Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei CD4

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Dora » mercoledì 18 dicembre 2013, 11:41

nordsud ha scritto:Il paziente Brown aveva il virus tropico.
La chemio e la radioterapia non fanno tabula rasa delle cellule immunitarie.
Il trapianto con cellule hiv resistenti nulla può fare contro il virus tropico.
DOMANDA: Siamo sicuri che non abbia nessuna viremia visto che ormai E' CHIARISSIMO che non abbiamo gli esami minuziosi né per contare le cellule né la viremia tanto da garantire la certezza assoluta di una eradicazione?
Temo che di sicuro non ci sia nulla, se ricordi l'osceno balletto di Lafeuillade a Sitges su quello che pensava fosse il fallimento della cura-Hütter e l'articolo scritto qualche mese dopo da tutti i medici di Timothy e tutti i migliori laboratori al mondo per dire che sì, in un paio di campioni, un paio di laboratori avevano trovato tracce di materiale genetico virale. Residui. Forse contaminazioni. Roba comunque assolutamente incapace di replicarsi. Nulla di più. Con l'ammissione che avevano spinto i test ben oltre i limiti per i quali erano stati progettati.

Questi lavori che stanno facendo i due Siliciano sui test sono molto interessanti, anche se mi pare che per ora siamo solo alla pars destruens. Vedremo se porteranno a costruire test più precisi.

Quello che però è sicuro è che un rebound di virus non c'è stato e ormai sono passati 6 anni, non poche settimane o qualche mese come è stato per i due bostoniani.
Restano gli anticorpi..COME ULTIMA SPIAGGIA ?
Quali anticorpi? Quelli che erano svaniti da due pazienti che il virus hanno dimostrato di averlo ancora? :?



Dora
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Dora » venerdì 7 marzo 2014, 16:26

Timothy Henrich, Brigham and Women's Hospital, Harvard Medical School, ha portato al CROI un follow up del caso dei due Boston Patients.

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HIV-1 Rebound Following Allogeneic Stem Cell Transplantation and Treatment Interruption


Henrich ha ricordato brevemente quanto già sappiamo:
  • • L’anno scorso, Henrich e colleghi ci avevano parlato della riduzione nei reservoir dell’HIV in 3 persone che, dopo un condizionamento di intensità ridotta, avevano ricevuto un trapianto allogenico di staminali CCR5 positive.
    • I pazienti non avevano ricevuto total body irradiation, né immunoglobulina antitimocitaria.
    • Uno dei tre pazienti era morto per le conseguenze del trapianto. Dei due rimanenti (A e B) si cominciavano ad avere una serie di dati a distanza di anni dal trapianto.
    • Entrambi i pazienti erano per nascita eterozigoti CCR5 Delta32 (come il Paziente Tedesco).
    • Entrambi avevano già affrontato un trapianto autologo prima di riceverne uno allogenico.
    • Fra gli 8 e i 9 mesi dopo il trapianto allogenico il reservoir dell’HIV (sia nelle PBMC, sia nei CD4) era divenuto irrilevabile.


I due pazienti sono stati sottoposti a leucaferesi (raccolta di grandi quantità di globuli bianchi): il paziente A 4 anni e 3 mesi dopo il trapianto, il paziente B 2 anni e 6 mesi.
Nel non è stato trovato HIV DNA, rispettivamente in 26 e in 24 milioni di PBMC. Nel caso del secondo paziente, non si è trovato DNA virale neppure facendogli una biopsia al retto. Dopo il trapianto, il paziente B ha dunque avuto una riduzione di 3 log del reservoir nelle PBMC.

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Prima di tentare la sospensione della ART, sono stati analizzati i CD4 di entrambi i pazienti, differenziandoli in naive, memoria staminali, memoria centrali, memoria effettori e terminalmente differenziati. E si è visto che, su più di 100 milioni di cellule, il paziente A aveva tracce minuscole di virus nei CD4 terminalmente differenziati (che hanno una vita molto breve), mentre risultava negativo in tutte le altre sottopopolazioni di CD4. Invece, il paziente B non aveva HIV DNA rilevabile in nessun sottoinsieme di CD4.

