K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro ancora

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro anc

Messaggio da Dora » giovedì 8 marzo 2012, 9:27

Riporto qui l'abstract presentato da Sarah Palmer al CROI, che mi sembra una mera riproposizione del lavoro portato a St Martin del dicembre scorso.
Ci sono però dei dettagli sul tipo di progenitrici trovate infette, sul tipo di virus che le ha infettate e sulle ipotesi di scambio fra sangue e midollo, che vale la pena segnalare.


Session 72 -Poster Abstracts -Unconventional Reservoirs - Wednesday, 2-4 pm;Poster Hall

Paper #360 - Hematopoietic Precursor Cells Isolated from Patients on Long-term Suppressive HIV Therapy Did Not Contain HIV-1 DNA

Lina Josefsson*1,2, S Eriksson1,2, E Sinclair3, M Killian3, W Shao4, B Lewis3, P Bacchetti3, L Loeb3, F Hecht3, and S Palmer1,2
1Karolinska Inst, Solna, Sweden; 2Swedish Inst for Communicable Disease Control, Solna; 3Univ of California, San Francisco, US; and 4Advanced Biomed Computing Ctr, SAIC-Frederick, Inc, NCI-Frederick, MD, US

Conoscenza di fondo: determinare il tipo di cellule che ospitano HIV-1 persistente in pazienti da molto tempo in terapia antiretrovirale soppressiva è cruciale per i futuri tentativi di eradicare l’HIV, poiché queste cellule potrebbero divenire l’obiettivo di nuove terapie. In questo lavoro affrontiamo una questione-chiave emergente: se le cellule HPC (precursori ematopoietici) Lin–/CD34+ rappresentino un importante reservoir latente dell’HIV-1 durante una terapia soppressiva di lunga durata.

Metodi: per determinare la frequenza di infezione da HIV-1 nelle HPC di pazienti da lungo tempo in terapia soppressiva, abbiamo estratto delle HPC Lin–/CD34+ e tre altri tipi di cellule (Lin–/CD34–, Lin–/CD4+ e Lin+/CD4+) dal midollo osseo di 8 pazienti, che avevano viremie non rilevabili (<75 copie/ml) da 3 a 12 anni. Utilizzando un metodo di sequenziamento del singolo provirus, abbiamo estratto, amplificato e sequenziato molteplici molecole singole di HIV-1 DNA da queste cellule e dai linfociti T CD4 memoria isolati da campioni di sangue periferico prelevati contemporaneamente al midollo.

Risultati: abbiamo trovato che le Lin–/CD34+ estratte dal midollo degli 8 pazienti NON contenevano alcun HIV-1 DNA. Ciò significa che era infetta da HIV meno di una cellula su da 1,0 a 8,7 x 10^5 HPC. L’HIV DNA è stato isolato e sequenziato dalle cellule Lin+/CD4+ estratte dal midollo degli 8 pazienti. L’analisi filogenetica di almeno 20 singoli genomi estratti dalle cellule Lin+/CD4+ presenti nel midollo e dai CD4 memoria presenti nel sangue periferico ha rivelato una somiglianza genetica fra le popolazioni di HIV in queste cellule. Ciò implica che si verifichi uno scambio di cellule infette fra questi comparti durante una terapia soppressiva di lunga durata.

Conclusioni: l’assenza di HPC infette fornisce una prova molto forte del fatto che la frequenza dell’infezione da HIV-1 delle HPC Lin–/CD34+ estratte dal midollo, se avviene, è di meno dello 0,003% (limite massimo 95% dell’intervallo di confidenza) in tutti gli 8 pazienti. Questi risultati spingono con forza a pensare che le HPC Lin–/CD34+ nel midollo NON siano una fonte di HIV persistente in pazienti da lungo tempo in terapia soppressiva. È stato invece possibile isolare dal midollo delle cellule Lin+/CD4+ infette da HIV. Tuttavia, la somiglianza genetica del virus presente in queste cellule con quello isolato dai CD4 memoria del sangue periferico indica uno SCAMBIO DI CELLULE INFETTE FRA MIDOLLO E SANGUE.



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Re: K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro anc

Messaggio da nordsud » giovedì 8 marzo 2012, 10:54

Non voglio iniziare un 3d per questa notizia meritevole di attenzione che potrebbe sconvolgere molte convinzioni .. se non gridare al mezzo miracolo.

