Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronica?

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
nordsud
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Re: Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronic

Messaggio da nordsud » martedì 14 marzo 2017, 14:33

Ancora farmaci che si potranno aggiungere in futuro.

Gli antivirali li prendo perché mi hanno detto che altrimenti non campo.. ogni tanto prendo la vitamina D.. prendo gli omega 3 riso rosso.. la pastiglia per la pressione e se continuerà a crescere la glicemia vedo in arrivo anche la pastiglietta per il diabete..
Cosa mi manca dopo ? Ah quella per il colesterolo e tra poco quella per la prostata..

Dopo quasi 30 anni di attivazione mi sono impigrito io... mi viene voglia di non prendere più niente.
Vediamo cosa succederà.. magari divento un slow progressor ed arriverò alla tomba drugs free ( Si dice così in California ? )


Ma la prostatina è stata abbandonata del tutto ?

Sembrava tanto promettente 10 anni orsono.. Veniva ricavata dalle piante se mi ricordo bene..
E mi ricordo anche i cretinetti dei verdi che gridavano allo scandalo perché l'eventuale sfruttamento di questa pianta avrebbe causato danni all'ambiente naturale.

Ho una voglia matta di prendere a pedate gli animalisti e molti verdi.. che non vi dico..

Molte battaglie degli ambientalisti si possono condividere ma come sempre molti pisciano fuori dal vasetto e pretendono che non si tiri lo sciacquone per non consumare acqua potabile..



Dora
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Re: Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronic

Messaggio da Dora » martedì 14 marzo 2017, 15:40

nordsud ha scritto:Ancora farmaci che si potranno aggiungere in futuro.

Gli antivirali li prendo perché mi hanno detto che altrimenti non campo.. ogni tanto prendo la vitamina D.. prendo gli omega 3 riso rosso.. la pastiglia per la pressione e se continuerà a crescere la glicemia vedo in arrivo anche la pastiglietta per il diabete..
Cosa mi manca dopo ? Ah quella per il colesterolo e tra poco quella per la prostata..

Dopo quasi 30 anni di attivazione mi sono impigrito io... mi viene voglia di non prendere più niente.
Vediamo cosa succederà.. magari divento un slow progressor ed arriverò alla tomba drugs free ( Si dice così in California ? )
Mi dispiace molto leggerti così. Mi sembra tu sia vicino al punto di saturazione da farmaci e ne capisco bene le ragioni. Ma cerca di non fare sciocchezze, per favore, ché sai bene che le pagheresti care. Stringi i denti, piuttosto, e resisti fino a quando arriveranno i regimi long-acting, ormai non manca molto. Se proprio vedi che non reggi più, forse puoi cercare di entrare nel trial su cabotegravir e rilpivirina long-acting? Magari parlane con i tuoi medici e chiedi loro di contattare Castelli a Brescia o Rizzardini a Milano (stanno reclutando), ma non fare sciocchezze, eh?
Ma la prostatina è stata abbandonata del tutto ?

Sembrava tanto promettente 10 anni orsono.. Veniva ricavata dalle piante se mi ricordo bene..
E mi ricordo anche i cretinetti dei verdi che gridavano allo scandalo perché l'eventuale sfruttamento di questa pianta avrebbe causato danni all'ambiente naturale.

Ho una voglia matta di prendere a pedate gli animalisti e molti verdi.. che non vi dico..

Molte battaglie degli ambientalisti si possono condividere ma come sempre molti pisciano fuori dal vasetto e pretendono che non si tiri lo sciacquone per non consumare acqua potabile..
No, la prostratina non è stata abbandonata, la stanno sperimentando in combinazione con HDACi o altre sostanze antilatenza. Ma così com'è è troppo tossica, quindi in fase clinica ancora non è arrivata. In compenso, esiste di sintesi già da un bel po' di anni, quindi i verdi non si possono lamentare (o magari si lamentano perché è robaccia chimica - la cosa non mi stupirebbe neanche un po' ;) ).



nordsud
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Re: Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronic

Messaggio da nordsud » mercoledì 15 marzo 2017, 8:58

Dora ha scritto:
nordsud ha scritto:Ancora farmaci che si potranno aggiungere in futuro.

