Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clements 2

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » domenica 24 giugno 2012, 10:01

Leggendo l’ultimo numero degli IAVI Reports (Vol. 16 (2), Mar.-Apr. 2012), in cui Andreas von Bubnoff racconta brevemente dei risultati usciti dal Keystone Symposium dedicato a Virus Entry, Replication and Pathogenesis (Stalking HIV's Sleeper Cells), ho trovato una breve relazione riferita al SAHA.

Né Margolis, né Sharon Lewin porteranno altri risultati dei loro trial clinici ad AIDS 2012. Verranno invece presentati i dati di una sperimentazione del SAHA su macachi, fatta da Jeffrey Lifson dell’AIDS and Cancer Virus Program presso il Frederick National Laboratory. Lifson ha lavorato con macachi infetti da SIVmac239 (a differenza di Savarino, che usa l’SIVmac251) e a luglio, a Washington, parlerà di Evaluation of treatment with the histone deacetylase inhibitor vorinostat (suberoylanilide hydroxamic acid; SAHA) in antiretroviral drug treated, SIVmac239-infected rhesus macaques.


Riporto, anzitutto, una parte di discussione avvenuta in altro thread in cui già si spiega il problema emerso al Keystone Symposium dello scorso marzo:

Leon ha scritto:
Dora ha scritto:Dai un'occhiata a questo post pubblicato ieri: http://hiv-reservoir.net/index.php/the- ... voirs.html.
Racconta, molto brevemente, di un seminario che l'ANRS ha tenuto la settimana scorsa sui reservoir.
Quello che mi ha colpito sono i risultati preliminari del trial sul SAHA fatto da Sharon Lewin, anticipati da Carine Van Lint: "no latent virus activation could be found after a 2 weeks administration period in 9 patients".
Non bello, direi. In contrasto con i risultati di Margolis.
Ma, invece, in linea con un lavoro che Jana Blazkova (Chun & Fauci) ha presentato a marzo durante uno dei congressi dei Keystone Symposia (l'articolo dovrebbe essere in via di pubblicazione su JID), in cui parrebbe che gli HDACi abbiano molto meno impatto di quanto si sperava nel risvegliare il virus dalla latenza: "a 48-hour SAHA treatment of resting CD4+ T cells taken from HIV-infected individuals on ART did not increase HIV RNA expression compared with untreated CD4+ T cells".
Ho letto che Margolis era presente, ma non sembra ci sia stata una grande discussione fra i due. Sembra solo che lui dopo abbia detto che forse una spiegazione di questi risultati così in contrasto con i suoi è che 48 ore sono un tempo troppo lungo di trattamento.
Vabbè, appena esce l'articolo della Blazkova sapremo qualcosa di più.

Senti, la mia opinione su Margolis mi pare che tu la conosca e, francamente, non è mai molto cambiata, nel senso che per me rimane uno totalmente inaffidabile (oltre che dissociato: anche se poi non ero riuscito a rispondere, avevo letto un suo "punto della situazione", che aveva scritto - mi pare - per il solito Jules e che tu avevi riportato, e veramente mi ero chiesto da quale presunta altezza si permettesse di cagare su qualunque cosa fosse men che l'eradicazione).

In ogni caso, resta il dato di fatto che è stato ricoperto di mmmerda da Siliciano (la Janet, per l'esattezza) dopo la sua palla dell'acido valproico. Adesso mi dici che altrettanto sta accadendo col SAHA ad opera di altre due. Non sarà che ha anche qualche segreta perversioncina? :roll:

P.S. Riguardo alla giustificazione "cronometrica" di Margolis, tu immagina, anche nell'ipotesi che stesse in piedi, a che cosa potrebbe mai servire IN VIVO una roba che, per funzionare in vitro, deve spaccare il secondo!!!


E questa è una sintesi di quanto racconta Andreas von Bubnoff nel suo report:

Una delle strategie al momento preferite per eradicare i reservoir virali consiste nell’indurre la replicazione dell’HIV nelle cellule latenti, in modo che queste muoiano come risultato del riattivarsi della replicazione virale oppure possano divenire il bersaglio dei farmaci o delle risposte immuni. Uno dei farmaci che i ricercatori sperano possa risvegliare l’HIV dai luoghi in cui si nasconde è l’inibitore dell’istone-deacetilasi SAHA. Lifton sta testando questa possibilità nei suoi macachi rhesus indiani.

