Ora mi sono accorta che al CROI Pandrea e Apetrei porteranno due lavori, il primo dei quali, in particolare, credo che almeno lateralmente si ricolleghi all’articolo di cui parlammo l’estate scorsa.
Thursday, 4-6 pm; 6D Session 49–Oral Abstracts - HIV/SIV Host Interactions
4:30 161 Distinct Myeloid Dendritic Cell Trafficking and Activation Patterns Direct Progression, Non-progression, or Control of SIV Infection
Viskam Wijewardana*, D Ma, G Richter, J Kristoff, G Kumaraswamy, F Zhong, K Raehtz, A Trichel, C Apetrei, and I Pandrea
Univ of Pittsburgh, PA, US
4:45 162 Administration of Rifaximin and Sulfasalazine during Acute SIV Infection Decreases Microbial Translocation and Coagulation Marker Levels and Significantly Impacts Viral Replication
Ivona Pandrea*1, G Haret-Richter1, D Ma1, R Ribeiro2, R Nusbaum1, A Trichel1, C Wilson3, R Tracy4, A Landay5, and C Apetrei1
1Ctr for Vaccine Res, Univ of Pittsburgh, PA, US; 2Los Alamos Natl Lab, NM, US; 3Univ of Colorado Denver, US; 4Univ of Vermont, Colchester, US; and 5Rush Univ Med Ctr, Chicago, IL, US
Mi sono pertanto decisa – pur scusandomi per il ritardo – a riportare qui quella discussione, nella speranza di poterla aggiornare con le relazioni presentate al CROI. Oppure con i futuri lavori di Guido Silvestri che, ne sono certa, arriveranno a breve.
È un po’ lunga, quindi la spezzo in quattro messaggi successivi.
Dora – 18 agosto 2011, 11:01 ha scritto:Una équipe di studiosi del Tulane National Primate Research Center (Covington, Louisiana) e dell’Università di Pittsburg, diretta da Ivona Pandrea e Cristian Apetrei, ha pubblicato ad agosto su PloS Pathogens uno studio in cui viene descritto un modello di macachi rhesus che, infettati da una particolare variante di SIV (SIVagm), nel 100% dei casi hanno presentato un andamento dell’infezione che è paragonabile a quello degli elite controller umani e può far pensare a una “cura funzionale”: forte infezione acuta, con alti livelli di replicazione virale e grave deplezione dei CD4 della mucosa gastrointestinale, seguita da controllo completo e prolungato della replicazione virale, con viremia irrilevabile sia nel sangue sia nei tessuti, sieroreversione, miglioramento dei CD4 della mucosa e ripresa della funzione immunitaria (livelli normali di attivazione, di proliferazione e di apoptosi dei linfociti T; nessuna progressione della malattia).
Un aspetto interessante è che quando, dopo 4 anni, questo stato di “cura funzionale” nei macachi è stato sfidato distruggendo i CD8 con un apposito anticorpo, si è verificato un rebound transitorio delle viremie, che fa ipotizzare che il controllo sia almeno in parte immuno-mediato.
Gli elite controller umani vengono studiati proprio perché la loro capacità di controllare l’infezione è ritenuta un modello di cura funzionale, in quanto consente loro di mantenere la viremia e l’infiammazione a livelli non rilevabili e quindi di bloccare la progressione della malattia. Ma questo studio è reso difficile dal fatto che gli elite vengono riconosciuti tali solo quando sono già in fase cronica; inoltre, non possono essere analizzati come invece si può fare con le scimmie e questo finora ha impedito la comprensione dei meccanismi immunitari che portano al controllo dell’infezione.
Pertanto, l’avere a disposizione un modello scimmiesco può essere d’aiuto nella ricerca di una cura funzionale, perché può aiutare a capire i fattori virali e quelli dell’ospite coinvolti nell’ottenimento di un controllo prolungato della replicazione dell’HIV in assenza di HAART, superando la più grave limitazione che incontra questo tipo di studio, e cioè il fatto che tale controllo non può essere predetto quando il virus si replica attivamente nelle prime fasi dell’infezione.
Il modello di cura funzionale proposto in questo articolo tenta inoltre di rispondere – attraverso i dieci punti riportati sotto – ad alcune delle questioni ancora aperte riguardo alla patogenesi dell’HIV/SIV.
L’articolo è lungo e dettagliato, quindi mi baso in parte sulla sintesi dei risultati che ne ha fatto Lafeuillade (cfr. A Model of ‘Super’ Elite Controllers).
