COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 2022)

Dedicato alle altre realtà che, a vario titolo, si occupano di HIV.
Dora
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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » domenica 24 novembre 2013, 7:20

uffa2 ha scritto:falla semplice: il 3 per mille della popolazione è sieropositivo.
poiché a Napoli ci sono 958.207 abitanti, moltiplichi questo numero per 0,003 e ottieni 2.875 portatori del virus.
E per completare il discorso, ecco l'appello degli epidemiologi britannici attraverso le parole del professor Kevin Fenton, National Director of Health and Wellbeing at Public Health England, a smettere di nascondere la testa sotto la sabbia.
Parlando la settimana scorsa alla BHIVA Autumn Conference 2013, Fenton ha detto che
  • 1. la prevalenza dell'HIV negli MSM sta aumentando quasi ovunque e l'incidenza (cioè la proporzione di chi si infetta ogni anno) "si rifiuta ostinatamente di cambiare";

    2. ovunque gli MSM presentano tassi di HIV più alti rispetto al resto della popolazione: si stima che il tasso di infezione nei gay sia di 8 volte maggiore che nel resto della popolazione nei Paesi poveri e di 23 volte maggiore nei Paesi sviluppati;

    3. l'HIV è così diffuso fra i gay in parte per ragioni biologiche (si stima che l'HIV si trasmetta mediante sesso anale 18 volte più facilmente che mediante sesso vaginale e che la probabilità di essere contagiati facendo una volta sesso anale ricettivo con un partner con viremia rilevabile sia circa dell'1,4%, cioè 1 su 71 rapporti; ma "poiché le persone fanno sesso insieme più di una volta, la probabilità per-partner di contrarre l'HIV da un partner siero-discordante è, negli uomini gay, di circa il 40%");

    4. un altro fattore che incide sulla prevalenza dell'HIV fra gli uomini gay è il fatto che, poiché hanno più partner e un più alto tasso di cambiamento, le loro reti sessuali sono più strettamente connesse: il 25% degli uomini gay diagnosticati con HIV erano membri di un gruppo (cluster) in cui i virus HIV erano geneticamente identici, il che permette di ipotizzare una trasmissione rapida all'interno della rete. Per gli eterosessuali, invece, l'appartenenza a cluster si ferma al 5%;

    5. a tutto questo sono naturalmente da aggiungere le ragioni sociali legate allo stigma che grava sull'omosessualità e ai traumi che tutto questo comporta: è qui che, soprattutto, secondo il professor Fenton è necessario lavorare.
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Tanti altri particolari e qualche ipotesi su come prevenire il dilagare dell'infezione fra i gay in un post di ieri di Gus Cairns su aidsmap.com: Urgent need to address "resurgent" gay global epidemic, says English public health chief.



bluflame
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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da bluflame » lunedì 25 novembre 2013, 21:49

ottime riflessioni.
e come ha detto Chris Beyrer al CROI quest'anno
in reti socio-sessuali interconnesse, l'incidenza dipende dalla prevalenza.



Dora
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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » lunedì 25 novembre 2013, 23:16

bluflame ha scritto:e come ha detto Chris Beyrer al CROI quest'anno
in reti socio-sessuali interconnesse, l'incidenza dipende dalla prevalenza.
Non conoscevo Chris Beyrer, ma direi che c'è una grande logica in quel che dice. E credo che quanto più le reti sono interconnesse, tanto più valga la dipendenza dell'incidenza dalla prevalenza. Già questo da solo spiega molto della trasmissione omosessuale dell'HIV e la differenzia da quella etero.