Ma il SAHA viene testato anche su esseri umani e David Margolis, dopo i dati preliminari della fase I riportati al CROI su pochissimi pazienti in HAART, in cui una singola dose di SAHA aveva portato a un aumento dell’espressione dell’HIV RNA associato alle cellule, al Keystone Symposium ha diffuso altri risultati su 7 pazienti. In media, il trattamento con SAHA ha portato a un aumento di circa 5 volte dell’HIV RNA associato alle cellule rilevato nei CD4 del sangue.

Tuttavia Chun e altri del NIAID (la Blazkova di cui si parlava sopra) hanno presentato dei dati che sono in contrasto con quelli di Margolis: un trattamento ex vivo con SAHA per 48 ore su CD4 quiescenti, latentemente infetti, isolati dal sangue di persone in HAART, NON HA PORTATO ALL’AUMENTO DI VIRUS LIBERI (misurati dal numero di RNA virali al di fuori delle cellule) PRODOTTI DALLE CELLULE, in confronto alle cellule non trattate.

Margolis ha obiettato che una ragione dei risultati diversi di Chun rispetto ai suoi potrebbe essere che 48 ore potrebbero essere un tempo di trattamento troppo lungo: l’esposizione prolungata a questo farmaco, a queste concentrazioni potrebbe – a suo parere – avere effetti non specifici sulle cellule. 48 ore sono molto di più del tempo necessario a una dose di SAHA per essere eliminata dall’organismo.
Inoltre, anche se le cellule non vengono uccise dal SAHA in vitro, un’esposizione così prolungata potrebbe risultare troppo tossica per un uso clinico.

Contro-obiezioni di Chun: le cellule usate nel suo esperimento erano molto vitali e ciò fa pensare che il trattamento con SAHA per 48 ore non sia stato troppo tossico. Inoltre, Chun avrebbe trovato risultati simili anche trattando le cellule per meno di 24 ore.
Chun ha avanzato una spiegazione diversa dei risultati contrastanti: mentre lui ha cercato i livelli di RNA di particelle libere di HIV, Margolis ha misurato i livelli di HIV RNA all’interno delle cellule. È possibile che il SAHA induca un aumento della trascrizione dell’RNA virale, ma che questo non si traduca necessariamente in un aumento di virioni rilasciati dalla cellula.
[NdD: che gran pasticcio!]



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da skydrake » domenica 24 giugno 2012, 10:21

Almeno il vantaggio di queste sperimentazioni è che sono molto brevi (24 ore, 48 ore ecc.), per dipanare i dubbi non basterebbe ripeterle con tutte le varianti possibili (sui dosaggi, durata, raccolta campioni intermedi, tutte le misurazioni possibili). Se ci fosse la buona volontà (ci sarà?) in una settimana (alla peggio, un mese?) si concluderebbe tutto.



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » domenica 24 giugno 2012, 10:40

skydrake ha scritto:Almeno il vantaggio di queste sperimentazioni è che sono molto brevi (24 ore, 48 ore ecc.), per dipanare i dubbi non basterebbe ripeterle con tutte le varianti possibili (sui dosaggi, durata, raccolta campioni intermedi, tutte le misurazioni possibili). Se ci fosse la buona volontà (ci sarà?) in una settimana (alla peggio, un mese?) si concluderebbe tutto.
È la stessa cosa che continuo a chiedermi io.
Inoltre, mi chiedo come mai Margolis continui a centellinare i risultati, prima un paziente, poi un altro ... proprio tenendo conto che il suo trial è "one shot" e i dati sono da raccogliere immediatamente.

Comunque sia, sto continuando a controllare JID per vedere se esce l'articolo di Blazkova, Chun etc. promesso a marzo; ma ancora niente.



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » sabato 21 luglio 2012, 16:26

Dora ha scritto:Né Margolis, né Sharon Lewin porteranno altri risultati dei loro trial clinici ad AIDS 2012.
Sono però finalmente riuscita a leggere l'articolo di Jana Blazkova, Chun e Fauci relativo agli effetti del SAHA sulla produzione di HIV nei CD4 quiescenti latentemente infetti di pazienti stabilmente in ART, con VL < 50 copie/mL.