Transplant patients test negative for HIV: hospital

http://focustaiwan.tw/ShowNews/WebNews_ ... 1109290040



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Re: K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro anc

Messaggio da thelondonsuede » giovedì 8 marzo 2012, 13:53

si mah sti qua trapiantano degli organi senza prima fare esami e vedere se organi sono sani senza malattie infettive dai donatori? bahhhhhh mah come son messi scusa :shock: :shock: :shock: :shock: :shock: :shock: :shock:



Dora
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Re: K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro anc

Messaggio da Dora » giovedì 8 marzo 2012, 15:12

nordsud ha scritto:Non voglio iniziare un 3d per questa notizia meritevole di attenzione che potrebbe sconvolgere molte convinzioni .. se non gridare al mezzo miracolo.

Transplant patients test negative for HIV: hospital

http://focustaiwan.tw/ShowNews/WebNews_ ... 1109290040
Scusa, Nordsud, ma è una notizia da un'agenzia giornalistica di qualche mese fa, che dovrebbe essere confermata attraverso un articolo scientifico.
Non credo che abbia proprio nulla a che vedere con il tema del virus nelle staminali discusso in questo thread.
Forse sarebbe meglio spostare il messaggio in "Scoperte".



Dora
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Re: K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro anc

Messaggio da Dora » mercoledì 2 maggio 2012, 5:48

Dora ha scritto:Riporto qui l'abstract presentato da Sarah Palmer al CROI, che mi sembra una mera riproposizione del lavoro portato a St Martin del dicembre scorso.
Ci sono però dei dettagli sul tipo di progenitrici trovate infette, sul tipo di virus che le ha infettate e sulle ipotesi di scambio fra sangue e midollo, che vale la pena segnalare.

Session 72 -Poster Abstracts -Unconventional Reservoirs - Wednesday, 2-4 pm;Poster Hall

Paper #360 - Hematopoietic Precursor Cells Isolated from Patients on Long-term Suppressive HIV Therapy Did Not Contain HIV-1 DNA

Lina Josefsson*1,2, S Eriksson1,2, E Sinclair3, M Killian3, W Shao4, B Lewis3, P Bacchetti3, L Loeb3, F Hecht3, and S Palmer1,2
1Karolinska Inst, Solna, Sweden; 2Swedish Inst for Communicable Disease Control, Solna; 3Univ of California, San Francisco, US; and 4Advanced Biomed Computing Ctr, SAIC-Frederick, Inc, NCI-Frederick, MD, US


Conoscenza di fondo: determinare il tipo di cellule che ospitano HIV-1 persistente in pazienti da molto tempo in terapia antiretrovirale soppressiva è cruciale per i futuri tentativi di eradicare l’HIV, poiché queste cellule potrebbero divenire l’obiettivo di nuove terapie. In questo lavoro affrontiamo una questione-chiave emergente: se le cellule HPC (precursori ematopoietici) Lin–/CD34+ rappresentino un importante reservoir latente dell’HIV-1 durante una terapia soppressiva di lunga durata.

Metodi: per determinare la frequenza di infezione da HIV-1 nelle HPC di pazienti da lungo tempo in terapia soppressiva, abbiamo estratto delle HPC
Lin–/CD34+ e tre altri tipi di cellule (Lin–/CD34–, Lin–/CD4+ e Lin+/CD4+) dal midollo osseo di 8 pazienti, che avevano viremie non rilevabili (<75 copie/ml) da 3 a 12 anni. Utilizzando un metodo di sequenziamento del singolo provirus, abbiamo estratto, amplificato e sequenziato molteplici molecole singole di HIV-1 DNA da queste cellule e dai linfociti T CD4 memoria isolati da campioni di sangue periferico prelevati contemporaneamente al midollo.

Risultati: abbiamo trovato che le Lin–/CD34+ estratte dal midollo degli 8 pazienti NON contenevano alcun HIV-1 DNA. Ciò significa che era infetta da HIV meno di una cellula su da 1,0 a 8,7 x 10^5 HPC. L’HIV DNA è stato isolato e sequenziato dalle cellule
Lin+/CD4+ estratte dal midollo degli 8 pazienti. L’analisi filogenetica di almeno 20 singoli genomi estratti dalle cellule Lin+/CD4+ presenti nel midollo e dai CD4 memoria presenti nel sangue periferico ha rivelato una somiglianza genetica fra le popolazioni di HIV in queste cellule. Ciò implica che si verifichi uno scambio di cellule infette fra questi comparti durante una terapia soppressiva di lunga durata.

