Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei CD4

Ricerca scientifica finalizzata all'eradicazione o al controllo dell'infezione.
Dora
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Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei CD4

Messaggio da Dora » martedì 21 maggio 2013, 9:20

Ricordate il caso dei due pazienti trattati a Boston da Daniel Kuriztkes e Timothy Heinrich con un trapianto di cellule staminali normali (non CCR5Δ32/Δ32 - come Timothy Brown) e rimasti in terapia antiretrovirale dopo il trapianto (a differenza di Timothy), che a distanza di 8-17 mesi dal trapianto non mostravano tracce di DNA virale nei CD4 del sangue periferico (mentre 2 mesi dopo il trapianto, sì)?
La loro storia fece molto scalpore lo scorso luglio, ad AIDS 2012, ed ora, a quasi un anno di distanza, esce sul Journal of Infectious Diseases un major article che ce la racconta con tanti particolari che allora ci sfuggirono.
Ed è certamente un successo, una storia così incoraggiante che mi sembra giusto dedicarle un thread tutto suo, riprendendo qualche intervento che scrivemmo allora nel thread dedicato al "paziente tedesco" per poi vedere l'articolo nei dettagli.

PERCHÉ QUESTO SUCCESSO SIA COMPLETO E POSSIAMO PENSARE CHE ALTRE DUE PERSONE SIANO DAVVERO GUARITE MANCA ANCORA QUALCHE PASSO. BISOGNA DIMOSTRARE CHE ANCHE ALTRI RESERVOIR, PIÙ DIFFICILI DA RAGGIUNGERE, SI SONO RIDOTTI E SOPRATTUTTO BISOGNA OTTENERE LA PROVA REGINA: NESSUN REBOUND DELLA VIREMIA ALLA SOSPENSIONE DELLA ART.


Per inquadrare rapidamente la situazione e capire dove eravamo rimasti, riprendo dunque qualche citazione sparsa da questo post in poi e il prossimo messaggio sarà dedicato all'articolo.

Dora ha scritto:Finalmente è stato tolto l'embargo all'abstract di Kuritzkes ad AIDS 2012.
  • - È stato studiato l'effetto sui reservoir virali di un trapianto allogenico di staminali non CCR5-/- in due persone eterozigoti per la delezione Delta 32 del CCR5, con HIV e tumori ematologici, che in precedenza erano già state sottoposte a un trapianto autologo di staminali. Il trapianto di staminali non difettive è stato preceduto da un condizionamento leggero.

    - Fra 8 e 17 mesi dopo il trapianto di staminali allogeniche, il DNA virale è diventato irrilevabile nei CD4 del sangue periferico di entrambi i pazienti, mentre se ne era rilevata la presenza - per quanto modesta - prima del trapianto e nei 2 o 3 mesi seguenti.

    - Entrambi i pazienti hanno però continuato a prendere la ART. Inoltre, più o meno nel periodo in cui i reservoir provirali hanno cessato di essere rilevabili, entrambi stavano assumendo prednisone o farmaci anti-rigetto a causa di una GvHD cronica.


D.d.D.: non ho capito se tutt'oggi, a due anni dal trapianto, queste persone siano ancora in terapia antiretrovirale. In caso lo fossero, va bene dire che il reservoir dei CD4 è diventato così piccolo da essere irrilevabile, ma come possono sostenere che i pazienti sono presumibilmente curati? :roll: Deeks ha un bel dire che



Resta però da capire la questione della continuazione o meno della ART [se al momento è sospesa e si conferma che almeno una cura funzionale è stata raggiunta, questi due signori passeranno alla storia come "i Pazienti Bostoniani"].



Long-term reduction in peripheral blood HIV-1 reservoirs following reduced-intensity conditioning allogeneic stem cell transplantation in two HIV-positive individuals

T.J. Henrich1,2, G. Sciaranghella3, J.Z. Li1,2, S. Gallien4, V. Ho2,5, A.S. LaCasce2,5, D.R. Kuritzkes1,2

1Brigham and Women's Hospital, Boston, United States, 2Harvard Medical School, Boston, United States, 3Ragon Institute of MGH, MIT and Harvard, Boston, United States, 4Hopital Saint-Louis, Paris, France, 5Dana-Farber Cancer Institute, Boston, United States


Background: Functional HIV-1 cure has been described in the setting of myeloablative allogeneic stem cell transplant (alloSCT) with ccr5Δ32/ ccr5Δ32 donor cells, but the effects of alloSCT on viral reservoirs are largely unknown. We studied the longitudinal effects of reduced-intensity conditioning (RIC) alloSCT on HIV-1 peripheral blood reservoirs in two infected male patients with hematologic malignancies who previously underwent autologous SCT.

Methods: Analysis of peripheral HIV-1 reservoirs was performed on banked samples (1 pre- and 3 post-RIC-AlloSCT) for both patients, including: 1) quantification of HIV-1 DNA from peripheral blood mononuclear cells (PBMCs), 2) quantification of 2-LTR circles from PBMC episomal DNA, 3) full-length envelope amplification and phenotypic coreceptor usage prediction from proviral DNA, 4) quantification of plasma viremia by a single-copy assay, 5) flow cytometric characterization of lymphocyte subsets and coreceptor expression, and 6) CCR5 genotyping.

Results: No HIV-1 DNA was detected 8 to 17 months after alloSCT in PBMC from both patients despite presence of modest levels of total PBMC-associated HIV-1 DNA prior to and 2-3 months after SCT (87-271 copies/106 PBMCs). 2-LTR circles were not detected at any time-point despite excellent recovery of episomal mitochondrial DNA. Both patients were heterozygous for ccr5Δ32 mutation prior to transplant; a transient reduction in CXCR4 expression was observed following transplant. Pseudoviruses incorporating envelopes from early time-points used predominately CCR5 for entry. Both patients remained virologically suppressed on ART, but were either started on prednisone or continued on tacrolimus/sirolimus immunosuppressive therapy for chronic graft-versus-host disease (GVHD) near the time of loss of HIV-1 reservoir detection.