Che questo lavoro del NIAID dia una badilata in faccia a Margolis parrebbe proprio innegabile, salvo arrampicate sugli specchi con discorsi sui tempi di esposizione al farmaco.

Eccone una sintesi.



Effect of Histone Deacetylase Inhibitors on HIV Production in Latently Infected, Resting CD4+ T Cells from Infected Individuals Receiving Effective Antiretroviral Therapy


Blazkova e colleghi hanno raccolto campioni di CD4 quiescenti di 27 persone in ART da almeno due anni e con viremie irrilevabili.
Queste le caratteristiche dei pazienti:

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Hanno poi testato la capacità di diverse sostanze di indurre l’espressione dell’HIV RNA nelle cellule latentemente infette. Hanno usato tre inibitori dell’iston-deacetilasi (SAHA, acido valproico e oxamflatin) e, come sostanze di controllo, un anticorpo anti-CD3, che è uno stimolatore dei linfociti T, oltre alla prostratina, che attiva l’HIV latente attraverso un meccanismo diverso rispetto a quello degli HDACi.

Come prima cosa, hanno cercato di capire se gli HDACi aumentavano il livello di attivazione cellulare nei CD4 quiescenti. Niente: l’incubazione per 48 ore dei CD4 con ciascuno dei tre HDACi non ha portato alla sovraregolazione dei marker di attivazione cellulare (CD25, CD69, HLD-DR e ki-67). Cosa che invece è accaduta in modo notevolissimo sia con l’anti-CD3, sia con la prostratina.


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Poi Blazkova e colleghi hanno misurato il numero di copie di HIV RNA associato a virioni dopo aver lasciato i CD4 in incubazione sia con gli HDACi, sia con gli attivatori dei linfociti T: quasi niente con gli HDACi, alti livelli di RNA virale con la prostratina e con l’anti-CD3.


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Il passo successivo è stata la determinazione della frequenza di CD4 quiescenti che contenevano DNA virale prima di essere messi in coltura. Si è visto che c’era una correlazione fra i livelli di HIV DNA nei CD4 quiescenti e il numero di copie di HIV RNA associato ai virioni nelle colture stimolate sia con la prostratina, sia con l’anti-CD3. Nessuna correlazione, invece, nel caso degli HDACi.


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Infine, Blazkova e colleghi hanno analizzato il grado di eterogeneità delle quasispecie dell’RNA virale associato ai virioni dopo incubazione dei CD4 quiescenti stimolati con gli HDACi e con le sostanze di controllo: mentre la proteina Env dell’HIV ottenuta dopo aver stimolato le cellule con la prostratina e con l’anticorpo anti-CD3 mostrava alti livelli di eterogeneità, presumibilmente a significare che c’era stata una grande stimolazione dell’espressione dell’HIV nelle cellule quiescenti, la Env dell’HIV prodotta dai CD4 stimolati con HDACi ha mostrato bassi livelli di eterogeneità. Questo fa ritenere che SAHA, VPA e oxamflatin siano riusciti a provocare l’espressione dell’HIV solo in una piccola parte dei CD4 quiescenti latentemente infetti.


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La conclusione che è stata tratta dai ricercatori del NIAID è che gli HDACi, quand’anche riescano a indurre la produzione di virus latente, lo fanno in una porzione molto piccola delle cellule latentemente infette.
Inoltre, se la replicazione virale attiva si verifica in vari comparti diversi nei pazienti con viremia plasmatica soppressa dalla ART, ciò può significare che la somministrazione degli inibitori dell’iston-deacetilasi può non essere in grado di eliminare i CD4 infetti nelle persone aviremiche, perché queste cellule continuano comunque a produrre HIV.