Conclusioni: l’assenza di HPC infette fornisce una prova molto forte del fatto che la frequenza dell’infezione da HIV-1 delle HPC Lin–/CD34+ estratte dal midollo, se avviene, è di meno dello 0,003% (limite massimo 95% dell’intervallo di confidenza) in tutti gli 8 pazienti. Questi risultati spingono con forza a pensare che le HPC Lin–/CD34+ nel midollo NON siano una fonte di HIV persistente in pazienti da lungo tempo in terapia soppressiva. È stato invece possibile isolare dal midollo delle cellule Lin+/CD4+ infette da HIV. Tuttavia, la somiglianza genetica del virus presente in queste cellule con quello isolato dai CD4 memoria del sangue periferico indica uno SCAMBIO DI CELLULE INFETTE FRA MIDOLLO E SANGUE
.
Il Journal of Infectious Diseases ha appena pubblicato l’articolo in cui Sarah Palmer e i suoi collaboratori del Karolinska discutono per esteso i dati presentati nel dicembre scorso a St Martin e a marzo al CROI: Hematopoietic Precursor Cells Isolated from Patients on Long Term Suppressive HIV Therapy Did Not Contain HIV-1 DNA.
Credo valga la pena di vederne alcune parti perché, anche se i dati sono sostanzialmente quelli riportati nell’abstract del CROI, nell’introduzione e nella discussione Palmer spiega bene in che cosa il suo lavoro si differenzi da quello della Collins, che ha trovato cellule progenitrici ematopoietiche CD34+ infette in vitro e che, avendo isolato del DNA virale dalle CD34 di pazienti in terapia soppressiva, è arrivata a sostenere che queste cellule costituiscono un reservoir dell’HIV.

I pazienti studiati dalla Collins, però, avevano viremie irrilevabili soltanto negli ultimi 6 mesi prima del prelievo dei campioni di midollo e la Collins non ha dimostrato che le CD34 possano costituire un reservoir virale importante anche dopo molti anni di HAART soppressiva.
Di qui parte Sarah Palmer per capire se le progenitrici ematopoietiche costituiscano una fonte persistente di HIV in persone che sono da tempo con viremia soppressa.


Ha quindi prelevato le HPC Lin-/CD34+ (*) dal midollo di 8 pazienti, che erano con viremie irrilevabili (<40-75 copie/mL) da un periodo compreso fra 3 e 12 anni. Non si è però limitata ad analizzare questo tipo di cellule ma, per valutare la possibilità che il midollo osseo costituisca un reservoir virale in questi pazienti, ha estratto dal midollo tre altri tipi di cellule:
  • • Lin-/CD34-
    • Lin-/CD4+
    • Lin+/CD4+
e ha inoltre confrontato le popolazioni di HIV presenti in queste cellule e nei CD4 memoria estratti dal sangue periferico.

(*) “Lin” rappresenta i marker delle specifiche linee ematopoietiche, mentre il CD34 è un marker di superficie presente in molte cellule progenitrici ematopoietiche.


Un aspetto da notare è che il virus di tutti e 8 i pazienti era HIV-1, sottotipo B. Infatti, si sa da studi fatti in passato che le HPC sono più facilmente infettabili da varianti di HIV-1 di sottotipo C [cfr. in questo stesso thread: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 8620#p8620].

5 dei pazienti studiati in questa ricerca erano entrati in terapia durante la fase acuta o iniziale dell’infezione; mentre 3 erano entrati in terapia durante la fase cronica.


La tabella S1 mostra le caratteristiche degli 8 pazienti:

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Per quantificare e caratterizzare geneticamente le popolazioni virali sia nelle cellule isolate dal midollo, sia in quelle estratte dal sangue periferico, Palmer ha utilizzato un nuovo test di sequenziamento a cellule singole, chiamato sequenziamento del singolo provirus e ricorda che la capacità del suo gruppo di lavoro di rilevare singole molecole di HIV DNA è stata dimostrata in uno studio uscito l’anno scorso su PNAS [cfr. Majority of CD4+ T cells from peripheral blood of HIV-1-infected individuals contain only one HIV DNA molecule].

I risultati sono stati sostanzialmente tre:
  • 1. LE HPC ISOLATE DAL MIDOLLO NON CONTENEVANO HIV DNA
Le cellule progenitrici ematopoietiche sono state isolate dal midollo prelevato dagli 8 pazienti in base al loro fenotipo specifico (Lin-/CD34+). Il numero di queste cellule era fra 100.000 e 870.000. In nessuna di queste cellule è stato trovato del DNA provirale.

Immagine

Questo costituisce – a parere di Palmer – una forte prova del fatto che la frequenza dell’infezione delle HPC Lin-/CD34+, se esiste, è comunque bassissima: nell’ordine dello 0,0003 – 0,003%.

Immagine

Questi risultati contrastano con quelli della Collins, che ha trovato dell’HIV DNA nelle CD34+ di 4 su 9 pazienti in terapia soppressiva; e precisamente ha trovato 1 cellula infetta su 10.000 CD34+ (cioè lo 0,01%).