Gli antivirali li prendo perché mi hanno detto che altrimenti non campo.. ogni tanto prendo la vitamina D.. prendo gli omega 3 riso rosso.. la pastiglia per la pressione e se continuerà a crescere la glicemia vedo in arrivo anche la pastiglietta per il diabete..
Cosa mi manca dopo ? Ah quella per il colesterolo e tra poco quella per la prostata..

Dopo quasi 30 anni di attivazione mi sono impigrito io... mi viene voglia di non prendere più niente.
Vediamo cosa succederà.. magari divento un slow progressor ed arriverò alla tomba drugs free ( Si dice così in California ? )
Mi dispiace molto leggerti così. Mi sembra tu sia vicino al punto di saturazione da farmaci e ne capisco bene le ragioni. Ma cerca di non fare sciocchezze, per favore, ché sai bene che le pagheresti care. Stringi i denti, piuttosto, e resisti fino a quando arriveranno i regimi long-acting, ormai non manca molto. Se proprio vedi che non reggi più, forse puoi cercare di entrare nel trial su cabotegravir e rilpivirina long-acting? Magari parlane con i tuoi medici e chiedi loro di contattare Castelli a Brescia o Rizzardini a Milano (stanno reclutando), ma non fare sciocchezze, eh?
Ma la prostatina è stata abbandonata del tutto ?

Sembrava tanto promettente 10 anni orsono.. Veniva ricavata dalle piante se mi ricordo bene..
E mi ricordo anche i cretinetti dei verdi che gridavano allo scandalo perché l'eventuale sfruttamento di questa pianta avrebbe causato danni all'ambiente naturale.

Ho una voglia matta di prendere a pedate gli animalisti e molti verdi.. che non vi dico..

Molte battaglie degli ambientalisti si possono condividere ma come sempre molti pisciano fuori dal vasetto e pretendono che non si tiri lo sciacquone per non consumare acqua potabile..
No, la prostratina non è stata abbandonata, la stanno sperimentando in combinazione con HDACi o altre sostanze antilatenza. Ma così com'è è troppo tossica, quindi in fase clinica ancora non è arrivata. In compenso, esiste di sintesi già da un bel po' di anni, quindi i verdi non si possono lamentare (o magari si lamentano perché è robaccia chimica - la cosa non mi stupirebbe neanche un po' ;) ).

Penso sia la primavera... Invecchiando sento i cambiamenti della stagione..

Ciao



Dora
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Re: Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronic

Messaggio da Dora » martedì 17 aprile 2018, 7:07

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UNA BUONA ADERENZA ALLA cART CON RAPIDA SOPPRESSIONE DELLA VIREMIA SI ASSOCIA A UNA DIMINUZIONE DEI MARKER DI INFIAMMAZIONE IN PERSONE NAIVE DI UNA COORTE UGANDESE


Ho letto in questi giorni un articolo uscito sul numero di aprile di JAIDS (Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes) e ho pensato fosse l'occasione giusta per affrontare la questione del ruolo della ART nel contrasto all'attivazione immunitaria nell'infezione da HIV. Più precisamente, la questione dell'aderenza alla terapia, poiché che l'uso della ART porti nel tempo a un abbassamento dei livelli dei marker infiammatori, dell'immuno-attivazione e della coagulopatia, anche se non a una loro completa normalizzazione, è cosa che abbiamo già detto tante volte (per approfondire, cfr. ad es. The effect of HAART-induced HIV suppression on circulating markers of inflammation and immune activation e Differential reduction in monocyte activation and vascular inflammation with integrase inhibitorbased initial antiretroviral therapy among HIV-infected individuals).
In questo thread abbiamo discusso alcune potenziali linee di intervento comportamentali o farmacologiche che possono già oggi, o potranno in futuro, aiutare a ridurre i livelli dell'infiammazione sistemica. Quelle farmacologiche per ora non sembrano aver dato risultati grandiosi, mentre le modifiche dello stile di vita e la cura delle co-infezioni sono vie di sicuro successo.
C'è però anche l'aderenza alla ART che può incidere sui parametri infiammatori, e ora vediamo in che senso.