Ho il piacere di comunicare agli appassionati della questione che, dal momento che il CROI 2013 si pone cronologicamente a metà fra un articolo di Beyrer su Lancet dell'anno scorso (Global epidemiology of HIV infection in men who have sex with men) ed uno su AIDS di quest'anno (The increase in global HIV epidemics in MSM - per chi lo desiderasse, una versione PDF dell'articolo con un titolo ancor più impegnativo - The global HIV epidemics in MSM: time to act - può essere scaricata qui), forse riusciamo ad aggirare la sciagura di avere perso il sito del CROI. ;)

Domani li leggo, con la speranza che Beyrer abbia approfondito la questione del "clustering" più di quanto non abbia fatto Fenton nella sua relazione, e con la curiosità di vedere se propone qualcosa di più concreto della lotta allo stigma per invertire il dilagare dei contagi rispetto a quanto stiamo vedendo in Italia.




P.S. del 30 novembre

In Epicentro.iss.it, il portale del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell'Istituto Superiore di Sanità, la dottoressa Barbara Suligoi non perde occasione per dimostrare che le nostre autorità sanitarie non hanno capito nulla di quanto sia serio l'incremento di infezioni negli MSM.
Ecco quanto scrive:

  • "Rispetto agli anni precedenti, il numero di segnalazioni è rimasto sostanzialmente invariato ma i dati evidenziano un progressivo aumento dell’età mediana alla diagnosi e un cambiamento delle modalità di trasmissione: diminuisce la proporzione di consumatori di sostanze per via iniettiva ma aumentano i casi attribuibili alla trasmissione per via sessuale."


Tralasciando la questione del drammatico incremento delle infezioni fra i giovani gay, due sole considerazioni:

  • 1. le infezioni via siringa sono praticamente scomparse in Italia ormai da diversi anni - non si vede perché rimarcarlo adesso;
    2. Suligoi parla di aumento di casi di infezione per via genericamente sessuale - ma legge male i dati del COA, del quale pure è direttore, perché le trasmissioni per via eterosessuale sono sostanzialmente stabili, mentre quelle per via omo- e bi-sessuale stanno esplodendo da anni (dal 2009, per la precisione). Mi pare assai grave che le nostre autorità sanitarie non prendano atto della situazione e, in occasione del I dicembre, trasmettano all'opinione pubblica una visione completamente distorta dei dati che loro stesse raccolgono e pubblicano.



Dora
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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » giovedì 7 agosto 2014, 11:34

Dora ha scritto:P.S. del 30 novembre

In Epicentro.iss.it, il portale del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell'Istituto Superiore di Sanità, la dottoressa Barbara Suligoi non perde occasione per dimostrare che le nostre autorità sanitarie non hanno capito nulla di quanto sia serio l'incremento di infezioni negli MSM.
Ecco quanto scrive:

  • "Rispetto agli anni precedenti, il numero di segnalazioni è rimasto sostanzialmente invariato ma i dati evidenziano un progressivo aumento dell’età mediana alla diagnosi e un cambiamento delle modalità di trasmissione: diminuisce la proporzione di consumatori di sostanze per via iniettiva ma aumentano i casi attribuibili alla trasmissione per via sessuale."


Tralasciando la questione del drammatico incremento delle infezioni fra i giovani gay, due sole considerazioni:

  • 1. le infezioni via siringa sono praticamente scomparse in Italia ormai da diversi anni - non si vede perché rimarcarlo adesso;
    2. Suligoi parla di aumento di casi di infezione per via genericamente sessuale - ma legge male i dati del COA, del quale pure è direttore, perché le trasmissioni per via eterosessuale sono sostanzialmente stabili, mentre quelle per via omo- e bi-sessuale stanno esplodendo da anni (dal 2009, per la precisione). Mi pare assai grave che le nostre autorità sanitarie non prendano atto della situazione e, in occasione del I dicembre, trasmettano all'opinione pubblica una visione completamente distorta dei dati che loro stesse raccolgono e pubblicano.
L'ESTATE IN CUI MOLTI NODI VENNERO AL PETTINE

È almeno dal 2009 che, studiando anno dopo anno i dati pubblicati dal COA (Centro Operativo AIDS del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità) in occasione del I dicembre, abbiamo potuto osservare e segnalare in HIVforum un aumento sempre più consistente delle infezioni fra MSM (uomini che fanno sesso con uomini), a fronte di una sostanziale stagnazione dei contagi eterosessuali e della quasi totale sparizione dei contagi a seguito di consumo di droghe per via iniettiva. Questo, per altro, rispecchia i dati pubblicati annualmente negli Stati Uniti dai CDC.
Negli ultimi tempi, inoltre, abbiamo osservato che le persone neo infettate che si rivolgono ad HIVforum sono in netta prevalenza MSM e sovente molto giovani.