Palmer sottolinea le differenze fra il suo studio e quello della Collins:

• la Collins ha usato un immunomagnete per isolare le CD34 dal midollo; invece la Palmer ha usato un metodo di estrazione per separare le CD34 con Lin negativo ed eliminare le cellule morte e le cellule che esprimevano il CD4;
• c’erano poi differenze sulla durata delle terapie: 3-12 anni nello studio della Palmer; 6 mesi per la maggior parte dei pazienti della Collins.


Questo spinge la Palmer a IPOTIZZARE CHE LE HPC NON SIANO UNA FONTE PERSISTENTE DI HIV NEI PAZIENTI DA LUNGO TEMPO IN TERAPIA SOPPRESSIVA.


  • 2. SI SONO TROVATI LIVELLI DIFFERENTI DI HIV DNA NELLE CELLULE LIN-/CD4+ E LIN+/CD4+ ISOLATE DAL MIDOLLO
Sono state isolate dal midollo fra 580.000 e 5.900.000 cellule progenitrici con il fenotipo Lin-/CD34- e in nessuna di queste si è trovato DNA provirale.

Per quanto invece riguarda la popolazione di cellule Lin-/CD4+, non si è trovato HIV DNA nei pazienti che avevano iniziato la terapia in fase acuta; se ne è invece trovato in tutti e tre i pazienti che avevano iniziato la HAART durante la fase cronica, ma il livello di infezione era comunque basso, perché era nel range dello 0,0003 – 0,0008%.

Quando, infine, si sono analizzate le cellule Lin+/CD4+, in tutti i pazienti si è trovato del DNA provirale, con livelli di infezione più alti in chi aveva iniziato la terapia durante la fase cronica.

  • 3. LE POPOLAZIONI VIRALI TROVATE NELLE CELLULE ESTRATTE DAL MIDOLLO ERANO MOLTO SIMILI A QUELLE ESTRATTE DAI LINFOCITI T MEMORIA RICAVATI DAL SANGUE PERIFERICO
Palmer ha poi confrontato le popolazioni virali isolate dal midollo con quelle isolate dai CD4 memoria del sangue periferico. L’analisi filogentica ha dimostrato un’omogeneità nelle sequenze virali dei pazienti entrati presto in terapia, a fronte di una eterogeneità delle sequenze trovate nei pazienti che hanno iniziato la terapia in fase cronica.

Immagine

Per tutti i pazienti, la distribuzione filogenetica delle sequenze di DNA provirale nel midollo era simile a quella del sangue periferico. Questo implica o che nei campioni di midollo erano presenti cellule provenienti dal sangue periferico, o che si verifica un continuo scambio cellulare fra questi due comparti.

A supporto di questa seconda ipotesi, la Palmer nota che, nei campioni prelevati dal paziente n. 7, che ha iniziato la HAART in fase cronica, sono state trovate identiche sequenze clonali del virus nelle cellule tratte dal midollo e in quelle tratte dal sangue. Queste sequenze contengono una delezione (la 380bp) che elimina la proteasi da questa popolazione virale, rendendo il virus incapace di replicarsi (cfr. Fig. 2C). Di qui la deduzione che debba esserci uno scambio di cellule fra sangue e midollo.

La conclusione che Palmer trae dalla sua ricerca è che LE PROGENITRICI EMATOPOIETICHE LIN-/CD34+ NON VENGONO INFETTATE DALL’HIV E QUINDI CHE LE HPC NON COSTITUISCONO UN IMPORTANTE RESERVOIR VIRALE IN PAZIENTI DA LUNGO TEMPO IN TERAPIA CON VIREMIA SOPPRESSA.
SONO STATE ISOLATE DAL MIDOLLO DELLE CELLULE LIN+/CD4+ INFETTE, MA LA SOMIGLIANZA GENETICA DEL VIRUS TROVATO IN QUESTE CELLULE CON QUELLO TROVATO NEI CD4 MEMORIA ISOLATI DAL SANGUE PERIFERICO INDICA PIUTTOSTO UNO SCAMBIO DI CELLULE INFETTE FRA MIDOLLO E SANGUE.



Dora
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Re: K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro anc

Messaggio da Dora » domenica 28 ottobre 2012, 10:59

Con ritardo, perché l’articolo è uscito l’estate scorsa sul Journal of Virology, ma ecco un aggiornamento sulle ricerche di Kathleen Collins che - ormai ai colpi di scena dovremmo essere abituati - sostiene (dimostra empiricamente) che il virus in alcune staminali/progenitrici ci va, sia in vitro, sia in vivo, ed è anche in grado di andare in latenza.
Collins, inoltre, fa qualche passo in più, in un articolo che – per complessità e completezza – è paragonabile al suo lavoro di due anni fa:
  • 1) costruisce un modello di latenza virale nelle cellule progenitrici ematopoietiche;
    2) determina in quale fra i diversi tipi di staminali il virus riesce ad instaurare un'infezione latente;
    3) dimostra che lo stato di latenza può essere invertito mediante un meccanismo dipendente dall'NF-kB;
    4) dimostra che sia il TNF-alfa, sia la prostratina, sia il SAHA possono riattivare il virus latente nelle progenitrici ematopoietiche.