Conclusions: PBMC HIV-1 DNA became undetectable 8 months after RIC-alloSCT. This finding may be due to a dilutional effect of donor cell engraftment in the setting of protective ART, the additive effect of cytotoxic therapies, and/or GVHD. Confirmation of results by sampling large-volume blood collections and other tissue compartments is warranted.


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Dora ha scritto:
skydrake ha scritto:Prima di fare i salti di gioia, mi potresti chiarire cosa si intende per:
"a transient reduction in CXCR4 expression was observed following transplant"
Aspettiamo l'articolo. In questo abstract le ambiguità sono enormi.

Però, certo che questa dichiarazione di Kuritzkes è interessante:
  • "As far as we've been able to measure, we can't find evidence of HIV infection in the patients' blood or blood plasma, and their antibody levels against HIV are dropping," Dr. Daniel Kuritzkes of Brigham and Women's Hospital told Shots. "The antibody evidence tells us there is little if any persisting HIV protein to trigger an anti-HIV response."
E questa, invece, spiega le mie perplessità del post precedente:
  • "We can't say we've replicated the Berlin patient's cure at this point because our patients remain on antiretroviral therapy," Kuritzkes says. Only if they stop therapy for months and years, without seeing a rebound of HIV in their blood, can these new bone marrow transplant patients be declared cured.
Alcune delle ragioni di ulteriore interesse nel lavoro dei bostoniani sono elencate qui sotto, perché in qualche modo mettono in crisi l'idea che a curare Timothy sia stato il fatto che le staminali ricevute erano CCR5-/-:
  • It's been widely assumed that the magic in Brown's cure resides in the stem cells he got from a bone marrow donor. Those donor cells lack a receptor called CCR5 that HIV uses to enter immune cells.

    Not necessarily, the Boston researchers say. That's because the donor cells their patients got did not lack the receptor. So what's happening with them must be different from the Berlin patient.

    The Boston researchers think their might-be-cures are due to two factors:

    - The patients got a milder form of pre-transplant chemotherapy. As a result, they were able to stay on their anti-HIV drugs. That protected the transplanted donor cells from becoming infected with any HIV that might have been hiding out in their bodies.
    - The donor cells most likely killed off the patients' own HIV-infected immune cells as the bone marrow transplants took effect.

    This second phenomenon is called graft-versus-host disease. The donor cells see the patients' native cells as foreigners and attack them. "The success of a bone marrow transplant depends on having the right amount of graft-versus-host disease," Kuritzkes says. "You need a little bit. You hope not to have so much that you get clinically sick from it."

    The Berlin patient also had episodes of graft-versus-host disease. That could help explain why his HIV infection was extinguished – or driven to such low levels that his new immune system is able to control it.

    It's possible that the lack of CCR5 receptors on the donor cells did contribute to the Berlin patient's cure. But scientists are excited by the possibility that a cure may not require donor cells lacking CCR5 receptors. That would widen the donor pool, since very few people are lucky enough to lack CCR5.
Leon ha scritto:
Dora ha scritto:Quindi tutto il discorso sulla delezione via ZFN del CCR5 potrebbe sì essere messo in crisi.
Sì e no, e comunque, se proprio vogliamo parlare di "mettere in crisi", ben prima di questi qua l'aveva fatto (guarda caso) Siliciano, dichiarando che, secondo lui, se anche il paziente tedesco fosse stato trapiantato con un midollo normalissimo si sarebbe ottenuto lo stesso effetto (nel vecchio forum, dove avevo già parlato di questa cosa, c'era la citazione precisa con tanto di indirizzo - adesso non saprei dove ripescarla, ma ricordo con certezza che si trattava di un articolo comparso su POZ).

Dicevo sopra "sì e no" perché potrebbe anche darsi che entrambe le vie, per motivi diversi, funzionassero e che ci si trovasse a dover fare un calcolo di costi/benefici (nonché di fattibilità).

In tale (fortunatissimo) caso, a favore del "metodo taglia-CCR5 nelle staminali ematopoietiche/Sangamo-Cannon", trattandosi di un trapianto autologo, direi che ci sarebbero:
- l'assenza di ogni rischio di rigetto e di graft;
- la certezza di trovare un donatore compatibile (sarebbe il paziente stesso!!!);
- (credo, ma quando si parla di cosette tipo condizionamenti, sul "leggero" bisogna intendersi mooolto bene, e dunque solo il nostro solito Professore, posto che gli fornissimo dei dati precisi, potrebbe aiutarci) un condizionamento più leggero di quello che va usato per i trapianti eterologhi.

A favore del trapianto eterologo da donatore sano "generico" (nel senso che non presenta necessariamente delezioni del gene CCR5) ci sarebbero invece:
- l'"effetto-pulizia di grosso" di un condizionamento più distruttivo (credo, come dicevo sopra);
- la *possibile* forza di una "graft nella misura giusta", che faccia "pulizia di fino" di ogni residuo del vecchio sistema immunitario infetto e rovinato dal virus (ma, siccome la graft è gestibile solo fino a un certo punto, ci sarebbe anche il rischio di graft rovinose, com'è accaduto, tra i tanti, pure al nostro Tim Brown);
- comunque, una maggior facilità (non rispetto al metodo Cannon, ma rispetto al metodo Hütter/paziente tedesco) a reperire un donatore adatto.