Quando già nel 2009-10 scrivemmo che l'esplosione dei contagi fra omo- e bi-sessuali richiedeva un ripensamento della negazione ideologica che ha portato le associazioni italiane a rifiutare il concetto di "categorie a rischio" in favore del più sfumato, ambiguo e forse meno "stigmatizzante" concetto di "comportamento a rischio", la reazione che Leon, Uffa ed io raccogliemmo fu prevalentemente l'insulto di "omofobia".
Ci prendemmo l'insulto e continuammo a pensare che quella forma di vero e proprio negazionismo che portava associazioni come LILA e ARCIGAY a negare quella che i dati dei contagi dimostravano essere un'orribile evidenza fosse molto pericolosa - come sovente accade quando si insiste a negare la realtà. Infatti, il rischio era che, per tenersi aggrappati alle proprie preferenze terminologiche, non si adottassero misure di prevenzione mirate - per linguaggio e argomenti - agli uomini gay.

Non è bello sapere che avevamo ragione, non dà proprio nessuna soddisfazione. Io, per parte mia, sarei ben felice oggi di poter dire: ho sbagliato, non ho capito nulla dei dati che anno dopo anno il COA pubblicava, non esistono categorie di persone che rischiano più (molto più) di altre.

Purtroppo non è così e i giovani e meno giovani gay si stanno infettando più di qualsiasi altro gruppo di cittadini.
Dal congresso di Melbourne il mese scorso l'allarme è risuonato in tutto il mondo. Uno dei temi più dibattuti è stato infatti quello delle "key populations" e delle "vulnerable populations": questi sono termini che alla LILA forse piacciono di più, ma che nella sostanza ci riportano alle famigerate categorie a rischio.

A Sandro Mattioli va dato atto di essersi staccato a fine 2012 da ARCIGAY (che lui stesso sosteneva che ancora nel 2013 non si stesse affatto accorgendo dell'evidenza) e avere fondato PLUS, proprio per affrontare il dilagare del contagio fra MSM.

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Che ora anche ARCIGAY e LILA si rendano conto di quanto sta accadendo da almeno 5-6 anni non può che farmi piacere.
Così come mi fa piacere che queste associazioni abbiano oggi scritto una lettera all'Istituto Superiore di Sanità e al Ministro della Salute per segnalare il modo assai lacunoso con cui vengono raccolti dal COA i dati relativi a incidenza e prevalenza dell'infezione da HIV.
Come segnalavo alla fine dell'anno scorso, il modo stesso in cui la dottoressa Barbara Suligoi, direttore del COA, interpreta i dati dei contagi è scandalosamente deficitario.
Mi rallegro che le associazioni si siano finalmente svegliate. Il rammarico per il ritardo con cui questo risveglio avviene, purtroppo, è invece ben vivo.

Questa la lettera a ISS e Ministro:



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Da http://us7.campaign-archive2.com/?u=218 ... 4918e1b5f1
Anche in Lila: http://www.lila.it/it/notizie/541-appello-iss.html



uffa2
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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da uffa2 » giovedì 7 agosto 2014, 17:03

Dora ha scritto: ...Quando già nel 2009-10 scrivemmo che l'esplosione dei contagi fra omo- e bi-sessuali richiedeva un ripensamento della negazione ideologica che ha portato le associazioni italiane a rifiutare il concetto di "categorie a rischio" in favore del più sfumato, ambiguo e forse meno "stigmatizzante" concetto di "comportamento a rischio", la reazione che Leon, Uffa ed io raccogliemmo fu prevalentemente l'insulto di "omofobia".
Ci prendemmo l'insulto e continuammo a pensare che quella forma di vero e proprio negazionismo che portava associazioni come LILA e ARCIGAY a negare quella che i dati dei contagi dimostravano essere un'orribile evidenza fosse molto pericolosa - come sovente accade quando si insiste a negare la realtà. Infatti, il rischio era che, per tenersi aggrappati alle proprie preferenze terminologiche, non si adottassero misure di prevenzione mirate - per linguaggio e argomenti - agli uomini gay.