La sperimentazione è consistita in quanto segue: 12 macachi sono stati infettati per via endovenosa con un virus SIVagm.sab (il SIVagm.sab92018, per l'esattezza), caratterizzato dal fatto di determinare una fase acuta con imponente replicazione virale, attivazione immunitaria e massiccia deplezione dei CD4 delle mucose, cui segue, dopo circa 3 mesi, una fase cronica con completo controllo della replicazione virale e totale riparazione dei danni immunitari.
E infatti, nel corso dell'infezione acuta, tutti e 12 i macachi della sperimentazione hanno sviluppato linfoadenopatia, 1 un rash e 6 perdita di peso e febbre, mentre, dopo 3 mesi, tutti mostravano un controllo della replicazione virale e nessun segno clinico o biologico di progressione della malattia, condizione che è perdurata per l'intero follow up (oltre 4 anni).
Dei macachi infettati con SIVmac (il virus usato per esempio da Savarino), invece, solo una minoranza diviene elite controller.
Da notare che
1. QUESTO STATUS NON DIPENDE DA UNA REPLICAZIONE VIRALE DEFICITARIA: durante l’infezione primaria si è osservata una replicazione attiva, con picchi da 10^7 a 10^9 copie/ml di sangue già a partire dal decimo giorno dopo l’infezione (livelli di viremia simili a quelli che si verificano con SIVmac e HIV-1). Dopo il picco, le viremie sono diminuite in modo continuo fino a divenire non rilevabili da due mesi e mezzo a tre mesi dopo l’infezione. La dinamica virale dell’SIVagm nell’intestino è stata parallela a quella osservata nel sangue. Quando sono stati misurati gli anticorpi anti-gp41 dell’SIVagm, tre settimane dopo l’infezione si è osservata una sieroconversione; ma con il controllo della replicazione virale durante la fase cronica, circa un anno dopo l’infezione GLI ANIMALI HANNO SIEROREVERTITO, cioè è accaduto loro quel che è accaduto al “paziente tedesco”: sono ritornati sieronegativi.
Gli anticorpi neutralizzanti anti-SIVagm.sab hanno mostrato dinamiche simili.
Di qui l’ipotesi che UN COMPLETO E SOSTENUTO CONTROLLO DELLA REPLICAZIONE VIRALE POSSA PORTARE ALLA SIEROREVERSIONE.
Figura 1
Figura 2
2. QUESTO STATUS NON DERIVA DA UNA REPLICAZIONE VIRALE LIMITATA DURANTE L’INFEZIONE ACUTA: in fase acuta, il virus era presente in grandi quantità sia nei tessuti linfoidi sia in quelli non linfoidi. Le viremie sono crollate di 3 o 4 log rispetto al set point. In fase cronica, la replicazione era controllata in tutti i tessuti analizzati e si sono osservati solo piccolissimi blip nel linfonodo mesenterico, nel retto e nei testicoli di un animale, e nel linfonodo sottomandibolare e nel colon di un altro.
Questi bassissimi livelli di replicazione virale residua nei tessuti possono essere la spiegazione della persistenza di una attivazione immunitaria residua, anche con viremia plasmatica stabilmente sotto la soglia di rilevabilità. Quindi: L’ATTIVAZIONE IMMUNITARIA E L’APOPTOSI CHE ANCORA PERSISTONO IN PERSONE CON VIREMIA IRRILEVABILE DIPENDONO DA UN CONTROLLO NON PERFETTO DELLA REPLICAZIONE VIRALE (E SONO RESPONSABILI DELLA SCARSA RIPRESA IMMUNITARIA).
3. QUESTO STATUS NON DIPENDE DA SPECIFICI PROFILI MHC (complesso maggiore di istocompatibilità): non si è trovata alcuna correlazione fra un dato tipo MHC e il controllo della replicazione dell’SIVagm.
4. QUESTO STATUS NON È DOVUTO ALL’INCAPACITÀ DEL VIRUS DI INFETTARE I CD4 NEI DIVERSI COMPARTI: durante la fase cronica, a partire dal 200° giorno, i CD4 del sangue periferico sono risaliti ai livelli precedenti l’infezione e in seguito si è osservata una ripresa completa anche nei linfonodi. La gravissima deplezione dei CD4 (più del 95%) che si è verificata nell’intestino 2-4 settimane dopo l’infezione è stata seguita da una ripresa dei CD4 della mucosa che, a 4 anni dall’inizio dell’infezione, può dirsi completa.
Da ciò Pandrea – Apetrei sostengono che UNA GRAVE DEPLEZIONE DEI CD4 DELLA MUCOSA IN FASE ACUTA NON HA VALORE PROGNOSTICO SULL’ANDAMENTO DELL’INFEZIONE NELLA FASE CRONICA.