Detto questo, è molto faticoso, e soprattutto perfettamente inutile, stare a spaccarsi la testa su ipotesi che potrebbero essere confermate o smentite domani stesso (anzi, che avrebbero potuto esserlo già ieri) se solo:
- la Cannon non fosse ammanettata (o facesse finta di esserlo, perché a 'sto punto mi sembra si stia davvero esagerando);
- questi fanfaroni di "bostoniani", anziché presentare un "abstract a effetto", e a perfetta misura di media, a un congresso-baraccone, avessero molto semplicemente tolto gli antiretrovirali a 'sti due pazienti, prova del fuoco che non avrebbe bruciato niente e nessuno, tanto meno i pazienti, se non la possibilità per i suddetti fanfaroni di marciare su questa storia da qui all'infinito (di questo trucchetto ormai scopertissimo - ma evidentemente sempre efficace, almeno finché non cominceranno a partire sistematicamente uova marce dalle platee, e magari anche gran scariche di legnate nottetempo in qualche angolino buio da parte dei malati - abbiamo riparlato molto di recente).
Dora ha scritto:
Leon ha scritto:
Dora ha scritto:Quindi tutto il discorso sulla delezione via ZFN del CCR5 potrebbe sì essere messo in crisi.
Sì e no, e comunque, se proprio vogliamo parlare di "mettere in crisi", ben prima di questi qua l'aveva fatto (guarda caso) Siliciano, dichiarando che, secondo lui, se anche il paziente tedesco fosse stato trapiantato con un midollo normalissimo si sarebbe ottenuto lo stesso effetto
Certo che l'aveva detto Siliciano! E infatti ne discutemmo a lungo.
Però una cosa è che lo si "dica", magari adducendo un "gut feeling" - anche se a dirlo è Siliciano e io sono pronta a credergli quasi sulla parola - altra cosa è che lo si "dimostri".
Apparentemente, questo è proprio quello che avrebbero fatto Kuritzkes e colleghi, che comunque si guardano bene - come già Hütter - dal pronunciare parole come "eradicazione" e mettono le mani avanti anche sulla possibilità che si sia raggiunta una cura "funzionale".
I resoconti giornalistici, poi, sono sempre un'altra cosa rispetto non dico agli articoli scientifici, ma perfino alle presentazioni ai congressi.

Fosse confermata, io la vedrei come un'opportunità in più rispetto al trapianto allogenico di staminali CCR5-/- e la saluterei con estremo favore.
Però mi chiedo la stessa cosa che mi chiedevo davanti alle affermazioni di Siliciano: come mai tutti gli altri trapianti di staminali "normali" che sono stati fatti in molti anni alle persone con HIV sono andati male? Nelle persone che sono sopravvissute al tumore ematologico che aveva portato al trapianto, il virus era comunque sempre rilevabile (ricordi la review di Huzicka? Mi pare che in un solo paziente la viremia fosse divenuta irrilevabile. Ma poi il poveretto morì, non ricordo se per il problema ematologico o per complicanze post-trapianto).

In attesa che esca un bell'articolo con ulteriori dettagli, questo è il video della presentazione tenuta da Timothy Henrich: una lezione molto chiara, per un terzo dedicata a rispondere alle domande del pubblico, e che, oltre a spiegare bene l'impostazione della loro ricerca (che è "in progress" e sta arruolando altri pazienti), il perché volessero *proprio* mantenere i pazienti sotto terapia antiretrovirale (volevano studiare i cambiamenti nel lungo periodo del reservoir nei CD4 del sangue periferico dopo un trapianto allogenico E in presenza di ART), ci dice anche che questi due pazienti (soprattutto il secondo) ne hanno passate tante, ma così tante, che anche in questo caso - come già in quello di Timothy - credo ci sia solo da augurarsi che le vie per arrivare a una cura diventino presto meno traumatiche.

Nella sintesi di Abbie Smith:
  • l'idea era "that the radiation/chemo would kill most of the infected cells, antiretrovirals would inhibit viral release from the remaining reservoirs, and the donor cells– fresh, healthy, and a little pissed off immune cells– would clean up whatever was left over. It looks like this protocol worked.
    (...) This might be GREAT news for some patients, and a functionally useless development for most. But no doubt about it, its pretty damn awesome for at least two people."
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Le diapositive possono essere scaricate qui: http://pag.aids2012.org/Session.aspx?s=274#1.


A chi non avesse voglia di seguire la lezione di Henrich, suggerisco questo resoconto di Tim Horn su POZ: New Stem Cell Transplant Cases Encouraging, but Cure Buzz May be Premature.
Dora ha scritto:
Leon ha scritto:
skydrake ha scritto:A memoria mi ricordo che sono andati a cercare il DNA virale. Quindi le hanno fatte. Non so dove esattamente
Il DNA provirale l'hanno cercato solo nelle cellule del sangue periferico, mentre Nordsud, se non ho capito male, chiedeva di biopsie di roba tipo linfonodi, intestino, cervello.
Ma infatti. Fin dalle conclusioni del loro intervento a Washington, Henrich, Kuritzkes e colleghi dicono che il lavoro fatto è preliminare e che c'è ancora da andare a cercare il virus nei tessuti, nei linfonodi etc. Cosa che hanno ribadito in tutte le interviste, insieme all'ammissione che il prossimo passo da fare prima di poter dichiarare *guariti* i due "pazienti bostoniani" è sospendere la ART.

L'aspetto che questi ricercatori definiscono importante è che ritengono di avere dimostrato (cito dal transcript della conferenza stampa riportato su The Body, per l'intero intervento di Kuritzkes vedere http://www.hivforum.info/forum/viewtopi ... 575#p20575):

  • "that continual administration of effective ART protected the donor cells from becoming HIV infected as those donor cells eliminated and replaced the patients' own immune cells, effectively clearing the virus from the patients' blood lymphocytes (...). The importance of our findings is that we have evidence now that we can protect uninfected cells from becoming infected when they're transplanted into an HIV-infected patient, a form of PrEP at the cellular level, if you will".


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nordsud
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da nordsud » martedì 21 maggio 2013, 9:55

Senza la prova regina, cioè assenza di viremia sostenuta alla sospensione della terapia, non possiamo certamente sbilanciarci basandoci sull'esame HIV dna ( del sangue periferico od altri tessuti ).
Il famoso paziente di Chun non aveva nessuna traccia di virus ma dopo qualche settimana dalla sospensione la viremia ha fatto capolino, mandando in fumo anni ed anni di monitoraggio.
Come sempre la sperimentazione è come l'elastico: ognuno la tira come pare e piace.



uffa2
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da uffa2 » martedì 21 maggio 2013, 11:48

Hai sicuramente ragione, ma credo che i test cui sono sottoposti questi pazienti siano più sensibili dei nostri, e che quindi un qualche risultato ci sia, poi è vero: se anche un solo clone virale se ne va andasse passeggio e all'interruziune della HAART non corrispondesse la capacità dell'ospite di lasciar morire di solitudine e vecchiaia quel colne, ma invece lo stesso iniziasse a replicarsi, si tratterebbe di una medaglia di cartone.

