Re: [STUDI] "Bryologs": briostatina sintetica (Paul Wender)
Inviato: giovedì 16 gennaio 2014, 16:27
Oltre ai vari inibitori dell’iston-deacetilasi, l”altra via classica” per riattivare la trascrizione dell’HIV latente nel reservoir dei CD4 quiescenti è quella degli attivatori della protein chinasi C – e segnatamente della prostratina e della briostatina. Ma questa via sembra segnare il passo: da anni attendiamo qualche segnale che una delle due sostanze sia pronta ad essere testata come composto anti-latenza in una sperimentazione clinica e pareva che l’averle ottenute di sintesi potesse abbreviare l’attesa.
Ma, leggendo un articolo pubblicato lo scorso dicembre su PLoS Pathogens e scritto da una marea dei soliti ricercatori che si occupano di cura/eradicazione e che finalmente si sono messi a lavorare insieme per cercare di risolvere la questione ormai urgente di trovare un farmaco anti-latenza che funzioni in vivo, dopo le deludenti prestazioni di quelli testati fino ad oggi, ho tratto l’impressione che ci sia qualcosa di molto serio a bloccare il passaggio in fase clinica - quanto meno per la briostatina-1.
L’articolo è dedicato al confronto fra i diversi metodi di laboratorio utilizzati per misurare l'efficacia delle sostanze capaci di riattivare l'HIV latente: 5 modelli della latenza dell'HIV basati su cellule primarie (cioè campioni di CD4 prelevati da persone HIV negative e infettati in laboratorio), 4 modelli di latenza basati su linee cellulari (cioè cellule mantenute in laboratorio: le J-Lat, per intenderci) e cellule latentemente infette isolate da persone con HIV e in ART soppressiva (sono pochissime, a dir tanto 1 su un milione di CD4 quiescenti, quindi trovarle è piuttosto difficile).
13 sostanze note per la loro capacità di riattivare l’HIV secondo diversi meccanismi di azione sono state testate in parallelo in tutti questi modelli di latenza.
Il problema con i modelli di latenza è che nessuno riesce a replicare in tutta la sua complessità quello che accade in vivo; e il problema con le sostanze anti-latenza è che danno risultati diversi a seconda del modello utilizzato.
Per farla breve, dalla ricerca descritta in questo articolo è stato confermato che nessun singolo modello in vitro riesce a catturare da solo la complessità delle risposte ex vivo delle cellule latentemente infette prelevate dai pazienti.
E veniamo agli agonisti della PKC, tralasciando il PMA, che viene usato regolarmente per stimolare la proliferazione dei linfociti T in vitro e riattiva bene il virus, ma è tumorigenico, quindi è meglio lasciarlo perdere.
La prostratina non rischia di scatenare tumori, ma non è che abbia un potere di riattivazione del virus molto forte, anzi si è visto (e ne abbiamo parlato anche in questo thread) che è 1000 volte meno potente della briostatina come sostanza anti-latenza.
E la briostatina, da parte sua, questa ricerca ha dimostrato che funziona molto bene in certi modelli di J-Lat, ma in altri (sempre J-Lat, ma un poco diverse) assai meno. Non parliamo, poi, dei modelli di cellule primarie: in alcuni dà risposte fantastiche, in altri così così. E quando la si testa su cellule tratte ex vivo dai pazienti è semplicemente un disastro: le risposte alla briostatina sono o basse o proprio non rilevabili. E non va meglio con i vari analoghi di sintesi che sono stati testati (i “bryologs”).
La briostatina è un farmaco già approvato (l'unico agonista della PKC già sul mercato). La sua farmacocinetica e la sua tossicità negli esseri umani sono noti (in particolare, sappiamo che induce attivazione cellulare, con secrezione di citochine infiammatorie). Inoltre, è stata sperimentata in trial sul cancro e sull'Alzheimer.
Ma come si può pensare di testare in una sperimentazione clinica sull'eradicazione dell'HIV una sostanza così capricciosa?
Fonte: Spina – Planelles, An In-Depth Comparison of Latent HIV-1 Reactivation in Multiple Cell Model Systems and Resting CD4+ T Cells from Aviremic Patients.
Ma, leggendo un articolo pubblicato lo scorso dicembre su PLoS Pathogens e scritto da una marea dei soliti ricercatori che si occupano di cura/eradicazione e che finalmente si sono messi a lavorare insieme per cercare di risolvere la questione ormai urgente di trovare un farmaco anti-latenza che funzioni in vivo, dopo le deludenti prestazioni di quelli testati fino ad oggi, ho tratto l’impressione che ci sia qualcosa di molto serio a bloccare il passaggio in fase clinica - quanto meno per la briostatina-1.
L’articolo è dedicato al confronto fra i diversi metodi di laboratorio utilizzati per misurare l'efficacia delle sostanze capaci di riattivare l'HIV latente: 5 modelli della latenza dell'HIV basati su cellule primarie (cioè campioni di CD4 prelevati da persone HIV negative e infettati in laboratorio), 4 modelli di latenza basati su linee cellulari (cioè cellule mantenute in laboratorio: le J-Lat, per intenderci) e cellule latentemente infette isolate da persone con HIV e in ART soppressiva (sono pochissime, a dir tanto 1 su un milione di CD4 quiescenti, quindi trovarle è piuttosto difficile).
13 sostanze note per la loro capacità di riattivare l’HIV secondo diversi meccanismi di azione sono state testate in parallelo in tutti questi modelli di latenza.
Il problema con i modelli di latenza è che nessuno riesce a replicare in tutta la sua complessità quello che accade in vivo; e il problema con le sostanze anti-latenza è che danno risultati diversi a seconda del modello utilizzato.
Per farla breve, dalla ricerca descritta in questo articolo è stato confermato che nessun singolo modello in vitro riesce a catturare da solo la complessità delle risposte ex vivo delle cellule latentemente infette prelevate dai pazienti.
E veniamo agli agonisti della PKC, tralasciando il PMA, che viene usato regolarmente per stimolare la proliferazione dei linfociti T in vitro e riattiva bene il virus, ma è tumorigenico, quindi è meglio lasciarlo perdere.
La prostratina non rischia di scatenare tumori, ma non è che abbia un potere di riattivazione del virus molto forte, anzi si è visto (e ne abbiamo parlato anche in questo thread) che è 1000 volte meno potente della briostatina come sostanza anti-latenza.
E la briostatina, da parte sua, questa ricerca ha dimostrato che funziona molto bene in certi modelli di J-Lat, ma in altri (sempre J-Lat, ma un poco diverse) assai meno. Non parliamo, poi, dei modelli di cellule primarie: in alcuni dà risposte fantastiche, in altri così così. E quando la si testa su cellule tratte ex vivo dai pazienti è semplicemente un disastro: le risposte alla briostatina sono o basse o proprio non rilevabili. E non va meglio con i vari analoghi di sintesi che sono stati testati (i “bryologs”).
La briostatina è un farmaco già approvato (l'unico agonista della PKC già sul mercato). La sua farmacocinetica e la sua tossicità negli esseri umani sono noti (in particolare, sappiamo che induce attivazione cellulare, con secrezione di citochine infiammatorie). Inoltre, è stata sperimentata in trial sul cancro e sull'Alzheimer.
Ma come si può pensare di testare in una sperimentazione clinica sull'eradicazione dell'HIV una sostanza così capricciosa?
Fonte: Spina – Planelles, An In-Depth Comparison of Latent HIV-1 Reactivation in Multiple Cell Model Systems and Resting CD4+ T Cells from Aviremic Patients.