Higher ART Adherence Is Associated With Lower Systemic Inflammation in Treatment-Naive Ugandans Who Achieve Virologic Suppression è un Brief Report in cui Mark Siedner e colleghi dello University of Colorado Anschutz Medical Campus, Aurora, riferiscono di uno studio fatto su alcuni partecipanti alla coorte UARTO - Uganda AIDS Rural Treatment Outcomes.
La loro idea era di comprendere più a fondo le dinamiche che intervengono fra soppressione virologica e aderenza alle terapie, tenendo conto di alcuni punti fermi:

  • - sappiamo che una aderenza perfetta, del 100%, non è strettamente necessaria per ottenere o mantenere la soppressione della viremia e
    - che la soppressione della viremia non è necessariamente un surrogato perfetto della completa aderenza. Ma
    - le conseguenze di una aderenza sub-ottimale (diciamo meno del 95, 90%) su aspetti che vanno al di là della soppressione della viremia non sono state studiate in modo soddisfacente.


Esistono degli studi su MSM in cui una riferita bassa aderenza si è vista associata a più alti livelli di infiammazione e di attivazione immunitaria. Ma misurare l'aderenza solo sulla base di quello che riferiscono i partecipanti agli studi non dà una visione precisa di quel che davvero accade. Quindi Siedner e colleghi hanno seguito una via diversa per capire se l'aderenza alla terapia si associ a diversi marker di infiammazione (IL-6), di coagulopatia (D-dimero) e di attivazione dei CD8 e dei monociti (sCD14, sCD163, HLA-DR): il monitoraggio elettronico - MEMS (modification event monitoring system) - che tiene traccia di ogni volta che la boccetta dei farmaci viene aperta. L'aderenza media è stata dunque calcolata basandosi sul numero di aperture del tappo diviso per il numero delle dosi giornaliere per 6 mesi.

Hanno studiato adulti naive (al 70% donne, età mediana 35 [30-40], CD4 mediani 134 [80-198], 54% aveva VL>100.000), che hanno iniziato la ART fra il 2005 e il 2010, che avevano disponibili i marker da indagare prima dell'inizio della terapia e dopo 6 mesi, e che hanno raggiunto una viremia inferiore alle 400 copie/mL al sesto mese di ART. Li hanno monitorati ogni 3-4 mesi e hanno valutato l'aderenza alla terapia almeno 3 volte nei 6 mesi di studio.
I regimi terapeutici seguiti erano prevalentemente basati su NNRTI: 89% nevirapina, 7% efavirenz; come NRTI: zidovudina/lamivudina (89%), stavudina/lamivudina (28%).
Pesante uso di alcol e depressione riferiti almeno una volta rispettivamente nel 15 e nel 34% dei partecipanti.
Dei 546 partecipanti alla coorte UARTO, 282 hanno soddisfatto i criteri di questo studio.

E ora veniamo ai risultati e al perché sono interessanti.
L'aderenza media è stata del 93%, con il 5% dei partecipanti che ha avuto un'aderenza perfetta, il 68% che ha avuto un'aderenza fra l'85 e il 100% e il 27% che ha avuto un'aderenza sub-ottimale (sotto l'85%).

In tutti i marker presi in osservazione si è misurata una diminuzione statisticamente significativa fra i valori di prima della ART e quelli del controllo a 6 mesi.
Nelle analisi aggiustate per tener conto dei valori di partenza dei marker si è identificata una relazione lineare inversa statisticamente significativa fra l'aderenza media alla ART e i marker dell'infiammazione e della coagulopatia.
Anche quando le statistiche sono state aggiustate per tener conto dell'età, del genere, della depressione e dell'abuso di alcol, dei CD4 e delle viremie di partenza questa relazione ha continuato ad essere significativa per IL-6, D-dimero e sCD14.
E ha continuato ad essere significativa, nonostante il campione fosse più piccolo, anche quando sono stati presi in esame solo i partecipanti che hanno raggiunto una soglia di irrilevabilità più simile a quella usualmente considerata utile nel mondo occidentale: < 40 copie/mL.
Le differenze fra i regimi di ART non sembrano invece aver influito sulla diminuzione dei marker di infiammazione e attivazione.