Non è bello sapere che avevamo ragione, non dà proprio nessuna soddisfazione. Io, per parte mia, sarei ben felice oggi di poter dire: ho sbagliato, non ho capito nulla dei dati che anno dopo anno il COA pubblicava, non esistono categorie di persone che rischiano più (molto più) di altre.

Purtroppo non è così e i giovani e meno giovani gay si stanno infettando più di qualsiasi altro gruppo di cittadini.
Dal congresso di Melbourne il mese scorso l'allarme è risuonato in tutto il mondo. Uno dei temi più dibattuti è stato infatti quello delle "key populations" e delle "vulnerable populations": questi sono termini che alla LILA forse piacciono di più, ma che nella sostanza ci riportano alle famigerate categorie a rischio.
Ricordo ancora, e come allora continuo a pensare che dietro a questa negazione della realtà ci siano resistenze mentali comprensibili nei singoli ma esecrabili nelle organizzazioni.
Penso oltretutto che sciaguratamente sia non solo un problema dei giovani gay (che fanno indiscutibilmente parte di un gruppo ad alto rischio) ma dei giovani tout court: un'intera generazione va a fare sesso convinta di vivere in un mondo che non esiste, perché nulla gli è stato raccontato, perché si può parlare di sesso ai minorenni sennò la chiesa, i genitori imbarazzati, le "sentinelle" di 'sto cazzzo e ogni altro gruppo di schifosi ipocriti, repressi e sessuofobi si scatena.
In questo gruppo a rischio, i giovani gay sono ancora più sfortunati, perché l'HIV è endemico nella comunità omosessuale: quei ragazzi si affacciano alla vita, il nemico ha già preso la mira e loro sono indifesi.
Ne parlavamo, Dora, qualche giorno fa: quando vedo ragazzini che hanno da poco raggiunto la maggiore età in attesa al mio Centro per l'esame del sangue o la visita periodica, mi crolla il mondo, penso a quanta gioia gli è stata sottratta, a quanto dolore devono affrontare ancora così impreparati, a quanto questa società sia colpevole per la loro malattia.
E' una roba che fa ribollire il sangue, e nessuno fa niente.


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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » giovedì 7 agosto 2014, 21:03

uffa2 ha scritto:Ne parlavamo, Dora, qualche giorno fa: quando vedo ragazzini che hanno da poco raggiunto la maggiore età in attesa al mio Centro per l'esame del sangue o la visita periodica, mi crolla il mondo, penso a quanta gioia gli è stata sottratta, a quanto dolore devono affrontare ancora così impreparati, a quanto questa società sia colpevole per la loro malattia.
E' una roba che fa ribollire il sangue, e nessuno fa niente.
Peggio, Uffa: chi deve raccogliere i dati per descrivere la situazione dell'HIV in Italia e dunque permettere che - sulla base della realtà e superando finalmente le incredibili riserve mentali che questa realtà fa emergere - si prendano contromisure di prevenzione, SBAGLIA A RACCOGLIERE I DATI E NON LI SA INTERPRETARE.
In un Paese minimamente serio, persone del genere verrebbero mandate a pulire i cessi dell'ISS, altro che stare a capo del COA.