Come giustamente osserva Dora:
PERCHÉ QUESTO SUCCESSO SIA COMPLETO E POSSIAMO PENSARE CHE ALTRE DUE PERSONE SIANO DAVVERO GUARITE MANCA ANCORA QUALCHE PASSO. BISOGNA DIMOSTRARE CHE ANCHE ALTRI RESERVOIR, PIÙ DIFFICILI DA RAGGIUNGERE, SI SONO RIDOTTI E SOPRATTUTTO BISOGNA OTTENERE LA PROVA REGINA: NESSUN REBOUND DELLA VIREMIA ALLA SOSPENSIONE DELLA ART.[/b]


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Dora
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Dora » martedì 21 maggio 2013, 14:00

nordsud ha scritto:Senza la prova regina, cioè assenza di viremia sostenuta alla sospensione della terapia, non possiamo certamente sbilanciarci basandoci sull'esame HIV dna ( del sangue periferico od altri tessuti ).
Bene, speriamo di avere presto altre buone notizie. Per il momento, dobbiamo accontentarci del lavoro pregresso (sul quale, onestamente, io non mi sento proprio di tirare palate di fango).

Quella che segue è una sintesi dell’articolo di Timothy Henrich, Daniel Kuritzkes e colleghi pubblicato sul numero del I giugno di JID, da cui si può capire come due persone che erano messe male-che-peggio-non-si-può oggi hanno i tumori in remissione clinica e il reservoir dell’HIV sparito dal sangue periferico.


Long-Term Reduction in Peripheral Blood HIV Type 1 Reservoirs Following Reduced-Intensity Conditioning Allogeneic Stem Cell Transplantation

Timothy Brown ha ottenuto una remissione a lungo termine dell’infezione da HIV-1 a seguito di un trapianto allogenico e mieloablativo di cellule staminali ematopoietiche da un donatore omozigote per la mutazione Delta32 nel gene che codifica per il CCR5, un corecettore dell’ingresso dell’HIV nella cellula.
Dopo 5 anni di follow-up e di assenza di terapia antiretrovirale, non è stata trovata in lui traccia di replicazione attiva dell’HIV. L’assenza di un CCR5 funzionante sulle staminali del donatore ha verosimilmente giocato un ruolo importante nell’ottenimento del controllo virologico, ma altri fattori – compresi degli effetti di Graft vs Host – possono aver contribuito alla riduzione del reservoir virale e al controllo a lungo termine dell’HIV.
A parte quest’unico esempio, pochi altri studi longitudinali hanno indagato l’effetto di un trapianto allogenico di staminali sui reservoir virali e sulle risposte immuni HIV-specifiche.
È improbabile che un condizionamento leggero sia sufficiente da solo ad eliminare i reservoir, poiché il DNA virale persiste dopo una chemioterapia e/o un trapianto autologo di staminali nei casi di tumori ematologici.

Si è vista una riduzione per un breve periodo dei reservoir virali in 4 pazienti che non stavano assumendo la ART dopo un trapianto allogenico, in cui erano stati fatti dei condizionamenti mieloablativi, con total body irradiation e/o immunoterapia contro i linfociti, ma tutti e quattro i pazienti sono morti entro 10 mesi dal trapianto. In due di questi pazienti, durante l’autopsia l’HIV non è stato trovato in diversi tessuti.
Dopo il trapianto, l’HIV DNA è divenuto irrilevabile nelle cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) in due pazienti che continuavano la ART, ma l’RNA e il DNA virali sono divenuti rilevabili in uno dei due, durante una breve interruzione della terapia 114 giorni dopo il trapianto. Tuttavia, tale interruzione si è verificata a ridosso del condizionamento [NdD: quasi 4 mesi dopo il trapianto non mi pare tanto “a ridosso del condizionamento”] e comunque il paziente è morto 5 mesi dopo il trapianto.

Gli effetti a lungo termine del trapianto sui reservoir delle persone che hanno ricevuto un trapianto allogenico di staminali con cellule CCR5+ e gli effetti di un trapianto con condizionamento leggero (RIC – reduced intensity conditioning) rimangono dunque largamente sconosciuti.

Il lavoro di Kuritzkes e colleghi è dunque consistito nello studiare l’impatto di un trapianto allogenico sulle dimensioni del reservoir virale del sangue periferico di due persone con HIV e di studiare gli effetti protettivi della ART sulle cellule del donatore. Hanno dunque utilizzato test ultra-sensibili per scoprire e quantificare la presenza del virus prima e fino a 3 anni e mezzo dopo un trapianto allogenico di staminali con condizionamento leggero (RIC HSCT) ed hanno analizzato i mutamenti nel tempo nell’uso del corecettore da parte del virus e le specifiche risposte anticorpali anti-HIV.


DECORSO CLINICO E CHIMERISMO DELLE CELLULE DEL DONATORE

Il paziente A è un maschio che ha acquisito l’infezione alla nascita e ha ricevuto una diagnosi di linfoma di Hodgkin al IV stadio nel 2006. Dopo una chemioterapia con adriamicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina (un regime terapeutico noto come ABVD), ha avuto una ricaduta e si è quindi sottoposto a un trapianto autologo di staminali, dopo una chemioterapia di salvataggio (nota come ICE, isofosfamide + carboplatino + etoposide) un anno dopo l’esordio della malattia.
Il linfoma, però, si è ripresentato e un anno dopo il trapianto autologo il paziente A ha ricevuto una nuova terapia di salvataggio (gentamicina, navelbine, doxorubicina). Dopo che ha raggiunto una remissione completa, è stato sottoposto a trapianto allogenico da un donatore con cui non era completamente compatibile (compatibilità 7/8) e dopo un condizionamento leggero (3,2 mg/kg di busulfano intravena e 120 mg/m2 di fludarabina).