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Entrambi i pazienti hanno sviluppato la Graft vs Host Disease in modo acuto o inizialmente cronico alla pelle e al fegato. Hanno però raggiunto un completo controllo della Graft o somministrando immunosoppressori in modo intermittente, o anche senza intervento farmacologico.
Hanno anche avuto un effetto della Graft contro la malattia ematologica che aveva richiesto il trapianto e 4 e 2 anni dopo il trapianto il chimerismo era praticamente perfetto(cioè le cellule del donatore avevano soppiantato quelle del ricevente).

Dati questi risultati preliminari, si è deciso di tentare una sospensione terapeutica per determinare l’impatto del trapianto sulla persistenza dell’HIV. L’idea era di ricominciare la ART se la viremia fosse salita a più di 1000 copie/ml; oppure di continuare con la sospensione se la viremia fosse rimasta sotto le 200 copie.
L’RNA e il DNA virali nel sangue sono stati monitorati di frequente.

Nel caso del paziente A, per le prime 10 settimane l’HIV RNA è rimasto irrilevabile e anche il DNA nel sangue era negativo. Purtroppo, 12 settimane dopo la sospensione della ART c’è stato un rebound del virus: prima 900 copie, che in 3 giorni erano già 27.000 e poi sono arrivate a diversi milioni. Si è pure verificata una nuova mutazione.
Il paziente ha sperimentato sintomi da sindrome retrovirale acuta, risolti appena ha ricominciato la ART e riconquistato rapidamente la soppressione virale. Così come con la ripresa del controllo virale anche i CD4, che erano scesi, sono risaliti.

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Il paziente B non ha avuto HIV RNA rilevabile per 8 mesi dopo la sospensione della terapia. Anche il DNA virale risultava negativo. Purtroppo, circa 78 giorni dopo l’ultimo test negativo, ha sviluppato sintomi da infezione acuta e in un paio di giorni si è ritrovato con una viremia di un paio di milioni di copie.

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È stata indagata una singola sequenza del genoma della env dell’HIV, confrontando il virus presente prima del trapianto con quello riemerso dopo la sospensione della ART e si è visto che, pochi giorni dopo il rebound, le sequenze erano identiche. Quindi si ritiene che tutto il virus sia derivato da pochissimi provirus sopravvissuti dopo il trapianto: poche cellule si sono risvegliate e hanno reinnescato l'infezione. Altre possono essere rimaste quiscenti.

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  • Alcune conclusioni:

    Il trapianto allogenico di staminali può comportare una perdita di rilevabilità dell’HIV sia nel sangue, sia nell’intestino e quindi consentire un periodo di durata variabile di remissione dell’HIV senza necessità di farmaci.
    Gli effetti della Graft vs Host possono aver avuto un ruolo nel controllo e nella distruzione delle cellule del ricevente rimaste, portando a un completo chimerismo con il donatore nel sangue periferico.
    Il rebound virale è avvenuto nonostante una riduzione delle dimensioni del reservoir (DNA virale nelle PBMC) di almeno 3 log.
    Il rebound nel contesto di un sistema immunitario naive all’HIV (quello del donatore) è stato simile a un’infezione acuta da HIV:
    • • sintomi abbastanza severi, anche a livello di sistema nervoso centrale;
      • rapida cinetica della replicazione virale.

