Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clements 2

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » martedì 31 luglio 2012, 5:30

Leon ha scritto:La parte di gran lunga più importante del lavoro di Margolis mi pare consista nelle risposte che NON sa dare e non ha dato:
per esempio: "how much of the viral reservoir might be eliminated by HDAC inhibition?"; "which assays will we use in the future to screen potential drug candidates for anti-latency activity?"; "what is the fate of the virus-producing cells after HDAC inhibition?"
Io spero che il trial australiano di Sharon Lewin fornisca almeno una risposta chiara sulle dosi. Margolis ne ha somministrata una, e via; lei sta dando vorinostat per dieci giorni di fila.
Se da lì non esce un effetto chiaro sulla riduzione del reservoir, credo che questo potrà decretare la fine delle sperimentazioni su questo HDACi.

Al CROI a marzo, dati sul reservoir la Lewin non ne aveva portati. Però aveva raccontato dell'impostazione del suo trial, degli effetti collaterali lievi che stavano sperimentando i suoi pazienti e del fatto che le biopsie rettali non avevano mostrato attivazione dei linfociti T dopo la somministrazione del vorinostat (vedere [CROI 2012] S. Lewin e D. Hazuda: latenza ed eradicazione).



Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » lunedì 4 febbraio 2013, 17:25

Nell'attesa del CROI e dei risultati della sperimentazione clinica di Sharon Lewin, oggi è uscito un comunicato stampa del Fred Hutchinson Cancer Research Center, in cui si dà conto di un trial su pazienti con linfoma recidivante e molto aggressivo cui è stato somministrato Vorinostat ad alte dosi (400 mg al giorno è la dose normalmente data ed è anche la dose data ai pazienti di Margolis; a questi pazienti ne sono stati somministrati 500 mg 2 volte al giorno) insieme a una chemioterapia standard.
Dal comunicato non riesco a capire per quanto tempo.
La terapia ha avuto una buona risposta nel 70% dei casi e in molti pazienti ha portato alla scomparsa del linfoma.
Qualche problema gastro-intestinale, ma nulla di più.

La notizia mi pare molto interessante, se teniamo conto delle enormi preoccupazioni sugli effetti del Vorinostat che hanno accompagnato la partenza dei trial di Margolis e della Lewin: più del doppio del dosaggio standard e (a parte il successo contro il linfoma, che già forse sarebbe sufficiente) scarsissimi effetti collaterali. Certo, bisognerà vedere alla distanza; ma intanto è un punto a favore.



Fonte: High-dose Vorinostat effective at treating relapsed lymphomas



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Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clements 2

Messaggio da uffa2 » lunedì 4 febbraio 2013, 20:24

Si' è una buona notizia, almeno sul piani della sicurezza.


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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da nordsud » martedì 5 febbraio 2013, 8:18

uffa2 ha scritto:Si' è una buona notizia, almeno sul piani della sicurezza.
Dopo 8 anni dai primi annunci di Margolis sull'acido valproico e siamo ancora a questi livelli ? Diciamo che nessuno ha fretta. Probabilmente il piglio pionieristico ( ma tanto per modo di dire ) di queste sperimentazioni ha senso solo se le si fanno durare il più possibile: ...- molto funzionale per una lunga carriera sempre sulla cresta dell'onda -.



Dora
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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » lunedì 4 marzo 2013, 3:51

Sharon Lewin terrà oggi la sua attesissima relazione sul Vorinostat (The Safety and Effect of Multiple Doses of Vorinostat on HIV Transcription in HIV+ Patients Receiving cART), ma sull'Herald Sun, un giornale australiano, sono uscite delle anticipazioni.


AIDS breakthrough: Melbourne researchers uncover HIV's genetic hiding place - See more at: http://www.heraldsun.com.au/news/aids-b ... HJX4R.dpuf

Grant McArthur
From: Herald Sun March 04, 2013 8:34AM


MELBOURNE researchers have made a breakthrough in the search for an AIDS cure.