IL CONDIZIONAMENTO È DEFINITO “LEGGERO” PERCHÉ NON È STATA FATTA LA TOTAL BODY IRRADIATION E NON È STATA SOMMINISTRATA LA GLOBULINA ANTITIMOCITARIA.

Nei giorni 1, 3 e 6 dopo il trapianto, il paziente A ha ricevuto metotrexato, sirolimus e tacrolimus per impedire la Malattia di Rigetto contro l’Ospite (GvHD - Graft vs Host Disease).

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143 giorni dopo il trapianto, il 100% dei granulociti del sangue periferico erano di provenienza del donatore, così come lo erano i linfociti CD3+ a 216 giorni dal trapianto. Un tale chimerismo perfetto è persistito fino all’ultimo controllo, fatto 1266 giorni dopo l’infusione delle staminali.
9 mesi dopo il trapianto, il paziente A ha sviluppato una GvHD cronica con coinvolgimento di pelle, fegato e un occhio, che ha risposto bene al trattamento con prednisone.

Il paziente A aveva iniziato la ART (tenofovir, emtricitabina ed efavirenz) circa 3-4 anni prima del trapianto (con diverse altre combinazioni prima di questa) e ha continuato a ricevere il medesimo regime terapeutico fino ad oggi.

Il paziente B è un uomo che ha acquisito l’HIV per via sessuale a metà degli anni ’80 e per 20 anni ha avuto una progressione molto lenta dell’infezione. Fra fine anni ’90 e l’inizio della ART nel 2003 i livelli di HIV RNA nel plasma sono stati sulle 13.000 – 60.000 copie/mL e i CD4 si sono mantenuti su 481-668 cellule/mm3.
Nel 2003 ha ricevuto diagnosi di linfoma di linfoma diffuso a larghe cellule B. Gli è stato somministrato un regime chemioterapico noto come R-CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone + rituximab) insieme alla ART.
Nel 2006, però, è intervenuto un linfoma di Hodgkin, diagnosticato al IV stadio, per il quale è stato sottoposto ad ABVD, e poi – a causa di una ricaduta – a una terapia di salvataggio con ICE, seguita da un trapianto autologo nel 2007.
Si sono sviluppate trombocitopenia e anemia persistenti e gli è stata diagnosticata una sindrome mielodisplastica (una specie di anticamera alla leucemia).
A quel punto, nel 2010, il paziente B ha ricevuto un trapianto allogenico di staminali da un parente compatibile a seguito di un condizionamento leggero uguale a quello già descritto per il paziente A. Sirolimus, tacrolimus e mini-metotrexato per contrastare la Graft.

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All’inizio, le staminali non hanno attecchito bene, quindi 171 giorni dopo il trapianto il paziente B ha ricevuto un’infusione di linfociti del donatore.
Ha sviluppato una GvHD alla pelle, al fegato e all’orofaringe il 220° giorno, quindi hanno dovuto dargli a intermittenza del prednisone.
Prelievi di tessuti a 220 e 625 giorni dal trapianto hanno dimostrato un chimerismo perfetto di tutti i globuli bianchi, compresi i linfociti.
La ART iniziale basata su efavirenz era stata modificata verso il 2006 (ma prima del trapianto) in una terapia composta da tenofovir + embricitabina + nelfinavir + abacavir, perché si erano sviluppate delle resistenze.
Per tutto l’anno prima del trapianto, la viremia era stata irrilevabile, ma la ART è stata cambiata poco prima del trapianto in tenofovir + emtricitabina + raltegravir per minimizzare le interazioni fra i farmaci.

Mentre dopo il trapianto allogenico il paziente A ha avuto una riduzione significativa del numero assoluto dei CD4 con poi un riassestarsi a livelli simili a quelli pre-trapianto, il paziente B ha avuto all’inizio un declino, seguito da una stabilizzazione.


L’HIV DNA NELLE CELLULE MONONUCLEATE DEL SANGUE PERIFERICO (PBMC)

Il paziente A aveva un basso livello di DNA virale nelle PBMC subito prima e 64 giorni dopo il trapianto (rispettivamente, 144 e 87 copie per milione di PBMC), ma 244, 587 e 1266 giorni dopo il trapianto di DNA non ne è stato proprio trovato, nonostante ogni campione sia stato testato più volte (vedere la Fig. 1A). Allo stesso modo, una volta purificati i CD4 dalle PBMC il giorno 1266 post-trapianto, di HIV DNA non se ne è visto.

Analogamente, il paziente B aveva DNA virale rilevabile nelle PBMC sia prima, sia immediatamente dopo il trapianto (96 copie per milione di cellule prima del trapianto, 281 per milione 92 giorni dopo), ma nei prelievi fatti a 281, 519 e 652 giorni dal trapianto non è stato rilevato alcun HIV DNA.

Inoltre, dal momento che il DNA virale può entrare nel nucleo della cellula ma non riuscire a integrarsi e questo può comportare che ci siano in circolo delle molecole che contengono 1 o 2 copie di LTR, sono stati valutati ad ogni prelievo post-trapianto i circoli 2-LTR di entrambi i pazienti. Anche qui, non è stato trovato nulla con dei test che avevano una sensibilità di 1 copia per milione di PBMC.


PRODOTTI VIRALI

A 1266 giorni post-trapianto per il paziente A e a 652 per il paziente B non era possibile rilevare l’antigene p24 nei CD4 messi a coltura per 14-21 giorni. Il limite di rilevamento era di 0,3-0,4 parti infettive per milione di CD4.


