Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da Dora » sabato 13 ottobre 2018, 6:50

Dora ha scritto:Nello studio uscito su Nature sono state fatte 3 infusioni dei 2 anticorpi a 11 persone che avevano la viremia ben controllata dalla ART.
9 di queste, quando hanno sospeso tutti i trattamenti, hanno mantenuto viremia irrilevabile per una media di 15 settimane.
Di quelle 9, 2 sono rimaste senza dover prendere antiretrovirali per più di 1 anno.
Grazie a Richard Jefferys, che era presente all'incontro organizzato dal NIAID su Strategies for an HIV Cure, abbiamo un aggiornamento sulle due persone che hanno ricevuto i due bNABs e hanno controllato meglio la viremia:
Richard Jefferys ha scritto:In a presentation at the NIAID Strategies for an HIV Cure meeting yesterday (now available in the NIH videocast archive, starting at the 5:32:22 mark), Marina Caskey from Rockefeller University provided an update on the two individuals who maintained viral suppression the longest during the ATI. One remains off ART after 52 weeks while the other experienced viral load rebound at week 50, restarting ART shortly afterward. Although the study had been intended for people with chronic HIV infection, it turned out the former individual started ART fairly early, about 4-5 months after HIV infection, raising the question of whether post-treatment control might have occurred without an additional intervention. Caskey noted that their viral load at the time of ART initiation was high, at around 800,000 copies/ml.

Preliminary analyses of HIV-specific T cells in these two participants suggest that receipt of the bNAbs may have been associated with improvements in responses to Gag and Pol antigens, echoing an observation made in the macaque study, but Caskey took pains to emphasize that this work is still at a very early stage.



Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Messaggio da Dora » martedì 5 marzo 2019, 17:55

bNAbs AL #CROI2019


Michel Nussenzweig, Rockefeller University, ha tenuto ieri al CROI una bellissima Bernard Fields Lecture sulla scoperta e lo sviluppo degli anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro:
Ha ripercorso tante delle ricerche di cui abbiamo parlato in questo thread, quindi non mi pare il caso di raccontare per esteso la sua lezione. Ma, in attesa che siano disponibili le presentazioni sui bNABs a questo congresso, suggerisco a tutti di ascoltare la conferenza di Nussenzweig per esteso: è facile, comprensibile, davvero molto bella. Merita proprio.


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Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Messaggio da Dora » domenica 10 marzo 2019, 7:27

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bNAbs AL #CROI2019: PGT121

Kathryn Stephenson, Beth Israel Deaconess Medical Center, Boston, ha tenuto una presentazione sui risultati delle prime sperimentazioni su esseri umani di PGT121:

Therapeutic activity of PGT121 monoclonal antibody in HIV-infected adults

Stephenson ha riferito di un trial clinico in due fasi.
Nella prima fase, uno studio randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo e con dosi a scalare, in 20 adulti HIV negativi e 15 positivi con viremia stabilmente controllata dalla cART, i partecipanti hanno ricevuto 3, 10, or 30 mg/kg di PGT121 per via intravenosa, oppure 3 mg/kg per via sottocutanea.
5 persone per ogni gruppo di dosaggio, 1 trattata con placebo.
Nella seconda fase, questa volta in aperto, senza gruppo di placebo, i partecipanti hanno ricevuto 30 mg/kg di PGT121 IV ed erano tutti persone con HIV e NON in terapia: 9 con viremie alte, 4 con viremie basse.
Nel complesso, 41 persone hanno ricevuto l'anticorpo, 7 un placebo.

In entrambi gli studi e sotto entrambi i tipi di somministrazione l'anticorpo è stato ben tollerato, sicuro, si è avuta solo qualche piccola reazione locale, nessun evento avverso di entità media o grave.

L'emivita mediana del PGT121 è stata di 23,5 giorni nei partecipanti HIV negativi, di 19 in quelli positivi in cART, 13 in quelli positivi non in terapia.
Non ci sono state variazioni sostanziali nei numeri dei CD4 dopo le somministrazioni.