    I reservoir di cellule che hanno una vita lunga localizzati nei tessuti, impossibili da analizzare mediante biopsia, possono aver contribuito alla persistenza virale.
    La sospensione della ART rimane la misura della persistenza virale più affidabile, nonostante i possibili rischi per i pazienti e la possibilità che il monitoraggio clinico debba durare a lungo.
    Non si sono visti aumenti della avidità anticorpale HIV-specifica prima del rebound virale.
    Definire la natura e l’emivita dei reservoir dell’HIV è essenziale per poter ottenere una duratura remissione senza necessità di prendere farmaci.



https://www.youtube.com/watch?v=hX_S3V8NyOw



Dora
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Dora » venerdì 18 luglio 2014, 20:51

I SYDNEY PATIENTS

Una anticipazione di Nature News su quanto verrà raccontato ad AIDS 2014 nei prossimi giorni conferma quanto avevamo potuto intuire dal titolo di una relazione:
Dora ha scritto:
Infatti, David Cooper, direttore del Kirby Institute della University of New South Wales di Sydney, ha raccontato durante una conferenza stampa che ci sono due nuove persone che - come i Boston Patients - hanno ricevuto un trapianto allogenico di staminali (uno di staminali normali, uno di staminali con la parziale delezione del gene che codifica per il CCR5) e, avendo sempre continuato la ART, non presentano al momento tracce di virus.

Dopo avere saputo dei Boston Patients, i ricercatori australiani hanno analizzato gli archivi del St Vincent’s Hospital di Sydney, che è uno dei principali centri in Australia in cui si fanno trapianti di staminali, e hanno trovato due uomini con HIV che avevano dovuto ricevere un trapianto - il primo nel 2011 per un linfoma non-Hodgkin e il secondo l'anno dopo per una leucemia.

David Cooper è stato ben attento a non dire che i due pazienti potrebbero essere curati e ha ammesso che permane il rischio che il virus riemerga, soprattutto in caso si decida di provare a sospendere la ART, ma ha anche affermato di ritenere che "ci sia qualcosa nel trapianto di midollo in persone con HIV che ha un effetto anti-reservoir, tale per cui i reservoir si riducono a dei livelli davvero minimi. E riuscire a capire di che cosa si tratti e come avvenga potrebbe imprimere un'accelerazione alla ricerca di una cura".




Fonti:



alfaa
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da alfaa » sabato 19 luglio 2014, 0:58

Dora è sempre questo quello che penso.Ovvero non potrebbe essere che la cura di qualcos'altro si scopre che possa accelerare di molto o essere la soluzione per l'hiv?



Dora
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Dora » sabato 19 luglio 2014, 2:39

alfaa ha scritto:Dora è sempre questo quello che penso.Ovvero non potrebbe essere che la cura di qualcos'altro si scopre che possa accelerare di molto o essere la soluzione per l'hiv?
Alfaa sì, in generale potrebbe anche essere e molto spesso accade. Ma credo sia meglio non prendere in modo troppo letterale le dichiarazioni fatte da un ricercatore durante una conferenza stampa. Che altro vuoi che dica, dopo il ritorno del virus in entrambi i Boston Patients e la recentissima doccia fredda della Mississippi Baby? Deve tutelarsi dallo spettro del fallimento e comunque cercare di dare un senso al suo lavoro, no? Si è semplicemente creato una via d'uscita.


****************

Intanto, il sito del congresso ha reso disponibile l'abstract sui Sydney Patients. Gli aspetti - a mio parere - da notare sono questi:
  • - condizionamento pre-trapianto leggero;
    - entrambi i pazienti sono sempre rimasti in terapia antiretrovirale;
    - le staminali donate al paziente A portavano una mezza delezione CCR5Δ32, quindi A è ora eterozigote CCR5Δ32; le staminali ricevute da B erano CCR5 wild type;
    - il paziente A ha sviluppato una Graft vs Host seria (sistemica, di grado 2), mentre in paziente B ha avuto una GvHD lieve (localizzata alla pelle);
    - dopo il trapianto la real-time PCR non ha rilevato HIV RNA in nessuno dei due; la PCR non ha rilevato HIV DNA né nelle cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC), né nei CD4;
    - non si sono rilevate risposte dei CD4 agli antigeni HIV;
    - prima del trapianto sia un test CMIA, sia un WB avevano rilevato anticorpi/antigeni anti-HIV; dopo il trapianto i livelli di Ab/Ag misurati dal CMIA sono diminuiti, mentre il WB ha trovato tracce di anticorpi nel paziente A e nulla nel paziente B.
DdD: ma per portarsi avanti non potevano già fare una biopsia all'intestino e il prelievo di qualche linfonodo?


