Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open access

uffa2
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Re: Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open acce

Messaggio da uffa2 » venerdì 27 marzo 2015, 19:47

Così come, a suo tempo e a suo luogo, l’obiettivo non era la carriera universitaria di nessun agit-prop delle virtù del bifidus, oggi il problema non è solo quello di un articolo pieno di vaccate invereconde, che gli editor di Topolino si sarebbero rifiutati persino di esaminare solo partendo dal titolo.

Il problema, come evidenzia il dottor Witwer, è che «L’editoria scientifica non è e non dovrebbe essere inclusiva… [perché] …Gli editori di riviste biomediche che consentono alle assurdità di comparire nelle loro pagine a causa di un’idea sbagliata della libertà di parola compromettono l’impresa scientifica e la salute pubblica», è quindi un problema ben più vasto di quello legato a un singolo esercizio di onanismo negazionista.

Ostacolare questi tentativi serve a non consentire a nessuno di poter dire che certe scempiaggini sono indicizzate su Pubmed, non dare alla pseudoscienza la possibilità di conquistare anche solo una referenza bibliografica che si possa confondere per decente, perché l’esperienza mostra che il negazionismo si sa aggrappare a ogni singola disattenzione per cercare di darsi una patina di quella dignità scientifica che non ha e non può avere.
Quale che sia il risultato di questa storia, questo obbrobrio non è passato inosservato, ed è ancora una volta bello che su questa linea scienziati e attivisti siano insieme a difendere l’interesse dei malati a una circolazione delle informazioni che separi ciò che scienza da ciò che è mistificazione.


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Dora
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Re: Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open acce

Messaggio da Dora » sabato 28 marzo 2015, 7:29

uffa2 ha scritto:Così come, a suo tempo e a suo luogo, l’obiettivo non era la carriera universitaria di nessun agit-prop delle virtù del bifidus, oggi il problema non è solo quello di un articolo pieno di vaccate invereconde, che gli editor di Topolino si sarebbero rifiutati persino di esaminare solo partendo dal titolo.

Il problema, come evidenzia il dottor Witwer, è che «L’editoria scientifica non è e non dovrebbe essere inclusiva… [perché] …Gli editori di riviste biomediche che consentono alle assurdità di comparire nelle loro pagine a causa di un’idea sbagliata della libertà di parola compromettono l’impresa scientifica e la salute pubblica», è quindi un problema ben più vasto di quello legato a un singolo esercizio di onanismo negazionista.

Ostacolare questi tentativi serve a non consentire a nessuno di poter dire che certe scempiaggini sono indicizzate su Pubmed, non dare alla pseudoscienza la possibilità di conquistare anche solo una referenza bibliografica che si possa confondere per decente, perché l’esperienza mostra che il negazionismo si sa aggrappare a ogni singola disattenzione per cercare di darsi una patina di quella dignità scientifica che non ha e non può avere.
Quale che sia il risultato di questa storia, questo obbrobrio non è passato inosservato, ed è ancora una volta bello che su questa linea scienziati e attivisti siano insieme a difendere l’interesse dei malati a una circolazione delle informazioni che separi ciò che scienza da ciò che è mistificazione.
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Per come la vedo io, il vero, grande problema è l'assenza di supervisione da parte delle istituzioni preposte, appunto, al controllo. Quindi un venir meno alle proprie responsabilità da parte di uno dei protagonisti della storia.

Che i negazionisti ci provino a darsi un'aria di rispettabilità, è nell'ordine delle cose: per attirare l'attenzione delle loro vittime e acquisire credibilità ai loro occhi, hanno bisogno di far credere che la teoria da loro proposta sia genuinamente alternativa rispetto alla teoria scientifica che si è conquistata il dominio grazie a 30 anni di conferme sperimentali. Per come vanno le cose nel mondo contemporaneo, non possono spacciarla per magia, devono necessariamente darle una maschera di razionalità scientifica che crei l'illusione della ragionevolezza e nulla più che riuscire ad usare le istituzioni scientifiche fa il loro gioco.

Ha ragione Witwer a ricordare che quelli che lui definisce crackpots sempre ci sono stati e sempre ci saranno. Ma una cosa è che blaterino davanti alle Poste Centrali di Dublino o su qualche pagina Facebook, tutt'altra cosa è che si offra loro una ribalta che rafforzi l'impressione che quel che dicono abbia un senso.

Quindi, che si tratti dell'università di Berkeley o di Firenze, o di un editore di riviste scientifiche peer reviewed, il problema è essenzialmente lo stesso: facendosi paravento dietro la vacca sacra della libertà di parola intesa in un senso così ampio da farle perdere ogni significato, chi deve istituzionalmente operare una distinzione fra verità e menzogna (alla fine, questa è la forma più primitiva del problema della demarcazione) viene meno al suo compito.

In una notte in cui tutte le vacche sono nere, la "parola" si svuota di ogni contenuto e la "libertà" diventa sopruso, sfruttamento del più debole, cioè tirannia.

Questa è la posta in gioco ed esattamente questo è quel che pare sfuggire agli editori di Frontiers, così come agli amministratori dell'università di Berkeley o dell'università di Firenze - tutte persone che danno l'impressione di credere che, ignorando un problema, questo scomparirà da solo, così, come per magia.



Dora
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Re: Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open acce

Messaggio da Dora » domenica 25 ottobre 2015, 21:39

Una notizia da tempo attesa: l'editore Frontiers è stato aggiunto alla lista di editori predoni di Jeffrey Beall.

