Guido Poli ricorda David Cooper

Dedicato alle altre realtà che, a vario titolo, si occupano di HIV.
Dora
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Guido Poli ricorda David Cooper

Messaggio da Dora » sabato 24 marzo 2018, 21:33

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Il 18 marzo scorso, è mancato a Sydney David Cooper. Il prof Guido Poli lo ricorda così dalle pagine dei ReadFiles:

Ci ha lasciato David Cooper, un protagonista assoluto della lotta all’AIDS su scala mondiale.
Un ricordo personale.


Prof. Guido Poli, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano
  • Dopo Joep Lange e Mark Wainberg, entrambi deceduti per tragica fatalità, la comunità scientifica internazionale perde un altro leader a causa di una malattia rara e improvvisa. Con sgomento ho appreso della scomparsa inattesa di David Cooper, nemmeno 70enne, domenica 18 marzo. Autore di 800 pubblicazioni scientifiche e leader mondiale per la sua partecipazione a molti trial che hanno cambiato la storia dell’infezione da HIV convertendola ad una malattia cronica, David va ricordato tra i primi a descrivere l’infezione primaria acuta da HIV, nei primi anni quasi sempre non o mal diagnosticata perché confusa con sindromi causate da altre patologie virali. In questo breve ricordo personale voglio onorarlo e ricordarlo pubblicamente.

    Non posso qualificarmi di essere stato un suo “amico” in quanto i nostri rapporti sono stati discontinui e la distanza tra Sydney e Milano era troppa da colmare. Tuttavia, gli sono debitore sia a livello professionale che umano in quanto David è stato un leader autentico in una comunità popolata da molte figure che brillano di luce riflessa sposando le tesi dominanti del momento.

    La prima volta che lo incontrai personalmente fu durante i 7 anni trascorsi nel laboratorio di Tony Fauci all’NIAID di Bethesda. Le differenze di personalità e stile tra Tony (esuberante, pragmatico) e David (timido e aristocratico) erano evidenti quanto il fatto che entrambi fossero due figure leader e di riferimento per i più giovani.

    Rientrato in Italia nel 1994 ho avuto modo di conoscere meglio David durante la fase di concezione e disegno dello studio clinico di fase III “ESPRIT” basato sulla somministrazione intermittente di interleuchina-2 (IL-2), che aveva mostrato effetti importanti in studi di fase 2 in termini di aumento significativo del n. di linfociti T CD4+ circolanti, in associazione o meno ad HAART. Sebbene il trial (così come il suo gemello SILCAAT) fallì l’obiettivo, fu per me una grande scuola di come si disegna uno studio di fase III multi-continentale, compito per il quale David dimostrò di essere un autentico maestro.

    Forse per la frequentazione che avemmo per ESPRIT, David m’invitò a far parte del Comitato Scientifico dell’International AIDS Meeting di Sydney nel 2007, invito che accettai con piacere. L’incarico ha implicato un pre-meeting di pochi giorni, definito non a caso “Marathon meeting” per pianificare l’evento. Non ero mai stato in Australia ed ho potuto quindi apprezzare la nonchalance con cui i nostri colleghi e amici viaggiano il globo per partecipare a eventi scientifici che si svolgono quasi sempre lontano dal loro luogo di origine. Durante il “Marathon meeting” ho imparato un’altra lezione di stile da David che ci disse: “voi membri del Comitato Scientifico avrete già abbondante visibilità alla Conferenza, quindi non proponetevi in qualità di relatori nelle varie sessioni e lasciate spazio ad altri colleghi”. Tutti (tranne uno) obbedimmo a questo invito.

    L’ultimo ricordo di David non ha a che fare con la ricerca o la medicina, ma col calcio! Qualche anno dopo la Conferenza di Sydney, David mi contattò perché sarebbe venuto in Italia con famiglia e amici per un giro turistico. Tra i desideri che avrebbe voluto esaudire vi era quello di assistere ad una “vera partita di calcio”. Poiché le sue date coincidevano con una finale o semifinale di Coppa Italia tra Inter e Roma a San Siro gli feci subito la proposta. Egli accettò con entusiasmo chiedendomi la cortesia di anticipare l’acquisto dei biglietti per lui e gli altri della compagnia. Aggiunse che voleva posti buoni… Acquistai quindi il costoso carnet e, nel giorno della partita, mi recai in Vespa al suo Hotel in centro a Milano. Non avendolo più sentito ero un pò in apprensione: cosa avrei fatto dei costosi biglietti se qualcosa fosse andato storto nel viaggio della comitiva Australiana? Mi sarei trasformato in bagarino per recuperare almeno in parte il capitale perduto? La preoccupazione svanì immediatamente all’hotel quando uscì per ritirare i biglietti e la sera raggiungemmo lo stadio (io ne avevo acquistato di più economici per me e mio figlio). Ci godemmo, in posti separati, l’avvincente partita e alla fine ci ricongiungemmo. Il suo ringraziamento accompagnato da un largo sorriso sarà la memoria che mi porterò di lui.