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » venerdì 8 agosto 2014, 16:31

Il professor Guido Poli è intervenuto oggi nel blog di Guglielmo Pepe su Repubblica per esprimere alcune considerazioni sul vaccino Tat di Barbara Ensoli. Nel suo commento, alcune riflessioni sono dedicate alla lettera delle associazioni all'ISS. Ho pensato sia utile averle anche qui:
  • Caro Pepe, innanzitutto desidero ringraziare lei e “La Repubblica” (che ha ieri ospitato una lettera inviata da quattro ONG al Commissario ed al Direttore Generale dell’ISS, nonché al Ministro della Salute sul tema dell’insufficiente aggiornamento della situazione epidemiologica dell’infezione in Italia ed i suoi preoccupanti risvolti in tema di educazione e prevenzione dell’infezione, soprattutto tra i più giovani), per l’interessamento al tema dell’infezione da HIV/AIDS, argomento sparito da tempo dall’agenda dei nostri politici, ma anche da molti giornali. (...)

    Come anche richiamato nella lettera delle quattro ONG di ieri, [il vero problema] è che l’Italia sembra aver rinunciato a giocare il ruolo che si è conquistato in vent’anni di Programma Nazionale di Ricerca su HIV/AIDS (ProgAIDS) dopo l’ultimo bando emesso dal Ministero della Salute nel 2009. Con un budget di meno di 10 milioni di euro spalmati in ca. tre anni, decine di laboratori italiani impegnati su vari fronti della ricerca di base e clinica su HIV/AIDS, sono stati in grado di dare lustro al Paese pubblicando centinaia di lavori scientifici, spesso di alto livello, di partecipare e coordinare progetti Europei (http://www.scienzainrete.it/contenuto/a ... o-sullaids) nonché formare centinaia di giovani ricercatori (i quali hanno spesso portato la loro esperienza anche in altri settori, quali la ricerca sul cancro o la terapia genica). Poiché gli ultimi spiccioli di questo finanziamento pubblico sono finiti nel giugno 2013, oltre 100 ricercatori, sostenuti dalle Presidenze di 5 Società Scientifiche e di 3 Onlus, hanno scritto al Presidente del Consiglio (Letta) nonché ai Ministri competenti (Lorenzin e Carrozza) chiedendo di non abbandonare questo virtuoso e fruttuoso filone di ricerca (http://www.scienzainrete.it/contenuto/a ... uglio-2013 ), ma non hanno avuto nemmeno la soddisfazione di una cortese risposta interlocutoria…
    (*)


(*) La lettera che non ebbe mai risposta è quella indirizzata da Poli e un centinaio di altri ricercatori all'allora Presidente del Consiglio Letta e al Ministro Lorenzin, poco più di un anno fa. La trovate nel thread G.Poli e i ricercatori italiani: SALVATE LA RICERCA SULL'HIV.



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » sabato 9 agosto 2014, 8:57

È vero che continuare a negare l'evidenza sarebbe suicida ma, almeno per una volta, le associazioni hanno avuto successo.
Questa è infatti la risposta del commissario dell'Istituto Superiore di Sanità, Walter Ricciardi, pubblicata su Repubblica:

Immagine

Attendiamo ora che alle parole seguano i fatti.



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da Dora » giovedì 11 settembre 2014, 10:25

uffa2 ha scritto:
Dora ha scritto:...Quando già nel 2009-10 scrivemmo che l'esplosione dei contagi fra omo- e bi-sessuali richiedeva un ripensamento della negazione ideologica che ha portato le associazioni italiane a rifiutare il concetto di "categorie a rischio" in favore del più sfumato, ambiguo e forse meno "stigmatizzante" concetto di "comportamento a rischio", la reazione che Leon, Uffa ed io raccogliemmo fu prevalentemente l'insulto di "omofobia".
Ci prendemmo l'insulto e continuammo a pensare che quella forma di vero e proprio negazionismo che portava associazioni come LILA e ARCIGAY a negare quella che i dati dei contagi dimostravano essere un'orribile evidenza fosse molto pericolosa - come sovente accade quando si insiste a negare la realtà. Infatti, il rischio era che, per tenersi aggrappati alle proprie preferenze terminologiche, non si adottassero misure di prevenzione mirate - per linguaggio e argomenti - agli uomini gay.