Allogeneic bone marrow transplantation in two HIV-1 infected patients shows no detectable HIV-1 RNA or DNA, and a profound reduction in HIV-1 antibodies

K.K. Koelsch1,2, W.J. Hey-Cunningham1, S.C. Sasson2, C. Pearson1, Y. Xu1, M. Bailey1, K.H. Marks2, B.M. Hiener3, S. Palmer3,4, J. Zaunders1, J.J. Post5,6, S.T. Milliken2,7, A.D. Kelleher1,2, D.A. Cooper1,2

1UNSW Australia, The Kirby Institute, UNSW Medicine, Kensington, Australia, 2St Vincent's Hospital, Sydney, Darlinghurst, Australia, 3Westmead Millenium Institute, Westmead, Australia, 4University of Sydney, Sydney, Australia, 5Prince of Wales Hospital, Randwick, Australia, 6The Albion Centre, Surry Hills, Australia, 7The Kinghorn Cancer Centre, Darlinghurst, Australia



Background: Allogeneic bone marrow transplantation (BMT) can have significant effects on viral reservoirs in HIV-1 infected individuals, and in one case led to an apparent sterilising cure.

Methods: We studied two HIV-1 infected patients who had undergone allogeneic BMT with reduced intensity conditioning (RIC) for haematologic malignancies. HIV-1 antigens and antibodies (Ag/Ab) were measured by 4th generation chemiluminescence microparticle immunoassay (CMIA) and by Western blot (WB). HIV-1 specific CD4+ T cell responses were measured by CD25/CD134 upregulation. HIV-1 RNA levels in plasma were measured by two separate real-time PCR assays with 20 as well as single copy/ml sensitivity; HIV-1 DNA levels were assessed in peripheral blood mononuclear cells (PBMCs) as well as in isolated CD4+ T cells by PCR using three different primer sets. Both patients were tested for the presence of the CCR5Δ32 mutation by PCR.

Results: Two subjects (A and B) received HLA matched, allogeneic stem cell transplants in 2010 (A) and 2011 (B) for non-Hodgkin''s lymphoma and acute myeloid leukaemia respectively. Both patients remained on antiretroviral therapy during and following the procedure. Post-transplant, subject A experienced systemic grade 2 graft versus host disease (GVHD), whereas subject B developed only mild, skin related GVHD. Patient A was heterozygous for the CCR5Δ32 mutation post- transplant, patient B was CCR5 wildtype. Following BMT, both patients had no detectable HIV-1 RNA in plasma by either real-time PCR assay, and no detectable HIV-1 DNA by PCR in PBMCs or CD4+ T cells. CD4+ T cell responses to HIV-1 antigen were absent in both patients. Ag/Abs to HIV-1 were detectable by CMIA and WB in both patients prior to BMT. Post-transplant, both patients had low level detectable Ag/Abs on CMIA, but by WB there was only trace antibody detectability in patient A and absent antibodies in patient B.

Conclusions: Assessment of the HIV-1 reservoir size in these two patients after allogeneic BMT with RIC shows undetectable HIV-1 RNA and DNA in peripheral blood and absent CD4+ T cell responses to HIV-1 antigen. We also found a profound reduction in HIV-1 Ab detectability in both patients by WB.