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » domenica 22 luglio 2012, 7:58

Quando questi risultati vennero anticipati durante un Keystone Symposium a marzo da Tae-Wook Chun, anche se Margolis e altri che lavorano sul SAHA erano presenti, non ne nacque nessuna discussione.
Ma presente era anche Richard Jefferys e questo è il commento che scrisse allora nel suo blog:

  • In the absence of a discussion, the explanation for the divergent findings is unclear, although one difference is that Margolis is measuring cell-associated HIV RNA in his trial whereas Blazkova et al looked at virion-associated HIV RNA in culture supernatants; perhaps it is possible the bulk of the RNA induced by the HDAC inhibitors did not exit the infected cells. If the primary goal is to make the latently infected cells visible to the immune system, as was suggested by studies presented at CROI, it might not matter so much if the cells do not produce many virions because intracellular production of HIV proteins should be sufficient to cause presentation of HIV antigens to CD8 T cells. However, in the absence of effective immune responses against the latent HIV reservoir displaying any viral antigens, it appears unlikely that HDAC inhibitors could cause sufficient virion production to trigger HIV-induced cytopathic effects and thus kill infected resting CD4 T cells. This conclusion is supported by the findings reported by Robert Siciliano’s laboratory at CROI (covered in a prior blog post), which showed that functional CD8 T cell responses are needed to eliminate latently infected resting CD4 T cells after exposure to vorinostat. Although it may be possible to address this issue by bolstering CD8 T cell responses, if HDAC inhibitors only awaken HIV in a small subset of latently infected cells—the other main finding of this new work—that will be a much thornier problem to solve.




NOTA DI DORA: a quanto ricordato da Richard sulla necessità di reazioni CTL da parte dei CD8, vorrei aggiungere che nel lavoro di Shan-Siliciano presentato al CROI, e poi subito pubblicato su Immunity, si era proprio usato il SAHA (e in certi esperimenti anche il disulfiram) per riattivare l’HIV-1 latente nei CD4 quiescenti. Ma si era anche visto che la riattivazione mediante SAHA non aveva sortito nessun effetto sulla dimensione del reservoir. È un risultato che può essere trascurato?

Immagine

Nell'articolo, Siliciano ipotizzava che, dal momento che i CD4 memoria quiescenti restano in uno stato G0 di quiescenza dopo il trattamento con sostanze come il SAHA, in questo stato è meno probabile che vengano colpite dalle proteine virali Vpr e Vif, che causano l’arresto del ciclo cellulare e la morte delle cellule attivate.
Questo significa che le reazioni dei CD8 potrebbero essere più efficaci, se a risvegliare il virus dalla latenza fossero sostanze diverse dal SAHA, che impedissero ai CD4 memoria quiescenti di rimanere - appunto - quiescenti e permettessero al virus riattivato di fare il suo sporco lavoro?



Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » giovedì 26 luglio 2012, 8:06

Ieri David Margolis ha pubblicato - in una lettera a Nature - i dati della sperimentazione clinica pilota sul SAHA come farmaco eradicante: Administration of vorinostat disrupts HIV-1 latency in patients on antiretroviral therapy.
Spero in giornata di riuscire a scrivere il post. Sennò, domani.



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Leon » sabato 28 luglio 2012, 7:55

Dora ha scritto:Ieri David Margolis ha pubblicato - in una lettera a Nature - i dati della sperimentazione clinica pilota sul SAHA come farmaco eradicante: Administration of vorinostat disrupts HIV-1 latency in patients on antiretroviral therapy.
Recidivo, il bambino...

A parte ciò, visto che i "punti della situazione" vanno di gran moda tra i ricercatori, nel mio piccolissimo mi permetto di azzardarne uno anch'io: gli inibitori dell'istondeacetilasi (quelli sperimentati, almeno, ma a 'sto punto temo che il discorso sia estensibile all'intera classe):
- O non fanno niente
- O fanno poco E, comunque, male (male perché, contrariamente a quanto si riteneva fino a poco tempo fa, prima dell'ultima mazzata di Siliciano, lo sblocco della trascrizione del provirus non è sufficiente a far fuori la cellula infetta).

Quanto poi all'idea di "potenziare" in qualche maniera i CD8 per completare l'opera (sempre che l'opera non sia già inesistente in partenza), bisogna chiedersi perché questi CD8 funzionano male. Almeno fino a qualche tempo fa, la risposta, stringi stringi, era che funzionano male perché i CD4, e segnatamente quelli HIV-specifici, funzionano male (indovinate perché) e, come si sa, senza la "regia" dei CD4 il sistema immunitario è allo sbando (così come testimoniano, fra l'altro, gli ormai stranoti fenomeni di iperattivazione cronica/infiammazione associati, con tutte le loro conseguenze, all'infezione/malattia da HIV).