Non è bello sapere che avevamo ragione, non dà proprio nessuna soddisfazione. Io, per parte mia, sarei ben felice oggi di poter dire: ho sbagliato, non ho capito nulla dei dati che anno dopo anno il COA pubblicava, non esistono categorie di persone che rischiano più (molto più) di altre.

Purtroppo non è così e i giovani e meno giovani gay si stanno infettando più di qualsiasi altro gruppo di cittadini.

Dal congresso di Melbourne il mese scorso l'allarme è risuonato in tutto il mondo. Uno dei temi più dibattuti è stato infatti quello delle "key populations" e delle "vulnerable populations": questi sono termini che alla LILA forse piacciono di più, ma che nella sostanza ci riportano alle famigerate categorie a rischio.
Ricordo ancora, e come allora continuo a pensare che dietro a questa negazione della realtà ci siano resistenze mentali comprensibili nei singoli ma esecrabili nelle organizzazioni.
Penso oltretutto che sciaguratamente sia non solo un problema dei giovani gay (che fanno indiscutibilmente parte di un gruppo ad alto rischio) ma dei giovani tout court: un'intera generazione va a fare sesso convinta di vivere in un mondo che non esiste, perché nulla gli è stato raccontato, perché si può parlare di sesso ai minorenni sennò la chiesa, i genitori imbarazzati, le "sentinelle" di 'sto cazzzo e ogni altro gruppo di schifosi ipocriti, repressi e sessuofobi si scatena.
In questo gruppo a rischio, i giovani gay sono ancora più sfortunati, perché l'HIV è endemico nella comunità omosessuale: quei ragazzi si affacciano alla vita, il nemico ha già preso la mira e loro sono indifesi.
Ne parlavamo, Dora, qualche giorno fa: quando vedo ragazzini che hanno da poco raggiunto la maggiore età in attesa al mio Centro per l'esame del sangue o la visita periodica, mi crolla il mondo, penso a quanta gioia gli è stata sottratta, a quanto dolore devono affrontare ancora così impreparati, a quanto questa società sia colpevole per la loro malattia.
E' una roba che fa ribollire il sangue, e nessuno fa niente.
FINALMENTE!!

Ho dovuto aspettare 6 anni, ma infine qualcuno delle associazioni si è deciso a scrivere quello che, se fosse stato recepito anni fa e non fosse stato seppellito da vagonate di ideologia autoconsolatoria, forse avrebbe permesso di mirare gli interventi di prevenzione alle persone che ne avevano più bisogno. E così, magari, avrebbe impedito qualche contagio.
Il "qualcuno delle associazioni" è Giulio Maria Corbelli, che scrive su PRIDE un lungo articolo dedicato alla PrEP. Io vi suggerisco di leggerlo tutto, ma le parole che attendevo da anni si trovano nella parte iniziale:

Fermare il virus
  • Ha senso che un maschio gay sieronegativo assuma dei farmaci per evitare di prendere l’infezione? I maschi omosessuali sono una “categoria a rischio”? L’Hiv è una “malattia gay”?
    Dopo 33 anni dai primi casi di Aids documentati tra maschi gay negli USA, alcune domande sono ancora vive. Le ripropone l’Organizzazione Mondiale della Sanità che, nelle nuove linee guida lanciate lo scorso 11 luglio, si concentra su come combattere l’Hiv nelle “popolazioni chiave”, cioè quei “gruppi definiti che, a causa di specifici comportamenti ad alto rischio, hanno un rischio maggiore di acquisire l’Hiv indipendentemente dal tipo di epidemia o dal contesto locale. Inoltre, hanno spesso questioni legali o sociali relative ai loro comportamenti che aumentano la loro vulnerabilità all’Hiv”.
    L’Oms in particolare si riferisce alle persone che si iniettano droghe, ai lavoratori o lavoratrici del sesso, a chi è detenuto, alle persone transgender e – appunto – ai maschi che fanno sesso con maschi (MSM).
    “Se non si riesce a fornire un adeguato accesso ai servizi per l’Hiv a questi gruppi chiave – avvisa l’agenzia dell’ONU per la salute – mettiamo a rischio il progresso globale della risposta all’Hiv”.
    In altre parole, non si può fermare la diffusione del virus se non si risponde ai bisogni specifici di queste persone.
    Il concetto è logico e scientificamente fondato. In Italia, ad esempio, l’unico gruppo in cui si registra un aumento del numero delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è proprio quello dei gay e degli altri MSM. Quindi se ogni anno nel nostro paese non si riesce a scendere sotto la soglia delle 3.600–4.000 persone diagnosticate sieropositive, questo è dovuto anche – non esclusivamente, ma prevalentemente – al fatto che l’Hiv continua a circolare tra i gay senza che vengano messi in campo interventi di informazione e prevenzione pensati apposta per i gay. E non affrontiamo il delicato tema delle altre malattie a trasmissione sessuale!
    Un maschio gay che si sia beccato la sifilide in una città come Roma, se cerca di avvisare i partner con cui ha fatto sesso negli ultimi mesi nell’80% dei casi si sente rispondere “ah sì, l’ho avuta anch’io”… E tutto questo senza che nessuna autorità si senta in dovere di avvisare la comunità che è in corso una dilagante epidemia di sifilide!
    Tornando all’Hiv, le linee guida dell’Oms sono state interpretate da qualcuno come una riproposizione del tema delle “categorie a rischio” già combattuto negli anni ‘90. Quando la psicosi dell’Aids era in pieno delirio e una disinformazione sessuofoba aveva fatto sì che la gente non temesse solo il virus ma anche le persone che potevano averlo, il rischio per i gay di essere identificati come portatori dell’Hiv doveva essere giustamente contrastato: si scelse quindi di rifiutare il concetto di “categoria a rischio” per individuare quello più sensato di “comportamento a rischio”. E fin qui tutto bene. Peccato però che questo abbia portato alcune parti del movimento – non solo italiano – a pensare che non fosse compito delle associazioni gay occuparsi della salute dei gay: pensiamo a poterci sposare, se poi crepiamo di Aids chi se ne frega?!
    Sarà stato il fatto che le organizzazioni lgbt non hanno continuato a fare campagne informative – anche perché senza un aiuto concreto da parte delle istituzioni non hanno nemmeno le risorse per farlo! – oppure il fatto che, dopo anni in cui l’uso del preservativo era considerato un dovere imprescindibile, sia arrivata la stanchezza, fatto sta che l’Hiv tra i gay ha ripreso a circolare.

    Allora come fermarlo?
    L’Oms una proposta ce l’ha: si chiama PrEP. (...)



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Re: COA: nuove diagnosi HIV, dati aggiornati al 2010 (ora 20

Messaggio da alfaa » giovedì 11 settembre 2014, 10:51

Posso dire una cosa?

Io non sono d'accordo con questa cosa di dover prendere farmaci se un gay è sieronegativo. Voglio dire,abbiamo il profilattico,perchè non usare quello sempre e comunque? Anche in coppia fissa? E' cosi che i contagi terminerebbero.Il problema è che i gay,come gli etero, il condom non lo usano come dovrebbero. Che senso ha far impasticcare una persona sana ? Che poi se non usa il condom magari neanche si prenderà le pillole.... Inoltre, chi le pagherebbe queste medicine da dare a centinaia di migliaia di maschi gay sieronegativi? Non so a me sembra assurdo ,quando abbiamo già un efficacissimo strumento molto meno costoso : il condom.

Sono d'accordo sul fatto che nell'ambiente gay la sieropositività è molto piu diffusa che tra gli etero( ma basta fare una percentuale di gay ed etero che c'è sui forum ...) ma secondo me questa idea di dare farmaci ai gay sieronegativi non è una risposta adeguata. Secondo me almeno



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