Questi risultati sembrano dunque indicare che LE VARIAZIONI NELL'ADERENZA ALLA ART POSSANO AVERE CONSEGUENZE BIOLOGICHE CHE VANNO AL DI LÀ DELLA SOPPRESSIONE DELLA VIREMIA.
Una aderenza non ottimale comporta probabilmente che si mantengano dei bassi livelli di replicazione virale, molto bassi, che non vengono intercettati dai test (specie se il cut off è 400 copie, ovviamente, ma anche quelli usati qui per cui si è irrilevabili sotto 40), ma che possono comunque stimolare l'infiammazione.
Parimenti, una aderenza incompleta può anche associarsi con episodi intermittenti di viremia, che possono verificarsi fra un controllo e l'altro e quindi passare inosservati.

Dal momento che si è visto che una aderenza non ottimale si associa con livelli più alti di IL-6, e poiché sappiamo che questa si associa con aumento del rischio di morbilità e mortalità, è anche possibile che una cattiva aderenza alla ART si associ con risultati clinici peggiori, anche andando al di là del peggior controllo della viremia.

Naturalmente questo è soltanto uno studio, i cui risultati devono essere approfonditi e confermati da altre ricerche. Per esempio, bisognerà capire se, migliorando l'aderenza e così diminuendo l'infiammazione cronica residua e le sue conseguenze a valle, si migliora effettivamente - a livello clinico - lo stato di salute.
Però mi sembra che questo studio offra utili spunti di riflessione a chi desidera contribuire al proprio stato di salute: una buona aderenza alla terapie potrebbe rivelarsi una strategia comportamentale utile, che si affianca a uno stile di vita attento a non abusare di alcol e droghe, a mangiare bene, a fare movimento e a cercare di mantenere equilibrio e serenità nonostante le molte botte che la vita ci riserva.



Gabriel81
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Re: Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronic

Messaggio da Gabriel81 » martedì 17 aprile 2018, 12:00

Oltre ad essere una bellissima conferma e dare conforto a tutti noi, da una bella stangata a quelle ondate negazioniste e millantatrici che ogni tanto imperversano secondo cui le nostre terapie oltre ad abbattere la viremia per renderci non infettivi ci fanno solo danni o, ancora peggio, che servono solo per arricchire le big pharma.

Grazie cara!


Una pianificazione attenta non sostituirà mai una bella botta di culo!

Dora
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Re: Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronica?

Messaggio da Dora » martedì 12 marzo 2019, 6:51

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#CROI2019 - L'inibizione del FATTORE X mediante Edoxaban riduce la coagulazione, ma non l'infiammazione


Jason Baker, Hennepin Healthcare Research Institute (U of MN), Minneapolis, ha presentato la settimana scorsa a Seattle i risultati del trial pilota TACTICAL-HIV (Targeted Anticoagulation Therapy to Reduce Inflammation and Cellular Activation in Long-term HIV Disease), dove si è visto che l'Edoxaban un farmaco anticoagulante che inibisce un fattore della coagulazione del sangue chiamato Fattore 10 (o FX) ha ridotto i livelli dei marker della coagulazione in persone con HIV ben controllato dalla cART. Non ha però diminuito i livelli di infiammazione:

FACTOR X INHIBITION REDUCES COAGULATION BUT NOT INFLAMMATION IN PERSONS WITH HIV

Gli inibitori del Fattore X sono prescritti per prevenire o trattare la trombosi venosa profonda o l'embolismo polmonare. Fra questi, l'edoxaban è stato scelto perché ha meno interazioni degli altri con gli antiretrovirali. Lo scopo dello studio era capire se mediante l'inibizione del Fattore X è possibile diminuire i livelli dei marker di coagulazione e di infiammazione, che sappiamo essere correlati allo stato infiammatorio persistente nelle persone con HIV in terapia antiretrovirale.