Si tratta dunque di una vera e propria risposta alle critiche ricevute negli ultimi due anni e, in particolare, all'articolo di Sarah Palmer di cui si parla nell'ultimo post prima di questo. Ma il lavoro della Collins è molto articolato e fa fare almeno un paio di passi avanti alla discussione sull'HIV nelle staminali.


Anzitutto, un riassunto della situazione.
I CD4 memoria sono probabilmente il reservoir di virus latente più importante e certamente il più studiato, ma diverse ricerche hanno dimostrato che non tutti i genomi virali rinvenibili nel sangue possono essere abbinati a sequenze presenti in quei linfociti. Questo ha spinto i ricercatori a ipotizzare che esistano altri reservoir di virus latente e che siano loro a contribuire alla viremia plasmatica residua.
Nel suo lavoro del 2010 su Nature Medicine, la Collins aveva ipotizzato che le cellule progenitrici ematopoietiche (HPC) CD34+ del midollo osseo siano uno di questi reservoir e aveva dimostrato che – sia in vitro, sia in vivo – queste cellule possono essere infettate dall’HIV-1, sia in modo attivo, sia in modo latente.

Esistono tuttavia altri studi usciti proprio quest’anno (e analizzati per esempio qui e qui in questo stesso thread) i cui autori – scienziati di assoluto valore come Robert Siliciano e Sarah Palmer - sostengono di non essere riusciti a trovare genomi dell’HIV nelle CD34+ di pazienti in ART con viremia irrilevabile.

La Collins spiega che le CD34+ sono rare e che ci si deve attendere un tasso di infezione latente bassissimo nei pazienti in terapia. In paricolare, questo è vero per i pazienti in cui predomina un virus CCR5-tropico, poiché solo l’HIV che utilizza il CXCR4 è capace di infettare le cellule progenitrici immature (vedere qui).
Anche il coltivare le cellule progenitrici ex vivo può contribuire ai risultati variabili ottenuti da altri ricercatori: per esempio, poiché l’infezione attiva da HIV ha effetti citotossici sulle HPC, la riattivazione del virus latente può comportare la morte della cellula e dunque dei risultati falso-negativi.
Inoltre, la Collins riconosce la fondatezza (teorica) di alcune critiche ricevute dal suo articolo del 2010: è vero che c’è sempre la possibilità che dei CD4 contaminino i campioni di HPC e contribuiscano così a dare dei falso-positivi, spingendo i ricercatori a pensare di aver trovato dei genomi virali in quelle cellule.

Può dunque essere difficile dimostrare in modo conclusivo che un’infezione latente delle staminali/progenitrici si verifica nella maggior parte delle persone e questo spiega la durata ventennale della discussione in materia. Tuttavia, è facile
[usa proprio questo termine!!] determinare un’infezione latente delle HPC in vitro, quindi dei sistemi in vitro possono essere usati per stabilire quali sottotipi di HPC diventino latentemente infetti.

Di qui, si deve cercare di capire

  • 1. se e fino a che punto le HPC costituiscano un reservoir in vivo, dimostrando se le HPC che vivono più a lungo possono essere infettate in modo latente;
    2. quali tipi di HPC sia più probabile che ospitino un’infezione latente in vivo;
    3. se i meccanismi che favoriscono l’instaurarsi e la riattivazione della latenza in vitro delle HPC siano gli stessi che entrano in gioco nel caso dei CD4;
    4. se, dunque, entrambi i reservoir possano essere distrutti seguendo le stesse strategie di riattivazione;
    5. se tutto questo sia praticabile in vivo.


Le HPC CD34+ non sono un insieme di cellule omogenee
[Leon sicuramente, ma forse anche altri ricorderanno quanto ci siamo rotti la testa su questo, quando uscì il primo articolo della Collins] e non è chiaro quale sottinsieme di CD34+ supporti un’infezione latente.