Fra i partecipanti positivi non in cART, 5 su 9 di quelli con alta viremia hanno avuto una diminuzione di 1,7 log della viremia (circa 50 volte) entro una settimana dalla somministrazione del PGT121. Poi in tutti si è avuto un rebound della viremia. All'inizio avevano un virus sensibile all'anticorpo, ma poi in tutti è diventato resistente. L'ipotesi è che ciò sia accaduto nel momento in cui il bNAB era sparito completamente.
Nel gruppo di quelli che avevano viremie basse, due che avevano la viremia più bassa (< 1000 copie) una singola infusione di questo bNAb ha reso la viremia irrilevabile e l'ha mantenuta tale per più di 5 mesi. Anche quando i livelli dell'anticorpo sono molto diminuiti, la viremia è rimasta sotto controllo. Dopo 140 giorni, i livelli di PGT121 sono divenuti del tutto non rilevabili e al 168° giorno in uno dei 2 la viremia è tornata rilevabile sopra le 40 copie. Il virus era ancora sensibile all'anticorpo.
L'altra persona ha continuato a mantenere fino al 168° giorno viremia sotto le 40 copie.
I più di 5 mesi con viremia irrilevabile di questi due partecipanti rappresentano il più lungo periodo di soppressione della viremia senza cART che si sia visto con una singola somministrazione di un bNAb.
Non si sono viste prove di un miglioramento delle risposte dell'immunità cellulare, quindi l'idea dei ricercatori è che tutto il merito sia da attribuire al PGT121, alla sua straotdinaria potenza.
Potrebbe essere combinato con altri anticorpi per controllare la viremia di persone non in cART. Ma forse, in chi ha la viremia bassa, potrebbe funzionare anche da solo. E potrebbe avere un uso come PrEP long-acting.


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Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Messaggio da Dora » venerdì 26 luglio 2019, 15:06

IAS 2019 - Brevissimo aggiornamento sui bNABs in fase clinica

Il VRC 607/ACTG A5378 study team (Tebas, Mascola, etc. etc.) ha presentato i risultati dello studio di fase I sulla somministrazione di due anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro con una durata particolarmente lunga: VRC01LS e VRC07-523LS. Si dovevano valutare sicurezza e tollerabilità e, in seconda battuta, attività antivirale e parametri farmacocinetici in persone con HIV e non in terapia, quindi con viremie non controllate dalla cART.
Il trial è andato molto bene: anticorpi sicuri e ben tollerati, con una buona capacità antivirale e lunga permanenza in circolo.


Safety and virologic effect of the HIV-1 broadly neutralizing antibodies, VRC01LS or VRC07-523LS, administered to HIV-infected adults in a phase 1 clinical trial

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Mr_T
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Messaggio da Mr_T » martedì 30 luglio 2019, 8:44

quindi adesso si dovrà procedere ocn altro arrolamento per valutare l'efficacia del farmaco?
ma potranno essere utilizzati anche in persone già in terapia senza resistenze oppure è mirato ad una sola fascia di pazienti?



Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Messaggio da Dora » martedì 30 luglio 2019, 10:20

Mr_T ha scritto:
martedì 30 luglio 2019, 8:44
ma potranno essere utilizzati anche in persone già in terapia senza resistenze oppure è mirato ad una sola fascia di pazienti?
Questi due anticorpi sono stati sperimentati su un piccolo campione di persone non in cART così, oltre a testarne tollerabilità e sicurezza, si è potuto vedere che hanno anche efficacia antivirale. Ora si passerà a sperimentarne l'efficacia su persone non viremiche per vedere se, una volta sospesa la cART, aiutano il sistema immunitario a mantenere il controllo della viremia.



Mr_T
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Messaggio da Mr_T » martedì 30 luglio 2019, 10:23

grazie...speriamo bene



Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cu

Messaggio da Dora » giovedì 21 novembre 2019, 15:39

Dora ha scritto:
venerdì 25 agosto 2017, 8:36
Dora ha scritto:1. N6 - un nuovo bNAb

Gli scienziati del NIAID hanno identificato N6, un nuovo anticorpo che si lega al CD4 e ha enorme potenza ed ampiezza di neutralizzazione: addirittura fino al 98% di varianti di HIV contro le quali è stato testato, compresi 16 ceppi su 20 che erano resistenti ad altri anticorpi della medesima classe (quella del VCR01 di cui si parla nel post sopra a questo).
IMMUNOTERAPIA PASSIVA CON L'ANTICORPO N6 - DA SOLO E IN COMBINAZIONE CON PGT121 - IN UN MODELLO DI SCIMMIE INFETTATE CON SHIV

L'autunno scorso i ricercatori del NIAID hanno comunicato di aver scoperto il nuovo anticorpo N6, oggi esce sul Journal of Virology un articolo di Dan Barouch e colleghi relativo alla prima sperimentazione di N6 in vivo su scimmie con infezione cronica da SHIV: Virological Control by the CD4-Binding Site Antibody N6 in Simian-Human Immunodeficiency Virus-Infected Rhesus Monkeys.