Dora
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Dora » venerdì 19 ottobre 2018, 8:21

La grande riduzione del reservoir di HIV in 6 persone che hanno ricevuto un trapianto eterologo di cellule staminali wild type (cioè non CCR5Δ32) permette di fare qualche passo avanti nella comprensione dei meccanismi che hanno portato alla cura del Berlin Patient


Da quando si è avuta conferma che il trapianto di Timothy Ray Brown, il Berlin Patient, aveva curato non soltanto la sua leucemia, ma anche l'infezione da HIV, molti gruppi di ricerca hanno cercato di spiegare a quale fra i diversi meccanismi intervenuti in questo straordinario successo si potesse attribuire il merito dell'eradicazione del virus: le staminali difettive del donatore che, creando una progenie di cellule prive del co-recettore CCR5, avevano sbarrato la porta al virus eventualmente sopravvissuto al regime di condizionamento pre-trapianto? Il regime di condizionamento stesso, che aveva distrutto tutto il sistema immunitario e con esso ogni cellula latentemente infetta? La Graft vs Host, la reazione di rigetto del nuovo sistema immunitario che, se non è così grave da uccidere il paziente, uccide però, insieme alle cellule cancerose rimaste dopo il condizionamento, anche quel che può essere sopravvissuto del reservoir latente di HIV?

Gli altri (pochissimi) trapianti con staminali CCR5Δ32 in persone con HIV si sono conclusi tragicamente, con la morte del paziente o per GvHD, o per una recidiva del cancro, o per infezioni intervenute prima della ricostituzione del sistema immunitario. Forse in uno o due dei pazienti il virus era stato eradicato, ma non è stato possibile stabilirlo in modo conclusivo.
Abbiamo però avuto studi - alcuni, ancora in corso, daranno risposte nei prossimi anni - che hanno mantenuto ferme tutte le condizioni e fatto variare solo una, indagando ad esempio che cosa accade se si trapiantano staminali autologhe e non eterologhe, ma geneticamente modificate così da renderle CCR5 negative, con regimi di condizionamento leggeri e ovviamente nessuna possibilità di Graft vs HIV. Oppure che ruolo può avere avuto il condizionamento mieloablativo, o quale può essere stato il contributo della Graft.

E poi ci sono stati i trapianti eterologhi con staminali wild type, come quelli dei due Boston Patiens di cui abbiamo parlato in questo thread - che ora riprendo per parlare di un piccolo studio retrospettivo dell'IciStem Consortium, un progetto europeo finanaziato fra gli altri da amFAR, che vede collaborare ematologi con esperienza nei trapianti di staminali con infettivologi, immunologi e virologi esperti di tropismo, reservoir e ricerca di una cura di HIV.

Che cosa è stata, in breve, l'esperienza dei Boston Patients? Hanno ricevuto entrambi un trapianto con staminali non difettive, sono stati mantenuti in terapia antiretrovirale prima, durante e dopo il trapianto e, quando hanno sospeso la ART, hanno mantenuto la viremia irrilevabile per settimane e addirittura mesi. Naturalmente, poiché da tutte le indagini fatte pareva proprio che di virus non ne ospitassero più, il rebound delle viremie ha provocato una delusione tremenda in tutti. Gary Steinkohl, uno dei due Boston Patients, è uscito allo scoperto, raccontando la sua storia di speranza, illusione e disillusione; ma lungo tutto questo thread abbiamo visto come anche il suo medico, Timothy Henrich, e l'intera comunità scientifica abbiano vissuto con dolore quel ritorno delle viremie.
Ma la parte bella di questa esperienza consiste nel fatto che il trapianto, eseguito con la presenza continua e prolungata della ART, ha causato una riduzione molto grande del reservoir latente, molto più grande di quella causata da tutti gli altri tentativi di eradicazione, che siano shock and kill o anticorpi o altro. Tanto grande da aver consentito ai due pazienti di controllare da soli il virus per molto più tempo delle due settimane che ci attendiamo in media prima del rebound. Non, però, abbastanza grande da eradicare il virus, o almeno da controllarlo per sempre a livelli irrilevabili.