Le HPC più immature sono le staminali ematopoietiche (HSC), che possono differenziarsi in tutte le linee cellulari del sangue ed hanno una capacità di auto-rinnovamento illimitata. Le HSC si differenziano nelle cellule progenitrici multipotenti (MPP), che possono anch’esse differenziarsi in tutte le linee cellulari ematiche, ma hanno una capacità ridotta di auto-rinnovarsi. Le MPP danno origine alle progenitrici mieloidi comuni (CMP), da cui nascono tutte le linee mieloidi e le progenitrici multilinfoidi (MLP), che a loro volta generano le linee linfoidi, così come i monociti e le cellule dendritiche.
Queste progenitrici danno vita a cellule progenitrici commissionate, che infine si differenziano nelle cellule mature del sangue.

Immagine

Nel 2011 la Collins ha dimostrato che l’HIV-1 è capace di infettare le HPC multipotenti, comprese le staminali ematopoietiche. Quel che restava da capire è se il virus sia capace di stabilire in queste cellule un’infezione LATENTE, oltre che un’infezione attiva, perché fino ad ora non era stato studiato il meccanismo che induce la latenza nelle HPC.

Si sa che nei linfociti T maturi l’infezione latente è promossa da diverse modificazioni epigenetiche, in particolare si sa che i CD4 memoria quiescenti hanno nel nucleo dei livelli ristretti di fattore nucleare kB (NF-kB). Attivare l’NF-kB è sufficiente per riattivare il virus latente nelle cellule Jurkat; ma per fare la stessa cosa nei CD4 memoria quiescenti primari è necessario attivare anche il fattore positivo “b” di allungamento della trascrizione (P-TEFb).
Poiché l’NF-kB è un fattore chiave che regola la trascrizione in molte cellule ematopoietiche, la Collins ha cercato di capire se abbia lo stesso ruolo di promotore del risveglio dalla latenza virale anche nelle HPC.
Ha dunque costruito un modello in vitro di infezione da HIV-1 latente nelle HPC per analizzare nei dettagli i fattori che promuovono la latenza in queste cellule.

Anche da altri l’infezione latente delle HPC era stata studiata in vitro, ma i metodi utilizzati imponevano dei periodi di coltura relativamente lunghi e, poiché le HPC messe a coltura di differenziano molto rapidamente, non avevano permesso di esaminare l’infezione latente nelle progenitrici più immature, quali le HSC e le MPP.
Il modello della Collins, invece, è impostato in modo da consentire un’analisi a breve termine delle HPC immature, che sono anche quelle che hanno vita più lunga e che, quindi, con maggior probabilità costituiscono in vivo un reservoir virale di lunga durata.

Immagine

Il limite di questo modello è che i brevi tempi di coltura richiesti da queste cellule quando sono in uno stato indifferenziato permettono di studiare dei fattori importanti per lo stabilirsi della latenza, ma non di determinare se ci siano altri fattori che contribuiscono al mantenimento del silenziamento del provirus in tempi successivi.
Il virus utilizzato per infettare le HPC era un HIV-1 X4-tropico difettivo, capace di un unico ciclo di infezione ma non di diffondere l’infezione. L’uso di questa variante difettiva è servito per permettere di distinguere la riattivazione dell’infezione latente dalla stimolazione di nuovi eventi infettivi.

Usando questo modello, Kathleen Collins è riuscita a dimostrare che

  • 1. L’HIV-1 è capace di stabilire un’infezione latente in tutti i sottogruppi di HPC, comprese le cellule più primitive, quelle che presentano marker di superficie che le identificano come staminali e come progenitrici multipotenti.
    Dal momento che queste cellule vivono molto a lungo, questo implica che le HPC possono costituire un reservoir virale in vivo. Inoltre, le staminali hanno una capacità indefinita di auto-rinnovarsi, pertanto un’infezione latente in questo tipo di cellule potrebbe costituire un reservoir con un’emivita potenzialmente infinita, come ipotizzato dalla Palmer fin dal 2008.
    Mentre i risultati ottenuti dalla Collins mostrano che molti tipi di cellule progenitrici possono costituire un reservoir di virus latente, le progenitrici più immature è probabile che fungano da reservoir nelle persone in terapia, perché sono le uniche che potrebbero continuare ad esistere dopo molti mesi o anni di antiretrovirali. Da ciò la Collins conclude che il modo migliore per stabilire le dimensioni del reservoir latente nelle HPC di persone da molto tempo in ART è quello di concentrarsi sulle progenitrici più immature (quelle con il fenotipo CD34+ CD38- CD45RA-) per massimizzare la probabilità di trovare cellule latentemente infette.

