Dieci anni.“Buon giorno”
“Buon giorno”
“Si accomodi, prego, il signor Uffa, giusto?”
“Giusto”
“Allora, ecco i risultati del test, devo dirle che quello per la sifilide è negativo e quello per l’HIV è positivo”, così, tranquillo e netto allo stesso tempo.
Incassi senza battere un ciglio, sei un professionista, quando incontri gli sconosciuti hai un sorriso fisso che neppure il botulino potrebbe garantire, e che non ti abbandona neppure in questo frangente.
“adesso dovremo fare un secondo testo con un altro metodi”
“sì lo so per escludere i falsi positivi”
“si esatto, anche se”
“immagino, si tratta di casi rari, il test di solito funziona”
“comunque non si deve preoccupare”
Animi il sorriso
“non è più come negli anni ottanta”
“sì, sì, lo so” ci manca solo che il dottore provi a rincuorarti
“insomma, non è ancora una malattia cronica ma abbiamo ottimi trattamenti”
“sì, certo”…
In questi dieci anni ho rivissuto quella mattina innumerevoli volte, rileggendo le storie di chi arrivava qui fresco di diagnosi, ogni volta è stato un dolore, perché ogni volta ho immaginato quello che sarebbe seguito, lo spavento, la rimozione, il lento percorso di riconquista di se stessi… e oggi sono ancora qui.
È strano, ma ci penso e non so cosa dire, come valutare questo tempo enorme e insignificante: alla fine, mi sembra quasi non sia successo nulla.
Il disastro, le macerie, la sensazione che la vita e i tuoi progetti sono finiti nel cestino. Eppure “non è successo nulla”.
Come scrivo da dieci anni, nulla di eroico, nulla che cambi, oltre un gran fastidio e una gran noia per le cose da fare (gli esami, le visite, le pastiglie…) dalle quali non puoi sfuggire, come fossero l’IVA trimestrale…
Sono qui, dieci anni dopo, senza poter condividere nulla di particolare, di “significativo”. E forse questa è la parte migliore per tutti noi: la prima malattia devastante e mortale che non cambia la noia della quotidianità.
Però in dieci anni sono cambiate tante cose: sono arrivato su questo forum ancora pensando di essere un appestato pericoloso, un morto in attesa di sepoltura, e oggi la mia vera preoccupazione è il fatto che domani non avrò una pensione.
Dopo dieci anni guardo la nostra vicenda un po’ da lontano, curioso per uno che dedica ogni giorno almeno un’oretta a questa cosa, forse è il mio meccanismo di difesa, avere “sterilizzato la vicenda” trattandola come la cosa di qualcun altro…
Insomma, non ho nulla di saggio o di importante da dire se non “non prendetela più sul serio di quel che è: alla fine, diventa una delle tante cose della vita, e si va avanti”.
Ecco, sì, si va avanti, che in fondo è la mia massima da sempre: piangi quanto devi, poi ti tiri su, ti scuoti la polvere di dosso, e riprendi a marciare verso il nulla, perché non c’è altra possibilità.
Buon marcia a tutti.