Gli studiosi spagnoli guidati da Javier Martinez-Picado, che hanno pubblicato l'altro giorno sugli Annals of Internal Medicine Mechanisms That Contribute to a Profound Reduction of the HIV-1 Reservoir After Allogeneic Stem Cell Transplant, hanno lavorato sull'esperienza dei Boston Patients. Il loro è un piccolo studio retrospettivo, fatto su sole 6 persone e in cui è mancata la prova regina della sospensione della ART. Quindi quel che ci raccontano nell'articolo deve essere scisso in una parte di dati e una parte di speranze. E le speranze devono essere tenute ben bene sotto controllo.

In sostanza, hanno studiato a posteriori il risultato di un trapianto di staminali wild type in 6 persone, tutti maschi - 5 spagnoli e un italiano - che avevano tutte, insieme all'HIV ben controllato dalla ART, anche un qualche tipo di linfoma e che a più di due anni dal trapianto erano ancora vive e costantemente in ART.
Hanno valutato le loro caratteristiche cliniche, ematologiche e virologiche, che troviamo sintetizzate nella seguente tabella:

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A parte i risultati del trapianto, valutati non solo in termini di sopravvivenza e di remissione delle patologie ematologiche, ma anche studiando il chimerismo, cioè l'attecchimento e la proliferazione dei nuovi sistemi immunitari con la totale o parziale scomparsa delle cellule immunitarie vecchie, quello che più interessava ai ricercatori era andare a misurare i reservoir di HIV latente e le risposte dell'immunità umorale HIV-specifica.
E quel che hanno visto, misurandolo con dei test che erano più sensibili di quelli usati nel caso dei Boston Patients e dei trapianti precedenti, è che i reservoir di tutti e 6 i pazienti si sono ridotti così tanto che, i 5 casi su 6, non li si riesce più a trovare. Nel paziente in cui ancora qualche traccia di DNA virale c'è il trapianto è stato un po' diverso, perché le staminali provenivano dal cordone ombelicale e il loro essere più immature potrebbe aver influenzato la minor risposta immunitaria contro HIV: nessuna Graft vs Host, quindi anche nessuna Graft vs HIV, quindi una maggior persistenza di cellule latentemente infette.

Dal punto di vista anticorpale, in tutti i livelli degli anticorpi anti-HIV sono diminuiti - una chiara indicazione del fatto che lo stimolo agli anticorpi dato dagli antigeni virali è venuto in gran parte meno. In un caso, in cui il trapianto è stato fatto ormai 8 anni fa, si è addirittura verificata la sieroreversione: da positivo a negativo (non sono andata a rileggermi tutta la storia dei Boston Patients, ma mi pare che anche a loro fosse accaduto. Ed è certamente accaduto a Timothy Brown).

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Il fatto di non riuscire a trovare DNA virale, ha spinto i ricercatori a tentare di infettare dei topi immunodeficienti con cellule prelevate dai pazienti e, mentre i topi sfidati con cellule prelevate a un paziente in ART si sono infettati, quelli in cui sono state iniettate cellule dei pazienti trapiantati no. Questo conferma che, se persiste qualcosa dei reservoir in quei pazienti, deve essere in quantità davvero minuscole.

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Si può dire che i 5 pazienti in cui non si riesce a trovare virus siano guariti? Questa è ovviamente la speranza di Martinez-Picado e colleghi (e di tutti noi). È una speranza fondata, se teniamo conto che il rebound delle viremie nei Boston Patients si è avuto a partire da una sola cellula infetta? È presto per dirlo. È necessario sospendere la ART e aspettare, tenendo le dita incrociate e i pazienti costantemente monitorati.

Quello che si può però dire fin da ora è che questo studio ha permesso di approfondire il ruolo di alcuni dei meccanismi che potrebbero aver portato alla guarigione del Berlin Patient: la graft, pur nel suo essere una reazione dolorosa e molto difficile da controllare, potrebbe aver dato un contributo essenziale - qualcosa che si perde quando il trapianto è fatto con le staminali autologhe, per quanto rese CCR5 negative, come si sta cercando di fare nei trial di terapia genica.
Il fatto è che lo studio spagnolo ha preso in considerazione pochissime persone e ciascuna di queste ha avuto reazioni contro il tumore/l'HIV assai diverse e anche diversi regimi di profilassi contro la Graft, oltre che regimi di condizionamento pre-trapianto differenti. Quindi nulla di conclusivo può essere detto sulla base di questi 6 trapianti.