Detto in breve, i bNABs al momento disponibili hanno tre diversi target: ci sono quelli che si legano al CD4, quelli che si legano alla regione V3 sulla proteina Env di HIV, quelli che, sempre sulla Env, colpiscono invece le regioni V1 e V2. Gli anticorpi che si legano al CD4 - come è il caso di questo nuovo N6 - sono fra quelli che hanno la capacità di neutralizzazione più ampia, perché riescono a coprire fra il 70 e il 90% dei diversi ceppi di HIV, mentre quelli che si legano a diverse regioni della Env hanno uno spettro di neutralizzazione più ristretto, ma sono più potenti.
Di questo nuovo bNAb N6 sappiamo che unisce una grande ampiezza (neutralizza il 96% di 181 varianti virali) a una notevole potenza (ha un forte potere inibitorio a concentrazioni molto basse). Inoltre, N6 riesce a neutralizzare anche virus che sono resistenti ad altri anticorpi con simile meccanismo di azione.
Tutto questo lo rende un candidato, sia nella prevenzione, sia nella cura dell'infezione.

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Tuttavia, queste interessanti caratteristiche si sono studiate soltanto in vitro, quindi Barouch e colleghi hanno provato a sperimentarlo in un modello di macachi infettati con virus chimera SHIV.
Non hanno però lavorato direttamente con N6, ma con una sua variante, N6-LS, che ha una potenza molto simile, ma una maggiore emivita nel plasma (8 giorni di contro ai 3 di N6).

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Poiché gli studi fatti su modelli animali hanno mostrato che un altro bNAb, PGT121 (che si lega alla regione V3 della Env), ha soppresso efficacemente la viremia e ridotto i livelli di DNA provirale sia nei CD4 del sangue, sia nei linfonodi, si è deciso di studiare l'attività antivirale di N6 anche in combinazione con questo anticorpo e si sono infettate le scimmie con la stessa variante di SHIV contro cui PGT121 si è dimostrato efficace. N6-LS ha mostrato una grande capacità di neutralizzare la variante di SHIV con cui le scimmie erano infettate. Già si sapeva che è di quasi 10 volte superiore a VRC01, sia per potenza, sia per ampiezza di neutralizzazione. Invece, si è visto che è meno potente di PGT121.

18 macachi con infezione cronica da SHIV (da almeno 6 mesi) e viremia stabile hanno dunque ricevuto o una singola infusione di N6-LS o di PGT121, o una infusione dei due anticorpi insieme, o un placebo. Sono poi state valutate la viremia nel sangue e il DNA provirale nei tessuti, insieme anche ai cambiamenti dell'ampiezza di neutralizzazione degli anticorpi e alle risposte dei CD8 a seguito del trattamento. Questo ultimo parametro è stato indagato perché alcuni studi sembrano dimostrare che il trattamento con bNAbs possa stimolare la risposta dell'immunità adattiva, sia aumentando le risposte degli anticorpi neutralizzanti già presenti nei soggetti trattati, sia intensificando le risposte citolitiche dei CD8. A sua volta, avere un miglioramento dell'immunità autologa potrebbe contribuire a controllare il reservoir, quindi studiare le reazioni dei CD8 diventerà un obbligo in tutte le prossime sperimentazioni.