A team from The Alfred hospital have uncovered HIV's genetic hiding place and found a drug able to wake it up so that it can be destroyed.
The results will be presented to the world's leading HIV experts in the US today.
The Alfred's director of infectious diseases, Prof Sharon Lewin, said waking up the killer virus with doses of a highly toxic cancer drug was a huge step in curing a disease that has already claimed an estimated 30 million lives.
"What we thought would happen happened: the virus woke up, and we could measure it," Prof Lewin said. "That is a big step.
"There are more possibilities of getting rid of it by making it visible to drugs and visible to the immune system (and) that we now know we can do.
"Now the big challenge is working out, once it is visible, what are the ways to get rid of that infected cell."
Traditional antiviral medications have been able to stop the virus infecting cells, giving patients a greater life expectancy.
But the virus remained "sleeping" in their DNA, unable to be found or treated, so patients had to take expensive medication daily to suppress its effects.
"It jumps in, buries itself into the DNA and sits there lurking. At any time, if the cell becomes active, the virus then becomes active," Prof Lewin said.
"It is like having the embers of a fire sitting there . . . the minute you take away the anti-HIV drugs, the embers relight the fire and the whole thing gets going again."
But by using cancer drug, Vorinostat, for two weeks, Prof Lewin had been able to turn on sleeping HIV-infected cells so they could be detected.
Researchers at The Alfred were able to bring the virus to notice in 18 of 20 HIV patients in a trial that concluded in January.
Prof Lewin hopes a new generation of drugs able to kick-start the immune system may now be able to kill the virus.
Prof Lewin and her team -- which included collaboration with Monash University, the Burnet Institute, the Peter MacCallum Cancer Centre and the National Association of People Living with HIV/AIDS -- will soon publish their full results.
For David Menadue, who has lived with HIV for almost 30 years, the results bring a new hope.
"Just having the existence of HIV in your body does do damage to your body every day. It puts pressure on your organs, your heart, your kidney, your liver.
"People with HIV would just love to get rid of this and go back to a normalised life. We are never really going to be able to get on top of the virus in developing countries without some sort of magical cure."



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » lunedì 4 marzo 2013, 8:53

Ho letto l'abstract della Lewin e credo che la sperimentazione sia un mezzo fallimento, anche se cercherà di venderla come un mezzo successo: l'aumento dell'RNA unspliced è - se non sbaglio - quello che aveva visto già Margolis l'anno scorso, con una singola somministrazione di VOR. Ma, a quanto pare, all'HIV DNA non sono riusciti a fargli neppure il solletico.
Attendo di vedere maggiori dettagli nella presentazione orale di oggi. Per adesso, questo è l'abstract tradotto:



The Safety and Effect of Multiple Doses of Vorinostat on HIV Transcription in HIV+ Patients Receiving cART - Paper #50LB

J Elliott1,2,3, A Solomon2,3, F Wightman2,3, M Smith2,3, S Palmer4, M Prince5, J Watson6, J Hoy1,2, J McMahon1, and Sharon Lewin*1,2,3
1Alfred Hosp, Melbourne, Australia; 2Monash Univ, Melbourne, Australia; 3Burnet Inst, Melbourne, Australia; 4Karolinska Inst, Stockholm, Sweden; 5Peter MacCallum Cancer Ctr, Melbourne, Australia; and 6Natl Assoc of People Living with HIV, Sydney, Australia


Background: L’inibitore dell’istone-deacetilasi Vorinostat attiva la trascrizione dell’HIV dai CD4 latentemente infetti. L’obiettivo dello studio era di determinare la sicurezza e la tollerabilità di dosi multiple di Vorinostat in pazienti HIV+ in ART, e l’effetto di un dosaggio giornaliero sulla trascrizione dell’HIV nei CD4 nel sangue e nel tessuto rettale.

Metodi: 20 adulti HIV+ in ART soppressiva sono stati arruolati in uno studio prospettico con un singolo braccio e hanno ricevtuoto 400 mg di Vorinostat una volta al giorno per 14 giorni. È stato prelevato del sangue a 0, 2, 8 e 24 ore e a 7, 14, 21, 28 e 84 giorni. Le biopsie rettali sono state fatte il giorno 0 e 14. Il CA-US RNA [RNA disgiunto associato a una cellula] e l’HIV DNA sono stati misurati nei CD4 del sangue (n = 17) e del tessuto rettale (n = 10). I cambiamenti significativi nel CA-UN RNA e nell’HIV DNA sono stati determinati utilizzando T test accoppiati per valutare il cambiamento all’interno del singolo paziente e il Test dei ranghi con segno di Wilcoxon e equazioni di stima generalizzate (GEE) per le analisi di gruppo.