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Ne dà conto Nature News & Comments, in un articolo uscito venerdì scorso, in cui si riportano anche le reazioni contrarie, specialmente - come è ovvio - la reazione piccata dell'editore predone stesso.

Beall, che dichiara di avere ricevuto decine di email da parte della comunità scientifica che gli segnalavano le pessime pratiche in vigore a Frontiers, ricorda a Nature alcune controversie che hanno messo in serio dubbio la correttezza dell'editore svizzero, in particolare la ritrattazione dell'articolo di Stephan Lewandowsky da Frontiers in Psychology e la pubblicazione dell'articolo della negazionista dell'HIV/AIDS Patricia Goodson su Frontiers in Public Health.

Nonostante il tono dell'articolo tenti di essere equidistante, poiché Frontiers era parte in passato del gruppo che pubblica Nature, il Nature’s news team coglie l'occasione per ribadire di essere editorially independent.

Bravi: da certa gentaglia è prudente stare alla larga.



uffa2
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Re: Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open acce

Messaggio da uffa2 » lunedì 26 ottobre 2015, 10:41

verrà il giorno in cui gli editori predoni non saranno essere ammessi in società e frequentarli sarà una macchia per il buon nome dei ricercatori... speriamo.


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Re: Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open acce

Messaggio da Dora » lunedì 26 ottobre 2015, 11:40

uffa2 ha scritto:verrà il giorno in cui gli editori predoni non saranno essere ammessi in società e frequentarli sarà una macchia per il buon nome dei ricercatori... speriamo.
Dalla reazione isterica di Frontiers, che da un lato fa (e fa fare a suoi autori affezionati) dichiarazioni apocalittiche sul futuro dell'Open Access in generale, e dall'altro si precipita a infangare la reputazione di Jeffrey Beall, direi che si rendono perfettamente conto di essere in un letamaio.
Good riddance.



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Re: Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open acce

Messaggio da rospino » lunedì 26 ottobre 2015, 11:50

uffa2 ha scritto:verrà il giorno in cui gli editori predoni non saranno essere ammessi in società e frequentarli sarà una macchia per il buon nome dei ricercatori... speriamo.
In Italia non esistono liste del genere, mi chiedo? Anche e soprattutto per quanto riguarda la pubblicazione di libri con contenuti "scientifici" o aspiranti tali?



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Re: Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open acce

Messaggio da uffa2 » lunedì 26 ottobre 2015, 11:57

La decisione (better late than never, ma forse questo ritardo ha reso la decisione ancora più solida e pesante) di Beall ha scatenato un bel vespaio, anche se per ora in Frontiers sembra proprio rifiutino di comprendere che non puoi ignorare i concern della comunità scientifica e poi pretendere di esserne un loro stimato rappresentante… comprendo anche il punto di vista dei suoi autori, che ora si trovano squalificati, e che sono perciò i migliori alleati del loro editore, che immagino difenderanno a spada tratta pur di non dover cancellare referenze imbarazzanti dai loro CV.
Eppure sarebbe tutto “semplice”: nuova policy sugli articoli e sui criteri di retracting, da osservare in maniera coerente e trasparente… magari partendo dall’HIV.

Basta un poco di senso del disastro fatto, e se vogliono un buon esempio, possono guardare ai loro vicini metalmeccanici... :-D

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Re: Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open acce

Messaggio da Dora » lunedì 26 ottobre 2015, 11:59

rospino ha scritto:
uffa2 ha scritto:verrà il giorno in cui gli editori predoni non saranno essere ammessi in società e frequentarli sarà una macchia per il buon nome dei ricercatori... speriamo.
In Italia non esistono liste del genere, mi chiedo? Anche e soprattutto per quanto riguarda la pubblicazione di libri con contenuti "scientifici" o aspiranti tali?
Ma il problema qui sono le riviste scientifiche con revisione paritaria e accesso libero - un problema sempre più serio nella scienza contemporanea.
Se uno scrive un libro pieno di stronzate e trova qualcuno che glielo pubblica, questo non lo rende un libro "scientifico", perché nell'editoria libraria non esiste il vincolo della peer review e chiunque può pubblicare qualsiasi baggianata gli passi per la testa.
Poi naturalmente l'autorevolezza dell'editore ha il suo peso, quindi se uno pubblica da Salus Infirmorum non è come se avesse pubblicato in una collana del Saggiatore. Ma la patente di scientificità ormai te la danno solo le riviste con peer review.



rospino
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Re: Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open acce

Messaggio da rospino » lunedì 26 ottobre 2015, 12:07

Dora ha scritto:Se uno scrive un libro pieno di stronzate e trova qualcuno che glielo pubblica, questo non lo rende un libro "scientifico", perché nell'editoria libraria non esiste il vincolo della peer review e chiunque può pubblicare qualsiasi baggianata gli passi per la testa.
Poi naturalmente l'autorevolezza dell'editore ha il suo peso, quindi se uno pubblica da Salus Infirmorum non è come se avesse pubblicato in una collana del Saggiatore. Ma la patente di scientificità ormai te la danno solo le riviste con peer review.
:lol: :lol: :lol:

A livello di riviste peer reviewed, come siamo messi?



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Re: Frontiers in Public Health e gli obblighi dell'open acce

Messaggio da Dora » lunedì 26 ottobre 2015, 12:16

rospino ha scritto:A livello di riviste peer reviewed, come siamo messi?
Beh ... ci sarebbe l'Italian Journal of Anatomy and Embryology edito dall'Università di Firenze e sotto la direzione di Paolo Romagnoli, ma è di livello così infimo che credo non sia neppure mai stato intercettato dal radar di Scholarly Open Access. Eppure di robaccia ne ha pubblicata molta.



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