    2. Le HPC CD34+ presentano bassi livelli di NF-kB nel nucleo e l’attivazione dell’NF-kB mediante induzione del TNF-alfa può riattivare il virus latente in queste cellule. Invece il P-TEFb è facilmente reperibile nel nucleo delle HPC non stimolate e non aumenta di livello se si stimola la riattivazione dell’infezione latente.
    Questi due risultati messi insieme fanno pensare che le HPC abbiano meno fattori che rinforzano l’infezione latente rispetto ai CD4 memoria quiescenti. Questo, in vivo, potrebbe comportare un tasso di infezione latente delle HPC minore rispetto a quello osservato nei CD4 memoria quiescenti di persone in terapia, dove circa 1 cellula su 1 milione ospita provirus capace di replicarsi.

    3. Sostanze quali la prostratina e il SAHA, che riattivano il virus latente nei CD4, funzionano anche nelle HPC.
    Come il TNF-alfa, la prostratina induce l’attivazione dell’NF-kB in modo efficiente, ma con una cinetica più lenta; il che fa ipotizzare che la via attraverso cui la prostratina agisce sia meno efficiente in almeno un sotto gruppo di HPC. Dal momento che il TNF-alfa riattiva il virus latente nelle cellule progenitrici più velocemente rispetto alla prostratina e senza indurre la rapida differenziazione cellulare che si osserva invece stimolando le HPC con la prostratina, la Collins nota comel’attivazione dell’NF-kB possa essere una buona strategia per riattivare il virus latente nelle HPC, ma anche come la prostratina possa non essere la sostanza più adatta per dare inizio all’attivazione dell’NF-kB in queste cellule.
    Il SAHA, invece, riattiva il virus latente nelle progenitrici in assenza di riattivazione dell’NF-kB e lo fa in dosi paragonabili a quelle utilizzate per riattivare il virus latente nei CD4. Tuttavia, mentre non risulta tossico per i CD4, anche lasciandolo in coltura per lunghi periodi, si è invece dimostrato estremamente tossico nel caso delle HPC. Ciò significa che ripulire le HPC del virus latente mediante SAHA potrebbe avere effetti disastrosi sull’ematopoiesi.


La conclusione della Collins è che per eradicare l’HIV si deve riattivare il virus latente in tutte le cellule infette per eliminare tutti i reservoir presenti nel corpo. Quindi comprendere i meccanismi sottostanti alla formazione e alla riattivazione della latenza nelle cellule progenitrici ematopoietiche è fondamentale per poter impostare e poi valutare le strategie di eradicazione, perché permette di capire se le strategie efficaci nei linfociti T saranno egualmente efficaci nelle HPC e quindi permetteranno con buona probabilità di eliminare in vivo tutti i reservoir latenti.





Fonte: Latent HIV-1 infection occurs in multiple subsets of hematopoietic progenitor cells and is reversed by NF-κB activation



Leon
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Re: K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro anc

Messaggio da Leon » mercoledì 31 ottobre 2012, 1:22

Dora ha scritto:Con ritardo, perché l’articolo è uscito l’estate scorsa sul Journal of Virology, ma ecco un aggiornamento sulle ricerche di Kathleen Collins [...]
Dora, oltre a un sentitissimo SUPERgrazie (anche per gli altri aggiornamenti degli ultimi tempi che, nei limiti del (mio attuale) possibile, ho sempre seguito con interesse), una sola domanda (altre questioni, tipo quella della mielotossicità del SAHA/vorinostat ecc., le porrò semmai più avanti, perché tirano in ballo i più intricati grovigli biochimici possibili e immaginabili): in questo lavoro della Collins c'è anche qualcosa riguardante l'in vivo e di cui tu non hai parlato oppure, come temo, non c'è niente?

Più esplicitamente, la Collins queste cellule progenitrici ematopoietiche infette, che pure continua a specificare sempre meglio dove e come vanno cercate e individuate, è ri-riuscita effettivamente e *incontrovertibilmente* a trovarle nei malati (o almeno in una parte dei malati) oppure non dice niente di nuovo al riguardo e, con tanti saluti a Siliciano e alla Palmer, sotto questo aspetto continua sostanzialmente a tener buoni i vecchi dati del Carter-Collins (= le progenitrici ematopoietiche infette esistono *IN VIVO* e non se ne discute più)?