Risultati: Il numero di CD4 mediani di partenza era 721 (range 371 – 1335) cellule/µL e la durata della soppressione virale era di 5 (range 2,7 – 13,14) anni. Si sono avuti eventi avversi di grado 1 o 2 nel 90% dei pazienti (18/20), in genere nausea, diarrea, fatigue e trombocitopenia. Non ci sono stati eventi avversi di grado più alto, modificazioni del dosaggio o interruzioni del trattamento. Un partecipante ha avuto un aumento transitorio dell’HIV RNA nel plasma mentre stava prendendo il Vorinostat (il picco è stato di 60 copie/mL di HIV RNA). Tutti gli altri partecipanti hanno mantenuto HIV RNA plasmatico < 20 copie/mL per tutta la durata del follow up. Un aumento significativo del CA-US RNA si è avuto nell’88% dei partecipanti (15/17) durante la somministrazione di Vorinostat. Il CA-US RNA è aumentato nel sangue in modo significativo 8 ore dopo la prima dose ed è rimasto elevato per tutta la durata del follow up, compreso il periodo dopo il Vorinostat (p < 0,001 per tutte le misurazioni nel tempo). Confrontato al livello iniziale, il cambiamento medio del CA-US RNA durante la somministrazione di Vorinostat è stato di 2,53 volte (95% intervallo di confidenza [CI] 1,11 – 3,01 – p = 0,029) e dopo il Vorinostat è stato di 2, 78 volte (95% CI 1.26-3.91, p = 0.008). Non ci sono stati cambiamenti significativi dell’HIV DNA in tutte le analisi effettuate. Nei CD4 estratti dal tessuto rettale si è vista una tendenza all’aumento del CA-US RNA (p = 0,08), ma nessun cambiamento nell’HIV DNA (p = 0,59).

Conclusioni: Dosi multiple di Vorinostat sono state sicure e ben tollerate e hanno indotto un aumento sostenuto del CA-US RNA nei CD4. 14 giorni di Vorinostat non sono risultati associati ad alcun cambiamento nell’HIV DNA e questo suggerisce che saranno necessarie strategie aggiuntive per eliminare le cellule latentemente infette.



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » martedì 5 marzo 2013, 16:32

Dora ha scritto:Ho letto l'abstract della Lewin e credo che la sperimentazione sia un mezzo fallimento, anche se cercherà di venderla come un mezzo successo: l'aumento dell'RNA unspliced è - se non sbaglio - quello che aveva visto già Margolis l'anno scorso, con una singola somministrazione di VOR. Ma, a quanto pare, all'HIV DNA non sono riusciti a fargli neppure il solletico.
Attendo di vedere maggiori dettagli nella presentazione orale di oggi.
Ed ecco i miei appunti della presentazione fatta ieri da Sharon Lewin, con le diapositive.
Alla luce di questa presentazione, io mi chiedo come si faccia a considerare un successo la sperimentazione di una sostanza che non è riuscita minimamente a intaccare il reservoir. Solo perché gli effetti collaterali sono stati, per quanto generalizzati, abbastanza contenuti e non si sono trovati con dei pazienti morti fra le mani? Ma andiamo!


The Safety and Effect of Multiple Doses of Vorinostat on HIV Transcription in HIV+ Patients Receiving cART

Tralascio tutta la parte introduttiva, che riepiloga quel che già sappiamo del Vorinostat e di questa sperimentazione clinica e che può essere visto nelle slides iniziali. Desidero però ricordare quello che Lewin stessa ricorda: se il Vorinostat fa in vivo quel che ci aspettiamo che faccia, dovrebbe attivare la produzione di HIV RNA associato alle cellule e forse riesce anche ad attivare la produzione di proteine virali e di virioni dell’HIV.
Come sappiamo, l’obiettivo finale è la morte delle cellule latentemente infette o grazie agli effetti citopatici del virus risvegliato, oppure grazie all’induzione di una risposta immune.