HIV-1 RNA NEL PLASMA

La misurazione dell’RNA virale nel plasma era disponibile grazie ai prelievi fatti di routine con test che avevano come limite 10-40 copie/mL.
Per il paziente A, la PCR era negativa 6 giorni prima del trapianto ed era di 104 e 65 copie/mL rispettivamente 29 e 143 giorni dopo il trapianto. Dopo 827 e 1077 giorni la viremia era irrilevabile.
Per il paziente B, l’RNA era irrilevabile 5 giorni prima e 59 giorni dopo il trapianto, mentre è stato rilevabile (ma erano meno di 48 copie) il 150° giorno post-trapianto.
In nessuno dei pazienti si è rilevato HIV RNA residuo, di basso livello, in nessuno dei 5 prelievi dopo il trapianto, anche usando single copy assays ultrasensibili.


GENOTIPIZZAZIONE DEL CCR5, USO DEL CORECETTORE DA PARTE DELL’HIV-1 E SUSCETTIBILITÀ DELLE PBMC ALL’INFEZIONE

Entrambi i pazienti erano eterozigoti Δ32, ma hanno perso la mutazione quando è stato raggiunto il chimerismo completo e tutti i loro linfociti T CD3+ hanno cominciato ad esprimere il CCR5.
Dal DNA virale che era stato trovato nei loro campioni prima del trapianto e immediatamente dopo è stato possibile ricostruire degli pseudovirus perfettamente funzionanti e in grado di infettare: si trattava di pseudovirus che usavano esclusivamente il CCR5 per penetrare nelle cellule.
Le PBMC di entrambi i pazienti dopo il trapianto hanno potuto essere infettate in vitro usando quegli pseudovirus. Inoltre, l’ingresso del virus è stato completamente inibito dal maraviroc.


QUANTIFICAZIONE DEGLI ANTICORPI ANTI-HIV-1 SPECIFICI

Il livello degli anticorpi anti-HIV è diminuito dopo il trapianto di 5 volte nel paziente A. Il paziente B prima del trapianto aveva un livello di anticorpi relativamente basso, che a 652 giorni dal trapianto era sceso di ben 10 volte.
In entrambi i pazienti si è anche vista dopo il trapianto una diminuzione nel titolo e nell’avidità degli anticorpi HIV-specifici.

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Mettendo insieme tutti questi risultati, Kuritzkes e colleghi provano a trarre delle conclusioni.

Il trapianto allogenico di staminali CCR5+ mantenendo sempre la ART ha portato in entrambi i pazienti a una riduzione sostanziale del reservoir dell’HIV nel sangue periferico, a seguito di un chimerismo completo e della ripresa del numero dei CD4.
QUESTO SUGGERISCE (STRONGLY, DICONO GLI AUTORI DELL’ARTICOLO) CHE LE CELLULE LATENTEMENTE INFETTE SIANO STATE RIMPIAZZATE DALLE CELLULE DEL DONATORE, CHE SONO STATE PROTETTE DAL VIRUS DALLA CONTEMPORANEA SOMMINISTRAZIONE DELLA ART.
Anche se la diminuzione iniziale del DNA provirale si è accompagnata alla diminuzione del numero dei CD4 nel paziente A, i CD4 sono diminuiti solo di 4 volte, mentre l’HIV DNA è diminuito di 2 log.
Inoltre, il DNA provirale è rimasto irrilevabile nonostante il rebound dei CD4 ai livelli di prima del trapianto.
Similmente, nel paziente B, la diminuzione di 2 volte dei CD4 non è quantitativamente paragonabile ai 2 log di diminuzione dell’HIV DNA.

Se la replicazione virale persista nei linfociti in condizioni di ART soppressiva, è una questione ancora controversa; così come si discute se tale replicazione persistente sia necessaria per mantenere il reservoir nei CD4 latentemente infetti.
C’è tuttavia un aspetto che può far propendere verso l’ipotesi che la replicazione dell’HIV sia soppressa completamente dalla ART e che la replicazione virale residua durante la ART non sia una ragione importante del mantenimento di un reservoir dell’HIV nelle PBMC di questi due pazienti: il fatto che LE CELLULE CHE SI SONO SVILUPPATE DA STAMINALI CCR5+, QUINDI SUSCETTIBILI DI ESSERE INFETTATE, SONO RIUSCITE AD ATTECCHIRE SENZA VENIRE INFETTATE.

La viremia transitoria di basso livello osservata subito dopo il trapianto nel paziente A può indicare il rilascio di virus dai reservoir esistenti in una condizione di attivazione immunitaria a causa della chemioterapia di condizionamento.


CARATTERISTICHE DI QUESTI TRAPIANTI RISPETTO AI PRECEDENTI:

  • ETEROZIGOSI: in origine, i due pazienti erano eterozigoti Δ32, anche se poi hanno perso questa caratteristica. Kuritzkes e colleghi si chiedono se questa caratteristica possa aver giocato a loro favore, contribuendo alla distruzione del reservoir di DNA virale presente nelle PBMC. Infatti, l’eterozigosi è associata a più bassi livelli di HIV RNA nel plasma e a una progressione della malattia più lenta.

    CONDIZIONAMENTO: Il condizionamento è stato leggero, senza TBI e globulina antitimocitaria. I linfociti T memoria vengono attivati dalla chemioterapia ed è possibile che il regime di condizionamento abbia svolto un ruolo nella riduzione del DNA provirale, attivando le cellule latentemente infette in modo non selettivo. Bisogna però ricordare che l’HIV DNA è stato rilevabile nelle PBMC di entrambi i pazienti nei primi prelievi dopo il trapianto. Questo fa pensare che la chemioterapia non abbia avuto un effetto durevole sulle dimensioni del reservoir.

    GRAFT: entrambi i pazienti hanno avuto episodi clinicamente significativi di Graft, che hanno richiesto una terapia immunosoppressiva. È possibile che la Graft, che ha portato a un blocco della linfopoiesi, abbia avuto un ruolo nella riduzione del reservoir periferico, aiutando a distruggere sia delle cellule latentemente infette, sia delle cellule che producevano attivamente virus.