E poi, naturalmente, vale il solito discorso che si fa dai tempi di Timothy Brown: procedure così pesanti si possono attuare solo quando c'è in gioco la vita per un tumore. Non hanno alcun senso se l'HIV è ben controllato dalla ART.



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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Gabriel81 » venerdì 19 ottobre 2018, 22:55

Dora una cosa non mi è chiara. Fermo restando che incrocio le dita e che sono studi fondamentali, mi spieghi come il fatto di avere la conferma che magari è proprio la graft a “pulire” il corpo dal virus possa aiutare a sviluppare una cura? Approfondendo questi meccanismi si potrebbe pensare a dei farmaci ancora più selettivi o cosa?

È chiaro come dicevi tu che non sono strategie utilizzabili se non in casi di copatologie molto gravi come i tumori, aspettiamo con ansia la sospensione dalla Art...


Grazie!!!


Una pianificazione attenta non sostituirà mai una bella botta di culo!

Dora
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Dora » sabato 20 ottobre 2018, 5:54

Gabriel81 ha scritto:mi spieghi come il fatto di avere la conferma che magari è proprio la graft a “pulire” il corpo dal virus possa aiutare a sviluppare una cura? Approfondendo questi meccanismi si potrebbe pensare a dei farmaci ancora più selettivi o cosa?
Quel che ci dice Martinez-Picado sulla GvHD è speculare a quanto ci disse Mellors studiando una serie di trapianti autologhi - e detto in modo molto brutale è questo: niente Graft, niente eradicazione.
Quindi la prima cosa che a me viene da pensare è: la terapia genica, che per ovvie ragioni della Graft non può beneficiare dal momento che modifica le cellule del paziente che il corpo del paziente stesso non rigetterà, rischia di fare tanti buchi nell'acqua.
Aggiungi che la Graft avrà senz'altro un benefico effetto anti-tumore e anti-HIV, ma è un mostro orrendo, che facilmente sfugge dal controllo e porta chi la subisce a una morte atroce. Quindi, a parte inondare il paziente di farmaci immunosoppressivi, che a un immunodepresso non è che proprio facciano benissimo, gli ematologi stanno studiando modi sempre più sofisticati per averla sì, ma addomesticata.
Quanta Graft serve per eradicare l'HIV? Probabilmente dipende da persona a persona, però se guardi la tabella che ho postato ieri vedi che i 5 che l'hanno avuta ne hanno avuti episodi diversi uno dall'altro - chi cronica, chi acuta, chi solo alla pelle, chi anche all'intestino, chi grave, chi meno - e l'hanno trattata in modi diversi. Quindi quel che sappiamo adesso è che serve averla e serve poterla controllare, sennò ciao.

Inoltre, io dubito che l'eradicazione di Timothy possa essere attribuita a un unico fattore. Credo che tutto abbia giocato, dalle staminali CCR5-/-, all'episodio di Graft, al tipo di condizionamento stabilito da Hütter, ai tempi in cui si è ricostituito il sistema immunitario, a una buona dose di fortuna.
In questi 5 del gruppo spagnolo, se poi davvero si appurerà che sono guariti, forse la presenza costante della ART ha compensato il fatto che le staminali erano wild type? Nei Boston Patients non è stato così.
Quando arriveranno i risultati dei trial su staminali autologhe modificate - e mi pare che il trial di Baltimore si sia arenato, mentre per quello della Cannon ci vuole tempo - cominceremo a capire se l'assenza della Graft e un condizionamento leggero sono compensati da staminali CCR5Δ32.



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