Sono state arruolate 44 persone con viremia sotto le 200 copie da almeno due anni e livelli di D-dmero (il marker della coagulazione che si voleva colpire) sopra i 100 ng/m. Metà dei partecipanti sono stati randomizzati per aggiungere alla cART 30 mg al giorno di edoxaban per 4 mesi. L'altra metà ha ricevuto un placebo. Dopo altri 4 mesi senza farmaco o placebo, i gruppi sono stati invertiti e chi aveva assunto edoxaban ha preso un placebo, e viceversa.

L'età mediana dei partecipanti era 51 anni, il 91% erano uomini, il 70% bianchi. I CD4 mediani erano 675, tutti avevano meno di 200 copie di viremia. Il tempo mediano passato dall'inizio della cART era 11 anni.

Lo studio è stato completato da 16 persone su 20 in un gruppo e da 17 su 20 nell'altro. C'è stato un numero significativamente alto di partecipanti che, mentre prendevano l'edoxaban hanno accusato sanguinamenti o ematomi (però di grado modesto - 1 o 2): 33 vs 17 (P=0,03). Il totale degli eventi avversi è stato leggermente più alto quando i partecipanti prendevano il farmaco: 43 vs 27 (P=0,06). 1 solo evento avverso serio durante il trattamento con edoxaban, e 1 durante il trattamento con placebo.

Risultati: nel confronto con il placebo, l'inibitore del Fattore X NON ha ridotto in modo significativo i marker dell'infiammazione o dell'attivazione dei monociti (IL-6, TNF-RI, IL-1beta, sCD163, sCD14). TUTTAVIA, ha diminuito in modo significativo i livelli di coagulazione misurati da D-dimero (42% meno del placebo) e da trombina-antitrombina (26% meno del placebo).

A inizio trial, i partecipanti avevano livelli di IL-6 bassi, a indicazione del fatto che basso era il loro livello di infiammazione. I dati epidemiologici suggeriscono che, anche in assenza di un effetto sull'IL-6, il solo far scendere i livelli di D-dimero potrebbe comportare una diminuzione del 25% del rischio di eventi non-AIDS gravi e di morte. I ricercatori di Minneapolis, pertanto, ritengono che si debba continuare a lavorare sui meccanismi della coagulopatia in persone con HIV, che sono distinti da quelli che causano infiammazione sistemica.



A me sembra che, se ai risultati di questo studio sommiamo quelli sul JAK inibitore ruxolitinib visti ieri, qualcosa stia cominciando finalmente a muoversi sul fronte dell'infiammazione.


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Re: Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronica?

Messaggio da uffa2 » martedì 12 marzo 2019, 10:16

Dora ha scritto:
martedì 12 marzo 2019, 6:51
A me sembra che, se ai risultati di questo studio sommiamo quelli sul JAK inibitore ruxolitinib visti ieri, qualcosa stia cominciando finalmente a muoversi sul fronte dell'infiammazione.
Intendi dire che l'infiammazione sta diventando un campo di indagine, giusto? perché mentre lo studio di ieri mostrava qualcosa, questo...


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Re: Quali interventi contro l’attivazione immunitaria cronica?

Messaggio da Dora » martedì 12 marzo 2019, 11:49

uffa2 ha scritto:
martedì 12 marzo 2019, 10:16
Dora ha scritto:
martedì 12 marzo 2019, 6:51
A me sembra che, se ai risultati di questo studio sommiamo quelli sul JAK inibitore ruxolitinib visti ieri, qualcosa stia cominciando finalmente a muoversi sul fronte dell'infiammazione.
Intendi dire che l'infiammazione sta diventando un campo di indagine, giusto? perché mentre lo studio di ieri mostrava qualcosa, questo...
No, intendo che finalmente si sta trovando qualcosa che sembra funzionare. È un campo di indagine in cui negli ultimi anni si è lavorato tanto, ma finora con risultati scarsi dal punto di vista degli interventi farmacologici (no aspirina, ni statine, gli yoghurtini lasciamoli perdere, etc), tanto che le vie di contenimento dell'infiammazione suggerite erano sempre "cART, cura delle co-infezioni, niente fumo, poco alcol, controllo del peso mediante alimentazione sana e movimento". Tutto bello e saggio, ma come incidere sull'infiammazione residua? Abbassare i marker della coagulazione è una via. E anche altre vie si stanno aprendo.



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