e, dati in monoterapia, hanno abbattuto la viremia di circa 1 log.
Tuttavia, si tratta di anticorpi - non so bene come definirli - *normali*, che utilizzano meccanismi abbastanza simili a quelli degli antiretrovirali, per esempio attaccandosi al recettore CCR5 sui CD4 e così bloccando l'ingresso al virus.
Invece quelli di cui parliamo in questo thread sono degli anticorponi neutralizzanti molto più potenti (addirittura un abbattimento di 3 log di viremia in una settimana!), che fanno fuori un ampio spettro di varianti virali e che agiscono per vie differenti rispetto ai soliti ARV.
Tieni però conto che, a parte i costi proibitivi, c'è il problema del facile svilupparsi di resistenze.


In "Scoperte" trovi:



admeto
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Re: R: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di

Messaggio da admeto » domenica 3 novembre 2013, 20:28

Grazie Dora, la tua risposta è chiara ed esaustiva come sempre. Leggerò i thread che hai segnalato. E che dire, speriamo che la ricerca su questi "nuovi" anticorponi proceda il più rapidamente possibile...



Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da Dora » sabato 16 novembre 2013, 7:59

L'altro giorno segnalavo che si è tenuto a San Francisco un incontro organizzato dalle riviste Cell e The Lancet, al quale hanno partecipato circa 200 fra clinici e ricercatori per discutere su "Che cosa ci vuole per avere un mondo libero dall'AIDS?"
Ieri Matt Sharp ha pubblicato un report del congresso su HIVandHepatitis, da cui ho scoperto che all'incontro ha partecipato Romas Geleziunas, che si occupa di coordinare le ricerche sull'eradicazione fatte da Gilead. Geleziunas ha raccontato che - insieme alla Gates Foundation - Gilead sta lavorando sul PGT121 (l'anticorpo ampiamente neutralizzante più potente che, nella ricerca di Barouch e colleghi che ha dato inizio a questo thread, è stato somministrato da solo alle scimmie, consentendo loro un controllo delle viremie non tanto diverso da quello del cocktail di 3 bNAbs). E ha aggiunto un particolare che dimostra l'intento di sviluppare una strategia combinata per aggredire la questione dell'eradicazione:
  • Gilead ha in corso altre ricerche su diversi approcci per la riduzione del reservoir, ad esempio gli agonisti del TRL-7 e l'uso di terapie combinate, che quasi tutti considerano la via da seguire per qualsiasi strategia di cura.
Ricordate? Di agonisti dei Toll-Like Receptor cominciammo a parlare nel thread dedicato al panobinostat (qui e soprattutto qui). In quel caso era il CPG 7909, un agonista del TLR-9, e l'idea dei ricercatori danesi che stanno sperimentando le doti antilatenza del panobinostat era di usare un agonista del TLR-9 per rinforzare le reazioni del CD8 contro l'HIV (difficilmente proprio il CPG 7909 su cui i danesi hanno già molto lavorato, però, perché da quando Pfizer detiene i diritti per testarlo su esseri umani rifiuta di darlo a ricercatori indipendenti).
Una strategia di cura *non ingenua*, che tiene conto della lezione di Siliciano.

Invece, di Gilead e del suo agonista del TLR-7 - che si chiama GS-9620 - parliamo specificamente nel thread sulla romidepsina, l'altro HDACi che è segnalato in partenza in ClinicalTrials, anche se ancora non ha iniziato ad arruolare pazienti (e che comunque verrà sperimentato senza GS-9620). Nel sito di Gilead si dice che il GS-9620 è in fase 1 per trattare HCV e HBV; di sperimentazioni su pazienti con HIV ancora non ce ne sono.

Se non sarà un vaccino terapeutico a rinforzare le reazioni citolitiche dei linfociti T per aiutarli a spazzar via le cellule contenenti virus riattivato, forse sarà un agonista di qualche TLR.
Speriamo solo che si affrettino a riunire insieme in un'unica sperimentazione un qualche agonista di un qualche TLR con qualche HDACi o altro farmaco antilatenza perché, finché continuano a sperimentarli separati, resta difficile capire se insieme possano lavorare bene.



admeto
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Re: R: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di

Messaggio da admeto » domenica 17 novembre 2013, 18:25

So che in questo forum ci sono persone che aspettano una cura a anni, a volte da decenni e dovrei essere l'ultimo a parlare. Però devo confessare che questo parlare insistente di eradicazione da parte dei ricercatori crea l'aspettativa di una cura molto vicina. Mentre in realtà non è così, e non lo sarà finché dalla teoria non si comincerà a passare alla pratica... Scusate lo sfogo



alfaa
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Re: R: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di

Messaggio da alfaa » domenica 17 novembre 2013, 21:25

admeto ha scritto:So che in questo forum ci sono persone che aspettano una cura a anni, a volte da decenni e dovrei essere l'ultimo a parlare. Però devo confessare che questo parlare insistente di eradicazione da parte dei ricercatori crea l'aspettativa di una cura molto vicina. Mentre in realtà non è così, e non lo sarà finché dalla teoria non si comincerà a passare alla pratica... Scusate lo sfogo

sono d'accordo e ogni volta che i miei genitori mi rassicurano dicendo che avrò comunque una vita normale in attesa della "cura" definitiva (che a detta loro ci sarà tra non molto!! )solo perchè hanno letto qualche articolo su internet,mi fa rabbia...perchè mi illudono e si illudono soltanto...io credo ci sarà una cura,ma per quanto ne so potrebbe uscire tra 30 anni se non di piu...