Morale: temo che, salvo GROSSI contrordini, starsela a menare all'infinito sugli HDACi e connessi, spaccando il capello in quattro, sia tempo perso.



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » lunedì 30 luglio 2012, 8:21

Leon ha scritto:Morale: temo che, salvo GROSSI contrordini, starsela a menare all'infinito sugli HDACi e connessi, spaccando il capello in quattro, sia tempo perso.
Appena possibile, dobbiamo parlare del lavoro di Guido Poli sull'inibizione del HDAC4. Immagine



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » lunedì 30 luglio 2012, 8:30

Dora ha scritto:Né Margolis, né Sharon Lewin porteranno altri risultati dei loro trial clinici ad AIDS 2012. Verranno invece presentati i dati di una sperimentazione del SAHA su macachi, fatta da Jeffrey Lifson dell’AIDS and Cancer Virus Program presso il Frederick National Laboratory. Lifson ha lavorato con macachi infetti da SIVmac239 (a differenza di Savarino, che usa l’SIVmac251) e a luglio, a Washington, parlerà di Evaluation of treatment with the histone deacetylase inhibitor vorinostat (suberoylanilide hydroxamic acid; SAHA) in antiretroviral drug treated, SIVmac239-infected rhesus macaques.
Due precisazioni rispetto a quel post di fine giugno:
  • (1) David Margolis non ha portato i suoi risultati a Washington la settimana scorsa, ma era presente, è stato molto coccolato e ha partecipato a una conferenza stampa insieme agli altri due scienziati che hanno presentato i dati ritenuti più interessanti del congresso sul fronte della ricerca di una cura (Kuritzkes, per il trapianto di staminali normali nei due pazienti bostoniani, ora da tempo senza tracce di virus e Saez-Cirión, che ha lavorato con Hocqueloux, i cui pazienti messi in ART durante la fase acuta sono da molto tempo in grado di controllare l’infezione da soli). Il video della conferenza stampa può essere visto qui: http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 575#p20575.

    (2) I risultati di Jeffrey Lifson sui macachi sono questi: “Ex vivo SAHA treatment of CD4+ T cells from ART-suppressed macaques increased histone acetylation and induced SIV expression. SAHA treatment of macaques was safe and well tolerated, and induced measurable in vivo changes in histone acetylation in CD4+ T cells but did not reproducibly impact plasma viremia. Analysis of cell associated viral DNA and RNA levels from blood and tissues is in progress and will be presented.” In conclusione: “This study demonstrates the feasibility of developing and applying NHP models for studying AIDS virus reservoirs and eradication strategies, along with the in vivo safety of SAHA treatment at pharmacologically active doses.”

Veniamo ora all’articolo, appena pubblicato da Margolis e il suo gruppo di lavoro alla North Carolina, Chapel Hill: si tratta di una lettera uscita su Nature del 26 luglio e accompagnata da un commento di Steven Deeks.
Poiché tutta la storia della sperimentazione sul SAHA come sostanza eradicante la stiamo seguendo da anni, mi limito a riportare i dati presentati da Archin – Margolis, insieme a qualche riflessione di Deeks e di Richard Jefferys, che ha scritto uno dei suoi soliti bei post nel blog che tiene per TAG.

NOTA: l’inibitore dell’iston-deacetilasi utilizzato in questo trial clinico ha molti nomi – SAHA, vorinostat, Zolinza (quest’ultimo è il nome commerciale). In questo articolo viene chiamato vorinostat (VOR) e a questo nome mi adeguo.

I dati sono il completamento di quanto Margolis aveva detto a dicembre a St Martin e a febbraio al CROI.

Circa un mese fa, mi chiedevo perché Margolis continuasse a centellinare i dati, prima un paziente, poi un altro e poi un altro ancora. Una specie di risposta viene dal fatto che non ha lavorato sul gruppo di pazienti contemporaneamente ma, appunto, uno per volta.