L’impostazione del trial: uno studio osservazionale non randomizzato, con un solo braccio, di somministrazione di 400 mg al giorno, per 14 giorni, di Vorinostat a 20 pazienti HIV+ in ART da più di 3 anni, con HIV RNA < 50 copie/ml e CD4 > 500 cellule/mL.

Obiettivo primario: la determinazione della sicurezza di dosi multiple di vorinostat e del suo effetto sulla trascrizione dell’HIV nei CD4 dei pazienti.

Endpoint primario: ottenere dei cambiamenti nell’RNA unspliced dell’HIV associato alle cellule nei CD4 del sangue.

I dati, in sintesi, sono quelli presentati nell’abstrac tradotto nel mio post precedente; mentre le slides forniscono dettagli sia sul campione di pazienti, sia sui metodi utilizzati, sia sugli effetti avversi che si sono verificati (non gravi e tutti rientrati, ma hanno colpito quasi tutti i pazienti).

In breve, si è visto un rapido (nel giro di 8 ore dalla somministrazione – come aveva visto Margolis) e notevole aumento di US HIV RNA associato alle cellule e questo aumento è rimasto elevato anche dopo che il farmaco è stato sospeso.

Non si sono invece visti aumenti di HIV DNA. Così come non si è visto nulla di rilevante – né per l’unspliced RNA, né per il DNA – nei campioni di tessuto rettale prelevati.

Per quanto riguarda le viremie, l’HIV RNA è rimasto sempre sotto le 20 copie/ml in 17 pazienti su 20; due pazienti a un prelievo hanno avuto viremia rilevabile (sulle 40 copie); un paziente ha avuto un blip al prelievo del 7° giorno (160 copie).

I marker di attivazione dei linfociti T (HLA-DR e CD38) non hanno avuto variazioni significative.

In conclusione, il Vorinostat dato per 14 giorni

  • • è stato sicuro e ben tollerato;
    • ha indotto un aumento dell’US HIV RNA associato ai CD4 del sangue significativo e sostenuto;
    • si è visto un aumento transitorio e limitato dell’HIV RNA nel sangue in 3 pazienti;
    • non si è visto nessun cambiamento significativo dell’HIV DNA E QUESTO – SECONDO LEWIN – FA PENSARE CHE SIA NECESSARIO O DARE MAGGIORI QUANTITà DI FARMACO, OPPURE INTEGRARE ALTRE STRATEGIE PER ELIMINARE LE CELLULE LATENTEMENTE INFETTE.


Ovviamente, la prima domanda fatta alla Lewin non ha mancato di sottolineare il fatto che l’assenza di effetti sul DNA virale è il vero, grande problema e che questo probabilmente non si risolverà dando altre dosi di Vorinostat.

Margolis le ha fatto una importante domanda sulla tossicità (90% dei pazienti hanno avuto qualche problema) e questo mi fa pensare che sul Vorinostat lui abbia mollato il colpo: le ha chiesto se, alla luce di questi risultati, tornando indietro imposterebbe il trial in modo diverso, con modalità differenti di somministrazione.
Risposta della Lewin: il 50% dei 18 pazienti che hanno risposto con un aumento dell’unspliced RNA, hanno avuto una risposta fin dal primo giorno, mentre il restante 50% ha avuto bisogno di più tempo, presumibilmente fra il giorno 1 e il giorno 7 (quando è stato fatto il secondo prelievo). Quindi, potendo reimpostare il trial, lo farebbe durare solo 7 giorni. Forse 3 giorni.



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da Dora » martedì 17 settembre 2013, 8:33

Consiglio di Dora: Uffa, non leggere questo post. Saltalo a piè pari e preserva il tuo buon umore.