Dora
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Re: K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro anc

Messaggio da Dora » mercoledì 31 ottobre 2012, 6:57

Leon ha scritto:(altre questioni, tipo quella della mielotossicità del SAHA/vorinostat ecc., le porrò semmai più avanti, perché tirano in ballo i più intricati grovigli biochimici possibili e immaginabili)
Certo. Ma non sono solo i grovigli biochimici in cui rischiamo di restare impigliati a fermarci. C'è anche il fatto che Margolis di tossicità a livello di midollo nei suoi pazienti non ne ha segnalate. Però è anche vero che gli ha dato una specie di tremebondo *SAHA omeopatico "one shot"*, per cui era ben difficile che emergessero problemi in tal senso.
E la Lewin - che invece i pazienti li sta trattando davvero, con più dosi e per un tempo più lungo - ancora non si esprime. Almeno, non con un bell'articolo che sia più esaustivo del solito paio di slides all'interno di qualche ennesimo "punto della situazione", magari fatto in coppia con la Hazuda.
in questo lavoro della Collins c'è anche qualcosa riguardante l'in vivo e di cui tu non hai parlato oppure, come temo, non c'è niente?
No, no, no! L'avrei scritto in corpo almeno 180!
Sulla testa del Carter-Collins continua a incombere il macigno della contaminazione dei campioni.
E tuttavia. Tuttavia, la tua Kathy sta procedendo come uno schiacciasassi nella conferma delle sue ipotesi. Se nel 2010 c'era ancora troppa teoria, ora sta passo passo dimostrando che il virus nelle staminali ci può andare; anzi, che ci va; e che, oltre a infettarle in modo attivo, ci va pure in latenza; e dalla latenza può poi svegliarsi; e dimostra che un virus R5-tropico forse no, ma un X4 sì; e poi dimostra che va in tutte le progenitrici, fino a quelle con il fenotipo più primitivo possibile ... tutto il lavoro che ha fatto negli ultimi due anni sembra star lì a dimostrare che le HPC *possono* costituire un reservoir di virus latente.
Lo costituiscono davvero in persone in ART? L'unica cosa che manca da fare alla Collins è guardare di nuovo in faccia i pazienti.

Io, per parte mia, continuo a sperare che trovi una mina lungo la strada che la faccia saltare per aria, lei e tutti i suoi modelli.



nordsud
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Re: K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro anc

Messaggio da nordsud » mercoledì 31 ottobre 2012, 11:23

Dora ha scritto: E tuttavia. Tuttavia, la tua Kathy sta procedendo come uno schiacciasassi nella conferma delle sue ipotesi. Se nel 2010 c'era ancora troppa teoria, ora sta passo passo dimostrando che il virus nelle staminali ci può andare; anzi, che ci va; e che, oltre a infettarle in modo attivo, ci va pure in latenza; e dalla latenza può poi svegliarsi; e dimostra che un virus R5-tropico forse no, ma un X4 sì; e poi dimostra che va in tutte le progenitrici, fino a quelle con il fenotipo più primitivo possibile ... tutto il lavoro che ha fatto negli ultimi due anni sembra star lì a dimostrare che le HPC *possono* costituire un reservoir di virus latente.
Lo costituiscono davvero in persone in ART? L'unica cosa che manca da fare alla Collins è guardare di nuovo in faccia i pazienti.

Io, per parte mia, continuo a sperare che trovi una mina lungo la strada che la faccia saltare per aria, lei e tutti i suoi modelli.
Si può ipotizzare che non esiste una qualsiasi chemioradioterapia che possa far fuori tutti le cellule staminali senza, si intende, friggere il paziente in senso letterale ?
Se non esiste questa possibilità perchè il paziente del dottor Hutter non ha nessuna particella virale del virus tropico x4 che emerge da qualche cellula staminale ?



Dora
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Re: K.Collins_Staminali come reservoir, APOBEC3G e altro anc

Messaggio da Dora » mercoledì 31 ottobre 2012, 15:33

nordsud ha scritto:Si può ipotizzare che non esiste una qualsiasi chemioradioterapia che possa far fuori tutti le cellule staminali senza, si intende, friggere il paziente in senso letterale ?
Se non esiste questa possibilità perchè il paziente del dottor Hutter non ha nessuna particella virale del virus tropico x4 che emerge da qualche cellula staminale ?
Credo che un condizionamento pre-trapianto fatto come si deve (non il mini-condizionamento che vuole fare la Cannon, per intenderci), le staminali le faccia fuori tutte. Per quanto umanamente possibile.
È proprio per questo che bisogna poi immediatamente trapiantarne di nuove, che siano autologhe, anche eventualmente in qualche modo "ripulite", o eterologhe, come è stato nel caso di Timothy Brown: non si può lasciare a lungo una persona senza staminali che le ricostruiscano tutte le linee delle cellule del sangue, dai globuli rossi alle piastrine, e ovviamente ai leucociti, che sono i primi a riformarsi.
E tutto il tempo che passa prima che le nuove staminali attecchiscano - 2 o 3 settimane solo perché raggiungano il midollo, più di 3 mesi perché sia completata la prima fase del trapianto, anche se il periodo più pericoloso sono i primi 40 giorni - è un tempo di pericolo di morte costante, trascorso in camere sterili e facendo trasfusioni, imbottiti di antibiotici, antimicotici e antipiretici.



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