Dal momento che il vorinostat dava grosse preoccupazioni di sicurezza, prima sono stati scelti i pazienti in modo da essere sicuri – ex vivo - che il loro reservoir virale rispondesse al farmaco: sono stati quindi estratti via leucaferesi molti leucociti da ciascun paziente e da questi sono stati separati i CD4 memoria. Queste cellule sono state esposte sia al VOR, sia a nessuna sostanza.
Già a St Martin Margolis aveva spiegato (e lo ribadisce nell’articolo) che, poiché la misura migliore dell’effetto del VOR sull’infezione latente è l’espressione dell’RNA virale, ha sviluppato un test molto sensibile che lo rende in grado di misurare direttamente la Gag disgiunta dell’HIV RNA all’interno dei CD4 quiescenti e ha promesso a breve un articolo che spieghi nei dettagli questo metodo, che permette di rilevare fino a 10 copie di RNA virale su un milione di cellule.

Dei 16 pazienti iniziali, 11 hanno mostrato un aumento mediato dal VOR dell’espressione dell’HIV RNA statisticamente significativo. Di questi, 8 hanno infine partecipato al trial.

In prima battuta, sono stati loro somministrati 200 mg di VOR per testarne la tollerabilità. Poche settimane dopo, è stata loro somministrata una dose di 400 mg per determinare la farmacocinetica e l’attività anti-latenza.

Entro 6 ore dalla somministrazione, sono stati estratti i CD4 memoria per misurare la concentrazione di HIV RNA associato alle cellule.

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I dati sulla farmacocinetica corrispondono a quelli raccolti negli studi sul cancro, con i picchi di massima attività raggiunti in media 2 ore dopo la somministrazione.

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Il farmaco è stato ben tollerato e la tossicità è stata minima o nulla.

Negli 8 soggetti, i livelli di HIV RNA nei CD4 quiescenti sono aumentati in risposta al VOR, con aumenti medi di 4,8 volte e un range di 1,5 – 10.


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Un particolare che mi ha colpito, a fronte di risultati che paiono confermare l’attività anti-latenza in vivo del VOR, è la precisazione di Margolis e colleghi che hanno misurato anche l’HIV RNA nel sangue periferico con un single copy assay e non ne hanno rilevato variazioni. A ciò aggiungono che “una valutazione limitata non ha rivelato una sostanziale diminuzione nella frequenza di HIV capace di replicazione all’interno dei CD4 quiescenti”; ma questa – secondo loro – non è una cosa strana, perché è stata somministrata un’unica dose di farmaco: “per ottenere questo effetto, probabilmente, sarà necessario dare più di una singola dose di VOR, o aggiungere altri interventi per distruggere le cellule infette” (hanno recepito la lezione di Siliciano).

La conclusione dell’articolo è, comunque, che si è trattato di una proof of concept e che si è riusciti a dimostrare che la quiescenza del provirus latente, integrato nei CD4 quiescenti, può essere invertita in vivo mediante un’esposizione tollerabile a un inibitore dell’iston-deacetilasi: “una singola dose di VOR, clinicamente tollerabile, induce l’effetto biologico atteso – l’acetilazione istonica”.
Questi effetti si associano a un aumento temporaneo dei livelli di espressione dell’HIV RNA entro i CD4 quiescenti, così dimostrando che, almeno per un certo periodo di tempo in alcune cellule infette, si possono superare tutte le restrizioni che limitano l’espressione dei genomi provirali latenti.
Restano però ancora da capire bene i meccanismi molecolari attraverso i quali il VOR riesce a mediare questo effetto.

Nonostante qualche caveat sulla necessità di bilanciare gli aspetti etici e le attese scientifiche in questo genere di trial; e nonostante l'ammissione che le questioni in sospeso sono molte (per esempio: "how much of the viral reservoir might be eliminated by HDAC inhibition?"; "which assays will we use in the future to screen potential drug candidates for anti-latency activity?"; "what is the fate of the virus-producing cells after HDAC inhibition?"), nel suo commento all'articolo Steven Deeks conclude che l'importanza di questo lavoro di Margolis "non può essere sopravvalutata, poiché fornisce il razionale a un approccio totalmente nuovo alla gestione dell'infezione da HIV."
Anzi, Deeks si spinge al punto di paragonare questa sperimentazione sul SAHA addirittura all'AZT ("Even though zidovudine proved to have limited benefit on its own, the result showed that HIV could be inhibited, and the drug eventually became the basis for the first generation of drug combination regimens. I hope that HDAC inhibitors could ultimately become part of a combination approach to curing HIV infection.").