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Nel complesso, a 7 giorni dall'infusione, le scimmie trattate avevano viremie molto più basse rispetto alle 4 che avevano ricevuto il placebo.
4 animali su 5 del gruppo N6-LS hanno rapidamente soppresso la viremia nel sangue a livelli irrilevabili (riduzione media di più di 1 log). Il quinto animale, che aveva la viremia più alta, ha avuto una riduzione di 1,45 log, ma non l'ha soppressa.
Nel gruppo PGT121, 4 animali su 5 entro 7 giorni avevano viremia irrilevabile (riduzione media di più di 0,7 log), mentre la quinta scimmia ha raggiunto l'irrilevabilità solo al 42° giorno.
Nel gruppo in cui i 2 bNABs sono stati combinati tutti gli animali avevano viremia irrilevabile al 7° giorno (riduzione media di più di 0,92 log).
In tutti gli animali tranne in uno (che era nel gruppo N6-LS + PGT121) si è avuto il rebound delle viremie. Le cinetiche del declino delle viremie sono state simili in tutti i 3 gruppi trattati, mentre le differenze si sono viste nei tempi di rebound, pur in una ampia variabilità presente all'interno dei gruppi stessi: 2,4 settimane la mediana delle scimmie trattate con N6-LS a fronte di 7,4 e 7 settimane i tempi mediani delle scimmie trattate rispettivamente con solo PGT121 o con la combinazione dei 2 anticorpi.
In sostanza: tutti e 2 gli anticorpi dati singolarmente hanno soppresso in modo potente ed efficace la viremia. La loro combinazione ha avuto un'efficacia maggiore nel sopprimere la viremia in tutti gli animali. Tuttavia, la combinazione dei 2 bNAbs non ha reso più rapido il declino delle viremie, né ha ritardato il rebound rispetto a PGT121 da solo.
L'ipotesi avanzata da Barouch e colleghi è che la variante di virus usata per infettare le scimmie sia così suscettibile a PGT121 da non permettere di vedere un effetto aggiuntivo nella soppressione virale da parte di N6-LS, specialmente perché questo secondo anticorpo è anche meno potente del primo.
[DdD: le diminuzioni medie delle VL, però, sono state maggiori nel gruppo trattato solo con N6-LS che in quello trattato con PGT121 - è che il campione era così piccolo da rendere non significative le differenze? Oppure in vivo le cose vanno diversamente che in vitro?]

L'emivita dei due anticorpi è stata di 6 giorni per N6-LS e 10 per PGT121, con un leggero aumento quando sono stati somministrati insieme. Si è confermato quanto visto in tanti altri studi sui bNAbs - che la soppressione della viremia si correla con la maggior presenza dell'anticorpo.

Pur con enorme variabilità fra un animale e l'altro, si sono potuti misurare effetti dei 2 anticorpi (ma non della loro combinazione) sulla riduzione del reservoir di DNA provirale nei CD4 e in diversi tessuti a 2 settimane dall'infusione. A 10 settimane, questi effetti sono svaniti, ma intanto si è potuto confermare che i livelli raggiunti dai due anticorpi nei tessuti linfatici sono stati sufficienti per ottenere un effetto antivirale. Non si è però visto un potenziamento dell'attività contro il reservoir usando i 2 bNAbs in combinazione - il che suggerisce che aumentare ampiezza e potenza di neutralizzazione degli anticorpi può non essere sufficiente e che, per colpire davvero il reservoir, serve anche invertire la latenza del virus.

Se 1 solo macaco dei 14 trattati ha continuato a mantenere viremia irrilevabile, in 12 delle 13 scimmie che hanno avuto il rebound delle viremie è stato possibile studiare anche le mutazioni presenti nei virus dopo il rebound e si è visto che si erano rapidamente create resistenze agli anticorpi.

La somministrazione di una sola infusione di anticorpi non è stata sufficiente a stimolare le reazioni CTL, anzi quel che si è visto è stato un declino della frequenza dei CD8 SHIV-specifici. Ma questo è in linea con quanto si sa che accade quando la diminuzione delle viremie causa una contrazione del comparto delle cellule della memoria, che hanno pochi antigeni contro cui agire. È invece possibile che una immunoterapia passiva prolungata possa mostrare dei cambiamenti nei CD8 sia quantitativi, sia qualitativi.

In ogni caso, la conclusione di Barouch e colleghi è scontata: l'attività in vivo di N6-LS è stata dimostrata e, anche se in questo specifico modello animale la combinazione di due anticorpi non si è rivelata più efficace della somministrazione singola né sul controllo delle viremie, né nella riduzione del reservoir, il problema è del modello e non della combinazione degli anticorpi. Quindi si faranno altri studi, cercando di utilizzare varianti virali diverse.
Qualcosa finalmente si muove anche sul fronte di N6: ViiV Healthcare annuncia oggi un accordo con gli NIH per lo sviluppo della versione long acting di questo bNAb - N6LS - che, legandosi alla proteina gp120 sulla superficie di HIV, gli rende molto difficile entrare nei CD4.
Dovrebbe dunque iniziare uno studio di fase IIa per valutare sicurezza, tollerabilità ed efficacia antivirale di N6LS in persone con HIV.



Dora
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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Messaggio da Dora » giovedì 23 gennaio 2020, 6:51

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Cabotegravir long-acting e VRC07-523LS: un nuovo trial su formulazioni a lento rilascio in persone con HIV già controllato dalla cART

Il NIAID, la divisione dei National Institutes of Health americani diretta da Anthony Fauci, ha comunicato di avere iniziato ad arruolare pazienti per un trial molto interessante, che vede la combinazione di due formulazioni long acting di un antiretrovirale inibitore dell'integrasi - il cabotegravir - e di un bNAb che si lega al CD4 impedendo al virus di penetrare nella cellula - il VRC07 - isolato proprio dai ricercatori del NIAID nel 2010 ed ora trasformato in una versione a lento rilascio - il VRC07-523LS.