Dora
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Re: R: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di

Messaggio da Dora » domenica 17 novembre 2013, 21:34

alfaa ha scritto:
admeto ha scritto:So che in questo forum ci sono persone che aspettano una cura a anni, a volte da decenni e dovrei essere l'ultimo a parlare. Però devo confessare che questo parlare insistente di eradicazione da parte dei ricercatori crea l'aspettativa di una cura molto vicina. Mentre in realtà non è così, e non lo sarà finché dalla teoria non si comincerà a passare alla pratica... Scusate lo sfogo
sono d'accordo e ogni volta che i miei genitori mi rassicurano dicendo che avrò comunque una vita normale in attesa della "cura" definitiva (che a detta loro ci sarà tra non molto!! )solo perchè hanno letto qualche articolo su internet,mi fa rabbia...perchè mi illudono e si illudono soltanto...io credo ci sarà una cura,ma per quanto ne so potrebbe uscire tra 30 anni se non di piu...
Nel frattempo, qui che cosa facciamo?
Ho bisogno di capire se continuare a seguire la ricerca come stiamo facendo in questa sezione del forum serve per mantenere i piedi per terra, per riuscire a orientarsi in un mondo che è abbastanza complicato, per non cascare nel tira e molle delle speranze-delusioni che nascono se si seguono solo gli articoli di giornale, oppure se finisce con l'essere una fonte di frustrazione.
Ve lo chiedo perché ho davvero bisogno di capire come muovermi.



skydrake
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Re: R: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di

Messaggio da skydrake » domenica 17 novembre 2013, 23:00

per non cascare nel tira e molle delle speranze-delusioni che nascono se si seguono solo gli articoli di giornale, oppure se finisce con l'essere una fonte di frustrazione.
Ve lo chiedo perché ho davvero bisogno di capire come muovermi.
Sempre che a te vada, o che non ti stanchi troppo, suggerirei di continuare, magari anche in modo più succinto, senza consumarsi in approfondimenti, sopratutto nelle parti "entusiastiche" degli studi, in quanto spesso ad autopromuoversi gli studiosi sono bravissimi. Sono le parti più problematiche e lacunose degli studi che spesso vengono omesse. Quelle che generano più illusioni, le quali poi sono destinate ad essere amolificate se si seguono solo i giornali. Come questo:

http://archiviostorico.corriere.it/1996 ... 4514.shtml

Notare la data



San
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da San » domenica 17 novembre 2013, 23:59

Ciao è 15 anni che vi seguo , dai tempi di Goldrake e altri utenti pieni di speranze , ora è' un po' che non vedo nel forum leon , quello che voglio dire e' dora non mollare stai facendo un grande lavoro te e altri ragazzi del forum , io personalmente è' 15 anni che aspetto la cura definitiva , c'era un periodo che Goldrake mi aveva fatto pensare che bastava poco con i suoi articoli di grande speranza , mentre leon sempre molto più realistico , io leggevo sempre i forum di Goldrake perché mi davano speranza i suoi interventi , ma in effetti quelli di leon che avvolte saltavo per non voler sentire la verità erano quelli che si sono nel tempo realizzati , ma il solo pensare che ci volevano 20 anni mi prendeva angoscia , quindi dico bisogna essere realistici e la cura definitiva e! Ancora lontana , però bisogna lottare perché le cose non cambiano , e accontentarsi, nonostante tutto pensiamo a chi soffriva veramente , vorrei dire a questi ragazzi che noi anziani abbiamo preso anche 12 pasticche il giorno con tutte le conseguenze che c'erano vomito diarrea ecc ecc , quindi ora potete dire solo grazie , poi anche io come tutti vorrei svegli armi una mattina e andare in ospedale ha prendere l' ultima pillola , quella con la scritta ,,vittoria.. Ce l'abbiamo fatta , ma dopo tanti anni non ci credo , mi basta alzarmi la mattina e baciare i miei figli già sono contento , dico ai nuovi godetevi la vita è assaporate ogni giorno con la giusta speranza , grazie Dora per quello che fai , anche a leon , vi seguo sempre anche se non intervengo , ok ci sentiamo tra 15 Anni .... Baci



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