    ANTICORPI: la diminuzione consistente degli anticorpi anti-HIV e dell’avidità a seguito del chimerismo completo raggiunto in entrambi i pazienti può in parte dipendere dalla distruzione dei linfociti B dell’ospite per il condizionamento e di quelli del donatore per la Graft. Si sa che dopo anni di ART gli anticorpi anti-HIV diminuiscono; ma questi due pazienti erano in ART già da molto tempo, quindi la forte diminuzione degli anticorpi che si è vista dopo il trapianto non può essere dovuta alla sola azione della terapia antiretrovirale. L’ipotesi più verosimile è che la presentazione dell’antigene dell’HIV sia insufficiente ad indurre una buona risposta umorale nei linfociti nuovi. Cioè che di virus in giro ce ne sia davvero poco.


Dopo che il DNA virale è diminuito, di RNA in circolo non se ne è trovato più. È però possibile che in comparti diversi dalle PBMC – la mucosa gastrointestinale o il cervello – continui ad esserci una persistente replicazione virale.
Inoltre, in diverse persone che avevano livelli cellulari di HIV bassissimi [tipo il “paziente sfigato di Chun”, per intenderci] si è visto un rebound della viremia quando hanno sospeso la ART.
Pertanto, Kuritzkes e colleghi ammettono di non aver dimostrato una completa remissione dell’infezione nei loro pazienti, dal momento che questi continuano a prendere la ART.
Per capire la portata e il significato clinico della riduzione del reservoir virale dopo un trapianto allogenico di staminali, i passi che rimangono da compiere sono quindi due: 1) il prelievo di tessuti, per indagare i reservoir in cellule diverse dai CD4 circolanti nel sangue e 2) la sospensione degli antiretrovirali.



uffa2
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da uffa2 » martedì 21 maggio 2013, 16:28

Anzitutto grazie a Dora perché deve essere stato ben complesso tradurre una cosa che -per quanto semplificata al massimo- già così appare ben complessa.

E poi, con tutta l'ammirazione per il lavoro di Henrich, Kuritzkes et al., devo dire che un po’ è una sberla: comunque si tratta di un percorso per niente facile, fatto di trattamenti di condizionamento e “incidenti” post trapianto per nulla da poco. Magari, sempre ammesso che questo lavoro sia efficace (e solo la sospensione della HAART potrà dircelo) potrà diventare una procedura medica, ma dal punto di vista del paziente non mi pare una “passeggiata di salute”.

Insomma, un’altra conferma del fatto che non esistono soluzioni semplici a problemi complessi.


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Dora
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Dora » martedì 21 maggio 2013, 16:53

uffa2 ha scritto:Anzitutto grazie a Dora perché deve essere stato ben complesso tradurre una cosa che -per quanto semplificata al massimo- già così appare ben complessa.

E poi, con tutta l'ammirazione per il lavoro di Henrich, Kuritzkes et al., devo dire che un po’ è una sberla: comunque si tratta di un percorso per niente facile, fatto di trattamenti di condizionamento e “incidenti” post trapianto per nulla da poco. Magari, sempre ammesso che questo lavoro sia efficace (e solo la sospensione della HAART potrà dircelo) potrà diventare una procedura medica, ma dal punto di vista del paziente non mi pare una “passeggiata di salute”.

Insomma, un’altra conferma del fatto che non esistono soluzioni semplici a problemi complessi.
Grazie Uffa. Ho preferito non semplificare per niente la parte più tecnica relativa al decorso della malattia (delle malattie, anzi - quella marea di bastonate in testa che si sono presi i Boston Patients) e alle terapie che hanno ricevuto, segnalando anche in che cosa consistono gli innumerevoli farmaci che hanno preso, proprio perché Kuritzkes e gli altri dicono in un modo estremamente chiaro e preciso quello che Hütter ci aveva centellinato nel corso di tre anni.
Mi rendo conto che vedersi elencate così le disgrazie di quei due poveretti può essere avvilente, ma dobbiamo anche renderci conto del rovescio della medaglia: erano quasi morti e ora stanno bene. Non solo la recidiva oncologica si fa sempre più lontana, ma c'è anche una possibilità che abbiano curato pure l'HIV.
Fra l'altro - forse perché si sono evitati la total body irradiation - non hanno avuto nessuno dei problemi neurologici che hanno colpito Timothy e che qualche strascico su di lui hanno ancora (e meno male, eh? perché forse non saremmo qui a parlarne).

Paradossalmente, poi, i veri grandi problemi i due Bostonians li hanno avuti negli anni PRECEDENTI all'ultimo trapianto, con tutte quelle chemio e trapianti autologhi e recidive e patologie oncologiche che si sono sommate e accavallate nel tempo ... Invece, il trapianto allogenico li ha mandati in remissione ormai da anni.

Stavo pensando una cosa: il fatto che abbiano avuto episodi di Graft, proprio come Timothy, rende al momento impossibile capire se la Graft abbia davvero avuto una parte nella restrizione del reservoir / nella cura di Timothy. Hanno un bel dire Kuritzkes & co. che potrebbe avere avuto un ruolo: questo lo sapevamo già. Sarebbe stato "utile" se fosse andato tutto come è andato ma SENZA la Graft, perché così ci sarebbe un'ambiguità in meno. Vabbè, sono sottigliezze.



skydrake
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da skydrake » martedì 21 maggio 2013, 17:34

Ho preferito non semplificare per niente la parte più tecnica relativa al decorso della malattia (delle malattie, anzi, quella marea di bastonate in testa che si sono presi i Boston Patients) e alle terapie che hanno ricevuto, segnalando anche in che cosa consistono gli innumerevoli farmaci che hanno preso, proprio perché Kuritzkes e gli altri dicono in un modo estremamente chiaro e preciso quello che Hütter ci aveva centellinato nel corso di tre anni.
Mi rendo conto che vedersi elencate così le disgrazie di quei due poveretti può essere avvilente, ma dobbiamo anche renderci conto del rovescio della medaglia: erano quasi morti e ora stanno bene.
Questa é una caratteristica comune ai pazienti bostoniani e al paziente berlinese: una lunga storia fatta di chemio fallite e ripetute, doppi trapianti, innumerevoli farmaci. A questi potremmo aggiungere anche il paziente di Huzicka, quello che raggiunse la viremia irrilevabile prima di morire per un problema ematologico o per complicanze post-trapianto.
Non sara facile venirne a capo.