La settimana scorsa si è svolto a Stoccolma - proprio nel Nobel Forum del Karolinska Institutet - un seminario come se ne stanno tenendo da circa un anno in giro per il mondo, della serie Towards a Cure for HIV: From Pathogenesis to Eradication (ce ne fu uno importante a Washington e qualcosa di simile anche qui a Milano qualche mese fa).
Pare che Siliciano abbia fatto saltare tutti sulla sedia scatenando discussioni e polemiche, perché - queste le parole di Sharon Lewin - ha ipotizzato

  • that HDAC inhibitors might not activate "real" virus or enough virus to eventually lead to a cure!
Con il risultato che
  • That got people talking as you can imagine.
Immaginiamo, cara professoressa Lewin, nonostante il suo understatement così Aussie. Immaginiamo la costernazione che dilaga sul suo bel musetto quadrato da cane Pechinese, sempre sorridente; immaginiamo il tono di voce di Margolis, che si fa ancora più basso e insinuante e tagliente. Però siamo onesti, cara Sharon, non parliamo di sorpresa, perché è almeno dal CROI 2012 che Siliciano alza il sopracciglio e storce il naso davanti ai vostri risultati clinici men che modesti. Voi avete sempre messo le mani avanti, dicendoci che si trattava di proof of concept, che fino ad ora avevate solo scherzato, etc. etc.; lui adesso prova a spiegarci perché avete visto aumentare un po’ l’HIV RNA associato alle cellule, ma di virus in giro per il sangue riattivato e fatto schizzare fuori dal reservoir, neanche l’ombra.

Questa slide ve l’aveva mostrata Liang Shang proprio al CROI 2012:

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e si basava su un modello, che viene riproposto adesso, di CD4 quiescenti latentemente infetti generati in vitro a partire dai CD4 primari di pazienti in ART. Siliciano ha infatti appena pubblicato sul Journal of Antimicrobial Chemotherapy un articolo insieme a Liang Shan, il suo ex allievo con cui ha già firmato il fondamentale articolo dell’anno scorso sulla necessità di rafforzare i CD8 se si vuole combinare qualcosa in fatto di eradicazione (la versione scritta della presentazione da cui ho tratto la slide). Un anno e mezzo fa ci siamo concentrati tutti sul disastro dei CD8, ma il segnale che qualcosa non andava con la riattivazione del virus mediante vorinostat già ci era stato lanciato.

L’articolo nuovo si intitola Unique characteristics of histone deacetylase inhibitors in reactivation of latent HIV-1 in Bcl-2-transduced primary resting CD4+ T cells e l’idea di Siliciano è che i risultati apparentemente incoraggianti che si sono avuti in vitro con gli HDACi dipendano dal fatto che sono stati usati dei modelli cellulari sbagliati.

Si è visto che l’acido valproico e il vorinostat riattivano l’HIV latente in vitro in sistemi di cellule primarie e anche molti altri HDACi sono stati testati su modelli cellulari di latenza.
Tuttavia – scrive Siliciano – l’omogeneità genetica, il ciclo cellulare e lo stato di attivazione delle cellule costituiscono i limiti principali nel loro uso nello studio della latenza dell’HIV, così che i modelli di linee cellulari hanno dato risultati incoerenti: alcuni HDACi sono risultati molto efficaci (con più del 50% di riattivazione) in alcuni cloni cellulari, ma hanno avuto scarsissimi effetti in altri (meno del 5% di riattivazione), probabilmente perché ciascun clone cellulare ha caratteristiche sue proprie, per esempio il sito di integrazione virale.

È per questo che Siliciano usa modelli di latenza basati su cellule primarie, perché permettono di valutare l’azione degli inibitori dell’iston-deacetilasi su popolazioni cellulari complesse. Purtroppo, ad oggi pochissimi studi sugli HDACi sono stati fatti su questi modelli e i pochi studi fatti – sul vorinostat, sulla tricostatina A e sull’acido valproico - hanno mostrato effetti molto limitati, perfino a concentrazioni molto oltre il limite massimo consentito in clinica.

Dal momento che è assai improbabile che una strategia di riattivazione funzioni se non si riescono ad eliminare la maggior parte delle cellule latentemente infette, è cruciale riuscire a misurare la quantità di CD4 primari latentemente infetti riattivati con un HDACi. Ma quel che si è visto finora con il vorinostat sono stati degli aumenti nell’espressione genetica e nella produzione del virus, mentre la frazione di cellule latentemente infette riattivate non è mai stata valutata. Inoltre, nei trial clinici della Lewin e di Margolis si sono visti – come già detto – degli aumenti nell’RNA virale associato alle cellule, ma nulla nel virus libero nel plasma. E nulla si sa degli effetti del vorinostat sulle dimensioni del reservoir latente.