Richard Jefferys è una persona di buona memoria e poco disposta a fare sconti.
Ricorda che, quando a dicembre Margolis presentò i dati parziali, fece anche un elenco di domande cui sapeva di dover dare una risposta:

  • • Dosi multiple di VOR producono un effetto uguale, o l’effetto diminuisce?
    • Quanta esposizione al farmaco serve?
    • Il farmaco deve essere somministrato in modo continuo o modulato?
    • Emergeranno delle tossicità?
    • Quante cellule servono per misurare degli eventi di riattivazione, che sono relativamente rari?
    • Servono altri farmaci induttori?
    • L’espressione dell’RNA porta alla produzione di virioni o alla distruzione della cellula infetta?
    • Servono altri interventi per distruggere le cellule latentemente infette che sono state indotte a esprimere l’HIV RNA?



Da allora, qualche possibile risposta è arrivata (e non si può dire che vada a favore di Margolis).

  • (1) Dello studio targato NIAID abbiamo parlato pochi giorni fa: Chun, Fauci e colleghi hanno dimostrato che l’induzione dell’espressione dell’RNA attraverso il VOR non porta né a una produzione significativa di virioni, né alla distruzione delle cellule infette.

    (2) Siliciano ha dimostrato che, anche se si riesce a risvegliare l’HIV dalla latenza, poi c’è il problema di come distruggere le cellule riattivate, perché non basta l’azione citopatica del virus e i CD8 HIV-specifici non lavorano come dovrebbero.

    (3) I dati presentati ad AIDS 2012 da Jeff Lifson sui macachi indicano che dosi multiple di VOR non hanno effetti rilevanti sul reservoir dell’SIV. Se questo valga anche per gli esseri umani, dovrebbe essere Sharon Lewin a dirlo, dal momento che sta conducendo un trial clinico in cui somministra VOR per 10 giorni ai suoi pazienti.

    (4) Al simposio che si è tenuto subito prima di AIDS 2012 e del quale non sono ancora stati resi pubblici né abstract, né report, Siliciano ha presentato delle prove che, mentre la maggior parte dei CD4 quiescenti che contengono HIV DNA ospitano dei genomi virali che sono danneggiati da vari tipi di alterazioni genetiche, alcuni di essi (il 16,8 % in media, range 6 – 36%) contengono genomi intatti, capaci di replicarsi. Quindi il numero di cellule infette che possono avere una rilevanza clinica potrebbe essere più alto rispetto a quanto stimato. Non è però ancora chiaro se questo virus possa davvero essere indotto a replicarsi in vivo.





FONTI:

Archin – Margolis: Administration of vorinostat disrupts HIV-1 latency in patients on antiretroviral therapy.
Deeks: HIV: Shock and kill.
Jefferys: Hopes Raised by HDAC Inhibitor, but Uncertainties Remain.



Leon
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Leon » lunedì 30 luglio 2012, 18:11

Confessione preliminare: io di questa storia degli inibitori dell'istondeacetilasi (HDACi), ammesso e non concesso che ne abbia mai davvero capito qualcosa e non abbia sempre preso lucciole per lanterne, sono arrivato al punto di non capire più NULLA. Pertanto, è facilissimo che scriva gran scemenze in proposito.

Comunque... La parte di gran lunga più importante del lavoro di Margolis mi pare consista nelle risposte che NON sa dare e non ha dato:
per esempio: "how much of the viral reservoir might be eliminated by HDAC inhibition?"; "which assays will we use in the future to screen potential drug candidates for anti-latency activity?"; "what is the fate of the virus-producing cells after HDAC inhibition?"
A parte questo, a me sembra che gli esiti della sperimentazione di Margolis siano stati i seguenti: il vorinostat ha dato una scossetta al provirus addormentato, lui ha aperto mezzo occhio e ha prodotto un po' di Gag (dico Gag perché è questa la proteina virale che Margolis ha misurato), poi si è girato dall'altra parte e ha ripreso a ronfare come prima SENZA AVER MINIMAMENTE "MESSO IN DISORDINE" IL SUO LETTO/CELLULA LATENTEMENTE INFETTA.

Ora, se è così, il risultato è ZERO, e davvero mi chiedo come faccia Deeks a paragonare 'sta cagata all'AZT, che, come inibitore della replicazione virale (della retrotrascrizione, segnatamente), faceva TROPPO POCO, ma non faceva affatto zero! La differenza mi pare sostanziale.



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