Due trial clinici di fase III hanno dimostrato che la formulazione mensile di cabotegravir + rilpivirina è efficace nel controllare la viremia di HIV e l'estate scorsa sono stati pubblicati su Lancet i risultati di una fase I su adulti sani che sembrano dimostrare che VRC07-523LS è sicuro e ben tollerato.

Si è quindi deciso di iniziare una sperimentazione di fase II (A5357) per valutare sicurezza, tollerabilità, farmacocinetica e attività antivirale della combinazione di Cabotegravir long-acting e VRC07-523LS in adulti con HIV e in terapia antiretrovirale:

Long-Acting Cabotegravir Plus VRC-HIVMAB075-00-AB (VRC07-523LS) for Viral Suppression in Adults Living With HIV-1.

Il trial è in aperto, su un singolo gruppo di 74 volontari in buona salute che, inizialmente, dovranno modificare il loro regime di cART in modo da mantenere, se li prendono, o passare agli NRTI, e aggiungere il cabotegravir assunto oralmente. Quando saranno con viremia sotto le 50 copie, verso la 4° o la 5° settimana interromperanno la cART e passeranno al regime sperimentale: un'iniezione di cabotegravir LA ogni 4 settimane e una infusione di VRC07-523LS ogni 8 settimane.
Manterranno questo regime per 44 settimane, con controlli ogni 2 o 4 settimane.
Alla fine di questo periodo (o prima se dovesse esserci un rebound della viremia), torneranno alla cART giornaliera e saranno monitorati ancora per 44 settimane.
Il trial si concluderà nel 2022.

I ricercatori riconoscono che una cosa è impostare una sperimentazione clinica, tutt'altra cosa è trovare un regime terapeutico che sia somministrabile in modo non macchinoso. Ammettono quindi che dover fare una iniezione al mese e un'infusione ogni due mesi non è esattamente il massimo della comodità. Ma questo è un trial e per le comodità desiderate nella vita reale si vedrà.

Intanto, sarà interessante vedere se la presenza del cabotegravir permette di evitare la rapida generazione di varianti virali resistenti all'anticorpo, che sono il principale scoglio contro cui questo potente bNAb si è scontrato finora.



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Re: Ruolo degli anticorpi monoclonali in una strategia di cura

Messaggio da Dora » martedì 4 febbraio 2020, 10:11

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Scoperto un nuovo anticorpo neutralizzante ad ampio spettro: 1-18 - molto potente e con un'attività neutralizzante molto estesa (distrugge il 97% delle varianti di HIV contro cui è stato testato)

Ricercatori dell'Ospedale Universitario di Colonia guidati da Florian Klein, in collaborazione con colleghi del California Institute of Technology di Pasadena, hanno pubblicato a fine gennaio su Cell la notizia della scoperta di un nuovo bNAb, chiamato 1-18:

Restriction of HIV-1 Escape by a Highly Broad and Potent Neutralizing Antibody

1-18 ha la caratteristica di legarsi alla struttura della Env di HIV che si lega al recettore cellulare CD4 (CD4bs) e riesce così disattivare il virus.
I ricercatori hanno anche dimostrato che ha una grande ampiezza (cioè riesce a neutralizzare quasi tutte le varianti di HIV contro cui è stato messo a confronto - il 97%, per la precisione) e una grande potenza di neutralizzazione (cioè ne serve poco per avere un grande effetto - IC50 = 0.048 μg/mL).

Una caratteristica che rende questo anticorpo particolarmente interessante è che riesce a superare le tipiche mutazioni di escape alla classe di anticorpi VRC01 (che il virus produce contro anticorpi analoghi che si legano al CD4bs).

Quando è stato somministrato in monoterapia a topi umanizzati infettati con HIV, 1-18 è riuscito a sopprimere completamente la viremia senza che si sviluppassero resistenze. Questo, ovviamente, lo rende molto appetibile anche per uso umano, sia nella prevenzione, sia nella cura dell'infezione.

Tutti i dettagli, nell'articolo che è in open access.

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Appena ho un attimo, preparo un post su un lavoro molto bello uscito ieri su alcuni risultati interessantissimi ricavati dal trial di somministrazione combinata di 3BNC117 e 10-1074.



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