Ecco dunque che in questo studio Siliciano indaga gli effetti quantitativi di molti HDACi (17!) sulla riattivazione dell’HIV latente in CD4 memoria quiescenti primari e li confronta con i risultati ottenuti in passato con modelli di latenza diversi.
Non entro nei dettagli della descrizione del modello e degli esperimenti, fatti utilizzando concentrazioni diverse per i diversi composti, in un range che si sovrappone a quello che si può adottare nella clinica, e analizzando la correlazione fra efficienza della riattivazione del virus da parte degli HDACi e il loro effetto inibitorio su differenti HDAC.

Il risultato di questo lavoro è che due giorni di trattamento con inibitori dell’iston-deacetilasi hanno avuto effetti molto limitati sulla riattivazione del virus, mentre sostanze come la prostratina o il PMA (forbolo miristato acetato) che attivano i CD4 quiescenti raggiungono il massimo di riattivazione virale.
Una maggior durata del trattamento con alcuni HDACi che non presentano eccessiva tossicità ha aumentato in modo significativo l’efficienza della riattivazione, mentre altri – il solito acido valproico, ad esempio – restano acqua fresca.

Quindi gli HDACi riattivano l’HIV latente, ma molto più lentamente rispetto a sostanze antilatenza che inducono la riattivazione dei CD4.

C’era però da capire se questa maggiore induzione dell’espressione genica dell’HIV nei CD4 quiescenti persiste quando la somministrazione dell’HDACi viene sospesa.
Già sappiamo – perché Siliciano e Shan ce l’hanno dimostrato l’anno scorso – che l’inversione dello stato di latenza mediante il vorinostat non basta ad uccidere i CD4 quiescenti infetti. Quello che Siliciano ci dice di nuovo è che, anche se il trattamento con il vorinostat induce il virus a risvegliarsi, questo se ne torna molto rapidamente in uno stato di latenza non appena il farmaco viene sospeso.

Allora: bisogna dare l’HDACi per molto più tempo per ottenere una riattivazione efficiente del virus e poi si scopre che la riattivazione è un processo reversibile, perché appena cessa la pressione del farmaco il virus se ne torna a dormire.

È possibile che tutti questi modelli cellulari in vitro non siano poi così abili a catturare le caratteristiche della latenza dell’HIV in vivo e che ci siano meccanismi che entrano in gioco nella latenza in vivo e che non sono rappresentati dai modelli oggi disponibili. Dubito però che questa conclusione di Siliciano sia di grande consolazione a Lewin, Margolis e compagnia bella.
Ultima modifica di Dora il martedì 17 settembre 2013, 10:42, modificato 1 volta in totale.



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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da uffa2 » martedì 17 settembre 2013, 9:06

siliciano è cattivo, cattivo, cattivo! :(


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Re: Trial su HDACi per eradicazione_Lewin/Margolis vs Clemen

Messaggio da nordsud » martedì 17 settembre 2013, 9:46

Dora ha scritto:

Allora: bisogna dare l’HDACi per molto più tempo per ottenere una riattivazione efficiente del virus e poi si scopre che la riattivazione è un processo reversibile, perché appena cessa la pressione del farmaco il virus se ne torna a dormire.

E tutti noi in coro gridiamo: Cosa aspettano per condurre un trial clinico con l'HDAC somministrato per 1 mese 2 mesi 4 mesi.. 8 mesi.. ... ?
E che non perdano più tempo con le provette in laboratorio o con i macachi.. Ci sono molti volontari dell'antivivisezione bramosi di offrirsi per valutare la tossicità nel lungo periodo.

Su Thebody ci sono degli articoli sull'attivazione del sistema immunitario per far fuori le cellule hiv infette.

http://www.thebodypro.com/content/72661 ... s-tow.html

I macrofagi mi fanno venire in mente Yamamoto ed il suo GC-MAF.

http://www.thebodypro.com/content/72662 ... r-cel.html



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