Dora
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Dora » martedì 21 maggio 2013, 18:02

skydrake ha scritto:Questa é una caratteristica comune ai pazienti bostoniani e al paziente berlinese: una lunga storia fatta di chemio fallite e ripetute, doppi trapianti, innumerevoli farmaci. A questi potremmo aggiungere anche il paziente di Huzicka, quello che raggiunse la viremia irrilevabile prima di morire per un problema ematologico o per complicanze post-trapianto.
Non sara facile venirne a capo.
Ma questa è la trafila di qualunque paziente onco-ematologico! Io capisco che chi certe cose non le ha viste direttamente faccia molta fatica a capire che cos'è una leucemia o un trapianto di staminali ed è per questo che da quando abbiamo iniziato a parlare del Paziente tedesco non ho fatto altro che scrivere di trapianti e intervistare il Prof. Lambertenghi. Ma sta di fatto che un tumore del sangue è una bestiàccia davvero bruttissima e, se si sopravvive, il prezzo da pagare è esattamente la trafila che hanno fatto i Bostonians e Timothy. Non per nulla abbiamo sempre detto che Timothy aveva dovuto attraversare l'inferno per poter diventare il primo essere umano guarito dall'HIV. Il vero problema per lui era la leucemia.
Ed è per questo che queste terapie sperimentali si provano su persone con leucemie o linfomi: perché non hanno nulla da perdere e la vita da guadagnare, seppure a un prezzo altissimo.
Ed è sempre per questo che io sto mettendo tanta speranza nelle e (avendo tante delusioni dalle) modificazioni dei CD4 fatte da Sangamo, più che nel trapianto di staminali modificate à la Cannon: perché passare un trapianto di staminali, perfino con un condizionamento leggero, è comunque un inferno.




P.S. A proposito, chissà come sta il nostro Piccolo Ninja a un mese dal trapianto?



Dora
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da Dora » giovedì 23 maggio 2013, 6:20

David Margolis ha scritto per HIV/AIDS Clinical Care un commento all'articolo di Heinrich - Kuritzkes, che mi pare consonante con quanto abbiamo detto finora di questa ricerca e in cui sottolinea anche un aspetto, che già era stato considerato importante dai bostoniani: quello che emerge dalle analisi fatte sui due pazienti aggiunge un altro elemento di prova all'ipotesi che la replicazione attiva dell'HIV non avvenga in presenza di ART soppressiva (dubito che Fletcher e tutti gli altri che studiano i santuari farmacologici sarebbero d'accordo - ma forse c'è solo da intendersi su dove questa ongoing replication possa aver luogo).
  • Further intensive research is needed — for example, study of samples from sources such as the gastrointestinal tract to seek evidence of proviral DNA or persisting infectious virus outside of the peripheral blood, or leukapheresis to rigorously examine infection in the resting memory CD4-cell population. However, the present observations demonstrate the ability of allogeneic transplant, graft-versus-host disease, or both, to clear HIV-infected cells, as well as the ability of ART to protect the newly engrafted immune system from HIV. If the patients choose to interrupt ART and no rebound of viremia is seen, we would have confirmation of the Berlin patient's experience, but without the transplantation of HIV-resistant cells.

    The authors are to be applauded for a sober analysis of the work, which supports the ability of cell-replacement therapy to eliminate HIV reservoirs under the cover of ART. Their findings add another piece of evidence to suggest that ongoing HIV replication does not occur in the presence of fully suppressive ART. Although the study suggests that HIV infection may be cured by cell transplantation, it highlights the long path toward developing safe, effective therapies to eradicate HIV infection that can be broadly implemented where there is access to ART.



nordsud
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Re: Boston Patients: successo in riduzione del reservoir nei

Messaggio da nordsud » giovedì 23 maggio 2013, 7:20

Dora ha scritto:David Margolis ha scritto per HIV/AIDS Clinical Care un commento all'articolo di Heinrich - Kuritzkes, che mi pare consonante con quanto abbiamo detto finora di questa ricerca e in cui sottolinea anche un aspetto, che già era stato considerato importante dai bostoniani: quello che emerge dalle analisi fatte sui due pazienti aggiunge un altro elemento di prova all'ipotesi che la replicazione attiva dell'HIV non avvenga in presenza di ART soppressiva (dubito che Fletcher e tutti gli altri che studiano i santuari farmacologici sarebbero d'accordo - ma forse c'è solo da intendersi su dove questa ongoing replication possa aver luogo).
  • Further intensive research is needed — for example, study of samples from sources such as the gastrointestinal tract to seek evidence of proviral DNA or persisting infectious virus outside of the peripheral blood, or leukapheresis to rigorously examine infection in the resting memory CD4-cell population. However, the present observations demonstrate the ability of allogeneic transplant, graft-versus-host disease, or both, to clear HIV-infected cells, as well as the ability of ART to protect the newly engrafted immune system from HIV. If the patients choose to interrupt ART and no rebound of viremia is seen, we would have confirmation of the Berlin patient's experience, but without the transplantation of HIV-resistant cells.

    The authors are to be applauded for a sober analysis of the work, which supports the ability of cell-replacement therapy to eliminate HIV reservoirs under the cover of ART. Their findings add another piece of evidence to suggest that ongoing HIV replication does not occur in the presence of fully suppressive ART. Although the study suggests that HIV infection may bewe would have confirmation of the Berlin patient's experience, but without the transplantation of HIV-resistant cells.
    cured by cell transplantation, it highlights the long path toward developing safe, effective therapies to eradicate HIV infection that can be broadly implemented where there is access to ART.


Se dovesse capitare quello che tutti noi ci auguriamo,cioè - "confirmation of the Berlin patient's experience, but without the transplantation of HIV-resistant cells"- ...sarei contentissimo ma rinuncerei del tutto a capirne qualcosa sull'HIV.

Intanto mi domando come possa un trapianto di cellule per niente resistenti all'hiv riuscire ad eradicare l'infezione.



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