Figura 4
5. QUESTO STATUS NON DIPENDE DA UNA INUSUALE BIOLOGIA IN VIVO DEL VIRUS: non si è trovata nessuna delezione significativa in nessun gene accessorio. L’SIVagm.sab in vitro è in grado di usare sia il CXCR4 sia il CCR5; ma l’SIVagm.sab presente nel sangue dei macachi durante l’infezione acuta ha utilizzato solo il corecettore CCR5.
6. LA DEPLEZIONE DEI CD4 NEI MACACHI INFETTATI DA SIVagm HA SEGUITO GLI STESSI MECCANISMI CHE SI VERIFICANO NELL’INFEZIONE PATOGENICA DEI MACACHI CON SIVmac: una delle differenze principali fra infezioni patogeniche e non patogeniche da SIV consiste nei meccanismi di deplezione dei CD4. Nell’infezione patogenica, la distruzione avviene sia per uccisione diretta sia attraverso meccanismi indiretti, quali l’apoptosi delle cellule vicine. Invece, nelle infezioni non patogeniche i livelli di apoptosi non cambiano in modo significativo durante le fasi dell’infezione. Nei macachi infetti da SIVagm si sono visti aumenti sia della necrosi sia dell’apoptosi dei CD4 del GALT e l’apoptosi delle cellule circostanti ha dato un contributo importante al ritardo di parecchi mesi nella ripresa dei CD4 quando si è raggiunto il controllo virale.
7. SI È OSSERVATA UNA RIPRESA COMPLETA DELLA BARRIERA IMMUNITARIA DELLA MUCOSA: la traslocazione microbica, stabilita misurando i livelli di sCD14 (forma solubile del CD14), ha avuto un aumento soltanto transitorio, quando nella fase acuta si sono verificati alti livelli di attivazione immunitaria e l’incremento dell’apoptosi ha causato un danno alla barriera intestinale; ma poi è tornata ai livelli basali, con controllo dell’apoptosi. Da ciò si è potuto concludere che LA REPLICAZIONE VIRALE È COMPLETAMENTE CONTROLLATA, L’INTEGRITÀ DELLA MUCOSA PUÒ ESSERE RICOSTITUITA E IL SISTEMA IMMUNITARIO, PER QUANTO "MENOMATO” DALL’INFEZIONE ACUTA, NON PROGREDISCE VERSO L’”ESAURIMENTO” DURANTE LA FASE CRONICA, COME AVVIENE NEI CASI PATOGENICI DELL’INFEZIONE DA HIV/SIV.
Figura 7
8. IL CONTROLLO COMPLETO DELLA REPLICAZIONE VIRALE SI ASSOCIA A CONTROLLO DELL’ATTIVAZIONE E DELLA PROLIFERAZIONE DEI LINFOCITI T: nella fase acuta si sono osservati aumenti dell’attivazione immunitaria (HLA-DR) e della proliferazione cellulare (Ki-67) sia nei CD4 sia nei CD8. Dopo il picco dell’infezione, questi livelli hanno iniziato a scendere, ma si sono mantenuti alti per circa 200 giorni, mostrando una correlazione stretta con i livelli di apoptosi. In seguito, sia il livello della attivazione/proliferazione dei linfociti T, sia quello della apoptosi sono tornati ai valori basali, in correlazione con l’aumento dei CD4 nel GALT.
Figura 8
9. QUESTO STATUS NON È DOVUTO A FATTORI DI RESTRIZIONE DELL’OSPITE: non si è trovata alcuna correlazione con APOBEC o TRIM5, quindi questo rinforza l’ipotesi che il ruolo dell’immunità intrinseca dell’ospite nel controllo dell’infezione sia marginale.
10. IL CONTROLLO DELL’INFEZIONE PUÒ VENIR MENO SE SI DISTRUGGONO I CD8: a tre scimmie sono stati dati degli anticorpi anti-CD8. Nei 4 anni prima della distruzione dei CD8 la replicazione virale era stata non rilevabile; dopo la deplezione dei CD8 si è osservato in tutti gli animali un rebound della viremia plasmatica. La replicazione virale è stata accompagnata dalla distruzione dei CD4 sia nel sangue sia nell’intestino (la deplezione dei CD4 periferici è stata improvvisa e ha preceduto la ripresa della replicazione virale). Da ciò si è dedotto che LE DINAMICHE DELLE VIREMIE SONO CORRELATE CON LA DEPLEZIONE E IL REBOUND DEI CD8 E NON CON L’AUMENTO DELLA ATTIVAZIONE E DELLA PROLIFERAZIONE DEI CD4, che si sono mantenute più a lungo rispetto alla deplezione dei CD8.
Figura 10
Articolo: Functional Cure of SIVagm Infection in Rhesus Macaques Results in Complete Recovery of CD4+ T Cells and Is Reverted by CD8+ Cell Depletion